Intendo rispondere. Sì dà atto che dopo varie sollecitazioni affinché riferisca la verità in merito ai suoi rapporti con il Tuti e sulla data del loro inizio l’imputato dichiara: ammetto di aver preso contatto telefonico col Tuti qualche giorno prima del 22 maggio, giorno in cui mi recai a Monaco per incontrarmi con lui. Era stato il Tuti a telefonarmi spacciandosi per Dionigi (Torchia), bugia questa che avevo subito scoperto ben conoscendo la voce del Torchia.
Infatti il mio interlocutore mi fece capire di esser il Tuti e mi chiese di recarmi alla stazione ferroviaria di Monaco per incontrarmi con lui. Mi spiegò che il mio nome gli era stato reso noto dall’Affatigato persona che io ben conoscevo per l’affinità alle nostre idee politiche.
Debbo premettere che io allora non credevo alla tesi della stampa secondo la quale il Tuti era stato freddo assassino degli agenti e pensavo che potesse essersi difeso da un agguato tesogli, voce questa che correva nell’ambiente politico da me frequentato. Io mi recai dunque a Monaco, in auto, venendo contravvenzionato ad Albenga, senza però poter vedere il Tuti, tanto che me ne tornai la sera stessa in Italia. Aggiungo che il Tuti mi aveva dato appuntamento davanti alla stazione, nella piazza antistante ad essa, sicché io mi sarei messo ad attenderlo accanto alla mia 500 targata PI. Tornato a Pisa non ricevetti altre telefonate se non alla vigilia del mio secondo viaggio, quello che ho descritto nel mio interrogatorio del 26 luglio 1975. Il Tuti mi chiese aiuto economico trovandosi in difficoltà: preciso meglio che mi chiese di portargli un po’ di denaro cosa che io feci utilizzando una precedente raccolta fatta fra camerati in favore del Lamberti e in parte chiedendo aiuto ad alcuni amici, ai quali io dissi che la raccolta era fatta a favore del Lamberti. In questo secondo viaggio potei incontrarmi con il Tuti a St. Raphael davanti alla stazione ferroviaria come da appuntamento fissato in tal luogo. Trascorsi tre giorni col Tuti a causa del guasto della mia 500 e potei così farmi un’idea del latitante che dai discorsi fattimi mi apparve un elemento fanatico e squilibrato. Mi parò dell’omicidio di Empoli descrivendolo come una reazione ad una provocazione che l’app. Ceravolo stava mettendo in atto inserendo due bombe a mano nell’armadio a muro della sua casa. Egli aveva cioè temuto di dover rispondere di un reato non commesso ed aveva sparato contro gli autori della provocazione.
Mi disse anche di aver commesso durante la latitanza un attentato sulla linea ferroviaria Firenze Roma; mi specificò che si trattava dell’ultimo attentato di cui avevano parlato i giornali e che egli in tale occasione aveva fatto saltare un tratto di binario in curva di tal che le conseguenze avrebbero dovuto essere il deragliamento del convoglio in una scarpata e caduta del convoglio in un’ansa del fiume Arno.
Mi disse di aver utilizzato dell’esplosivo depositato in un luogo di sua conoscenza. Mi disse di aver agito da solo di notte. Mi accennò che egli aveva usato miccia a lenta combustione. Mi parlò anche del modo con cui si era rifugiato in Garfagnana lì, portato dall’Affatigato in una località dalla quale aveva visto passare degli elicotteri che pensava fossero alla sua ricerca. Disse che in questa casa abitavano due persone anziane. Nella stanza ove egli stava vi erano viveri in scatola, già lì previamente portati. Mi disse che lì si era trattenuto circa un mese. Mi parlò di una piccola organizzazione che aveva curato questa prima fase della sua latitanza, aggiungendomi però di esserne stato abbandonato, probabilmente, come io penso, essendosi i suoi favoreggiatori accorti della sua pericolosità. Di questa organizzazione io conosco solo l’Affatigato che il Tuti mi disse essersi rifugiato all’estero con un passaporto falso fornitogli dagli amici di questa piccola organizzazione.
Anche a lui avevano promesso il passaporto ma, come ho già riferito, l’aiuto degli amici lucchesi si esaurì ben presto tanto che egli dopo aver girovagato in Italia, espatriò in Francia passando il confine in alta montagna, in zona che egli conosceva per esservi stato credo alpino. Mi riferì di aver avuto l’intenzione di recarsi in Libia per arruolarsi con i guerriglieri palestinesi e di essersi recato a tale scopo all’ambasciata a Roma, ove ricevette L 50.000.
