Il delitto Mangiameli

Il 2 settembre Volo, Mangiameli e le rispettive compagne si muovono dalla Sicilia e vanno in Umbria, a Cannara, un paesino in provincia di Perugia: lì per una settimana sono ospiti di Salvatore Davì, che è un appartenente di Cosa nostra, in soggiorno obbligato in attesa degli esiti di un processo per l’omicidio di un poliziotto. Se non è già un esponente di rilievo, Davì lo diventerà, perché, scontate le condanne, salirà a capo della famiglia di Partanna-Mondello. I motivi per cui Mangiameli e Volo soggiornano proprio da Davì per una settimana non sono noti, si può solo supporre che Mangiameli avesse necessità di essere protetto, nella prospettiva di vedersi con il gruppo di Fioravanti. Oppure, per quanto fa capire Alberto Volo, lo scopo del viaggio sarebbe stato anche quello di «acquisire elementi per chiarire, attraverso canali diversi, tutti i sospetti che si erano accumulati, considerando le gravi vicende di quell’anno 1980». Più nello specifico, Volo riporta che «in effetti Mangiameli mi disse – il 9.9.80 durante il viaggio da Perugia a Roma – di sapere che vi era stata una riunione a casa di Gelli cui aveva partecipato Valerio Fioravanti e che aveva posto tale riunione in relazione con l’omicidio Mattarella, proprio perché già allora sospettava che il Fioravanti fosse stato autore materiale dell’omicidio». Questo spiegherebbe il motivo della fuga, ma presuppone rapporti occulti fra l’estrema destra e la mafia. Mangiameli decide di andare a Roma, appunto il 9 settembre, usando l’Alfa Sud del Davì. Dapprima si trova con Roberto Fiore, poi nel pomeriggio, verso le 15.30, arriva in piazza della Rotonda per l’appuntamento di chiarificazione con i Nar: lo vanno a prendere, Mangiameli sale su una Golf di colore argento, ma non lo fa Volo, che non si fida. Alla guida c’è Cristiano Fioravanti e con lui Dario Mariani. Mangiameli viene portato in una pineta di Castelfusano e lì viene ucciso con un macabro rito, ognuno gli spara un colpo, prima Cristiano, poi Valerio, quindi Giorgio Vale. La Mambro e Mariani provvedono a sbarazzarsi del cadavere, che viene buttato in un laghetto artificiale in località Spinaceto e qui zavorrato; poi raggiungono gli altri che sono a cenare in un ristorante. Il ritardo nel ritrovamento è funzionale perché, nelle intenzioni, c’è anche quella di uccidere ancora «per avere il tempo di rintracciare Fiore e Adinolfi nonché la stessa moglie di Mangiameli». Tale intento non si verifica, anche perché Mangiameli viene ritrovato già due giorni dopo, quando il corpo riemerge in superficie. Il delitto apre una faglia fra i Nar e Terza Posizione, che risponde con un documento, che è anche un’accusa: L’ignobile strage di Bologna, che tanto da vicino ricorda quella di Abadan ad opera della Savak o quelle di Piazza Fontana, di Brescia, di Peteano, del treno Italicus, ha forse fatto la sua 85a vittima?

 

Fonte: “La democrazia del piombo“, Luca Innocenti

“Mattarella, Reina, La Torre un’unica regia assassina” Repubblica 28.12.1990

I delitti politici, gli omicidi del segretario provinciale della Dc Michele Reina, del presidente della Regione Piersanti Mattarella e quello del segretario regionale del Pci, Pio La Torre, sono da inquadrare in un’ unica strategia mafiosa. Questi delitti eccellenti sarebbero stati progettati dagli esponenti di primo piano di Cosa nostra, dai vertici che componevano la cupola, l’ organismo decisionale della piovra.
E’ questa la convinzione dei magistrati del pool antimafia di Palermo che da anni indagano sui delitti politici, le cui inchieste adesso sono state unificate ed affidate al giudice istruttore Gioacchino Natoli. Sarà quest’ ultimo magistrato, già titolare delle inchieste Reina e Mattarella, a concludere l’ istruttoria sui tre delitti trasmettendo entro l’ anno gli atti processuali al pubblico ministero per la requisitoria. Il contesto mafioso nel quale sarebbero maturate le uccisioni dei tre esponenti politici siciliani, è stato illustrato recentemente dall’ ultimo pentito di mafia, Francesco Marino Mannoia. Gli omissis delle dichiarazioni di Mannoia, relativi agli omicidi politici, venuti fuori nei giorni scorsi, hanno consentito ai magistrati palermitani di leggere e decifrare la strategia di Cosa nostra, che mal sopportava l’ impegno di alcuni politici che in un modo o in un altro ostacolavano gli affari della mafia. Il pentito ha detto ai giudici palermitani che certi omicidi aventi anche una certa valenza politica sono stati decisi da esponenti di primo piano di Cosa nostra che hanno mostrato maggiore propensione verso i fatti politici. Riferendosi all’ uccisione del segretario regionale del Pci Pio La Torre, assassinato il 30 aprile del 1982 insieme al suo autista Rosario Di Salvo, Mannoia ha dichiarato che l’ intenso ed assiduo impegno profuso dall’ onorevole Pio La Torre nella lotta contro la mafia non era naturalmente visto di buon occhio dal gruppo egemone di Cosa nostra.
Il riferimento è ai corleonesi capeggiati dal latitante Totò Riina che erano usciti vittoriosi dalla guerra di mafia del 1981. Tra l’ altro afferma Mannoia l’ onorevole La Torre era stato uno dei firmatari del disegno di legge che prevedeva la concessione alle forze di polizia ed alla magistratura di nuovi strumenti per combattere Cosa nostra. L’ uccisione del segretario regionale del Pci, secondo Mannoia, fu un errore politico di Cosa nostra. La morte di La Torre e l’ uccisione del generale Dalla Chiesa accelerarono afferma Mannoia l’ approvazione della legge Rognoni-La Torre e dopo quegli omicidi lo Stato non poteva rimanere inerte. Per l’ uccisione di Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980) oltre ai mandanti, ritenuti i componenti della cupola, i magistrati avrebbero individuato anche i presunti esecutori, Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, i due esponenti dell’ eversione nera nei confronti dei quali, il 19 ottobre dello scorso anno, sono stati emessi i mandati di cattura per omicidio.

