Andrea Brogi – dichiarazioni 02.03.1976

Sono al corrente del fatto che in pratica a finanziare il gruppetto dei giovani con i quali ho avuto contatto ad Arezzo era l’ avvocato Ghinelli Oreste.
In fatti il finanziamento ufficiale del partito, essendo in proporzione ai pochi iscritti della federazione aretina, bastavano a malapena a coprire le spese della sede. Sentii anch’ io il Cauchi dire che Rossi faceva parte della “Rosa dei venti” ma questa cosa per chi conosca il Cauchi come lo conosco io non significa niente perche’ era solito fare sparate di questo tipo.

Quanto alla identita’ Ordine Nero – Ordine Nuovo posso dire questo. Ordine Nuovo era costituito da due gruppi tra loro separati un primo gruppo detto (A) costituito da gente autorevole e di una certa eta’ e da un secondo gruppo detto (B) formato da giovani che aveva compiti di piazza e di attivismo allo scoperto.
Questi gruppi (A) avevano il compito di agire dietro le quinte. Infatti erano persone di un certo livello occupati con mansioni dirigenziali nelle aziende. Sciolto Ordine Nuovo fu a tutti noi chiaro che avrebbero continuato ad agire i gruppi A. Noi infatti eravamo tutti noti e non potevamo muoverci in alcun modo. Appena vennero fuori i primi attentati Ordine Nero si penso’ subito all’ azione dei gruppi (A) . Il fatto poi che molti indiziati appartengano ad Avanguardia Nazionale non deve sorprendere, poiche’ dopo lo scioglimento di Ordine Nuovo, essendo evidente che Avanguardia aveva i giorni contatti, vi fu un avvicinamento tra le due organizzazioni. Questo puo’ aver portato ad agire sotto l’ etichetta di Ordine Nero persone appartenenti ad entrambe le organizzazioni. Anzi ritengo che i massimi dirigenti di Avanguardia non ne potessero essere al corrente.

La stessa organizzazione di avanguardia non permetteva un controllo penetrante come avviene invece per Ordine Nuovo. Comunque Batani, che teneva i contatti con i dirigenti ordinovisti, diceva di agire per ordine di Graziani Lello. La prima volta in cui ho sentito nominare Ordine Nero e’ stato dopo Moiano. Peraltro poiche’ io ero un attivista non potevo mai essere posto al corrente dell’ effettiva esistenza di una cellula clandestina, appunto perche’ ero conosciuto.

– E’ vero che presso la questura di Arezzo c’ erano delle protezioni. Avevo sentito dire che qualcuno avvertiva quando c’ era qualcosa in giro. Non conosco per altro l’ identita’ di questa persona.

– Gli ordini al gruppetto aretino venivano direttamente da Castori Euro. Arezzo era praticamente una succursale di Perugia.

Letto confermato e sottoscritto­

Andrea Brogi – dichiarazioni 11.06.1975

Ho conosciuto Bumbaca Francesco poiche’ era costui che preparava i comizi e le altre attivita’ politiche nella zona di Montepulciano, Chianciano, Chiusi eccetera. Egli era piuttosto intimo di Cauchi e quindi anche di Batani da diverso tempo.

L’ ultima volta che ho visto il Bumbaca e’ stato ad Arezzo circa quindici giorni dopo l’ attentato di Moiano e successivamente al comizio tenuto dall’ avvocato Ghinelli Oreste nella piazzetta di Chianciano in occasione del referendum sul divorzio. Non so se Bumbaca e Cauchi si siano incontrati a Perugia il 22.04.74 in occasione del comizio di Almirante, posto che io non vi andai, per altro è possibile che si siano incontrati poiche’ Cauchi invece vi ando’ almeno a quanto mi disse.

Nulla so circa le attivita’ politiche del Bumbaca a Milano poiche’ io sapevo solo che egli sia di Avanguardia Nazionale. Non so che Bumbaca si e’ nascosto in casa di Cauchi dopo i fatti di Pian del Rascino. Ribadisco la verita’ su quanto ho detto precedentemente alla sv in ordine ai rapporti con Rossi e gli altri di Arezzo e mi dichiaro pronto a sostenere qualsiasi confronto.

