Italicus, Franci offre una traccia “Cercate nelle file di Ordine Nero” – La Nazione 16.12.1981

La verità sulla strage dell’Italicus va ricercata fra le fila di Ordine Nero. L’involontario suggerimento è stato fornito ai giudici della corte d’assise da uno dei tre imputati di strage, quel Luciano Franci che venti giorni fa aveva abbandonato polemicamente l’aula a metà del tuo interrogatorio e che è ricomparso inaspettatamente ieri mattina con una voglia matta di polemizzare e far rivelazioni.
Il «suggerimento», importantissimo, è stato colto al volo dal Pm Persico che ha cercato di spingere Franci a vuotare tutto il sacco ma il tentativo è fallito perché il presidente della corte, dimostrando di non possedere la sensibilità necessaria a condurre questo difficile processo, ha redarguito bruscamente il Pm. Anzi ha interrotto lo scambio di battute badando poco alla effettiva essenza delle cose. Cosi Franci si è tenuto dentro ciò che stava per dire, nel disperato tentativo di scrollarsi di dosso l’accusa di aver fatto da palo nella strage Italicus.

E a far capire quanto sia stata determinante la frase di Franci va registrata la reazione di Mario Tuti che, nel ritornare con il coimputato verso i «blindati» che li avrebbero ricondotti in carcere, ha duramente redarguite Franci con una violenza verbale e una determinatone proporzionale solo alla gravità della gaffe commessa dal Franci stesso.

Questi i fatti, Tuti era appena rientrato in gabbia dopo aver duramente polemizzate con l’avvocato di parte civile Montorzi che l’aveva «martellato» di domande per tutta la mattinata. L’atmosfera era tesa Franci che stringeva in mano alcune cartelle dattiloscritte in azzurro ha manifestato la volontà di fare una dichiarazione. Persico lo ha invitalo a star calmo e l’imputato ha cominciate a parlare.

«Dall’inizio di questo processo — ha detto — non fate altro che riferirvi a vecchi fatti. Perché allora nel processo a Ordine nero, non avete fatto agli imputati domande sull’Italicus?».

Persico ha risposto «Veramente avevamo chiesto al giudice istruttore di unificare i due processi, ma non ha voluto farlo»

Franci «Perché non avete preso in considerazione il volantino firmato Ordine nero, con il quale veniva rivendicata la strage».

Persico «Perché era scritto a mano e non recava i simboli originali, ad esempio i caratteri gotici».

Franci. «Ma anche il volantino del Fronte nazionale rivoluzionario, con il quale si rivendicava un attentato da compiere alla camera di commercio di Arezzo, era scritto a mano. Eppure lo avete preso per buono».

Persico: «Ma quello lo avevate addosso lei e Malentacchi». Il tono delle voci è ulteriormente salito Franci ha cominciato a gridare e ha detto: «Avete a disposizione 55 infami (pentiti, ndr), non avete scoperto nulla e incolpate me che sono innocente».

Persico: «Lei confonde due processi».

Franci: «E’ lei invece che li confonde».

Persico: «Forse Franci vuol dirci qualcosa di molto importante: cioè che la chiave dell’Italicus va ricercata in Ordine nero». Franci si apprestava a ribadire quanto aveva già detto prima, ma il presidente, rivolgendosi ai Pm ha detto «Ora basta». E Persico «Basta a me?». Nel caos più totale ha tuonato ancora la voce di Franci «Chiedo che il consigliere istruttore Vella venga a dirci perché non ha voluto unificare i due processi visto, oltretutto, che aveva detto che «sapeva lui dove mettere le mani per cercare la verità». L’udienza è stata sospesa e aggiornata. L’occasione di aprire una falla nello sbarramento difensivo degli imputati è parzialmente sfumata. Oltretutto perché Franci, in carcere, sarà «consigliato» di riflettere su quanto aveva cominciato a dire e difficilmente ripeterà lo show.

Luca Donati – dichiarazioni 11.01.1985

Io sono prontissimo ad essere interrogato anche in assenza del difensore d’ufficio. Intendo rispondere.

ADR. Nel ’74, ma non ricordo quando, e forse faceva anche freddo, un pomeriggio io, Cauchi, Batani e forse qualcun altro siamo andati a Siena. Augusto era arrabbiatissimo perché dopo averlo aiutato il Brogi gli aveva rubato un anello e adesso andava a Siena per recuperarlo. A Siena andammo a casa di uno che disse di avere ospitato Brogi perché era un elemento di destra. Noi gli si spiegò i versi fatti a Cauchi e lui ci disse l’orario in cui rientrava Brogi. Lo si aspettò e quando arrivò, ma non ricordo se c’era la Daniela Sanna con lui, lo si caricò in macchina e andammo non so dove. Augusto era come una belva per l’anello che valeva molti soldi. Non ricordo che disse Brogi ma sicuramente disse che l’anello non ce l’aveva.

A questo punto il G.I. invita l’imputato a non dire falsità e gli chiede espressamente se in quella occasione Cauchi fece firmare a Brogi un foglio di carta in cui Brogi si addossava la responsabilità per tutti gli attentati.
Donati risponde: E’ vero Augusto gli dette un foglio e una penna e dettò e Brogi scrisse quello che gli disse Augusto e cioè che lui Brogi era responsabile di tutti gli attentati. Fu un’improvvisata. Brogi diceva che non aveva né l’anello né i soldi e Augusto disse so io come cavarteli e gli fece scrivere un foglio di carta. Adesso che mi ricordo sì in quell’occasione c’era anche la Sanna.

ADR. Alla precisa richiesta del G.I. se in quell’occasione Cauchi disse a Brogi tu ci hai accusati tutti alla polizia e adesso ti aggiustiamo noi, io non glielo so dire e non mi ricordo se Augusto prima disse qualcosa del genere e dopo fece scrivere quel foglio a Brogi. Io mi ricordo che noi si tornava a casa dopo tutta la storia e ci fermarono o la Polizia o i Carabinieri per un controllo generico e io non avevo documenti e per me garantì Franci di cui adesso ricordo la presenza in quella occasione.
A me la sparata che il Cauchi fece al Brogi parve una cosa fatta male.