Non mi riferì invece di essere stato alla ambasciata del Cile né di aver ricevuto somme a Firenze da chicchessia.
Mi riferì che quando fuggì da Empoli aveva chiesto circa 200 mila lire, e che qualche altra somma la ebbe dagli amici lucchesi.
Confermo per il resto quanto ho già in precedenza dichiarato. Aggiungo però che prima che io partissi egli mi accennò al suo proposito di fare un colpo in Italia per procurarsi del denaro: ritengo che accennasse alla rapina che voleva commettere ai danni del Comune di Empoli e della quel mi parlò nel suo successivo viaggio in Italia.
Il Tuti nel suo ultimo ritorno in Italia non mi fece cenno di altre persone in grado di aiutarlo e tantomeno mi fece cenno di aver un appuntamento col Pera o con altri. Non ho visto che egli avesse a disposizione altre macchine e in particolare una 126 blu.
Non conosco Menesini, Giovannoli, Saltini Mirella e tale Beppino che mi dite essere impresario di spettacoli a Roma. Non ho mai saputo che il Torchia e il Catola abbiano aiutato il Tuti nella fuga.
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Mauro Tomei – dichiarazioni 19.05.1982
I miei indirizzi precedenti sono: sono stato in Corsica per due anni (dal 1975 al marzo 1977), via San Giorgio (dal 71 al 75) e via Guinigi (anni 1970 e 71).
Escludo che in casa mia si siano fatte riunioni di O.N..
Ricordo la casa di via Guinigi: era al terzo piano in un palazzo medioevale di 4 piani circa, vi erano 12 o 13 stanze. La casa era del Comune di Lucca. L’appartamento di via San Giorgio era molto più piccolo, solo di 4 stanze o 5 stanze al terzo o quarto piano.
Non ho mai conosciuto Mario Tuti. Prendo atto che egli ha riferito di aver partecipato a riunioni informali con me a Lucca ed in particolare ad una riunione fatta in occasione del programmato scioglimento o dell’avvenuto scioglimento di O.N.. Peraltro io sono stato ricoverato al sanatorio di Carignano (Lucca) e poi a quello di Pratolino (Fi) dal settembre 1972 all’ottobre-novembre 1973.
Prendo atto che Marco Affatigato ha anche riferito di una riunione fatta in occasione dello scioglimento di O.N. Ed in particolare riferisce che tale riunione avvenne in casa mia e che vi parteciparono Catola, Lamberti, i fratelli Castori, Batani, Cauchi e altri. Non conosco nessuna di queste persone, potrei solo averli incontrati in comizi occasionalmente. Non ho conosciuto neanche tale Pecoriello.
Ho conosciuto Pugliese sotto il nome di Leonardo a Bastia in Corsica. Posso dire che due persone, che si dichiararono di O.N. E facenti parte di una commissione di inchiesta di O.N. mi raggiunsero a Bastia, mi chiesero informazioni su Tuti e su coloro che facevano attentati in Toscana. Si arrabbiarono perché io non ero in grado di riferire nulla. Dissero che se avessero trovato Tuti lo avrebbero fatto fuori perché la responsabilità degli attentati sarebbe ricaduta secondo i giornali su Ordine Nuovo vanificando tutto il lavoro di approfondimento culturale che si era fatto in tanti anni. Mi fecero leggere una dichiarazione di Affatigato ove si diceva che io non c’entravo niente con Tuti e che ero stato lungamente ricoverato in ospedale. Mi dissero inoltre che un certo Cauchi aveva fatto un rapporto a gente di Avanguardia Nazionale ove si diceva che io avrei dovuto sapere qualcosa degli attentati che erano stati fatti.
I due partirono il giorno stesso da Bastia. Mi telefonarono dopo alcuni mesi per dirmi che avevano accertato che io non c’entravo e che era risultato esatto quanto avevo detto. Mi fecero la proposta di entrare in Ordine Nuovo, proposta che io rifiutai. In Ordine Nuovo ci ero stato negli anni precedenti, ma in quello lucchese che non aveva collegamenti con il centro.
Ho conosciuto Marco Affatigato proprio in queste occasioni presso la sede di O.N.. Può darsi che abbia riferito a Marco Affatigato delle due persone venute per fare una indagine a Bastia. Il Pugliese l’avevo conosciuto solo superficialmente e non abbiamo mai fatto discorsi di politica.
Non ho mai conosciuto certo Citti Pietro. A Massa conosco molta gente. C’era un gruppo di Avanguardia Nazionale abbastanza forte, ma non ne ricordo i nomi.