Letto confermato e sottoscritto­

Andrea Brogi – dichiarazioni 21.02.1975 prima parte

Ammetto che nei precedenti verbali non ho detto tutta la verita’ ma ho taciuto alcune circostanze. In primo luogo ammetto di avere ricevuto la somma di lire 360000 in contanti, in tutte banconote da 10000 dal professore Rossi presente il Cauchi, con la quale avrei dovuto acquistare alcuni mitra, avendo io lasciato intendere che avevo simili possibilita’ .
La verità e che non sapevo come procurarmi queste armi che poi in effetti non procurai, in quanto, essendomi rivolto ad una persona di Firenze, seppi che c’ era disponibile solo roba “corta” (cioe’ pistole) e non roba “lunga” (cioe’ fucili o mitra) come desiderava il Rossi. La richiesta di armi mi venne formulata dal Rossi, presente anche l’Albiani, il Cauchi ed il Batani non ancora partito soldato, il quale fece capire che il gruppo non disponeva di una dotazione di armi adeguata alla eventualità che – in seguito di sconfitta del MSI nel referendum – si verificassero contrasti armati con i rivali politici. Per rendermi conto della serieta’ del discorso non mi volle molto, poiche’ il denaro mi venne versato anticipato.
D’ altro parte discorsi sulle armi erano abbastanza frequenti ancorche’ io non li considerassi particolarmente pericolosi e fossi convinto che si trattava di ragionamenti o di persone appassionate o comunque infantili.
Ad esempio l’ Albiani mi propose con la ingenuita’ di mostrare una sera, al bar, una rivoltella a tamburo di piccolo calibro, fatto che ritenni imprudente data la situazione essendo in un luogo pubblico.
Preciso che fui indotto ad accettare l’ offerta di danaro dallo assoluto stato di indigenza in cui mi trovavo, attesa la situazione della Daniela che fu ricoverata in ospedale.
In tale modo io fui completamente coinvolto dal gruppo aretino, che del resto promettendomi un’ attivita’ mi aveva fatto pensare che potesse sistemarmi in un certo qual modo. Andai ad abitare alla Verniana, su invito del Cauchi e collaborai alla preparazione delle elezioni presso la locale federazione MSI che del resto dettero la loro opera tutti i personaggi finora nominati.

– prima di recarmi ad Arezzo, conoscevo, per contatti avuti a Firenze nel partito, il Batani, il Cauchi e il Ghinelli. Anzi a tale proposito riferisco che in Arezzo, fui coinvolto in un procedimento penale di Pretura, ove anche il Cauchi era imputato. Io e il Cauchi colpiti da mandato di cattura dovemmo darci alla fuga su consiglio dello stesso avvocato Ghinelli, il quale ci spiego’ che la cattura era eccessiva in rapporto alla entita’ delle lesioni, le quali in effetti si rivelarono “lievi” in seguito a perizia richiesta dallo stesso Ghinelli. L’avvocato ci forni’ anche il denaro necessario per allontanarci temporaneamente, il Cauchi ando’ a Perugia ed io a Siena. Dopo pochi giorni l’avvocato anzi il Capacci, con cui parlai per telefono, mi avverti’ che il mandato di cattura era stato revocato cosicche’ potemmo rientrare in Arezzo.
Avvenne poi che io non mi presentai al giudice Anania, il quale per avermi al processo emise un nuovo mandato e feci dieci giorni di carcere, per essere poi assolto in udienza.
E’ vero che i nomi dei presenti alla Verniana non furono riferiti esattamente ai CC, ma cio’ e’ conseguenza dei seguenti fatti: il giorno dopo o due giorni dopo l’ attentato di Moiano, il maresciallo di Monte San Savino venne alla Verniana per cercare il Cauchi, il quale era uscito, poco lontano da casa a cercare legna e visti i militi, si tenne lontano. Io fui convocato in caserma ed ivi attesi l’ arrivo del capitano Romano, al quale riferii verbalmente della riunione, peraltro facendo confusione tra nomi e giorni. Non accennai alla presenza del Rossi, dell’ Albiani e del Capacci. Cio’ feci perche’ il Cauchi, la sera stessa della riunione, ovvero della cena, oppure il giorno dopo, mi disse discretamente che, per ogni evenienza, era meglio non menzionare la presenza del Rossi e degli altri due, i piu’ anziani presenti, per il loro stretto contatto con la federazione MSI.