Tommaso Buscetta – dichiarazioni 26.11.1992 sull’omicidio Mattarella

“Bontate Stefano voleva a qualsiasi costo eliminare Riina Salvatore. Era tutto concentrato su questo obbiettivo. Bontate e i suoi alleati non erano favorevoli all’uccisione di Mattarella, ma non potevano dire a Riina (o alla maggioranza che Riina era riuscito a formare) che non si doveva ammazzarlo. Non erano favorevoli per il semplice fatto che sia Stefano, sia Inzerillo, sia Pizzuto Gigino non avevano interessi negli appalti, per cui cercavano di «affievolire» il discorso su Mattarella.

Va, poi, detto che nel passato Mattarella era stato vicino a «Cosa Nostra», soprattutto del trapanese. Mattarella era molto vicino a «Cosa Nostra» (pur senza essere uomo d’onore) anche perché “discendeva” dal padre. In un primo tempo tenne una condotta di «condiscendenza», anche se non proprio di corruzione. Successivamente, dopo l’omicidio di Michele Reina, Mattarella divenne rigoroso, severo, disse “punto e basta”.

Questa la versione che arrivò in «commissione». Se tale versione fosse vera o meno io non so. Certo è che, quando mi incontrai con Lima a Roma, egli mi disse (come riferito in precedente interrogatorio) che aveva problemi seri con Ciancimino, problemi mai finiti. Lima mi disse che era riuscito a non candidarlo più, ma per contentino (suggeritogli da Roma) gli aveva dato «mano libera» per gli appalti dei «quattro quartieri».

lo non mi intendo di queste cose e non so spiegarle bene. Posso soltanto dire che Ciancimino non era più un candidato politico, ma restava «un’eminenza grigia» a Palermo”.

Rosario Spatola – dichiarazioni udienza 29.10.1993 – II

GIUDICE: per noi può bastare. Il Pubblico Ministero?

P.M.: signor Spatola, se ho capito bene, lei è stato affiliato a Cosa Nostra nel 72.

SPATOLA: sì.

P.M.: e la sua qualifica è rimasta sempre quella di uomo d’onore o ha avuto altre cariche all’interno della famiglia?

SPATOLA: no, ma ero particolarmente vicino ad Antonio Messina. Nonostante il grado però può essere un soldato a conoscenza di cose più di un capodecina a volte.

P.M.: non c’è dubbio. Volevo chiederle, tanto per ricominciare un attimo, lei all’inizio ha detto che il Presidente Mattarella, secondo quanto confidatole dal primo capofamiglia di cui ha fatto il nome, da Passarante, avrebbe avuto dei voti provenienti da Cosa Nostra.

SPATOLA: sì.

P.M.: se ho capito bene è questo il primo passaggio. Provenienti da Cosa Nostra in generale? Dalla famiglia vostra anche, dalla provincia palermitana, da quella trapanese?

SPATOLA: soprattutto dal posto, dalla provincia dove era candidato, quindi non riguardava la nostra famiglia, in quanto non era candidato nella nostra… cioè nel trapanese che io sappia.

P.M.: era candidato a Palermo?

SPATOLA: sì, certamente.

P.M.: allora da quali famiglie, da Cosa Nostra palermitana?

SPATOLA: sì.

P.M.: poi lei ha detto… quindi Passaranti esce di scena nel 74.

SPATOLA: sì, si dimette da capo della famiglia per determinate situazioni che si erano create all’interno, cioè lui non…

P.M.: va bene, è estraneo a questo processo. Lei poi le altre confidenze che mi riferisce di avere raccolto da Messina, capofamiglia dall’82… giusto?

SPATOLA: sì.

P.M.: sono che ad un certo punto il presidente Mattarella non avrebbe dato corso verosimilmente a qualche richiesta che lei non sa nel dettaglio, comunque un atteggiamento sfavorevole in generale.

SPATOLA: ma non… io non ho parlato di richieste specifiche, cioè un atteggiamento ostile…

P.M.: in generale.

SPATOLA: in maniera totale.

P.M.: questo è quanto le riferisce Messina.

SPATOLA: sì.

P.M.: capofamiglia di Campobello.

SPATOLA: sia il Messina, sia…

P.M.: i fratelli Caro.

SPATOLA: i fratelli Caro cui in quel periodo frequentavo moltissimo perché abitavo a Palermo, quindi loro conoscevano più la realtà palermitana, ancora più di quella che poteva conoscere Pino Ala che non è che si…

P.M. : i fratelli Caro sono uomini d’onore sempre della vostra famiglia?

SPATOLA: sono uomini d’onore. Su questo posso dire che anche quel progetto di fusione di uomini di Cosa Nostra messi all’interno di logge è un progetto che fece… attuò già nei primi anni del ’60 il suocero di Federico Caro, Salvatore Margiotta, vecchio capofamiglia di Campobello trasferitosi a Palermo.

P.M.: restiamo al nostro problema. Questi omicidi, dovrebbero essere stati, secondo l’impostazione dell’accusa, decisi dalla Commissione provinciale di Palermo, di cui i nomi sono stati fatti.

SPATOLA: ma era un periodo in cui gli omicidi si facevano senza che si riunisse tutta la Commissione.

P.M.: questo a lei chi lo ha detto?

SPATOLA: ma era un momento particolare, un momento di guerra, per cui non sempre ci si riuniva.

P.M.: questo a lei chi lo ha detto?

SPATOLA: ma non è una questione di averlo detto. Cioè era un momento in cui non è che si mettessero a conoscenza…

PRESIDENTE: no, lei deve rispondere alle domande del Pubblico Ministero. Il Pubblico Ministero le chiede con precisione questa notizia chi gliel’ha data.

SPATOLA: ma questa notizia poi in seguito mi venne detta dal mio capofamiglia, Antonio Messina, che praticamente anche in altri omicidi non è che ne venivano messi tutti al corrente per come dovere di…

P.M.: noi stiamo parlando… questa Corte si occupa dell’omicidio Reina, e lei ha detto che non sa niente. Poi dell’omicidio Mattarella, 6 gennaio 80, e dell’omicidio La Torre, aprile 82. Sono due momenti… ci sono due anni e quattro mesi di distanza che quello che risulta da tante risultanze processuali segnano due periodi completamente o notevolmente diversi. Lei sa modo preciso e da chi che la Commissione abbia deciso, non lo sa, sa se si è riunita, sa se non si è riunita, sa se la Commissione ha dovuto in qualche modo avere un’informazione, un consenso da altre province ed in particolare da Trapani? Ripeto, su queste varie domande ha delle risposte specifiche da dare?

SPATOLA: per quanto riguarda l’omicidio dell’onorevole Mattarella, che io sappia, non tutta la Commissione ne era d’accordo.

