Sulle spiegazioni fornite sull’omicidio Mangiameli – sentenza appello strage Bologna 1994

Valerio Fioravanti, che aveva voluto la eliminazione del Mangiameli, e la sua compagna Francesca Mambro hanno dato giustificazioni del delitto che nel tempo sono variate, ovvero che si sono sommate tra loro. Così, essi hanno addebitato al Mangiameli di essersi dimostrato un codardo e un inetto nelle imprese organizzate per rapinare le armi necessarie per far evadere Concutelli; di essere pericoloso perché in grado di rivelare i progetti di evasione del Concutelli medesimo; di essersi appropriato di denaro che apparteneva al movimento di T.P.; di essersi fatto dare due volte, una da loro e una da Giorgio Vale, il denaro per acquistare delle armi o per pagare la caparra dell’appartamento di Gandoli (Taranto); di avere strumentalizzato i giovani del movimento; di avere espresso giudizi negativi su Giorgio Vale per il solo fatto che costui era mulatto. Essi hanno anche sostenuto di avere voluto impedire che Mangiameli, che aveva dimostrato di avere bassissime qualità morali, raccogliesse la guida di T.P. dopo la fuga di Fiore e di Adinolfi.

A. E’ sintomatico, tuttavia, ed eccezionalmente rilevante che coloro che hanno preso parte all’esecuzione del crimine, Giorgio Vale e Cristiano F., non ne abbiano mai conosciuta la ragione. Walter Sordi ha riferito (14 ott. 83 al G.I. di Bologna): Vale … parlando con Nistri e Zurlo disse che neppure lui sapeva perché Mangiameli fosse stato ammazzato, ma che era stato Valerio ad ordinarlo”.
Cristiano F., dal canto suo, che dopo il fatto aveva ripetutamente incalzato il fratello per essere messo a parte di quelle ragioni, ha rivelato (26 marzo 86 al PM di Firenze) : “Dai discorsi fattimi la mattina capii che avevano deciso di agire non solo nei confronti del Mangiameli ma anche nei confronti di sua moglie e perfino della bambina. Mio fratello Valerio quella mattina che ci vedemmo diceva che al limite interessava più la bambina dello stesso Mangiameli. Comunque, la mattina le motivazioni delle azioni da compiere contro il Mangiameli erano sempre le solite e cioè la questione dei soldi, la questione della evasione di Concutelli. Fu poi compiuto l’omicidio del Mangiameli e come ho detto, sua moglie non venne all’appuntamento. Il giorno dopo rividi Valerio e lui era fermo nel suo proposito di andare in Sicilia per eliminare la moglie e la bambina di Mangiameli, e diceva che bisognava agire in fretta prima che venisse scoperto il cadavere di Mangiameli e la donna potesse fuggire. Io non riuscivo a capire questa insistenza nell’agire contro la moglie e la figlia di Mangiameli, una volta che questo era stato ormai ucciso e allora Valerio mi disse che avevano ucciso un politico siciliano in cambio di favori promessi al Mangiameli e relativi, sempre, all’evasione di Concutelli oltre ad appoggi di tipo logistico in Sicilia … Mi disse Valerio che per decidere l’omicidio del politico siciliano vi era stata una riunione in casa Mangiameli e in casa vi erano anche la moglie e la figlia di Mangiameli, riunione cui aveva partecipato anche uno della Regione Sicilia che aveva dato le opportune indicazioni e, cioè, la ‘dritta’ per commettere il fatto. Mi disse Valerio che al fatto di omicidio avevano partecipato lui e Cavallini e che Gabriele De Francisci aveva dato loro la casa…. L’azione contro la moglie e la figlia di Mangiameli veniva motivata da Valerio col fatto che esse erano state presenti alla riunione: diceva Valerio che una volta ucciso il marito esse erano pericolose quanto lo stesso Mangiameli. Poi l’azione contro le due donne non avvenne in quanto il cadavere di Mangiameli fu poco dopo ritrovato”.
Ora, queste dichiarazioni contengono più di uno spunto di riflessione che non si tralascerà di approfondire più avanti; ma, quella che va qui esaminata è la motivazione che, dopo insistenti richieste, Valerio Fioravanti aveva propinato al fratello : la circostanza che il Mangiameli fosse stato testimone nella sua casa di Palermo degli accordi presi da Valerio con altre persone del luogo in vista dell’omicidio del politico siciliano Piersanti Mattarella.
Ebbene, questa ipotesi di movente era già stata efficacemente confutata dalla sentenza di primo grado (p.699) ma, dopo essere stata ripresa dalla sentenza di appello ed essere stata posta sullo stesso piano di credibilità dell’ipotesi accusatoria, è stata censurata dalla Corte di Cassazione sotto il profilo del mancato “approfondimento critico sulla plausibilità di un collegamento logico tra la supposta riunione, dianzi cennata, e l’omicidio del Mangiameli”. Al riguardo, la S.C. ha rilevato che “la complicità del Mangiameli per avere partecipato alla riunione in cui era stato deciso l’assassinio del presidente della Regione Siciliana, escludeva il pericolo che egli rivelasse la responsabilità del Fioravanti, rimanendo per ciò stesso esposto a dover confessare la sua”. Ha osservato, in secondo luogo, la S.C. “che dall’omicidio del Mattarella erano decorsi circa otto mesi, durante i quali il Fioravanti si era incontrato con l’amico Mangiameli, aveva progettato con lui l’evasione del Concutelli, si era fatto aiutare a costituire la base per l’operazione, ed era stato ospite a casa sua”.
Sul punto non v’è, proprio, nulla da aggiungere, se non che nelle sue difese giudiziarie Valerio F. non ha mai prospettato questa motivazione. Com’è ovvio, d’altra parte, perché il farlo avrebbe comportato anche la confessione dell’omicidio Mattarella per il quale, al contrario, l’imputato ha sempre respinto ogni responsabilità.