Marco Affatigato – colloquio investigativo 09.07.1993
L’ Affatigato declinava l’offerta di fare il colloquio passeggiando o seduti in un parco o locale pubblico specificatamente che la conversazione avvenisse in struttura dell’Arma per non essere notati. Lo stesso precisava di dover sottostare a numerose cautele poiche’ il Delle Chiaie aveva intenzione di eliminarlo. Sapeva da anni di questa intenzione ma la notizia dell’attuale pericolo gli era stata data dal Falica, quindi estremamente attendibile poiche’ lo stesso aveva contatti sia col Delle Chiaie che col Ballan. Riteneva che la scaturigine delle intenzioni omicidiarie fosse da far risalire alla convinzione che egli avesse affidato a persona di fiducia materiale documentale su Ustica.
Il Falica lo aveva voluto incontrare per chiedergli di fare da relatore per cio’ che si sentiva di riferire allo scrivente. Egli aveva rifiutato poiche’, data l’importanza degli argomenti trattati, era necessario che lo scrivente li recepisse direttamente dal Falica, senza mediatori che in un futuro avrebbero potuto essere smentiti per ragioni di comodo. A questo punto l’Affatigato, sempre estremamente freddo e distaccato, consegnava allo scrivente nr.8 fogli dattiloscritti all’interno di una carpetta gialla. Spiegava che il materiale era relativo agli argomenti che lo scrivente avrebbe potuto affrontare con il Falica, argomenti di importanza straordinaria.
Precisava che il Falica desiderava come garanzia l’anonimato e la non deposizione avanti all’A.G. altrimenti gli avrebbero fatto la pelle. Lo scrivente offriva tale garanzia. A questo punto l’ Affatigato considerava il colloquio terminato, tuttavia lo scrivente lo tratteneva chiedendogli di esporre a voce cio’ che aveva dattiloscritto al fine di evitare incomprensioni. Si attesta che verra’ ora riportato solo quanto detto in più dall’ Affatigato rispetto a cio’ di cui e’ cenno nel dattiloscritto:
-l’ordigno di Piazza Fontana era stato materialmente confezionato da Enzo Siciliano. Chi lo aveva deposto era una persona gia’ condannata per cio’ e poi assolta, l’ Affatigato lasciava chiaramente intendere che si trattava di Giovanni Ventura tuttavia desiderava che il nome fosse pronunciato dal Falica. Il leader del gruppo originante la strage non era affatto Freda ma Pozzan, che era in stretto contatto con i Servizi;
– chiedeva se lo scrivente qualche mese fa aveva contattato il Siciliano, avuta risposta positiva (n.d.r. bluff) spiegava che era proprio come lui aveva immaginato in quanto il Siciliano era sparito dal territorio francese;
– Pozzan fu arrestato per spiata di Delle Chiaie, Spiazzi e Soffiati gli chiesero di vendicare Pozzan uccidendo il Delle Chiaie, quando seppe che questa era l’unica motivazione non dette seguito al progetto;
– Falica avrebbe potuto fornire indicazioni utili anche per Brescia;
– precisava che cio’ che Falica sapeva non era a sua conoscenza per sentito dire;
A specifiche domande rispondeva:
– Soffiati era un agente della C.I.A. tant’e’ che gli aveva presentato un’antenna di quel Servizio;
– Serac era vivo ma non si trovava in territorio francese;
– Serac era chiaramente dietro Piazza Fontana ma non tramite gli operativi stranieri che dipendevano da lui in quanto aveva anche vari Italiani come suoi sottoposti;
– Serac non c’entrava con Bologna. Bologna era stata realizzata materialmente da gente di destra, concepita in Italia da gente di destra collegata ai Servizi ma, con mandante libico. Bologna non era stata fatta ne’ per coprire Ustica ne’ parallela ad essa, era in contrapposizione a Ustica. Americani e francesi si accordano per uccidere Gheddafi, il quale, invece, sopravviveva e veniva a conoscenza della copertura radar e del permesso di sorvolo concesso dall’Italia. Bologna non fa parte della strategia della tensione, e’ una semplice vendetta ed un segnale per far sì che tali fatti non avessero a ripetersi. Gli aerei che hanno buttato giu’ il DC9 non sono partiti dall’Italia ma dalla Francia ed e’ quindi giocoforza che quel Paese non risponderà mai alle richieste del Dr. Priore. L’Affatigato richiedeva per la continuazione del colloquio su Bologna e Ustica che lo scrivente si studiasse i suoi verbali resi al Dr. Priore. Non sapeva se il perito che aveva parlato di bomba fosse un semplice imbecille o stesse depistando;
– se era vero che il suo nome per Ustica lo aveva fatto il Soffiati cio’ significava che questi conosceva il Mannucci l’unico a conoscenza del particolare citato nella famosa telefonata;
– non conosceva ne’ Ciolini ne’ Sinibaldi;
– riteneva importantissima l’affermazione di Falica sulla continuita’ delle strutture deviate dei Servizi, certo non rappresentate dagli operativi: Giannettini, Maletti, Labruna etc.