P.M.: questo glielo disse Messina.

SPATOLA: sì.

P.M.: dopo l’ottanta.

SPATOLA: sì, siamo… omicidio avvenuto nell’80. Per quanto riguarda l’omicidio dell’onorevole La Torre fu deciso dalla Commissione all’unanimità.

P.M.: ora…

SPATOLA: cioè non avevo percepito…

P.M.: perfetto. La fonte di queste notizie è Antonio Messina.

SPATOLA: sì, certamente.

P.M.: capofamiglia di Campobello di Mazara. Che lei sappia, la Commissione di Palermo che o a maggioranza o all’unanimità, informalmente o formalmente ha deciso questi omicidi, aveva un problema di rapporti di informazione quantomeno, o addirittura di mettersi d’accordo con i capifamiglia per esempio di Trapani?

SPATOLA: sì, certamente c’era anche…

P.M.: o c’era un predominio della Commissione di Palermo?

SPATOLA: la Commissione di Palermo… si parla di Commissione regionale, in questa Commissione ne dovevano fare parte, ne fanno parte anche i rappresentanti provinciali.

P.M.: questo lo abbiamo appreso da altre fonti. Io cerco con fatica di restare fermo agli anni 80 e 82 e le chiedo se la Commissione di Palermo per decidere questo omicidio, per quello che può sapere lei, sa lei, aveva un motivo per informare il signor Messina oppure no? Un motivo giuridico al di là poi delle amicizie che potevano esserci fra singoli esponenti.

SPATOLA: no, non aveva un motivo specifico, non aveva l’obbligo, ma visto la rilevanza che godeva Messina in quel momento…

P.M.: una questione di prestigio personale per Messina.

SPATOLA: sì.

P.M.: che era legato particolarmente a chi?

SPATOLA: a Ciccio Madonia.

P.M.: cioè Madonia Francesco di Resuttana.

SPATOLA: sì.

P.M.: va bene. Ora io le volevo chiedere, lei ha iniziato la sua collaborazione quando?

SPATOLA: a settembre dell’89, 19 settembre dell’89.

P.M.: di questa vicenda relativa agli omicidi La Torre e Mattarella in particolare ha riferito altre volte?

SPATOLA: no ricordo con esattezza, ma non mi è… non ci sono stati interrogatori in questo senso. Cioè anche con la buonanima di Borsellino ci si parlava di cose molto più attinenti al circondario di Marsala.

P.M.: quindi in sostanza il suo non ricordo significa che su questo non aveva mai reso dichiarazioni.

SPATOLA: credo di no.

P.M.: ed è vero, come diciamo risulta a molti di noi anche solo per notizie giornalistiche e televisive ampiamente diffuse, che era stato progettato un attentato al dottor Borsellino, prima e ovviamente diverso da quello tragicamente realizzatosi, da compiere in Mazara e per cui si aspettava l’autorizzazione della Commissione di Palermo?

SPATOLA: nel momento… fino a quando io ho iniziato la mia collaborazione, non si parlava di progetti contro il giudice Borsellino, in quanto non c’erano motivi… motivi per farlo.

P.M.: quindi lei non ne è a conoscenza.

SPATOLA: no. Ho sentito dire che in seguito… posso giustificarlo che in seguito questo…

P.M.: non di quello che è successo in seguito, di quello che risulta a lei.

SPATOLA: certamente se c’era un progetto del genere non sarebbe potuto avvenire senza l’assenso della Commissione regionale.

P.M.: va bene Presidente, per me basta.

GIUDICE : io ho un’altra domanda. Lei sa quando è morto Giuseppe Greco Scarpa?

SPATOLA: no, assolutamente.

GIUDICE: sa quando è subentrato a Michele Greco?

SPATOLA: ma che io sappia dopo l’arresto.

PRESIDENTE : mettiamolo nella riassuntiva.
…(verbalizzazione riassuntiva)…

PRESIDENTE : l’arresto di Michele Greco fu?

SPATOLA: ma non ricordo con esattezza quali gli anni, credo nell’85-86, se non ricordo male.

PRESIDENTE : non ricorda con esattezza quando fu arrestato Michele Greco. La difesa di parte civile?

AVV.GALASSO: intanto riepilogando lei signor Spatola è stato fatto uomo d’onore nel 1972 e ha praticamente vissuto la vita di Cosa Nostra fino al 1989, quando ha cominciato a collaborare.

SPATOLA: sì.

AVV.GALASSO: durante tutto questo periodo ha avuto questo flusso continuo di informazioni nell’ambito della sua famiglia o ci sono stati dei momenti di interruzione?

PRESIDENTE : risponda.

SPATOLA : i momenti di interruzione erano momenti particolari dove non si facevano commenti per quello che succedeva e quindi non si facevano domande, cercavi di tenerti il più in disparte possibile. Sono stati dei momenti che vanno dal sequestro Corleo, quindi siamo nel 75 fino al 77. Sono stati due anni particolarmente… dove era meglio non infilarsi in determinate situazioni.

AVV.GALASSO : perché?

SPATOLA: perché era come dire un momento particolare che c’era questa guerra interna a determinate famiglie campobellesi, la famiglia di Castelvetrano di Mazara e quindi di certe cose era meglio non commentarle. Diversi uomini sono stati uccisi esclusivamente per aver commentato l’uccisione di un altro uomo d’onore.

AVV.GALASSO : riepilogando invece le fonti di informazione, per quanto riguarda il delitto Mattarella, le sue fonti di informazione in sostanza sono state interne alla famiglia di Campobello. E’ così?

SPATOLA: sì, anche se diciamo i due fratelli Caro vivono la realtà palermitana. Come ho già espresso in altri procedimenti, vivono soprattutto… Federico Caro è a conoscenza della realtà di Cosa Nostra a Palermo.

AVV.GALASSO: e per quanto riguarda invece il delitto La Torre, lei ha avuto una prima serie di informazioni o di giudizi in carcere, con D’Agostino e con Panzera.

SPATOLA: sì, e con altri.

AVV.GALASSO : poi nell’infermeria, alla fine del 1982, ha detto con Bonanno, Madonia, Fontana ed altri.

SPATOLA: sì.

AVV.GALASSO: e poi dopo uscito dal carcere con l’avvocato Antonio Messina detto Totò.

SPATOLA: sì, perché si commentava questa legge Rognoni-La Torre che era entrata in vigore proprio per questo omicidio.

AVV.GALASSO: dato questo flusso continuo di notizie, come mai non ebbe notizia, come mai non si parlò, come mai non si parlava dell’assassinio di Michele Reina?