– ammetto che la mia reticenza sui tre nomi, oltre che all’ invito rivoltomi dal Cauchi, va spiegata con riferimento alla richiesta di armi fattami in precedenza dal Rossi, il che mi faceva pensare anche in rapporto alla sua età ad una pericolosita’ ben diversa rispetto agli altri che erano solo ragazzi e mio giudizio innocui. Fu cosi’ che rivolsi alla Daniela l’ invito di tacere i 3 nomi, cosa che essa fece quando fu sentita il 29 aprile dai CC.

– il discorso del Cauchi, di non fare menzione del Rossi e degli altri due, fu fatto, se mal non ricordo, presente il Batani prima che costui partisse.

– seppi che Batani era stato ad una manifestazione a Milano e la sua fotografia con i capelli lunghi era apparsa su un rotocalco e se ne parlava in Federazione. Non se quando fu scattata detta fotografia del Batani a Milano di cui si parlava in federazione ad Arezzo. Non so precisare se fu la manifestazione del 12.04.73 in cui mori’ un agente della Polizia.

– E’ vero che la dichiarazione a contenuto confessorio che mi fu estorta in Siena, e di cui ho detto nel precedente verbale testimoniale, fu conseguenza della mia impossibilità di restituire il denaro datomi per l’ acquisto delle armi.

Si sospende ad ore 18.00 diffidandolo a restare disponibile.

Letto confermato e sottoscritto

Andrea Brogi – dichiarazioni 08.02.1975

Il Brogi si e’ presentato spontaneamente aderendo all’ invito comunicatogli tramite Sanna Daniela.

– l’ anno scorso in primavera decisi di trasferirmi ad Arezzo, insieme alla Daniela, a seguito di una situazione divenuta sempre piu’ insopportabile, in quanto a Firenze, essendo ormai conosciuto per la mia attivita’ nel Fronte della Gioventu’ ero continuamente oggetto di aggressioni ed i miei genitori desideravano che mi appartassi. Io e Daniela ci fermammo presso la pensione souvenir di Arezzo per una decina di giorni, senonché, avendo qui cominciato a frequentare il Batani ed il Cauchi, fui identificato dagli avversari ed ebbi a subire una prima aggressione sul portone della federazione Msi di Arezzo, da cui scaturi’ il procedimento in quella Pretura. Anche per consentire a Daniela di riprendersi nella tranquillita’ da recenti e dolorose esperienze, accettai allora l’ invito di Cauchi di trasferirmi per un poco in una sua casa di Verniana che era disponibile, in quanto egli praticamente era gia’ alla “rottura” con sua moglie, che poi si separo’ successivamente. Fummo accolti a vero titolo cameratesco in casa dove oltre ad augusto non c’ era nessun altro.
De Bellis Sandra, moglie di augusto, era di Perugia, ove studiava e suo padre, tenente colonnello della polizia, non era soddisfatto della attivita’ politica del Cauchi e questo dovette essere uno dei dissapori familiari.

– si verifico’ spesso che ci trovassimo in Verniana in un gruppo di giovani, tra cui i piu’ assidui era Batani, Donati Luca, roncolone, la patrizia, la Bellini Elena. Avevamo l’ abitudine di appendere sull’ attaccapanni i nostri giubbotti e mi capito’ un giorno, in Arezzo, di accorgermi che in tasca del mio c’ era un anello, non so se di valore. Per questo anello si sollevarono dei dubbi ed io mi meravigliai che qualcuno osasse sospettare nei miei confronti.