– accettava di contattare il Graziani ma non di recarsi in Paraguay dove gli avrebbero fatto la pelle, il problema era che Graziani aveva vicino Massagrande;
– non conosceva Gianni Maifredi;
– per sapere se Mannucci era massone bisognava consultare altri elenchi; alla richiesta se alludesse ad elenchi occulti di piduisti casi’ come esistevano per Gladio, l’Affatigato rispondeva affermativamente e sosteneva che dietro a tutto v’era il Gladio (tracciava con il dito in aria la sagoma di un gladio);
– concordava con il progetto di contattare il Tuti, anche perché aveva segnali di una volonta’ di ricostruzione storica, avrebbe bloccato il suo tentativo di fargli arrivare un messaggio tramite il professore di agraria;
– non aveva nessun secondo fine l’appello a Delle Chiaie e non era paragonabile a quello verso Tuti, cio’ significava che lo scrivente aveva letto l’appello ridotto e non il suo originale di 6 pagine. Delle Chiaie era appena accennato e tuttavia lui era certo che il Delle Chiaie era disposto a parlare di episodi minori purche’ niente gli fosse chiesto dei suoi rapporti coi Servizi. Nell’appello aveva menzionato anche Concutelli che era solo un soldato, un mero esecutore di ordini. Gli era stato chiesto di eliminare Buzzi e Palladino e Concutelli aveva obbedito. Cosi’ se gli chiedessero di eliminare lo scrivente nel corso di un colloquio lo tenterebbe senz’altro.
Si fa presente che l’Affatigato affermava di aver riconosciuto lo scrivente e che la descrizione fisica del sottoscritto verosimilmente non gli era stata fatta dal Falica in quanto, nel contatto tra Affatigato e il Tenente Casagrande (N.O. Bologna Sud) antecedente a quello col Falica, gia’ l’Affatigato faceva presente al Tenente di sapere bene chi era lo scrivente.
Lo scrivente non aveva mai visto ne’ conosciuto prima di tale incontro l’Affatigato, e’ quindi chiaro che l’iniziativa in atto, come d’altronde confermato dallo stesso Affatigato, è nota. Si precisa che lo scrivente consegnava all’Affatigato un proprio biglietto da visita. L’Affatigato prima di congedarsi affermava che avrebbe chiamato il Falica alle ore 14.00 per dargli l’ok e combinare l’incontro nel pomeriggio. Il Falica non avrebbe chiamato scrivente ma era il sottoscritto che doveva contattarlo.
Lo scrivente riferiva all’Affatigato che il contatto sarebbe avvenuto alle 14.15. Il sottoscritto, per ragioni di sicurezza, si portava per l’ora concordata nei pressi del locale del Falica per verificare se lo stesso fosse solo o meno, non riuscendo, pero’, a vederlo. Effettuava la telefonata alle 14.45 e, difatti, il Falica non era nel Bar. Il tentativo a casa dava esito positivo, il Falica confermava essere stato contattato dall’Affatigato e che non poteva incontrare lo scrivente prima di mercoledi’ poiché doveva parlare con due persone di Milano.
Italicus, Franci offre una traccia “Cercate nelle file di Ordine Nero” – La Nazione 16.12.1981
La verità sulla strage dell’Italicus va ricercata fra le fila di Ordine Nero. L’involontario suggerimento è stato fornito ai giudici della corte d’assise da uno dei tre imputati di strage, quel Luciano Franci che venti giorni fa aveva abbandonato polemicamente l’aula a metà del tuo interrogatorio e che è ricomparso inaspettatamente ieri mattina con una voglia matta di polemizzare e far rivelazioni.
Il «suggerimento», importantissimo, è stato colto al volo dal Pm Persico che ha cercato di spingere Franci a vuotare tutto il sacco ma il tentativo è fallito perché il presidente della corte, dimostrando di non possedere la sensibilità necessaria a condurre questo difficile processo, ha redarguito bruscamente il Pm. Anzi ha interrotto lo scambio di battute badando poco alla effettiva essenza delle cose. Cosi Franci si è tenuto dentro ciò che stava per dire, nel disperato tentativo di scrollarsi di dosso l’accusa di aver fatto da palo nella strage Italicus.