SPATOLA: ma non entrammo mai su questo discorso.

AVV.GALASSO: sì, questo lo ha già detto, ma dico come si spiega questo silenzio attorno a questo delitto Reina, mentre per gli altri le notizie circolavano, i giudizi?

SPATOLA: ma vede, non è che sia difficile da spiegare, era una cosa che in fin dei conti a me non interessava più di tanto e non era… né tantomeno chi ne era a conoscenza aveva motivo od obbligo di riferirmelo. Del resto io non… cioè andare a chiedere determinate cose se non te le dicono spontaneamente, è come impelagarti in qualcosa che non ha senso.

AVV.GALASSO: il Pubblico Ministero le ha già chiesto se lei ha parlato di queste informazioni con altri giudici. Lei ha detto che le sembra di no, in particolare ha fatto riferimento al Procuratore della Repubblica di Marsala Paolo Borsellino. Ne ha parlato per caso con il giudice Taurisano di Trapani?

SPATOLA: no, assolutamente. Credo di no, credo di no, potrei sbagliarmi, ma credo che non abbiamo parlato di queste cose.

AVV.GALASSO: le risulta che ci sia stato un cambiamento all’interno della Commissione di Cosa Nostra tra il 1980 e il 1982, in particolare se Stefano Bontade, che me faceva parte nel 1980, una volta ucciso era stato sostituito e da chi?

SPATOLA: ma da chi è stato sostituito… cioè i suoi eredi sarebbero dovuti essere fra Marino Grado (o nome simile) o fra Marino Mannoia, ma credo che non… in quel momento la famiglia di Santa Maria del Gesù sia stata assorbita da Michele Greco che rappresentava anche la famiglia di Santa Maria del Gesù. Non so in seguito se è stata ricomposta questa famiglia.

AVV.GALASSO : quindi in sostanza è a sua conoscenza che dal 1980 al 1982, una volta che con la guerra di mafia e con l’uccisione di Bontade ed Inzerillo diciamo era scomparsa l’ala tradizionale o precedente di Cosa Nostra, in realtà la Commissione era passata ormai nel governo esclusivo dei corleonesi.

SPATOLA: sì.

PRESIDENTE : mi scusi, evitiamo di fare le domande che richiedono una risposta sì o no. Non dico domande che sottintendono la risposta, mi limito a dire questo.

AVV.GALASSO: allora riformula la domanda. Nel 1982 la Commissione di Cosa Nostra le risultava che fosse composta soltanto da Corleonesi o personaggi fedeli ai corleonesi?

SPATOLA: sì, che io sappia per quanto riguardava la famiglia di Santa Maria del Gesù, quindi la famiglia di Stefano Bontade, in quel periodo veniva rappresentata da Michele Greco, mentre per quanto riguardava la famiglia dell’Uditore, quella era Montalto ad esserne il rappresentante.

AVV.GALASSO: questo nel 1982.

SPATOLA: sì.

AVV.GALASSO: e nel 1982 sa chi erano i personaggi politici referenti della Commissione di Cosa Nostra?

SPATOLA: non lo so con esattezza chi fossero i personaggi. Certamente c’erano dei personaggi politici che erano referenti di Cosa Nostra. Fra tutti… cioè non so se ci fossero altri, Salvo Lima in testa e Ciancimino certamente era un referente di Cosa Nostra.

AVV.GALASSO: questo era nel 1982?

SPATOLA: sì.

AVV.GALASSO: questo le risulta sempre sulla base di quelle informazioni, fonti di informazioni che ha detto?

SPATOLA: sì, erano voci che circolavano diciamo da tutte le fonti.

AVV.GALASSO: ha notizia se a quel tempo, nel medesimo tempo, c’erano dei personaggi referenti di Cosa Nostra negli apparati dello Stato?

SPATOLA: sì.

AVV.GALASSO: chi?

SPATOLA: ma non so se riguarda questo processo.

AVV.GALASSO : ma noi stiamo… Presidente noi stiamo…

PRESIDENTE: questo lo lasci dire a me.

AVV. GALASSO: prego.

PRESIDENTE: questo lo devo stabilire io.

AVV.GALASSO : e infatti a lei mi sto rivolgendo per questo Presidente. Infatti ho cessato di rivolgermi al…

PRESIDENTE : la cambi la domanda avvocato.

AVV.GALASSO : è un po’ difficile cambiare questa domanda Presidente.

GIUDICE : si può porre o non porre Presidente.

AVV.GALASSO: come?

PRESIDENTE: allora diciamo non la ponga, ecco.

AVV.GALASSO : allora se mi dice così… C’erano rapporti sempre a quell’epoca… nel 1982 se ha rapporti precisi, cioè se sa farci qualche nome, qualche cognome, qualche situazione particolare di rapporti tra Cosa Nostra e la Massoneria? Sto parlando del 1982.

SPATOLA: sì, ma vede il rapporto Massoneria- Cosa Nostra, come ho già riferito poc’anzi, è un progetto portato avanti già nei primi anni 60. Cioè già a quel tempo diversi erano entrati in logge massoniche. Cioè già nell’80 siamo inoltrati, diciamo sono gli anni in cui stavo per entrarci anche io, rifiutai poi di farne parte.

AVV.GALASSO : ma si ricorda chi erano questi personaggi?

SPATOLA: personaggi…

AVV.GALASSO : o questi capimafia, o uomini d’onore di Cosa Nostra che erano diventanti o stavano diventando massoni, o i massoni a cui facevano riferimento?

SPATOLA: sì, guardi, Stefano Bontade e il fratello erano già massoni da qualche anno. Diciamo se lei parla dell’80 le posso dire che Stefano Bontade era massone almeno già da cinque anni.

AVV.GALASSO: i Greco?

SPATOLA: Michele Greco era massone, Mariano Agate era già massone.

AVV.GALASSO : lei a proposito di questi delitti politici non ha mai sentito parlare di coinvolgimenti specifici della massoneria o di esponenti massonici, o di interessi che avesse la massoneria in questi delitti?

SPATOLA: non… non ho, come dire, notizie in merito. Sono notizie un po’ frammentarie.

AVV.GALASSO : ecco, queste notizie frammentarie se ce le vuole dire…

GIUDICE: già credo siano sufficienti le notizie frammentarie fino a questo momento apprese avvocato Galasso.

AVV.GALASSO : è un concetto di frammentarietà particolare evidentemente.

PRESIDENTE: sì, comunque non credo che possiamo pretendere di più di quello che possa dare dichiarando.