B. L’eventualità che Mangiameli fosse pericoloso perché sapeva del progetto di evasione di Concutelli rasenta l’assurdo: in primo luogo, perché Mangiameli era addirittura il promotore di quella iniziativa e, per ragioni analoghe a quelle evidenziate dalla S.C. in relazione all’omicidio Mattarella, egli aveva da temere più di ogni altro dalla divulgazione del piano al di fuori dell’ambiente. In secondo luogo, va ricordato che quel progetto era in via di realizzazione già da molti mesi ed è pacifico che era conosciuto da molte persone, specie nell’ambiente carcerario, oltre che in tutto l’ambiente della destra eversiva.

C. In ordine agli altri moventi proposti dagli imputati (questioni di denaro, codardia e inettitudine, avversione per Vale e così via) va, in primo luogo, notato che nell’ambiente nessuno vi aveva creduto, così come ha riferito Walter Sordi (interr. 14 ott.83 cit.) : “Per quanto si sa nell’ambiente, il movente dell’omicidio Mangiameli è da ricercare non tanto in questioni di interesse, infatti Mangiameli aveva dato ampie dimostrazioni di onestà, quanto in dissidi personali con Fioravanti”.
In secondo luogo, va osservato che già per il solo fatto di essere molteplici e non omogenei, quei moventi palesano il loro limite quanto a plausibilità, oltre che la loro inconsistenza una volta che siano presi singolarmente.
Il Fioravanti, rispondendo ad una specifica contestazione al riguardo, ha sostenuto (udienza 11 nov.89, p.10, in grado di appello e ud. 5 nov. 93, p.3) che in quegli anni era stato sufficiente anche molto meno per sopprimere dei compagni di lotta caduti in disgrazia e, a riprova della sua affermazione, ha elencato una decina di giovani che furono eliminati da lui o dal suo gruppo per motivi più o meno importanti.
Su questo punto, la Corte ritiene che non vi sia bisogno di analizzare le abitudini omicidiali dell’imputato, essendo sufficiente rilevare che è stato lo stesso Fioravanti a fare giustizia di tutti quei moventi quando, messo alle strette dal fratello, li ha totalmente ignorati (vedasi interr. 26 mar.86 cit.).

D. Le dichiarazioni di Cristiano F. testé menzionate inducono, poi, ad una ulteriore considerazione. Invero, non può sfuggire che Valerio F. -al pari di quanto sarebbe stato suo onere in questo procedimento- doveva giustificare a Cristiano il piano omicida nella sua interezza, comprensivo, cioè, anche del proposito di eliminare la moglie e la bambina di Mangiameli. In proposito, va ricordato -per quanto si è detto più sopra- che il Fioravanti ha certamente mentito al fratello nell’indicare le riunioni per l’omicidio Mattarella come la causa della soppressione di Mangiameli. Ebbene, questa accertata menzogna comporta, altresì, che resti totalmente privo di giustificazione il proposito di uccidere anche la moglie e la figlia di Mangiameli, le quali -è bene notarlo- non c’entravano nulla con la codardia, la sottrazione di denaro, l’avversione per un ragazzo di pelle scura e ogni altro comportamento proprio della vittima.
Si tratta, dunque, di un ulteriore interrogativo a cui gli imputati non hanno saputo dare risposta.