E a far capire quanto sia stata determinante la frase di Franci va registrata la reazione di Mario Tuti che, nel ritornare con il coimputato verso i «blindati» che li avrebbero ricondotti in carcere, ha duramente redarguite Franci con una violenza verbale e una determinatone proporzionale solo alla gravità della gaffe commessa dal Franci stesso.
Questi i fatti, Tuti era appena rientrato in gabbia dopo aver duramente polemizzate con l’avvocato di parte civile Montorzi che l’aveva «martellato» di domande per tutta la mattinata. L’atmosfera era tesa Franci che stringeva in mano alcune cartelle dattiloscritte in azzurro ha manifestato la volontà di fare una dichiarazione. Persico lo ha invitalo a star calmo e l’imputato ha cominciate a parlare.
«Dall’inizio di questo processo — ha detto — non fate altro che riferirvi a vecchi fatti. Perché allora nel processo a Ordine nero, non avete fatto agli imputati domande sull’Italicus?».
Persico ha risposto «Veramente avevamo chiesto al giudice istruttore di unificare i due processi, ma non ha voluto farlo»
Franci «Perché non avete preso in considerazione il volantino firmato Ordine nero, con il quale veniva rivendicata la strage».
Persico «Perché era scritto a mano e non recava i simboli originali, ad esempio i caratteri gotici».
Franci. «Ma anche il volantino del Fronte nazionale rivoluzionario, con il quale si rivendicava un attentato da compiere alla camera di commercio di Arezzo, era scritto a mano. Eppure lo avete preso per buono».
Persico: «Ma quello lo avevate addosso lei e Malentacchi». Il tono delle voci è ulteriormente salito Franci ha cominciato a gridare e ha detto: «Avete a disposizione 55 infami (pentiti, ndr), non avete scoperto nulla e incolpate me che sono innocente».
Persico: «Lei confonde due processi».
Franci: «E’ lei invece che li confonde».
Persico: «Forse Franci vuol dirci qualcosa di molto importante: cioè che la chiave dell’Italicus va ricercata in Ordine nero». Franci si apprestava a ribadire quanto aveva già detto prima, ma il presidente, rivolgendosi ai Pm ha detto «Ora basta». E Persico «Basta a me?». Nel caos più totale ha tuonato ancora la voce di Franci «Chiedo che il consigliere istruttore Vella venga a dirci perché non ha voluto unificare i due processi visto, oltretutto, che aveva detto che «sapeva lui dove mettere le mani per cercare la verità». L’udienza è stata sospesa e aggiornata. L’occasione di aprire una falla nello sbarramento difensivo degli imputati è parzialmente sfumata. Oltretutto perché Franci, in carcere, sarà «consigliato» di riflettere su quanto aveva cominciato a dire e difficilmente ripeterà lo show.
Luca Donati – dichiarazioni 11.01.1985
Io sono prontissimo ad essere interrogato anche in assenza del difensore d’ufficio. Intendo rispondere.
ADR. Nel ’74, ma non ricordo quando, e forse faceva anche freddo, un pomeriggio io, Cauchi, Batani e forse qualcun altro siamo andati a Siena. Augusto era arrabbiatissimo perché dopo averlo aiutato il Brogi gli aveva rubato un anello e adesso andava a Siena per recuperarlo. A Siena andammo a casa di uno che disse di avere ospitato Brogi perché era un elemento di destra. Noi gli si spiegò i versi fatti a Cauchi e lui ci disse l’orario in cui rientrava Brogi. Lo si aspettò e quando arrivò, ma non ricordo se c’era la Daniela Sanna con lui, lo si caricò in macchina e andammo non so dove. Augusto era come una belva per l’anello che valeva molti soldi. Non ricordo che disse Brogi ma sicuramente disse che l’anello non ce l’aveva.
A questo punto il G.I. invita l’imputato a non dire falsità e gli chiede espressamente se in quella occasione Cauchi fece firmare a Brogi un foglio di carta in cui Brogi si addossava la responsabilità per tutti gli attentati.
Donati risponde: E’ vero Augusto gli dette un foglio e una penna e dettò e Brogi scrisse quello che gli disse Augusto e cioè che lui Brogi era responsabile di tutti gli attentati. Fu un’improvvisata. Brogi diceva che non aveva né l’anello né i soldi e Augusto disse so io come cavarteli e gli fece scrivere un foglio di carta. Adesso che mi ricordo sì in quell’occasione c’era anche la Sanna.