AVV.GALASSO: no, dice che non lo sa, basta, non c’è problema. Un’ultima cosa sempre a proposito della massoneria. Lei ha detto che era sul punto di entrare nella massoneria, forse lo ha detto anche in qualche altro processo. Conviene saperlo prima. Qual era l’interesse degli uomini di onore di entrare nella massoneria?

SPATOLA: ma l’interesse di entrare in una loggia… cioè da quel momento in poi hai dei rapporti di fratellanza come sono in Cosa Nostra, però in quel momento puoi averli con persone che sono all’interno di determinate istituzioni e quindi diventa un rapporto di fratellanza e lei sa cos’è… cioè sappiamo tutti cos’è un rapporto di fratellanza, tant’è che vale più il fratello massone che il fratello di sangue.

AVV.GALASSO: quindi era diciamo una specie di rafforzamento del vincolo anche di protezione esterna.

SPATOLA: certamente.

AVV.GALASSO: forse è questo che vuole…

SPATOLA: sì.

AVV.GALASSO : e sempre nel periodo a cui facciamo riferimento, sostanzialmente 80-82 per quanto mi riguarda, e in particolare l’82, sa se c’erano dei rapporti di uomini di onore o di capifamiglia con esponenti di servizi segreti italiani o stranieri?

SPATOLA: ma non… non lo so con precisione. Certamente c’erano… io parlo di… si potevano avere rapporti con persone delle istituzioni anche loro massoni e quindi c’era un rapporto non più fra un esponente dello Stato di un’istituzione, diventa un rapporto fra due fratelli. Cioè in questo senso la copertura nasce.

AVV.GALASSO : questo in linea generale, ma a noi interesserebbe sapere se le risulta che c’erano dei collegamenti specifici in quel periodo, cioè chi erano.

PRESIDENTE : ha risposto negativamente.

AVV.GALASSO : e a proposito di questi collegamenti, diciamo così, esterni di Cosa Nostra, lei ha mai sentito parlare di collegamenti di Cosa Nostra con il terrorismo e in particolare il terrorismo nero, i terroristi neri?

SPATOLA: no, anche se c’erano dei rapporti, pure il mio capofamiglia li aveva con qualcuno della Magliana…

PRESIDENTE: il suo capofamiglia chi?

SPATOLA: Antonio Messina.

PRESIDENTE : aveva rapporti con qualcuno della Magliana?

SPATOLA: sì, aveva buoni rapporti qua in Roma con esponenti sia della criminalità romana e della Magliana.

GIUDICE : e cioè?

SPATOLA: ma aveva rapporti con Giorgio Graziani, aveva che io sappia rapporti con Abbatino, aveva rapporti con alcuni di loro che erano stati impiegati anche in sequestri di persona, aveva questo genere di rapporti.

AVV.GALASSO : come mai Totò Messina di Campobello di Mazara aveva rapporti con questi personaggi della malavita romana?

SPATOLA: guardi, non è che vi deve stranizzare, chiunque può avere rapporti con altri della malavita. Io avevo rapporti con esponenti della malavita milanese. Rapporti che possono tornare utili, nel senso se hai bisogno di armi ti ci puoi rivolgere e fai anche in quel momento che le abbiano. Sono dei rapporti di convenienza. Oppure li puoi impiegare in qualcosa che… ti possono tornare utili, impiegarli in qualcosa che devi fare per conto proprio e non vuoi fare intervenire nessuno della famiglia.

AVV.GALASSO : ma le risulta che questo genere di rapporti era, diciamo così, in qualche modo abitualmente presente in Cosa Nostra? Cioè era solo l’avvocato Messina o erano altri?

SPATOLA: no, no, anche altri. Certamente vorrei sottolineare che ci si guarda uno con l’altro… se tu hai rapporti con esponenti di fuori, anche per salvaguardarsi nel caso vuoi portare una guerra all’interno di una famiglia o di un’altra famiglia, e quindi ci sì vede un pochino… se hai contatti con altri criminali, per così dire, potresti impiegarli contro noi stessi. Ma è una cosa assodata, in diversi avevano questi rapporti.

AVV.GALASSO: un’ultima domanda Presidente. Lei ha parlato a proposito del movente, chiamiamolo così, dell’assassinio di Pio La Torre, oltre questi provvedimenti antimafia che lui avrebbe sollecitato e poi degli interessi connessi alla base di Comiso, gli interessi economici di Cosa Nostra connessi a questa base economica… ha parlato di questi due elementi… ha sentito parlare, o le parlò Messina, perché mi pare di capire che fu Totò Messina che le dette qualche notizia un po’ più precisa su questo, di invece altri interessi che Pio La Torre contrastava? Per esempio appalti, affari, contributi agrari?

SPATOLA: ma che io sappia l’onorevole La Torre cercava dì contrastare tutte quelle che possono essere le attività in cui Cosa Nostra può mettere lo zampino, per cui era vasto il suo impegno.

AVV.GALASSO: non ho altre domande Presidente.

PRESIDENTE: qualcun’altro dei difensori deve intervenire? L’avvocato Criscimanno, difesa di parte civile Mattarella.

AVV.CRISCIMANNO: mi scusi Presidente, non vorrei aver capito poco bene, essendo stato costretto a recuperare, per ragioni di traffico, dalla riassuntiva delle domande del Pubblico Ministero, ciò che è avvenuto in mia non presenza in aula, però vorrei cercare di capire meglio appunto un passaggio. Se ho colto adeguatamente quanto è stato detto, il teste ha presente notizie, conosce notizie relative al presidente Mattarella, in una prima fase con riferimento ad un interesse elettorale dello stesso che rimonterebbe agli anni 70, se ho ben capito. Del resto oltre gli anni 70 non potremmo andare, ma credo ai primi anni 70 se ho ben capito, e poi ha notizie dell’omicidio soltanto nell’82. Gli vengono riferite circostanze relative all’omicidio soltanto nell”82. Ripeto ancora una volta se ho ben capito, vorrei chiedere se al teste risulta che il presidente Mattarella fosse, come lo è il teste, originario della provincia di Trapani.

SPATOLA: il padre era di Castellamare. Dove sia nato l’onorevole Mattarella figlio non ne ho notizia.

AVV.CRISCIMANNO: l’omicidio dell’onorevole Mattarella avviene il 6 gennaio del 1980. Nelle famiglie trapanesi in quel periodo non avvenne, o non venne colto comunque dal teste, commento alcuno con riferimento a questo omicidio? Parlo del gennaio 80, cioè dell’immediatezza, dei tempi immediatamente prossimi all’omicidio.