Debbo aggiungere che io non concordavo con talune idee di costoro, i quali criticavano la linea “almirantiana”, alla quale invece io aderivo in pieno. Poi il fatto che la Daniela non fosse riuscita a riscuotere un assegno rilasciatole dalla ditta Computex per cui aveva lavorato aveva assunto per i nostri amici carattere “sospetto” . Aggiungero’ che ero stato contattato da un elemento della sinistra che ci aveva offerto armi, che dovevano venire dal pisano. Poiche’ io ero in buoni rapporti con i cc in particolare col tenente Parsano (quello che mi aveva arrestato) accettai di andare ad un incontro con detto elemento rosso, portando una certa cifra, in compagnia di un carabiniere.
Io fui mandato avanti, ma all’ appuntamento colui che doveva fornire le armi non si presentò, e l’ operazione ando’ a vuoto in Siena, in piazza Santa Caterina, anzi l’ appuntamento era in un casolare. Con me c’ era tale Ceccherini Paolo di Siena, aderente al Msi. Non abbiamo raccontato detta operazione, ma io ero guardato con sospetto e mi dissero poi che mi controllavano.
Fu questa pertanto a mio avviso la ragione della spedizione contro di noi organizzata da Cauchi, Donati, Franci i quali vennero a Siena, e ci cercarono a casa di un amico a nome Pocci. Io e Daniela, e un nostro amico, Rolando, fummo accerchiati. Rolando penso’ fossimo assaliti dai comunisti ma io lo tranquillizzai. Mi perquisirono e Rolando fu lasciato andare.
Io e Daniela salimmo sull’ auto del Cauchi, io dietro tra Franci e Donati, Daniela davanti con Cauchi che guidava. Al bivio con la superstrada trovammo un posto di blocco di CC che ci controllarono. Fummo lasciati andare.

Il Cauchi e gli altri dissero che non potevano piu’ fidarsi di me; che dovevo dare loro 300000 per la situazione venuta a crearsi con l’ arresto di Batani, sennò avrebbero portato via la Daniela, finche’ non avessi reperito il denaro. Alle mie rimostranze e al parere che non sarei mai riuscito a trovare una simile somma, il Cauchi cambio’ idea e, presa da sotto il cruscotto, un’ agenda, ne tolse una pagina e me la porse affinche’ scrivessi, alla luce interna dell’ auto, cio’ che mi venne dettato. Non ricordo esattamente il testo nelle parole precise, ma il senso era che io mi attribuivo la qualifica di unico responsabile o esponente di ordine nero in toscana, di unico esecutore dell’ attentato di Moiano e che percio’ qualsiasi altra indagine era inutile. Mi imposero di sottoscrivere in tutte le facciate, il Franci controllava che io scrivessi esattamente. Preciso, a conferma di quanto dichiarato, che la contravvenzione subita dal Cauchi riguardava l’ impianto a gas del veicolo e non l’ autoradio come ha detto a verbale di ieri la Daniela.

Quali furono le sue reazioni dopo questo episodio?
– ho vissuto fino ad oggi nel costante timore di essere incriminato per l’ attentato di Moiano e mi resi conto che la mia dichiarazione sarebbe stata usata per contrapporre alle accuse formulate a carico del Batani, una vera e propria confessione da me resa con la quale sarei stato “incastrato” .

-Per quanto concerne la presenza di Ordine Nuovo in Toscana, posso dire che, a mia conoscenza, il Cauchi pur aderendovi non contava nulla, mentre invece il Batani parlava di Graziani “Lello” cioe’ Clemente, con familiarita’ come fosse suo fratello. Di Lucca conobbi solo Tomei Mauro, a cui poi spararono, in quanto, in quella citta’ , il Bonelli del Msi mi spiego’ che gli ordinovisti avevano aperto una palestra, che era stata vietata agli aderenti missini e mi indico’ appunto il Tomei. Non ho mai conosciuto Affatigato Marco.

– non so se il Cauchi avesse contatti in Abruzzo, so che ne aveva a Perugia ove si recava di frequente a trovare il piu’ giovane dei fratelli Castori. Io pero’ lo accompagnavo ma venivo tenuto in disparte, perche’ considerato “missino” e quindi andavo a giocare a biliardo mentre Cauchi conferiva con Castori.

 

– delle persone nominate, ricordo che solo il Capacci si recava a Milano, di tanto in tanto, a trovare la sorella.

Vuole spiegarci perche’ il 01.05.74 ai cc che la interrogavano non rivelo’ i nomi di Rossi, Albiani e Capacci?
– mi pare di ricordare che il giorno precedente si era tenuta una riunione al Msi, ove la Daniela aveva raccontato quello che era successo il giorno della perquisizione alla Verniana, in casa Cauchi. Ivi erano presenti l’ avvocato Ghinelli, che presiedeva la riunione, Capacci, che sta’ sempre li’ , il Cauchi, e altri giovani della Federazione.
C’ era quasi sicuramente il professore Rossi e l’ Albiani, il quale chiudeva alle 17,00 la sede Cisnal e poi veniva in federazione ogni sera. Appunto la riunione avvenne verso le 19,00 e quindi c’ era senza dubbio anche l’ Albiani. Fu in questa occasione che venne impartita la disposizione di attenersi definitivamente ai nomi indicati in origine dalla Daniela.
Ci sa dire per quale ragione tali nomi non dovessero essere fatti?
-non ricordo se ci sia stato un motivo.