A questo punto il G.I. contesta all’imputato l’inutilità di dichiarazioni false e reticenti.

ADR. E’ vero che nell’83 mi trovarono mezzo chilo di esplosivo ma la Corte d’Appello di Firenze mi ha assolto. Davanti alle case popolari dove abito le ruspe hanno spianato un campo e io trovai un bossolo molto grande e lo presi per farne una specie di portafiori e gli tolsi la terra ma quando dentro trovai del duro lo lasciai e quando ebbi la perquisizione fui io che lo consegnai alla polizia.

ADR. Mi sembra che a Siena quando andammo con il Cauchi dal Brogi venne anche il prof. Rossi.

A questo punto il G.I. contesta all’imputato la falsità di una spedizione a Siena in cui fu coinvolto anche Rossi per recuperare un anello.

ADR. Che Clemente Graziani sia venuto in Toscana io non lo so e nessuno mi disse nulla. Io Graziani l’ho visto una sola volta a Roma durante il processo per Ordine Nuovo.

ADR. Il foglio scritto da Brogi l’aveva Augusto. A me nessuno ne ha più riparlato e mi sembra che lo dava ad avvocato per riavere i soldi di un anello e forse a Ghinelli.

A questo punto il G.I. preso atto degli equivoci linguistici in cui l’imputato ritiene di indulgere pone all’imputato questa domanda: Augusto ha detto questo foglio lo o lo darò o l’ho già dato a Ghinelli?

Donati risponde: non so se lo ha dato a Ghinelli.

A questo punto il G.I. contesta a Donati che la domanda era un’altra.

ADR A Lucca, a Pisa e a Firenze con chi Cauchi avesse i contatti non lo so. A Perugia li aveva con Gubbini ma non ricordo i nomi degli altri perugini. So che a Lucca, Pisa e a Firenze c’erano gruppi di Ordine Nuovo ma non so chi fossero.

ADR Ho conosciuto Brogi quando, insieme alla Sanna, venne ad Arezzo. I primi tempi vivevano in una pensione davanti alla sede del MSI che frequentavano. Poi a Brogi, Augusto dette i soldi e la disponibilità della casa a Verniana. Augusto allora lavorava all’IBM di Arezzo nella stradina dietro al Supercinema. Non so quanto guadagnava ma so che i suoi lo aiutavano.

ADR Alla testuale domanda del G.I.: perché nel gennaio 1975 dopo gli arresti di Franci e soci venne da me Augusto? io rispondo che non lo so. Augusto venne a casa mia, mi propose di andare via, mi parve una buona idea ma non so perché accettai forse avevamo un po’ di coscienza sporca. Si prese e si partì e s’andò dritti sparati a Rimini dove Augusto aveva un appartamento che i suoi usavano in estate. Si stette lì un paio di giorni. Dopo Tuti fece fuori i due poliziotti e Augusto disse che non era più il momento che se ci prendevano andavamo in galera. Allora siamo andati a Perpignano.

ADR Non è vero che con il Cauchi siamo stati ad Empoli o prima o subito dopo che Tuti commettesse il duplice omicidio.

ADR Tuti l’ho conosciuto pochi giorni prima dell’omicidio di Empoli dove mi portò Franci che io seguii perché non avevo niente da fare. Si parlò col Tuti e s’andò ognuno per la sua via.

ADR Chi avvertì Tuti dell’arresto di Franci non lo so. Io ci ho avuto poco a che fare con quella gente lì.

ADR A richiesta del Pm che fra l’altro mi legge quanto dichiarai alla polizia dieci anni fa, io dico che dieci anni fa dissi che io e Cauchi, prima di andare a Rimini, parlammo con Gallastroni può darsi che sia così, anzi sicuramente è così. Con Cauchi andammo a Torino e non a Milano, se Cauchi fece una telefonata non lo so, io so che ci trovammo puntuali ai binari dove avevamo appuntamento a Torino. Alla domanda del PM che mi legge quanto da me dichiarato alla polizia il 6.2.1975 confermo che quando stavamo a Rimini e dopo aver saputo degli omicidi fatti da Tuti, Cauchi mi lasciò solo e disse che veniva a Firenze per sistemare delle pendenze militari.

Piero Malentacchi – dichiarazioni 28.10.1986

Intendo rispondere. Finito Batani in carcere, Franci che non aveva grandi qualità, tirò fuori discorsi pesanti e cominciò a insistere sull’idea di attentati dimostrativi. Lo faceva per emergere lui. Per aumentare il suo credito cercò anche persone di fuori Arezzo, così venne fuori Tuti che partecipò alla riunione della Foce pochi giorni prima che io e Franci venissimo arrestati nel gennaio 75.
Di mia iniziativa voglio dire che io non ho mai saputo niente di Gelli, ma so che Gallastroni parlò in faccia a tanti che Gelli aveva dato 300 mila lire a Cauchi. Anche ora che è venuto in licenza dal carcere, Franci ha ripetuto che il confronto fra lui e il Batani su Gelli nacque dal desiderio di Franci di non finire alle isole.

ADR Prendo atto che il G.I. mi legge dalle carte consegnate da Tomei al G.I. il 16.10.1985 e oggetto della perizia 27.1.1986 la parte in cui Affatigato scrive che l’attentato a Palazzo Vecchio a Firenze doveva essere opera di Affatigato, Tuti, Franci, Cauchi, Malentacchi e un fiorentino e un pistoiese. Io rispondo così: il discorso è valido.
Franci ne avrà parlato con Affatigato e gli avrà dato il mio nome come una delle nuove leve di Arezzo. Io non conosco né il fiorentino né il pistoiese, se lo sapessi lo direi.
Secondo me il discorso di Franci lo definisco valido in base al volantino del Fronte Nazionale Rivoluzionario sulla Camera di Commercio di Arezzo dove si parla di altri attentati. Uno di Firenze, in un periodo che non so inquadrare, ma può essere anche nel ’73 è venuto un paio di giorni ad Arezzo inventando la balla di una rissa a Firenze; il fiorentino era un ragazzo biondo, alto un metro e settantotto, di corporatura snella.