E. Gli imputati e le loro difese hanno sostenuto che il movente dell’omicidio Mangiameli sarebbe stato accertato nel processo che ha avuto per oggetto specifico quella vicenda criminosa. La lettura della sentenza 16 luglio 86 citata permette di affermare che la tesi difensiva non risponde al vero.
La sentenza della Corte d’Assise di Roma, infatti, dopo avere riportato fedelmente le motivazioni prospettate dagli imputati (pp.112-116), chiude la trattazione di questo tema affermando “che il significato di ‘faida politica’ ovvero di ‘giustizia rivoluzionaria’ dell’orribile episodio già traluceva da un comunicato diffuso da Terza Posizione in occasione del funerale di Mangiameli ed è stato ribadito, successivamente, dal volantino 23 ottobre 1981 a firma ‘Nuclei Armati Rivoluzionari -Gruppi di Fuoco Franco Anselmi’ elaborato dal nucleo armato, del quale faceva parte Francesca Mambro, che aveva compiuto gli attentati alla vita del capitano di polizia Francesco Straullu e della guardia scelta Ciriaco Di Roma” (p.131); segue, quindi, una rapida rassegna del contenuto di quest’ultimo comunicato, finché si giunge ad affermare : “Concludendo, vi è sicura prova che il piano criminale per l’eliminazione di Mangiameli … si inseriva nel più vasto progetto di attentare alla vita di altri esponenti di Terza Posizione, nell’ambito di una ‘lotta’ in cui la violenza era il mezzo per far valere, secondo la perversa e spietata logica della liquidazione fisica degli avversari, le istanze politiche di gruppo” (p.133).
Ora, emerge con tutta evidenza dalle frasi riportate che la sentenza di Roma si limita a registrare le prospettazioni degli imputati e dei loro comunicati, ma non prende posizione nei confronti dei medesimi, né spiega le ragioni del preteso contrasto del gruppo di Fioravanti con Terza Posizione.
Tuttavia, -e in ogni caso- quelle generiche considerazioni finali non debbono trarre in inganno, perché i giudici romani si erano premurati di chiarire preventivamente (p.105, nota 1) che il tema di indagine connesso alla ricerca del movente esulava dalla loro competenza, onde ne lasciavano espressamente la soluzione a chi di dovere: “Il P.M. di udienza, agganciando il discorso a una dichiarazione di Cristiano Fioravanti circa uno scambio di ‘favori’ tra il fratello e Mangiameli, ha adombrato la tesi che quest’ultimo possa essere stato eliminato anche perché a conoscenza di gravissimi fatti di natura terroristica riguardanti Valerio Fioravanti e altri della sua banda; Sara Amico avrebbe rappresentato un pericolo perché sapeva del ‘progetto Concutelli’ ma anche perché, forse, avrebbe potuto aver appreso qualcosa in ordine a tali fatti.
Ma trattasi di ipotesi connesse ad implicazioni e a episodi delittuosi (omicidio Mattarella; strage di Bologna) che sono tuttora oggetto di accertamento da parte delle competenti Autorità giudiziarie”.

F. L’ultima notazione deve essere riservata al fatto che il delitto fu rivendicato soltanto un anno più tardi, con il già ricordato volantino diffuso il 23 ottobre 81 dopo l’omicidio Straullu. In esso si diceva: “… Precedentemente abbiamo giustiziato il demenziale profittatore Francesco Mangiameli, degno compare di quel Roberto Fiore e di quel Gabriele Adinolfi …”.
Ciò che colpisce è la assoluta vaghezza della rivendicazione, vaghezza che è acuita dal contrasto con la specificità con cui sono motivate tutte le altre ‘eliminazioni’ elencate nel medesimo documento: agli agenti Straullu e Di Roma viene addebitato di essere stati “i mercenari-torturatori della Digos”, a Luca Perucci e a Marco Pizzari di essere stati “infami delatori”, con specificazione di situazioni e persone oggetto delle delazioni.
Ebbene, la tardività e la oscurità della rivendicazione, sommate al fatto che il cadavere del Mangiameli era stato zavorrato, portano ad evidenziare un intento degli assassini per il quale tanto le ragioni dell’omicidio come l’omicidio medesimo dovevano restare segreti per gli stessi militanti dell’area eversiva cui tutti appartenevano. Situazione, questa, che è in contrasto con le regole più elementari della funzione didattica -di esempio e di monito- che quelle esecuzioni normalmente assolvono nell’ambito degli adepti.