SPATOLA: no, non ebbi modo subito di averne commento in quanto seppi di questo omicidio mentre ero a Milano per altri affari.

AVV.CRISCIMANNO: ma lei stette a Milano parecchi mesi, parecchi anni?

SPATOLA: si, sì, operavo moltissimo su Milano.

AVV.CRISCIMANNO: quindi lei seppe dell’omicidio ma non seppe cosa si diceva all’interno dell’organizzazione mafiosa di cui lei faceva parte nella provincia di Trapani?

SPATOLA: no, determinate cose poi tornando giù a Palermo e frequentando, come ho già detto, i fratelli Caro, furono loro un pochino a mettermi al corrente di questa situazione.

AVV.CRISCIMANNO: ha mai sentito, parlare delle ragioni per cui si addivenne alla eliminazione del presidente Mattarella, cioè le causali dell’omicidio Mattarella?

SPATOLA: le ragioni erano quelle che voleva portare avanti una politica pulita, voleva dare un cambio a questa politica che prima c’era stata, cioè diciamo voleva innovare, qualcosa di nuovo.

AVV.CRISCIMANNO: le risulta che a questo fosse connesso anche il ruolo politico partitico dell’onorevole Mattarella.. all’interno della Democrazia Cristiana?

SPATOLA: non… mi scusi, non ho percepito bene la domanda.

AVV.CRISCIMANNO: se le risulta che a questa motivazione di natura politica possa essere stata connessa la particolare rilevanza del ruolo svolto dall’onorevole Mattarella in seno alla Democrazia Cristiana sia regionale che nazionale?

SPATOLA: certamente è così, è mia deduzione che lui aveva un ruolo di primo piano nel partito.

AVV.CRISCIMANNO: va bene presidente, grazie.

PRESIDENTE : ci sono altre domande?

P.M.: presidente, i difensori mi pare che abbiano finito…

PRESIDENTE : prego.

P.M.: tre richieste lampo. Il signor Spatola ha dichiarato di sapere che Bontade sarebbe stato massone da… il fratello di Bontade, quindi Giovanni presumo….

SPATOLA: sì, anche Giovanni era massone.

P.M.: massone forse dal 75. Così Greco…

SPATOLA: sì.

P.M.: e così poi lei ha detto anche un altro esponente mafioso palermitano che in questo momento mi sfugge. E qual è la fonte di queste notizie, sempre i fratelli Caro o qualcun altro?

SPATOLA : sì, loro erano già massoni anche loro da data e quindi…

P.M.: cioè sono stati i fratelli Caro a dirle che Bontade e Greco erano nella massoneria.

SPATOLA: ed anche il mio capofamiglia che era già massone dai primi del 70.

P.M.: poi un’altra cosa. Ha detto che la sua famiglia aveva rapporti con la Banda della Magliana.

SPATOLA: non la mia famiglia, il mio capofamiglia.

P.M.: il suo capofamiglia in proprio diciamo, non come capofamiglia.

SPATOLA: sì.

P.M.: e ha fatto due nomi…

SPATOLA: erano rapporti che lui aveva iniziato ancor prima di divenire capofamiglia e rapporti che continuava a mantenere.

P.M.: e ha fatto due nomi: Graziani e Abbatino.

SPATOLA: Giorgio Graziani, Abbatino, tantissimi… c’erano anche Sarti con cui qua a Roma aveva rapporti…

P.M.: a noi interessa per la verità la Banda della Magliana.

SPATOLA: sì.

P.M.: questo Graziani è un killer, è un terrorista, un rapinatore? Che cosa è?

SPATOLA: Giorgio Graziani è un grosso esponente qua a Roma, molto legato ai servizi segreti che io sappia, anche ai servizi segreti libici. In questa fase diciamo che si è operato anche ad ingaggiare qualcuno per uccidere dei profughi libici uccisi qua a Roma.

P.M.: lasci perdere la Libia per cortesia. No, le ho chiesto io: quindi è un organizzatore di omicidi?

SPATOLA: sì, ma non solo di omicidi. E’ un grosso trafficante, è un grosso riciclatore…

P.M.: non le risulta che sia innanzitutto un grosso falsificatore di documenti per caso?

SPATOLA: ma i documenti sì, ma anche è un’altra… del resto il mio documento… il documento che avevo io, come altri, se ne occupò lui.

P.M.: senta, un’ultima cosa. Lei ha detto di avere parlato nell’infermeria del carcere dell’Ucciardone, fine 82, con Bonanno e Madonia Giuseppe.

SPATOLA: sì, Peppuccio Madonia.

P.M.: com’era avvenuta la presentazione? Cioè qual era stato l’uomo d’onore che aveva presentato lei provincia di Trapani con…

SPATOLA: ma la prima presentazione io con Bonanno la ebbi nei primi periodi, mi venne fatta da Antonio Messina, che nel frattempo era anche il mio difensore, presso gli uffici dove si va a colloquio con gli avvocati. P.M.: la sala colloqui.

SPATOLA: la sala colloqui, sì.

P.M.: e per Giuseppe Madonia?

SPATOLA: me lo presentò poi Armando Bonanno.

P.M.: quindi la presentazione originaria è con Armando Bonanno tramite il suo difensore.

SPATOLA: certamente, poi…

P.M.: va bene Presidente, io ho finito.

PRESIDENTE: ci sono altre domande? No? Può essere riaccompagnato.

Il Presidente dichiara espletata l’assunzione dei mezzi di prova fuori dalla sede ordinaria. L’udienza è tolta.

Rosario Spatola – dichiarazioni udienza 29.10.1993 – I

PRESIDENTE : Spatola Rosario…

SPATOLA: sì, Spatola Rosario, nato a Campobello di Marsala il 14.8 del 49.

PRESIDENTE : lei è stato convocato qui nella qualità di imputato di reato connesso, e pertanto può anche astenersi dal deporre.

SPATOLA: intendo rispondere.

PRESIDENTE : avvertito della facoltà di astenersi, vuole deporre. Quale imputato di reato connesso dichiara: “intendo rispondere”. Questa Corte si occupa degli omicidi, avvenuti tutti e tre in Palermo, del segretario provinciale della Democrazia Cristiana Michele Reina, ucciso il 9 marzo del 1979; del presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, ucciso il 6 gennaio 1980; dell’onorevole Pio La Torre, segretario regionale del Partito Comunista Italiano, ucciso il 30 aprile del 1982. Lei ci deve dire che cosa sa, per conoscenza sua o per averlo appreso, per averne sentito parlare e da chi di questi delitti. Che cosa ha, saputo?