ADR Nel ’74 c’era un’atmosfera o una mania di parlare di golpe o di collegamenti con l’esercito. In presenza mia o di Marino Morelli parlavano di tradimenti del MSI da cui erano usciti, parlavano di scatenare qualcosa e di essere sempre pronti. Ho visto qualche arma in occasione dell’arresto di Franci. Parlavano di rapporti e collegamenti con Firenze, Lucca, Pistoia, Pisa, Perugia.

ADR Contestatomi dal G.I. che non parlo mai di Cauchi, io l’ho tenuto sempre a distanza perché faceva discorsi ermetici, si dava delle arie. Vantava rapporti con generali, con servizi o perlomeno a me sembrava che si vantasse. Chi gli stava più da vicino come Gallastroni, Batani, Franci amplificavano le sue mezze parole. Questa cosa a me non piaceva.

ADR Voi dovete credere che c’è stato il furto della cava di Arezzo. Non è vero che fu usata l’auto di Tuti come mi dice il G.I.. Franci si fece prestare una FIAT 1100 da una persona estranea a noi e che non sapeva niente, per cui anche se lo sapessi non le direi il nome. La 1100 non è di Arezzo ma targata Firenze. Queste cose Franci me le disse nel gennaio ’75 subito dopo il nostro arresto perché io ero stato arrestato per quel motivo e io volevo sapere come stavano le cose.
Franci mi disse che al furto avevano partecipato Affatigato e Pera. Io non so come Pera e Affatigato da Lucca siano venuti ad Arezzo. Non credo che Franci mi abbia imbrogliato. Io non so quanto esplosivo hanno rubato e se lo hanno diviso fra di loro.

ADR Contestatomi dal G.I. una mia reticenza dettata da interessi processuali o da un comprensibile ritegno a parlare di altre persone, io dico che le cose stanno così: ad Arezzo Cauchi, Batani, Franci, Gallastroni, io, Donati, Rossi, Brogi usavamo ritrovarci nella sede del MSI ma con un piede ne eravamo fuori perché i discorsi erano tutt’altro che quelli del MSI. Sono lor che parlano con me dei gruppi più vasti di Lucca, Pisa, Pistoia, Perugia. Sono discorsi che facevano prima dell’arresto di Batani. Io non avevo fiducia in Cauchi e non volevo neanche partecipare a pestaggi o scontri di piazza; io ero pronto se si avverava il loro discorso: se c’era un golpe o se si scendeva in piazza, io c’ero. A me nessuno ha mai parlato di Ordine Nero e non so nulla di rapporti con Milano. In carcere vidi Danieletti, Ferri, D’Intino, Zani che erano accusati di Ordine Nero e ne parlavano fra di loro. So che a un certo punto Brogi andò via da Arezzo per la storia di un anello o per certi ricatti fra di loro con Cauchi. Franci avendo perso Del Dottore chiamò me ed è per questo che io sono entrato in questa storia.

ADR Se il G.I. sostiene di avere elementi che lo portano ad individuare il fiorentino, il nome che mi fa il G.I. io lo vado a controllare. Prendo atto che il G.I. mi ripete di non fare domande che contengano risposte precostituite.

ADR Chi ha fatto Olmo? e chi vuole che lo abbia fatto? Franci attentati personalmente non ne ha fatti e lo dimostra l’episodio in cui ha coinvolto anche me. Molto probabilmente chi ha fatto Olmo poi aveva la fiducia di Franci per fare la Camera di Commercio o altro.

A questo punto si sospende l’interrogatorio per procedere al confronto Malentacchi/Batani anticipandosi che l’interrogatorio verrà ripreso dopo il confronto.

Gaetano Orlando – dichiarazioni 15.07.1991

Adr: preliminarmente ribadisco quanto ho gia’ accennato in altro verbale, cioe’ per le sue indagini e’ importantissima la riunione costitutiva di “Italia Unita” del marzo del 1970. Dopo la riunione ufficiale ce ne fu una riservata, cui presero parte una decina di persone. Oltre a me c’ era tutto il comitato direttivi di Italia Unita, o almeno una buona parte di esso, nonche’ tale Ferroni Cerrina di Torino, ricordo poi che c’ erano altri di Torino, in rappresentanza di Edgardo Sogno, ma non ricordo se abbiano preso parte alla riunione pubblica o a quella riservata. Nel corso di questa ultima, comunque, vennero decise sostanzialmente due cose, cioe’ la marcia della maggioranza silenziosa, della quale si occuparono Degli Occhi e il Bonocore, nonche’ l’ approfondimento dei rapporti con rappresentanti delle Forze Armate. In questo quadro vi furono contatti col generale Ricci e con l’ arma dei carabinieri.
Tali contatti furono mantenuti dai militari appartenenti al comitato direttivo o comunque simpatizzanti di Italia Unita.

Adr: prendo visione della foto allegata al rapporto dei CC di Bologna di data 20.05.91. Non ricordo la persona che vi e’ effigiata. Non escludo di averla incontrata, ma non posso dirlo, anche perche’ mi si e’ indebolita la memoria con riferimento alle fisionomie.

Adr: mi viene chiesto perche’ e da chi il Fumagalli fosse ricattato. Preliminarmente dico che il Fumagalli attualmente mi sfugge ed ha un atteggiamento di sfiducia e di paura nei miei confronti. Quando l’ ho incontrato mi ha detto che lui non parlera’ assolutamente dei fatti passati, perche’ si tratta di cose ormai chiuse per le quali ha gia’ pagato. Prendo atto che cosi’ non ho ancora risposto alla domanda che lei mi ha posto, bene, ora dichiaro che il Fumagalli era ricattato dai ragazzi di Brescia appartenenti ad AN, in quanto questi sapevano che era complice del sequestro, anzi responsabile principale del sequestro Cannavale. Fumagalli era uno che si era limitato agli attentati ai tralicci, non aveva mai fatto attentati con morti.
In Spagna ho sentito dire certe cose…. Si tratta di cose che non appartengono alla mia conoscenza diretta. Dico solo che le stragi, inclusa quella di Brescia, sono state commesse da chi e’ stato processato per tali fatti. Questa e’ la mia convinzione, ma se dovessi dire qualcosa di piu’ concreto mi farebbero fuori. Non mi farebbero arrivare in tribunale. Spontaneamente aggiungo, infine, che il Franci sa moltissime cose. Spontaneamente aggiungo ancora che Esposti Giancarlo era divenuto l’ uomo di fiducia del Fumagalli, ma che era infiltrato nel Mar dal Delle Chiaie.
L’ Esposti sapeva tutto quello che so io, anzi molto di piu’ ed e ‘mia convinzione che per questo sia stato ucciso, pur essendosi arreso ai carabinieri che lo stavano arrestando. Prendo atto che vi fu una inchiesta sul caso e che quanto dico non e’ stato confermato, ma ne sono ugualmente convinto. Faccio presente che io ho rischiato la vita allorquando Delle Chiaie e Vinciguerra mi interrogarono sui fatti di Esposti Giancarlo. In quell’ “interrogatorio”, in merito al quale sono gia’ stato sentito, anche da lei GI, avevo fatto dei nomi, ma si tratta di nome di persone importanti e di grossi esponenti politici. Non intendo ripeterli perche’ non voglio passare per pazzo.