Poiche’ i motivi si riducono a due: a) desiderio di non immischiare nella organizzazione di attivita’ illecite persone estranee; b) partecipazione di almeno una delle persone non nominate ad una attivita’ illecita, quale dei due motivi ricorda possa avere determinato l’ omissione?
– sul piano dell’ organizzazione di una attivita’ illecita dal quale si volessero tenere fuori Albiani, Rossi, Capacci non posso dire granché, poiche’ io consideravo il gruppo dei ragazzi “diversi” rispetto agli altri tre adulti, solo sul piano dell’ eta’ e dell’ attivismo politico, nel senso che come anch’ io ho professato, il Cauchi e gli altri giovani erano capaci di addivenire ad uno scontro fisico con gli avversari. Niente io sapevo della organizzazione di attentati. Sul piano della attivita’ illecita’ da parte di uno dei tre non nominati, non mi consta che il rossi o gli altri due adulti possano avere partecipato ad una qualsiasi iniziativa. (…)

-qualunque cosa fosse successa – non mettere in mezzo le tre persone suddette. Cio’ affermo perche’ indubbiamente e’ senza motivo il fatto che tanto Daniela e il Batani abbiano evitato di dire gli stessi tre nomi, quindi se entrambi hanno omesso, vi sara’ stata una ragione, e tale ragione riesco a individuarla unicamente in un invito fatto dallo stesso Cauchi, confidenzialmente, prima della cena, e che io ho interpretato come un fatto normale, tenuto conto della nostra posizione di attivisti piuttosto vivaci.

– il Cauchi ricordo ando’ a trovare il Batani a Pesaro. Egli dopo avere appreso della perquisizione in casa sua, la stessa sera in cui avvenne la perquisizione, e dopo la riunione tenutasi al Msi, disse che sarebbe andato a trovare il Batani a Pesaro. In questo fatto io non trovai niente di strano, perche’ sapevo che erano molto amici. Non vedevo nella visita di Cauchi a Pesaro alcuna ragione particolare.

– alla bicchierata di Verniana del 21.04.74 non c’ era presente il Franci.

– il Cauchi disse che sarebbe stato via un paio di giorni per il viaggio a Pesaro. In effetti torno’ dopo un paio di giorni.

– Verniana e’ abbastanza vicina a citta’ della pieve. Ricordo che in questo centro c’ era un gruppo Ezra Pound di cattolici tradizionalisti, di cui era capo anzi aderente in vista Castori Carlo, cugino dei due fratelli Castori Marco e Euro. La notizia di detto gruppo arrivava tramite i nostri segretari sezione. Citta’ della Pieve e Moiano sono al trivio tra tre province: Siena, Arezzo, Perugia.

– al suo ritorno dal viaggio a Pesaro ricordo che il Cauchi parlo’ di una perquisizione subita dal Batani, non ricordo se disse che anzi riferi’ di avere appreso dal Batani che questi era stato interrogato nella sua caserma dai carabinieri. Non ricordo se disse che anche il Batani aveva omesso di fare i tre nomi, ma e’ ragionevole pensare che me lo abbia detto in quel momento, anche perche’ ricordo che venne stabilito di tenere per ferma la versione originariamente fornita.

– E’ vero che la Daniela ad un certo momento mi disse a varie riprese che voleva andare a riferire al capitano Romano le varie circostanze prima non dette, ma prevalse poi il desiderio di quieto vivere, il timore di complicazioni, di pressanti interrogatori.