ADR. Alla precisa richiesta del G.I. se in quell’occasione Cauchi disse a Brogi tu ci hai accusati tutti alla polizia e adesso ti aggiustiamo noi, io non glielo so dire e non mi ricordo se Augusto prima disse qualcosa del genere e dopo fece scrivere quel foglio a Brogi. Io mi ricordo che noi si tornava a casa dopo tutta la storia e ci fermarono o la Polizia o i Carabinieri per un controllo generico e io non avevo documenti e per me garantì Franci di cui adesso ricordo la presenza in quella occasione.
A me la sparata che il Cauchi fece al Brogi parve una cosa fatta male.
A questo punto il G.I. contesta all’imputato l’inutilità di dichiarazioni false e reticenti.
ADR. E’ vero che nell’83 mi trovarono mezzo chilo di esplosivo ma la Corte d’Appello di Firenze mi ha assolto. Davanti alle case popolari dove abito le ruspe hanno spianato un campo e io trovai un bossolo molto grande e lo presi per farne una specie di portafiori e gli tolsi la terra ma quando dentro trovai del duro lo lasciai e quando ebbi la perquisizione fui io che lo consegnai alla polizia.
ADR. Mi sembra che a Siena quando andammo con il Cauchi dal Brogi venne anche il prof. Rossi.
A questo punto il G.I. contesta all’imputato la falsità di una spedizione a Siena in cui fu coinvolto anche Rossi per recuperare un anello.
ADR. Che Clemente Graziani sia venuto in Toscana io non lo so e nessuno mi disse nulla. Io Graziani l’ho visto una sola volta a Roma durante il processo per Ordine Nuovo.
ADR. Il foglio scritto da Brogi l’aveva Augusto. A me nessuno ne ha più riparlato e mi sembra che lo dava ad avvocato per riavere i soldi di un anello e forse a Ghinelli.
A questo punto il G.I. preso atto degli equivoci linguistici in cui l’imputato ritiene di indulgere pone all’imputato questa domanda: Augusto ha detto questo foglio lo o lo darò o l’ho già dato a Ghinelli?
Donati risponde: non so se lo ha dato a Ghinelli.
A questo punto il G.I. contesta a Donati che la domanda era un’altra.
ADR A Lucca, a Pisa e a Firenze con chi Cauchi avesse i contatti non lo so. A Perugia li aveva con Gubbini ma non ricordo i nomi degli altri perugini. So che a Lucca, Pisa e a Firenze c’erano gruppi di Ordine Nuovo ma non so chi fossero.
ADR Ho conosciuto Brogi quando, insieme alla Sanna, venne ad Arezzo. I primi tempi vivevano in una pensione davanti alla sede del MSI che frequentavano. Poi a Brogi, Augusto dette i soldi e la disponibilità della casa a Verniana. Augusto allora lavorava all’IBM di Arezzo nella stradina dietro al Supercinema. Non so quanto guadagnava ma so che i suoi lo aiutavano.
ADR Alla testuale domanda del G.I.: perché nel gennaio 1975 dopo gli arresti di Franci e soci venne da me Augusto? io rispondo che non lo so. Augusto venne a casa mia, mi propose di andare via, mi parve una buona idea ma non so perché accettai forse avevamo un po’ di coscienza sporca. Si prese e si partì e s’andò dritti sparati a Rimini dove Augusto aveva un appartamento che i suoi usavano in estate. Si stette lì un paio di giorni. Dopo Tuti fece fuori i due poliziotti e Augusto disse che non era più il momento che se ci prendevano andavamo in galera. Allora siamo andati a Perpignano.
ADR Non è vero che con il Cauchi siamo stati ad Empoli o prima o subito dopo che Tuti commettesse il duplice omicidio.
ADR Tuti l’ho conosciuto pochi giorni prima dell’omicidio di Empoli dove mi portò Franci che io seguii perché non avevo niente da fare. Si parlò col Tuti e s’andò ognuno per la sua via.
ADR Chi avvertì Tuti dell’arresto di Franci non lo so. Io ci ho avuto poco a che fare con quella gente lì.