SPATOLA: non solo all’interno di Cosa Nostra, cioè dal fatto che Mattarella mentre prima poteva… poteva riconoscere quella realtà precedente di Cosa Nostra, cioè una Cosa Nostra che non era eclatante, si comportava in un certo modo, per cui poteva andargli bene, ma non… così, non riconosceva la nuova Cosa Nostra che si stava affacciando. Cioè l’arroganza dei Corleonesi, diciamo i nuovi sistemi. Mentre prima un onorevole, nonostante fosse… un politico fosse da noi stato eletto, nel momento in cui ci si doveva rivolgere per qualche favore c’era tutto un sistema più educato, più rispettoso di avvicinarlo, mentre diciamo il nuovo sistema corleonese, il politico veniva praticamente comandato. Cioè era una realtà che il Mattarella non accettava, ne aveva preso le distanze a differenza di altri, altri come l’onorevole Lima e Vito Ciancimino in particolare. Di Vito Ciancimino posso dire che non è soltanto un politico colluso con Cosa Nostra, Vito Ciancimino è uomo d’onore a tutti gli effetti, appartenente alla Famiglia di Corleone.

PRESIDENTE: soffermiamoci un momento sulla prima parte di questo discorso che sta facendo lei. Cioè lei distingue il momento operativo di Cosa Nostra prima del sopravvento dei corleonesi, appunto dalla politica, chiamiamola così, in seno a Cosa Nostra instaurata dai corleonesi stessi.

SPATOLA: certamente, era scoppiata una guerra che non sfuggiva…

PRESIDENTE : mi ha detto però di avere, appreso… sta parlando per il momento, sta parlando di avvicinamenti che ci potevano essere da parte di esponenti di Cosa Nostra nei confronti dell’onorevole Mattarella. Ma lei di questo che cosa ne sa? Come lo ha saputo? Cioè che si erano verificati questi interventi, ecco.

SPATOLA: ma quello che stava cambiando, la guerra che c’era in atto, che non sfuggiva neanche, come dire, i politici, a chi ne era anche referente di Cosa Nostra, cioè chi ha preso le distanze, cioè chi ha saputo aspettare e vedere con chi puoi stare, e mi riferisco all’onorevole Lima. Anche Lima faceva parte della vecchia Cosa Nostra ma ha aspettato che… questi mutamenti li ha aspettati senza schierarsi né da una parte, né dall’altra, mentre a differenza l’onorevole Mattarella rimaneva schierato nella vecchia Cosa Nostra.

PRESIDENTE: mi scusi, non è molto chiaro questo concetto.

SPATOLA: forse stento ad esprimerlo io con chiarezza.

PRESIDENTE: vediamo di esprimerlo meglio. Cioè Cosa Nostra, lei sta dicendo, aveva dei suoi referenti politici.

SPATOLA: politici, sì.

PRESIDENTE: fra questi referenti politici c’era l’onorevole Mattarella?

SPATOLA: certamente c’era l’onorevole Mattarella. L’onorevole Mattarella… primo referente era sua padre, Bernardo Mattarella.

PRESIDENTE: no, io vorrei parlare dell’onorevole Mattarella.

SPATOLA: cioè io non voglio così criminalizzare l’onorevole Mattarella, del resto significava… si chiudeva un occhio, ‘sta parola Mafia tutti la pronunciavano e nessuno ne sapeva niente, quindi non era eclatante e si poteva accettare.

PRESIDENTE : questo discorso era allora un discorso un po’ generalizzato, non è che c’era un determinato gruppo o determinate persone, personaggi politici che erano dei referenti e altri no. Lei ne fa un discorso di carattere generale.

SPATOLA: ma diciamo che degli eletti nella zona solo qualcuno non era referente di co… cioè non referente di Cosa Nostra, non aveva avuto i voti di Cosa Nostra.

PRESIDENTE: ah, ecco.

SPATOLA: non può sfuggire ad un politico di sapere da dove sono arrivati i voti.

PRESIDENTE : prego, prego, è gradito l’intervento.

P.M.: continua naturalmente la Corte, però se passiamo da queste affermazioni generali ed ipotetiche, a sapere chi gli ha detto che cosa, se sono stati chiesti favori all’onorevole Mattarella e sono stati poi fatti, quali sono le sue fonti di informazione.

PRESIDENTE: sì, ho capito, ho capito. Il Pubblico Ministero vuole mettere a fuoco una situazione. Lei si sta esprimendo nei termini generali, poi sarà valutato naturalmente. Lei sta dicendo questo, non c’era quasi nessuno di quelli che prendevano voti che non avevano un certo tipo di rapporto…

P.M.: no, che non poteva capire per la verità.

PRESIDENTE: cerchiamo di avvicinare questo discorso a quello che ci interessa, cioè alla figura dell’onorevole Mattarella. Lei può citare da chi ha saputo questo discorso e se c’è stato qualche episodio in particolare a sua conoscenza che le potesse far pensare che Mattarella poteva essere avvicinato, poteva avere rapporti, eccetera.

SPATOLA: io non so dei favori nei dettagli che abbia potuto fare, ma che fosse un politico eletto con una parte dei voti di Cosa Nostra, lo era. E questo lo si sapeva nell’ambito…

PRESIDENTE: è tutto qui?

SPATOLA: sì.

PRESIDENTE: poi non ha saputo di episodi specifici?

SPATOLA: no.

PRESIDENTE: ma anche il “lo si sapeva” dovrebbe essere un po’ circoscritto. Queste notizie a lei, più precisamente, da quale fonte provenivano?

SPATOLA: ma da fonti… soprattutto da Nenè Passarante che era stato capo della famiglia a cui appartenevo, anche lui impegnato in politica.

PRESIDENTE: Nenè Passarante di dove?

SPATOLA: di Campobello di Mazara.

PRESIDENTE: e poi?

SPATOLA: e poi da altri esponenti di Cosa Nostra, della famiglia. Lo si sapeva…

PRESIDENTE : sempre locali?

SPATOLA: sì, sempre locali.

PRESIDENTE : di Campobello di Mazara?

SPATOLA: sì. dalla fine del 72.

PRESIDENTE : all’epoca quanti anni aveva?

SPATOLA: sono del 49, 23 anni.

GIUDICE: faceva parte della Famiglia di Campobello.

SPATOLA: di Campobello di Mazara.

GIUDICE: conosce o ha conosciuto Totò Riina?