– Per quanto concerne il fatto che Batani venne al pomeriggio alla Verniana con una ragazza, mi confondo con il giorno precedente 21, e cioe’ il 20.04.74. Pertanto la mia dichiarazione ai CC va corretta in tal senso. E’ anche vero che mancavano alla riunione del 21 la Bellini Elena e la Berna Patrizia, in un primo momento erroneamente indicate tra i presenti. L’ errore si puo’ spiegare con il fatto che anche queste persone erano della nostra compagnia, la Berna in quanto ragazza del Batani e la Bellini, aderente al Msi. Un paio di giorni prima erano proprio venuti alla Verniana ed io confusi le due giornate.

A questo punto, la signorina Sanna Daniela, gia’ esaminata ieri, introdotta per eventuali confronti sul punto, dichiara:
– come ho detto ieri ribadisco che erano assenti la sera del 21.04.74 l’ Alberti, la Bellini, la Berna. Ricordo che la mattina dopo Cauchi venne davanti alla scuola della Berna, liceo Artistico, e si mise d’ accordo con la patrizia perche’ confermasse la mia versione iniziale, ove interrogata. Cio’ avvenne prima della riunione al Msi in cui discutemmo l’ episodio. La mia opinione era che il Cauchi si preoccupasse di coprire me.
Se il Cauchi ha detto agli inquirenti che Berna Patrizia era presente alla riunione, con la Bellini e l’ Alberti e non ho ha fatto i nomi del Rossi, Albiani e Capacci, ha deliberatamente nascosto la verita’ , perche’ sapeva chi effettivamente c’ era alla riunione.

Invitato il Brogi a considerare detta dichiarazione, risponde:
-le cose stanno come ha detto la Daniela.

Letto confermato e sottoscritto

Dichiarazione scritta dal Brogi:
Dichiaro che se qualcuno esibira’ il foglietto contenente una presunta confessione, questa non ha nessun valore, perche’ mi e’ stata estorta come gia’ detto nel verbale da Sanna Daniela

“Sulle trame esplode la polemica tra i giudici di Bologna e Arezzo” – L’Unità 21.10.1976

Nuova disputa fra i giudici di Arezzo e Bologna che si so­no occupati delle inchieste sul Fronte Nazionale Rivoluzionario di Tuti e Ordine Nero. Dopo il “caso” Fianchini, l’evaso di Arezzo che con le sue rivela­zioni ha portato all’incrimina­zione di Tuti, Franci e Malentacchi per la strage dell’Italicus, una nuova vicenda divi­de la procura di Arezzo e quella di Bologna. Al centro del nuovo “caso” c’è l’avvo­cato Oreste Ghinelli, federale del MSI di Arezzo e difensore dei terroristi neri aretini.

Secondo i giudici bolognesi che hanno svolto l’inchiesta su Ordine Nero di cui Augusto Cauchi proprio ieri arrestato in Spagna era uno dei massi­mi esponenti, ci sono suffi­cienti elementi per contestare all’avvocato Ghinelli il reato di favoreggiamento nei con­fronti proprio del Cauchi, ar­restato mentre spacciava dol­lari falsi in un locale della cittadina spagnola di Mar­bella.
La stessa accusa i giudici di Bologna l’hanno rivolta an­che a un sottufficiale della questura aretina. Trasmessi gli atti per competenza terri­toriale (in quanto i reati sa­rebbero stati commessi ad Arezzo) i giudici di Bologna si sono visti tornare l’incarta­mento con una richiesta a dir poco sorprendente. La procura di Arezzo chiede, infatti, che si proceda per il reato di ca­lunnia nei confronti di colo­ro che hanno accusato Ghi­nelli: una richiesta assurda in quanto la procura aretina avrebbe prima dovuto accer­tare se le accuse contro Ghi­nelli erano infondate e rife­rire poi alla magistratura bo­lognese che in questo senso aveva voluto procedere.

In realtà vengono al petti­ne antichi nodi: già quando fu scoperta la cellula nera di Arezzo non furono approfonditi i legami che univano i terroristi con il MSI di Arezzo del quale erano esponenti Rossi, Franci, Malentacchi e Gallastroni. Ed è piuttosto significativo che solo il giudice istruttore di Bologna Vito Zincani e non la procura di Arezzo abbia af­fermato nella sentenza di rin­vio a giudizio degli ordinovi­sti neri che “a onta delle proclamazioni ufficiali le per­sone accusate di aver fatto parte di Ordine Nero opera­vano stando all’interno del partito (MSI-DN, ndr) dal quale ricevevano denaro e protezione per il tramite del locale federale e difensore di alcuni, avvocato Ghinelli”.