ADR A richiesta del Pm che fra l’altro mi legge quanto dichiarai alla polizia dieci anni fa, io dico che dieci anni fa dissi che io e Cauchi, prima di andare a Rimini, parlammo con Gallastroni può darsi che sia così, anzi sicuramente è così. Con Cauchi andammo a Torino e non a Milano, se Cauchi fece una telefonata non lo so, io so che ci trovammo puntuali ai binari dove avevamo appuntamento a Torino. Alla domanda del PM che mi legge quanto da me dichiarato alla polizia il 6.2.1975 confermo che quando stavamo a Rimini e dopo aver saputo degli omicidi fatti da Tuti, Cauchi mi lasciò solo e disse che veniva a Firenze per sistemare delle pendenze militari.
Giovanni Spinoso – dichiarazioni 21.03.1985
Prendo atto che vengo sentito come teste in un procedimento avente per oggetto l’ accertamento di responsabilità nella strage dell’Italicus diverse o ulteriori rispetto a quelle eventuali degli imputati gia’ giudicati in primo grado.
adr: ho effettivamente consegnato al signor Caldarelli l’ estratto delle registrazioni di una delle due interviste da me fatte al Tomei. faccio presente che presi contatto col Tomei nel gennaio ’78 ed ebbi con lui vari colloqui nell’ ambito della mia attivita’ di giornalista. La prima intervista rilasciatami dal Tomei risale all’agosto ’80, la seconda intervista l’ ho gia’ portata a conoscenza della AG di Firenze nell’agosto ’82. Avvertii l’ esigenza di parlarne con l’AG anche in relazione all’omicidio Mennucci che aveva avuto luogo il mese precedente.
adr: Ritengo che il Tomei avesse interesse ad un rapporto con me, fra l’ altro per comprendere cosa potesse avermi riferito il Moscatelli durante i colloqui che avevo avuto con quest’ ultimo e dei quali ho gia’ riferito allorche’ venni sentito come testimone durante il dibattimento dell’ Italicus. Ho riscontrato ora delle differenze fra le dichiarazioni fattemi dal Tomei durante il corso della prima e della seconda intervista. Faccio presente, comunque, di aver gia’ accennato nel corso del dibattimento dell’ Italicus ad entrambe le interviste, anche se della verbalizzazione cio’ non appare perfettamente comprensibile.
adr: Le frasi riportate dal Caldarelli, delle quali ho ora ricevuto lettura, sono effettivamente dei frammenti della prima intervista e si riferiscono alla cosiddetta “commissione di inchiesta di Ordine Nuovo”. ho rilevato che nella seconda intervista (quella cioe’ che ho gia’ trasmesso alla AG) il Tomei non parla piu’ del secondo incontro che avrebbe avuto con la “commissione”. Nella prima intervista, infatti, afferma che questa “commissione” l’ aveva interpellato personalmente due volte, una prima volta verosimilmente in maggio e una seconda nel dicembre ’75.
adr: il Tomei non mi fece mai nomi, nelle interviste registrate, dei componenti di queste “commissioni”, tuttavia nel corso del nostro prima incontro gli sfuggi’ detto che era stato “messo sotto torchio” da Pugliese.
adr: ho avuto col Tomei numerosi incontri che non sono stati formalizzati in vere e proprie interviste; dispongo tuttavia degli appunti relativi a tali colloqui, o almeno di alcuni di questi.
adr: autorizzato dalla sv consulto un appunto dal quale rilevo che ho incontrato il Tomei il 25.01.78, il 05.09.78, il 16.08.80 e il 22.08.80 (in questa occasione registrai la prima intervista), ed infine nel luglio ’82 due giorni prima dell’ omicidio Mennucci.
adr: le interviste e la relativa registrazione sono avvenute con il consenso del Tomei per una loro eventuale utilizzazione giornalistica.
adr: ricordo che durante il nostro ultimo incontro il Tomei era inquieto poiche’ era apparsa sui giornali la notizia che, convocato come teste al processo dell’ Italicus, non si era presentato dichiarandosi malato. In quella occasione mi disse che lo aveva trovato mentre si accingeva ad abbandonare l’ ospedale per farsi ricoverare altrove. dopo l’ omicidio di Mennucci ho ricollegato questo episodio criminoso alla preoccupazione del Tomei. Faccio presente inoltre che costui, anche se non godeva di buona salute, entrava ed usciva liberamente dall’ ospedale e riceveva delle persone. Il Moscatelli a suo tempo mi disse che il Tomei nel corso del suo ricovero precedente all’ ospedale di Pratolino aveva ricevuto lo Affatigato ed il Pera.