Adr: ribadisco quanto ho gia’ detto circa l’ organizzazione “parallela” anticomunista alla quale ho appartenuto. Certamente non era destinata a fronteggiare un’ invasione esterna, ma aveva una funzione interna anticomunista. Questa organizzazione aveva a disposizione armi e godeva dell’ appoggio di esponenti delle forze armate. Ribadisco di essere stato partecipante attivo di tale organizzazione. Chiestomi se lo fosse anche il Vinciguerra, dico che Vinciguerra è un puro che è caduto in una rete.
Solo con l’ andare del tempo ha cominciato a capire per chi stesse effettivamente lavorando. Ha cominciato a capirlo in Cile e ne ha avuto la certezza durante la sua permanenza in argentina. Vinciguerra inoltre, era molto legato a Delle Chiaie, anche sul piano personale e quando si e’ reso conto che questi non era in buona fede, ha subito un profondo turbamento.

Adr: richiesto dei nomi di quei parlamentari che promossero la unificazione di Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo – o comunque la caldeggiarono – dichiaro di non volerli fare. Rischierei soltanto una denuncia in quanto si tratta di persone tuttora coperte. Dico soltanto che erano due, oltre al Romualdi che ho gia’ menzionato in un precedente verbale. Anche uomini dei servizi vennero in Spagna e si interessarono dell’ ambiente in cui allora vivevo. Il Labruna incontro’ piu’ volte Delle Chiaie. Si incontravano all’”Appuntamiento”. Dico questo per averlo appreso dagli altri fuoriusciti italiani, fra i quali il Cicuttini.

Adr: prendo atto che mi viene chiesto di approfondire il discorso delle armi provenienti da Verona e dei collegamenti del Fumagalli con Verona e ambienti veneti. Spontaneamente dico che il Fumagalli, nel maggio del 1974. E’ stato arrestato in conseguenza dello scontro, all’ interno dei servizi, fra Miceli e Maletti. Fumagalli aveva rapporti con ambienti del terzo Comiliter, con Nardella e con lo Spiazzi. Quando nel 1974 mi recai presso l’ appartamento che avevo preso in affitto, nelle circostanze da me ripetutamente dette, vi trovai un arsenale enorme di armi, che scomparirono a seguito delle mie proteste. Nell’ appartamento trovai, oltre ai ragazzi di Fumagalli, anche gente proveniente dal veneto. Si trattava di sei o sette persone, che però non conoscevo. Circa lo Spiazzi, so che il Fumagalli, nella sua officina, aveva preparato, modificandole, delle armi, in particolare dei lanciafiamme e dei lanciagranate. Inoltre mi parlava dello Spiazzi come di un tecnico esperto in tali elaborazioni.

Adr: ricevo lettura dell’ appunto datato 27.06.74 del comando generale della guardia di finanza. Alcune delle persone che vi sono nominate le ho sentite nominare; rettifico ho sentito nominare il solo Trevisan Giancarlo, oltre naturalmente allo Spiazzi.

Adr: puo’ darsi che conoscessi Soffiati e gli altri sotto il nome di copertura. In Spagna, infatti, la gente non si presentava mai con il vero nome. La notizia che in un castello nei pressi di Verona fossero custoditi cospicui quantitativi di armi l’ avevo gia’ sentito, ma mi pare in epoca recente, cioe’ dopo il mio ritorno dal Sud America.
Spontaneamente aggiungo che verso la fine del 1965 il Birindelli subi’ un attentato sul percorso Venezia – Padova, nel senso che la autovettura sulla quale viaggiava fu buttata fuori strada. Rettifico la verbalizzazione, non e’ stato nel 1965 ma verso il 1969, cioe’ contemporaneamente all’ epoca in cui a Padova si svolsero le riunioni delle quali ho gia’ in precedenza parlato. Spontaneamente aggiungo,  poi, che i rapporti fra Fumagalli ed importanti esponenti politici non erano chiacchiere come ho lasciato intendere nelle mie precedenti dichiarazioni. Erano cose reali, delle quali peraltro ha gia’ parlato a suo tempo la stampa. Io stesso, nel 1965, partecipai a Roma ad un incontro con questi importanti personaggi che gia’ ho menzionato nel precedente verbale. Si trattava di una cena cui presero parte anche dei professionisti della Versilia.

Adr: circa l’ interrogatorio da me subito ad opera del Delle Chiaie e del Vinciguerra, dichiaro quanto segue: ad interrogarmi era soprattutto il Delle Chiaie, ma anche il Vinciguerra il quale verbalizzava e faceva domande molte precise. Il testo di quell’”interrogatorio”, che mi e’ stato a suo tempo mostrato da molti giudici, fra i quali lei GI dr Grassi, a parte gli omissis e qualche ritocco secondario, corrisponde sostanzialmente all’ andamento dell’interrogatorio stesso. Gli omissis sono stati posti con riferimento a fatti precisi e a nomi, anche di politici attualmente sulla cresta dell’ onda.