Queste accuse vengono dal neofascista fiorentino Andrea Brogi e da Alessandra De Bellis, moglie di Augusto Cauchi. Andrea Brogi partecipò alla famosa riunione di Monte San Savino nel corso della quale furono messi a punto: piani per gli attentati di Moiano, Ancona e Bologna. Brogi non può essere considerato un mitomane: egli faceva parte del gruppo eversivo, conosceva tutti i retroscena dell’organiz­zazione; era amico del Cau­chi e quindi le sue dichiara­zioni dovevano essere per lo meno controllate da parte del­la magistratura aretina. Più o meno le stesse accuse a Ghi­nelli le ha ribadite la moglie del Cauchi che senza dubbio sa molte più cose di quanto si crede. Del resto sulla fu­ga del Cauchi, avvenuta tre giorni dopo la strage di Empo­li, fin dal primo momento so­no stati sollevati molti inter­rogativi. Lo stesso avvocato Ghinelli ammise di essersi in­contrato con il Cauchi poche ore prima che sparisse dalla circolazione. Il federale di Arezzo precisò in quell’occasione di aver consigliato il giovane di Cortona a presen­tarsi alla polizia. Apparve strano tra l’altro che Cauchi, nonostante fosse conosciuto per la sua attività di picchia­tore e di appartenente alla organizzazione eversiva Ordi­ne Nuovo, non venisse posto sotto controllo appena il suo nome, saltò fuori dall’agenda del Tuti e si sia atteso tre giorni prima di spiccare l’ordine di cattura.

La procura di Arezzo ha passato la patata bollente a Bologna, senza però rispondere agli interrogativi sollevati dai magistrati bolognesi i quali si trovano nella condi­zione di non sapere se l’avvo­cato Ghinelli è incorso nel reato di favoreggiamento pro­prio perché i loro colleghi di Arezzo non vogliono preci­sarlo. Questo nodo deve essere sciolto se si vuole fare piena luce sui favoreggiatori, sui mandanti e i finanziatori delle trame nere in Toscana.

“E adesso i fascisti tentano la rissa” – L’Unità 18.11.1981

«Se questo qui mi fa ancora delle domande non circostanziate, non rispondo più, finisce che mi scaldo anch’io… si parla di Ordine nero, di Ordine verde, di fantomatici gruppi, si vuol mettere dentro anche Portella delle Ginestre… signor presidente, vogliamo fare questo processo o no?».

Quando Luciano Franci, accusato della strage dell’Italicus, ha smesso di urlare davanti allo sbigottito presi­dente Nigri di Montenegro, «questo qui», cioè il Pm Luigi Persico, con un sorriso appe­na accennato sotto i baffi leggerissimi, ha spiegato se­renamente: «Temevo che la bonomia del Franci prima o poi scomparisse, per lasciare il posto a questo comporta­mento. Quelle che sto facen­do sono semplici domande su fatti, persone, circostanze reali. E se la Corte vuol fare questo processo deve percor­rere con pazienza questa strada, ma se pensa di esau­rire l’interrogatorio dell’imputato in due ore, tanto vale incappucciarsi la testa e ri­nunciare alla verità».

Appena il processo per l’Italicus è entrato minima­mente nel vivo, appena si è cercato di approfondire, di scavare per chiarire in quale clima politico (e tra quali personaggi) è maturato il massacro, l’arroganza fasci­sta ha tentato di far scadere il dibattimento in rissa. Ma non era, forse, soltanto arro­ganza: il fatto è che quando Franci si è messo a urlare (e a urlare ci si è messo anche il suo difensore, l’ex federale missino di Arezzo avvocato Oreste Ghinelli, al quale Franci un tempo faceva da autista), l’imputato era in se­ria difficoltà. In crisi l’aveva messo il Pm Persico, dopo che per circa due ore il presi­dente aveva lasciato che l’ac­cusato parlasse senza che gli si muovessero contestazioni di sorta.