adr: il Tomei mi ha parlato di una riunione, avvenuta per quanto ricordo nel settembre ’73, cui prese parte pure il Pecoriello. Questi venne indicato come un provocatore da uno dei presenti e la riunione venne successivamente sospesa, anche perche’ il gruppo organizzo’ uno scontro immediato con un corteo di qualche gruppo extraparlamentare di sinistra che in quel momento stava transitando nei pressi del luogo della riunione.
adr: il Tomei mi riferi’ ripetutamente che “Ordine Nuovo” era cambiato in modo significativo dopo l’ arresto di Lamberti e di Batani, o meglio che i gruppi di persone che avevano aderito al disciolto movimento “Ordine Nuovo”, avevano subito una linea piu’ aggressiva. questa linea a dire del Tomei era portata avanti dal Cauchi e dall’ Affatigato. Quest’ ultimo era ritenuto una “testa calda”. Sul punto e’ abbastanza precisa l’ intervista rilasciatami dal Tomei, almeno per quanto possa ricordare.
adr: il Tomei affermava che il Tuti era stato coinvolto nelle attivita’ dell’ eversione di destra in Toscana su iniziativa del Lamberti e tramite l’ Affatigato. Il Tuti infatti, dopo un breve periodo di attivismo politico a Pisa, si era sposato e sembrava disinteressato ad attivita’ politiche. Il Lamberti, tramite l’ Affatigato, l’ avrebbe invece man mano coinvolto in varie iniziative quali procurare ciclostili, pistole o rifugi.
ad: ore 18,15 il dr Dardani si allontana.
adr: circa i rapporti fra l’ eversione di destra in Toscana e la massoneria faccio presente che il Tomei, durante i nostri incontri ha talvolta confermato e talvolta negato la circostanza di essersi incontrato, unitamente all’ Affatigato, con un esponente della massoneria. Il Tomei ha ammesso di aver partecipato alla prima parte dell’ incontro che, in sostanza, a suo dire aveva avuto luogo con l’Affatigato nella veste di principale interlocutore di questo misterioso massone. Questi, a dire del Tomei, era stato accreditato dal Batani cosicche’ne’ il Tomei stesso, ne’ l’ Affatigato avvertirono l’ esigenza di sapere qualcosa in piu’ su questa persona.
adr: ricordo che il Tomei mi disse di aver ricevuto una lettera dall’Affatigato, allorche’ si trovava in stato di arresto in Corsica. Tale lettera gli era stata fatta pervenire probabilmente tramite la moglie. Il Tomei mi mostro’ questo scritto dell’ Affatigato. L’Affatigato diceva al Tomei di aver ammesso l’ incontro con un massone e sollecitava Tomei a fare altrettanto, o meglio a confermarlo nel caso di domande sul punto.
adr: la lettera dell’ Affatigato era molto breve e non entrava nei dettagli dell’ incontro con il massone. Il Tomei e’ sempre stato elusivo sul punto e comunque affermava che questo incontro non poteva aver avuto alcun seguito sul piano pratico operativo poiche’ Graziani era contrario alla massoneria.
adr: il Tomei ha mantenuto sulla questione un atteggiamento discontinuo, nel senso che la conferma e la smentita di questo incontro avevano luogo alternativamente. il Tomei era discontinuo anche su altre questioni. ad esempio, in occasione dell’ incontro avuto all’ ospedale vicino Lucca (incontro del luglio ’82) mi disse che “la commissione” di Ordine nuovo non era mai esistita. mi disse questo come battuta di esordio della nostra conversazione, ma successivamente mi confermo’ l’ esistenza della”commissione”. Il Tomei ha dato versioni contraddittorie anche sul memoriale di Tuti. sul punto ha affermato che era semplicemente uno strumento di ricatto utilizzato dal Tuti e, altre volte, invece ha sostenuto che quanto affermato corrispondeva a verita’. Il Tomei precisava altresi’ che le inesattezze del memoriale derivavano dal fatto che il Tuti non aveva che una conoscenza indiretta di alcuni particolari episodi, quali ad esempio la supposta fuga del Tomei in Corsica via Svizzera. Il Tomei, nel confermare alcuni passi del memoriale del Tuti, riportava degli specifici fatti, a suo dire effettivamente accaduti, cosi’ ad esempio, affermava di aver incontrato l’ Affatigato a Lucca nel giorno in cui questi, stando al memoriale di Tuti, sarebbe andato a prelevare le armi del gruppo di Tuti ad Empoli e sarebbe quindi ritornato a Lucca.
A questo punto il teste produce la copia dell’ originale della registrazione dell’intervista di Tomei di data 22.08.80 ed il GI dispone che venga unita a questo pv.
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