Adr: come peraltro emerge da quanto ho gia’ detto sino ad ora, la organizzazione anticomunista della quale ho parlato si avvaleva di gruppi e di militanti della destra o che comunque condividevano le finalita’ anticomuniste dell’ organizzazione stessa, gruppi e militanti cui venivano date armi e fiducia. Richiesto se vi siano stati degli scontri in merito alla gestione in termini strategici di tale organizzazione, dico che non posso parlare. Si tratta di cose troppo grosse e si toccano personaggi troppo importanti.

Adr: il Pozzan doveva essere condotto a casa mia a Milano nel 1969, nell’ autunno inoltrato, ma certo prima della strage di piazza Fontana. A quel tempo mi davo molto da fare per il conseguimento dei miei obiettivi politici, e, in tale contesto stabilii un contatto anche con il Pozzan. Si trattava di un contatto indiretto. Ero una persona comunque molto prudente e poiche’ non mi fidavo appieno di chi mi doveva presentare il Pozzan, decisi di rifiutare l’ incontro con quest’ ultimo. Il tramite fra me e il Pozzan era uno della Versilia, anzi era un veneto che frequentava l’ ambiente versiliese. Si trattava di un ufficiale dell’ aviazione il cui nome non e’ mai affiorato e che anche ora non intendo fare. Questo ufficiale, attualmente in pensione, – sempre se vivente – era di stanza a Treviso.

Adr: il Pozzan l’ ho conosciuto personalmente in Spagna nel senso che l’ ho visto di persona. Non ci siamo presentati, ne’ comunque gli ho parlato perche’ la cosa non mi interessava.

 

L.c.s. ­

Requisitoria pm Mancuso processo strage di Bologna 11.0.4.1988 – 4

Tutto viene lasciato andare davanti agli occhi di questi militari, di questi uomini dei servizi segreti e continua proprio in quegli anni, a rendersi sempre piu’ frenetica l’ opera di Gelli, raccontata ancora una volta da Aleandri, nel reclutamento dei militari. Abbiamo la vicenda della rivista “Politica e strategia”, di cui vi e’ un rapporto agli atti 07.12.82, che indica come in questa rivista interagissero i fratelli De Felice Fabio e Alfredo. “Politica e strategia”, periodico trimestrale a cura dell’Istituto Studi Strategici per la Difesa, Issed, con proprieta’ della rivista Filippo De Iorio, direttore responsabile Salomone Francesco e poi sostituito da Edgardo Beltrametti, assume tale carica in sostituzione di Edgardo Beltrametti.
Ecco ancora una volta questo collegamento stretto tra rappresentati delle istituzioni come De Iorio, inserito in delicatissimi compiti a livello governativo, con golpisti del calibro dei fratelli De Felice, con teorici della guerra rivoluzionaria, cui al Parco dei Principi, come Edgardo Beltrametti e futuri piduisti come il giornalista Salomone che ritroveremo nell’ ambiente e sul giornale Costruiamo l’ Azione. Sempre nell’ ambito del Golpe Borghese – Fronte Nazionale, Gelli operera’ in collegamento eversivo e massonico con tale avvocato Tilgher di Roma, come a pagina 5 del documento Maletti, e quanto nel dar conto di tutte le forze scese in campo in questa attivita’ eversiva, secondo le dichiarazioni e le rivelazioni, fornite dalle fonti del SID, tra le quali Orlandini Remo, per quanto riguarda la Toscana, racconta: brigata paracadutisti di Livorno, un colonnello e c’e’ il nome, un ufficiale superiore c’e’ il nome, otto ufficiali inferiori, sei sottufficiali. Erano inoltre presenti nei vari scaglioni militari di truppa, aderenti ad Avanguardia Nazionale, fatti inserire a cura dell’ avvocato Tilgher di Roma: buona parte dei nomi nota. Ma restera’ nota solo a Maletti. Avvocato Tilgher di Roma, avanguardista, che ritroveremo, che identificheremo innanzitutto nel Tilgher Mario nella lista che il contenuto sia nella lista italiana che nella lista uruguaiana nella P2 e sapremo passato al Grande Oriente, giuramento firmato, e sul quale si inserisce una storia particolarmente significativa: perche’ Licio Gelli quando consegnera’ alla magistratura fiorentina, che indaga sull’omicidio del magistrato Occorsio Vittorio una lista molto depurata di iscritti alla P2, inserira’ anche il nome di Tilgher Mario. Successivamente si rechera’ dal magistrato per altre precisazioni e tra queste indichera’ che l’avvocato Tilgher non e’ mai stato iscritto alla P2. Viceversa in quello stesso periodo risulta transitare dalla P2 al Grande Oriente d’ Italia, ripeto sia per documentazione italiana che per documentazione uruguaiana proveniente direttamente dall’ archivio di Gelli.
Vi sono poi, poiché in quel periodo diventa più frenetico il tentativo eversivo, siamo nei primi anni ‘70 con Gelli, protagonista abbiamo detto dal ‘71 al ’74, vi sono a scadenza fissa le circolari che Gelli invia ai suoi fratelli nel ’71, nel ’72, nel ’73.

Avremo le riunioni che la commissione ha spiegato che si trattava di più riunioni presso villa Wanda. (…) Anche qui egli nel corso di queste riunioni discuteva e elaborava misure per contrastare – questa e’ la circolare del ‘71 che cito: ” elaborare misure per contrastare la minaccia del Pci volta alla conquista del potere per stabilire opposizione di assumere in caso di ascesa al potere dei clerico-comunisti”, circolare a pagina 17 della relazione. L’ anno successivo dirama addirittura una lettera circolare ai militari iscritti alla sua loggia nella quale si traeva la conclusione che “solo una presa di posizione molto precisa poteva porre fine al generale stato di disfacimento e che tale iniziativa protesa essere assunta soltanto dai militari”. E sulla riunione di Villa Wanda, vi rinvio a quanto afferma la commissione P2, e a quanto dichiarato dal generale Palumbo, al senso di rammarico e di profondo disgusto che la presidente Tina Anselmi comunica al testimone nel congedarlo, rifiutando persino di arrestarlo. Al ruolo che in quegli anni assume, anche, Carmelo Spagnuolo procuratore generale della Cassazione e avvocature di processi pilotati, che interesseranno Gelli e il suo sistema di potere.