Franci si è trovato in diffi­coltà su una serie di doman­de che apparentemente ap­parivano ingenue e poco cal­zanti: «Lei, Franci, è stato ri­coverato per un’operazione d’appendicite all’ospedale di Montevarchi. Perché mai a Montevarchi?». Franci: «C’e­ro già stato ricoverato d’ur­genza e mi ci sono trovato bene». Pm: «Lei, Franci. co­nosce Augusto Cauchi?». Franci: «Certamente, lo ve­devo nella sede del Msi di A­rezzo». Pm: «E conosce Mirel­la Ghelli?».

Franci: «No, no, no». E su­bito dopo sono cominciate le urla. Perché? Con quelle do­mande il Pm voleva mettere in evidenza, riuscendoci, una strana coincidenza, o me­glio, alcune strane coinci­denze. La prima: nell’ospeda­le di Montevarchi, nel 1970, era stato ricoverato l’ex am­basciatore ungherese a Ro­ma Joseph Szall, che aveva avuto un incidente di macchina sull’Autostrada del So­le. L’ex diplomatico, divenu­to un dissidente, nell’ospedale aveva conosciuto il prima­rio Luigi Oggioni, che è nelle liste della P2, attraverso il quale era entrato in contatto con Licio Gelli. Con il capo della P2, Joseph Szall, aveva organizzato una «fuga dall’Est», operazione che era sta­ta affidata al colonnello dei servizi segreti italiani (an­ch’egli piduista, coinvolto nello scandalo Sindona) An­tonio Viezzer.

Seconda coincidenza: se­gretaria del primario pidui­sta Oggioni era una certa Mirella Ghelli, amante di Augusto Cauchi, dello stesso gruppo di Tuti (è latitante dai giorni della fuga di Tuti dopo l’assassinio dei due po­liziotti), del quale il Pm ha voluto ricordare un partico­lare non secondario: «L’ulti­ma telefonata prima di scomparire dall’Italia — ha detto Persico — fu fatta da Cauchi ai servizi segreti…».

Non è stato il solo momen­to di difficoltà dell’imputato. La seconda, grave crisi, Franci l’ha attraversata quando il pubblico ministero ha voluto saperne di più su una sua spontanea dichiara­zione al giudice Vigna di Firenze. In questa dichiarazio­ne, il cui verbale è agli atti del processo, Franci affermò che dal camerata Massimo Batani e dallo stesso Cauchi aveva appreso dei rapporti intercorrenti tra Licio Gelli, suo genero il giudice Marsili di Arezzo (uno dei magistrati piduisti), i servizi di sicurez­za italiani ed elementi della destra eversiva. Franci non ha voluto rispondere. Ha commentato: «Sono baggia­nate, ho inventato tutto». E il Pm ha replicato: «Lei aveva un’ottima fantasia quando parlò al giudice in quel lon­tano 8 settembre 1976». E Franci di rimando: «Se aves­si avuto quelle conoscenze, non sarei qui» (ma risulta, da sue dichiarazioni in istrutto­ria che riuscì a entrare nella amministrazione postale per interessamento del dc Bucciarelli Ducci, anch’egli uo­mo di Gelli).

A questo punto, Tuti si è intromesso: «Il Pm vuol se­minare zizzania». Terzo momento di crisi per Franci, quando il Pm gli ha chiesto se era presente, il 22 gennaio 1975, a una confe­renza tenuta da Cauchi a Ca­stiglione Fiorentino sui ser­vizi segreti. Da una rivelazione di Pietro Malentacchi si apprende che a quella con­ferenza erano presenti, tra gli altri, Tuti, Franci e lo stesso Malentacchi. Franci ora dice: «Assolutamente no». In quella circostanza Cauchi — si legge negli atti istruttori — illustrò le vicen­de d’Italia e «di come i servizi segreti fossero responsabili degli attentati terroristici». Ma non era, Cauchi, collaboratore privilegiato dei servi­zi? Per il resto, Franci ha rac­contato, o meglio non ha raccontato, di quando, quel­la notte tra il 3 e 4 agosto 1974, si trovava sul marciapiede della stazione di Santa Maria Novella di Firenze (la­vorava lì come «carrellista po­stale») e da quel marciapiede vide partire il treno «Italicus», ormai minato dalla bomba, verso Bologna e vide un poliziotto affacciarsi da un finestrino e fare un gesto, come di convalida, di assen­so. A chi? Franci dice di non sapere. Il processo continua oggi.

Gian Pietro Testa, L’Unità 18.11.1981