La circolare del ‘74, ve ne leggo pochissimi brani, mi auguro innanzitutto l’intestazione interessante “Centro Studi di Storia Contemporanea” – quindi sappiamo che sarà rivolta a tutti i fratelli di questa struttura che e’ una copertura della P2 – , sappiamo che Musumeci avrà una tessera intestata al Centro Studi di Storia Contemporanea, sappiamo anche dove gli verra’ consegnata nonostante le sue affermazioni in contrario. Dice cosi’ Gelli ai suoi fratelli: “mi auguro e auguriamoci insieme che si trovi finalmente la forza e il coraggio, la capacita’ di operare sinceramente, per estirpare il male maggiore che oggi ci affligge le eversioni, la delinquenza organizzata operante all’ombra dell’ideale politico di destra e di sinistra, non è allarmisticamente che si prevede un’estate veramente calda, direi scottante per una notevole quantita’ di problemi estremamente impegnativi, auspichiamo il rispetto delle leggi e la emanazione di quei provvedimenti intesi alla salvaguardia della dignita’ umana, diritto al lavoro, ecc”. Mentre richiamava all’ordine, con accenti squisitamente reazionari, Licio Gelli sovvenzionava la banda armata toscana, dedita ad attentati terroristici sulla linea ferroviaria Firenze – Bologna. Credo che questo argomento meriti un momento di attenzione. Dico questo non soltanto perché forte di una sentenza, sia pure di primo grado, che ha dichiarato Licio Gelli sovvenzionatore di terroristi dediti ad attentati dinamitardi, ma anche perché, presidente, vi è una tale mole di atti che vorrei in qualche modo commentare, sia pure in maniera estremamente succinta e rapida. Alcuni di questi, sono già stati letti ritengo, però opportuno rifarlo ripetere questa lettura anche perché sarà accompagnata dalla lettura di altri atti. Franci Luciano, Procura Repubblica Firenze 13.08.76: “questi fatti ho in mente di riferire hanno attinenza a un particolare ambiente che fa capo ad una persona di Arezzo, o meglio varie persone di Arezzo, poiche’ io temo che queste rivelazioni possono incidere negativamente sull’incolumita’ mia e della mia famiglia poiche’ tali fatti sono a conoscenza anche del Batani – su questo torneremo – desidero appunto che anche il Batani sia presente. Confronto Franci – Batani: “oggi posso precisare – dice Franci – che tali notizie riguardano i collegamenti fra esponenti della massoneria di Arezzo, o meglio della P2, il SID alcuni elementi di destra sempre di Arezzo, nonche’ i rapporti avuti da Batani con un certo maresciallo dei carabinieri di Arezzo”. A questo punto interviene il Batani il quale dichiara: “in effetti ho fatto delle confidenze al Franci sul primo punto non intendo per il momento fare alcuna dichiarazione per timore”. Poi parla del maresciallo Cherubini, che sapremo essere in contatto con Cauchi (…). Sullo stesso punto Murelli Maurizio: “ricordo che effettivamente durante le pause del processo Mario tuti espresse giudizi molto duri, l’intenzione di uccidere Franci e Malentacchi, avevano sporcato l’immagine del movimento Nazionale Rivoluzionario richiamando collegamenti di questo movimento con la massoneria”. “Tuti – Latini Sergio – nelle pause del processo era molto arrabbiato perche’ in quei giorni era apparsa la notizia che Franci era stato colui che aveva tirato in ballo i rapporti tra il suo movimento e la massoneria. Ha fatto capire che non gli andava che fosse stato reso noto quel collegamento ammettendolo esplicitamente. Disse che appena gli capitava l’occasione avrebbe ucciso Franci”. Bumbaca: “non avevo mai saputo di contatti tra Cauchi e la massoneria o Gelli. In carcere pero’ ho saputo da Franci, che lo ha ripetuto parecchie volte, che esso Franci aveva ottimi rapporti, era in ottimi rapporti con Gelli e che la massoneria li avrebbe aiutati.

Queste cose Franci le ha ripetute anche dinanzi al tribunale di Firenze nel processo del Fronte Nazional Rivoluzionario. In mancanza della sentenza leggero’ alcuni brani, si tratta peraltro di deposizioni, riportati nella requisitoria del dottor Vigna di Firenze che riguardano appunto l’episodio del finanziamento: E’ ancora Brogi a riferire con dettagliate dichiarazioni circa un approvvigionamento di esplosivo di armi avvenuto in epoca compresa tra 06.03.74 e il 20.04.74: il camion contenente il materiale – secondo le dichiarazioni di Brogi – fu scortato da lui stesso e da Cauchi da Viserba di Forli’ fino a Ponte San Giovanni di Perugia, con l’aiuto di Bernadelli che usava la moto in tale localita’, – il passo si segnala per la coralita’ dei partecipanti – oltre che di Zani, Ferri, di Esposti, di Vivirito ora deceduti. Fu trasferito altrove un’ altra parte di esplosivo fu portato presso l’ abitazione di Cauchi a Monte San Savino e da qui con l’ aiuto di Brogi e Franci in localita’ Alpe di Poti donde tuti ne prelevo’ un quantitativo. Al procacciamento erano interessati anche i fratelli Castori”. Brogi individuato il casolare ove l’ esplosivo fu nascosto e tale esplosivo poi fu recuperato anche se l’intervento, dopo la strage dell’Italicus del teste imputato Del Dottore, nonche’ uomo collegato al SID”.

Ancora leggiamo in questo atto di accusa, ripeto che ha trovato una conferma, una prima conferma, nella recente sentenza della corte di assisi di Firenze: “Cauchi manteneva collegamenti – pag 106 – con i vertici romani del gruppo, intesseva rapporti con le persone che gravitavano nell’ambiente milanese di Ordine Nero, Mar Fumagalli, era strettamente legato a tuti presso il quale passo la sera del gennaio ‘75, in cui costui uccise due poliziotti e feri’ gravemente un terzo”. Eppure tutto cio’ non e’ ancora sufficiente a descrivere compiutamente la figura dell’imputato, che manteneva rapporti con persone inserite in apparati statali, si vedano sul punto le dichiarazioni non solo di Brogi ma anche di Vinciguerra o ai vertici di potentati economici della massoneria come Licio Gelli. E se e’ vero quanto afferma Vinciguerra, e non c’e’ ragione di dubitarne, sia per la forte personalita’ del dichiarante sia perche’ la circostanza si inquadra nel contesto sopra richiamato, riferendo un discorso di Cauchi questi pote’ sfuggire all’arresto perche’ avvisato da un non identificato appartenente alle forze dell’ordine e trovò poi rifugio in Spagna ove avrebbe, con altri latitanti dell’eversione nera, compiuto azioni ispirate dai servizi spagnoli. Sono poi documentati in atti i contatti che anche dopo la fuga di Arezzo, il Cauchi ebbe con i responsabili del servizio di Firenze, che all’epoca il magistrato che redigeva quest’atto non conosceva essere una persona il cui nome ricorre in questo processo, cioe’ il capitano Mannucci Benincasa.

Gelli – pag 107 –  mediante l’attribuzione della qualifica di sovventore della banda armata, sulla base delle dichiarazioni di Andrea Brogi: aveva riferito questi Andrea Brogi, di una consegna di danaro da parte del Gelli al Cauchi in vista di azioni di addestramento e di preparazione sul piano militare di persone che avrebbero potuto assumere iniziative dopo il referendum sul divorzio. Degli interrogatori del 01.12.86 e 19.12.86. Brogi ha precisato con maggiori dettagli lo svolgimento dell’operazione di finanziamento che fu concordato tra Gelli e Cauchi accompagnato da Mauro Mennucci. Si tratta di un ufficiale dell’arma dei carabinieri cioe’ quel Salvatore Pecorella inquisito nel gennaio ‘74 anche arrestato nell’ambito delle indagini sul golpe Borghese e anch’egli iscritto alla loggia P2. L’intervento di Pecorella fu propiziato, secondo la narrazione di Brogi, dall’ammiraglio Birindelli, anch’egli della loggia, la cui deposizione non contraddice il racconto del Brogi che doveva servire a garantire a Gelli la serieta’ dell’operazione e che i finanziamenti “non si perdevano e non finivano in cose inutili”, cito tra virgolette: “fu appunto in seguito a quell’intervento che il Gelli erogo’ la somma di lire 18000000 che servi’ anche all’approvigionamento delle armi e dell’esplosivo del periodo compreso tra il 6 marzo ed il 21 aprile, senza peraltro che a Gelli fossero date particolari indicazioni sull’operazione”. Brogi, poi si parla dei supporti a queste dichiarazioni e della riunione che fu indetta da tutti costoro nell’abitazione di Paolo Signorelli sul lago di Bolsena, alla quale anche Brogi partecipo’ sia pure con funzione di copertura esterna. Un primo supporto a quelle dichiarazioni – pag 108 – proviene da Sergio Calore persona altamente attendibile e, il riscontro di cui si tratta, pare sia particolarmente rilevante. Riferisce Calore di “avere appreso da Concutelli che nel ‘76 il gruppo perugino voleva introdursi in una villa presso Arezzo e qui impossessarsi di documenti custoditi in tale villa da un’esponente della massoneria. Ma Pugliese aveva bloccato l’operazione affermando che quel personaggio che abitava nella villa non andava toccato”. Vinciguerra apprese direttamente da Cauchi, Gallastroni anche qui abbiamo documenti provenienti direttamente dalla polizia: Gallastroni parlo’ a personale della Digos di Arezzo di somme date da Gelli a Cauchi, anche se poi cerco’ di stemperare il discorso. Franci sin dal ‘76 aveva assunto iniziative di rivelare i rapporti tra Gelli e la destra eversiva, e via, e cosi’ via di seguito. (…) L’informativa che la polizia di Arezzo il 06.08.80 invia all’illustrissimo signor Questore dice questo “accertamenti connessi all’ attentato di Bologna riferiva che non era, questo Gallastroni, che non era in grado di indicare dove potesse trovarsi il Cauchi ed aggiungeva che all’ epoca delle indagini sul gruppo Tuti, detto Cauchi era amico di Licio Gelli dal quale avrebbe ricevuto somme di danaro”. Gallastroni Giovanni: “Cauchi era amico di Gelli” (…). Ma Cauchi si e’ detto fugge il giorno in cui Tuti ammazza i due poliziotti e ne ferisce gravemente un terzo. Cauchi quella mattina si dirigeva in casa di Tuti, quella sera si dirigeva in casa di Tuti e successivamente dopo questo crimine saranno a cena insieme.

Presidente qui vi e’ anche un atto ufficiale proveniente Firenze 20.12.77. Il centro di Firenze scrive al signor capo reparto D di Roma, racconta come vi siano stati rapporti tra il SID e Cauchi e su questi rapporti vi e’ stato il segreto di Stato su chi abbia mantenuto questi rapporti e’ stato opposto il segreto di Stato, come il servizio abbia avvicinato Cauchi in occasione dell’attentato alla casa del popolo di Moiano, poiche’ si avevano seri sospetti nei confronti di Batani rientrato alle 5 del mattino. Bene avvicinano Cauchi, che confidenzialmente si seppe essere vicino al Batani e in grado di dare confidenze. Il Cauchi si dimostrò subito interessato a parlare del Batani scagionandolo completamente dalla sospetta partecipazione all’ attentato di Moiano. Preciso’ in particolare che il Batani non era mai stato alla casa del popolo di Moiano e che erano quelle testimonianze erano da considerarsi false. E infine che il Batani era rientrato effettivamente alle 23,30 e non alle 5. Questo e’ un concorrente, Presidente, che va a scagionare un attentatore del calibro di Batani ed era un collaboratore del SID di Firenze. Fu chiesto al Cauchi se fosse in possesso di qualche notizia relativa agli altri inquisiti e senza esitazione avvio’ il discorso su Brogi, definendolo un sicuro provocatore. Era il momento in cui gia’ lo aveva condannato a morte ed aveva anche tentato, deciso di sopprimerlo.
Alcuni giorni piu’ tardi, fine maggio, il Cauchi telefono’ al numero datogli al Sid, Presidente, per comunicare che il Batani sarebbe tornato entro una decina di giorni ad Arezzo. Ma “con l’ incontro del 19 giugno si concluse il rapporto con Cauchi, per quanto e’ dato ricordare, cio’ puo’ essere dipeso – dice lo scrivente – dall’ approssimarsi del periodo delle ferie estive”. E quanto saranno drammatiche quelle ferie estive, come il Cauchi partecipera’ a quegli eventi lo sapremo tutti. “Passeranno sette mesi – e ancora il rapporto – prima che il Cauchi si faccia vivo”. “Cio’ dovrebbe essere avvenuto la sera del 26.10.75 o 27.01.75 verso le 22 – 23 allorche’ cerco’ per telefono l’ elemento che lo aveva contattato, a quell’ ora assente dall’ ufficio. Rintracciato fece dire al Cauchi, che aveva lasciato detto che avrebbe richiamato di dare un recapito telefonico. Cosa che il Cauchi fece di li’ a poco dicendo che poteva essere richiamato al posto telefonico pubblico della stazione delle ferrovie dello Stato di Milano”. Il Cauchi era gia’ stato raggiunto, era gia’ stato emesso nei suoi confronti ordine di cattura, era latitante telefonava al Sid e lasciava il suo recapito per essere successivamente rintracciato. “Chiamato successivamente dal contattante, Cauchi rispose effettivamente dal recapito datogli e chiese subito all’ interlocutore se era in grado di metterlo in contatto con il pm che stava conducendo le indagini di Arezzo, e per l’omicidio di Empoli il 24 precedente Tuti ecc. Si disse completamente estraneo alla vicenda, voleva chiarire ogni cosa col magistrato. Fu conseguentemente preso contatto, Cauchi ripete’ , Donati Luca confermo’, l’ avvenuta fuga. La conferma Presidente, la chiusura di questo rapporto, nello stile di quella informativa che vi ho detto: “Da allora non e’ stato attuato alcun tentativo di acquisizione di notizie sulla latitanza del Cauchi, nella precisa preoccupazione di non ingenerare in chicchessia, mal fidati sospetti di collusione col soggetto, si puo’ e si deve pur dire, Giannettini docet”… E chiude questo rapporto.

“Per quel giorno non ho l’alibi. Questo prova che sono innocente” – La Repubblica 19.11.1986

Io l’ alibi per il giorno dell’ attentato non ce l’ ho, ma questa è la miglior prova della mia innocenza. Piero Malentacchi, un po’ invecchiato, sfogliando un pizzetto alla D’ Artagnan, si difende così dall’ accusa di essere l’ uomo che ha collocato la bomba sul treno Italicus. Il processo d’ appello entra nella quinta udienza e lui parte sicuro, ma ogni tanto s’ inceppa e al difensore, durante una pausa, mormorerà: Questi qui mi vogliono far dire cose che non ho detto!. Appare ancora più deciso di Mario Tuti nel negare ostinatamente tutto o quasi.

Non solo non ha mai partecipato ad attentati, ma ha frequentato solo saltuariamente i camerati e quando, al momento dell’ arresto, gli hanno trovato in tasca il volantino di rivendicazione di una bomba che doveva scoppiare alla camera di commercio di Arezzo, si difende dicendo che quel foglietto gliel’ aveva passato Franci, che lui non ne sapeva niente. Io sono sempre stato trascinato in queste storie di bombe da Franci, le accuse contro di me sono sempre state indefinite e non ho mai potuto difendermi. Il presidente Pellegrino Iannacone lo lascia dire, ma poi lo incalza facendosi raccontare i particolari di quanto accadde nel carcere di Arezzo. Tra quelle mura Aurelio Fianchini, quello che diverrà il superteste della strage e che tuttora rappresenta il cardine dell’ accusa, raccolse le confidenze di Franci sull’ attentato. Malentacchi nega che tra i due ci fosse confidenza, ma dimentica di aver scritto una lettera al giudice istruttore nella quale raccontava che Franci faceva da cuciniere a Fianchini al punto da organizzare con lui e con un terzo detenuto, Felice D’ Alessandro, un progetto (riuscito) di evasione. Malentacchi nega anche di aver avuto una particolare dimestichezza con gli esplosivi. Quando gli viene fatto notare che sotto le armi ha frequentato un corso per artificiere risponde: Però non ci hanno mai insegnato a fabbricare ordigni a tempo! Ci mancherebbe altro! replica serafico il presidente della corte. Continua a negare anche quando l’ avvocato di parte civile Roberto Montorzi gli contesta una frase pronunciata in primo grado secondo la quale Malentacchi insieme a Cauchi avrebbe partecipato ad una riunione durante la quale si commentarono i grandi attentati di quel periodo, la strage di Brescia in particolare. Non ho mai detto queste cose sbotta l’ imputato, ma a contraddirlo c’ è il verbale d’ udienza.

Ed è proprio sui rapporti con Augusto Cauchi, l’ eterno latitante in contatto con servizi segreti e P2, che le sicurezze di Malentacchi vacillano. L’ ho conosciuto ammette, ma dalle carte del processo viene alla luce una conoscenza un po’ più approfondita di quanto Malentacchi vorrebbe far credere. Tra l’ altro si parla di un viaggio in camion compiuto tra Arezzo e Rimini nei primi mesi del 1974 per trasportare dei mobili. Di un viaggio analogo, ma a ritroso, da Rimini alle Fonti del Clitumno, ha parlato recentemente un pentito nero, Andrea Brogi. Non è ancora chiaro se il viaggio sia lo stesso, ma il periodo coincide. Brogi racconta che con un camion furono prelevati a Rimini armi ed esplosivo che Cauchi aveva comprato da un personaggio misterioso utilizzando una notevole quantità di denaro che due giorni prima aveva ricevuto da Licio Gelli. Io e Cauchi aggiunge Brogi prendemmo solo l’ esplosivo che sistemammo in un deposito dove venne Tuti a prelevarne una parte. Anche Franci sapeva dell’ esplosivo. L’ udienza a questo punto s’ è accesa, ma vista l’ ora tarda, il presidente ha rinviato tutto a stamani.