SPATOLA: ho incontrato Totò Riina verso la fine dell’81, fine novembre o primi di dicembre, in Bologna. Siamo rimasti insieme con altri per qualche ora, il tempo di pranzare presso il Ristorante Chicchibio. C’erano altri in nostra compagnia, fra i quali Giacomo Riina, Totò Rizzuto, Miccio… Carlo Miccio, un napoletano, un altro palermitano Carmelo Cosmà, abitante a Bologna da tanti anni, palermitano e uomo d’onore.

GIUDICE : chiaramente ne conosceva la qualità.

SPATOLA: sì, certamente ne conoscevo la qualità. Per la mia persona a tavola garantì Salvatore Rizzuto.

GIUDICE : parliamo degli altri coimputati del Riina in questo processo, che secondo l’accusa fanno parte dell’organismo detto Commissione.

SPATOLA: sì.

GIUDICE : in Cosa Nostra. Se me scordo qualcuno mi aiutate. Calò?

SPATOLA: sì.

GIUDICE: lei conosce Pippo Calò?

SPATOLA: no, personalmente non lo conosco.

GIUDICE: poi Bernardo Provenzano?

SPATOLA: no, neanche lui. Ne ho sentito sempre parlare ma non lo conosco personalmente.

GIUDICE : Brusca France…

SPATOLA: anche di lui…

GIUDICE : Brusca Bernardo.

SPATOLA: Bernardo di San Giuseppe Iato, lo conosco come nome, ma mai… mai avuto presente.

GIUDICE : Madonia Francesco?

SPATOLA: Ciccio Madonia sì, lo conosco.

GIUDICE: quando lo ha conosciuto?

SPATOLA: credo alla fine dell’82 al carcere dell’Ucciardone.

GIUDICE: allora lei con queste persone, o con altri all’interno dì Cosa Nostra, parlò dell’omicidio Mattarella dopo che si è verificato?

SPATOLA: sì, in seguito, negli anni…

GIUDICE : con queste persone non…

SPATOLA: no, non direttamente con loro. Ne parlai con il mio capofamiglia, con Antonio Messina, perché praticamente il suo punto di questi che la Sua Signoria ha nominato, un suo punto di riferimento della Commissione era particolarmente Ciccio Madonia. Del resto, così per precisare, Ciccio Madonia ha degli ottimi rapporti con Campobello, con la famiglia di Campobello. Ha dei terreni che la famiglia di Campobello si occupava di coltivargli, di mandargli avanti terreni in zona di Torretta Granitola, diversi appezzamenti.

GIUDICE: Antonio Messina cosa le disse specificamente, che era un omicidio maturato all’interno di Cosa Nostra? Che era voluto dalla Commissione?

SPATOLA: ma non solo…

GIUDICE : tutto quello che sa.

SPATOLA: ma non solo esclusivamente dalla Commissione, era…

GIUDICE: lei poco fa ha detto questo, non era una cosa…

SPATOLA: non esclusivamente della Commissione, significava… per lui l’onorevole Mattarella era convinto di dover cambiare, come dire, linea politica anche a costo di perdere i voti… cioè in sostanza voleva pigliare le distanze da Cosa Nostra.

GIUDICE: e allora quindi Cosa Nostra decise l’eliminazione. Sa chi lo uccise?

SPATOLA: no, non so chi personalmente lo uccise.

PRESIDENTE : in seno a Cosa Nostra ci fu qualcuno, le risulta, che caldeggiò particolarmente questa iniziativa?

SPATOLA: ma l’iniziativa fu dei corleonesi soprattutto, per poi caldeggiare l’iniziativa o prenderla anche senza riunirsi tutti, esclusivamente Totò Riina.

PRESIDENTE: poteva farlo?

SPATOLA: si.

GIUDICE: siamo nel 1980.

SPATOLA: sì.

GIUDICE: 6 gennaio. La cosiddetta guerra di mafia a quell’epoca ancora non era iniziata.

SPATOLA: no, era iniziata. La guerra di mafia inizia già da qualche anno prima, inizia nel trapanese.

GIUDICE : come inizia?

PRESIDENTE : perché?

SPATOLA: ma col sequestro Corleo inizia la guerra di mafia. Cioè i corleonesi puntano al sequestro Corleo, poi le cose vanno in un certo modo, come ho riferito ad altra autorità… vanno in un certo modo e allora vengono eliminati chi ha fatto quel sequestro, chi non è più affidabile e i Corleonesi si scaricano da questa accusa di essere stati loro i promotori. In realtà sono stati loro i promotori, tant’è che del sequestro Corleo se ne parlò… venne tutto organizzato in una riunione al ristorante La Fattoria di Settimo Faila, ristorante che si trova fra Palermo e Monreale. Fu lì che venne discusso e organizzato questo sequestro.

GIUDICE : quindi anche se era iniziata questa guerra di mafia, vi era…

SPATOLA: non era iniziata apertamente, ma comincia a partire da lì la vera guerra di mafia.

GIUDICE: ora altri collaboratori hanno detto che per decidere l’omicidio di un personaggio, tra virgolette, importante, quale può essere un magistrato…

SPATOLA: sì, certamente.

GIUDICE: …un uomo politico, la decisione deve essere presa all’interno di Cosa Nostra, per quanto possa esserci un predominio. A lei le risulta che potesse da solo Totò Riina o comunque che la Commissione dovesse esserne al corrente?

SPATOLA: ma anche se non erano tutti d’accordo siamo in piena guerra, per cui può decidere qualcuno e assumersi le sue responsabilità. Se poi ha forza di contrastare, come è successo, chi si era opposto, può andare avanti.

GIUDICE : al di là di quello che poteva succedere, Antonio Messina le disse che questo omicidio fu deciso soltanto da Riina, ovvero che fu la Commissione, o comunque in senso ampio Cosa Nostra a decidere questo omicidio di Mattarella?

SPATOLA: l’omicidio dell’onorevole Mattarella è stato soprattutto deciso dai corleonesi. Per corleonesi non indico solo Totò Riina, certamente c’era il benestare di Ciccio Madonia su cui ricadevano determinate zone, c’era il benestare di Greco. Cioè la maggioranza era con lui, sia il Michele Greco, sia il Calò, per cui altri che si potevano apporre a quel tempo, come Stefano Bontade o Salvatore Inzerillo…

GIUDICE: allora mi dica, per quello che le risulta, Brusca Bernardo faceva parte della corrente dei corleonesi?

SPATOLA: sì.

GIUDICE : Provenzano?

SPATOLA: sì.

GIUDICE : Madonia lo ha già detto.

GIUDICE : quali altri imputati mi dimentico Pubblico Ministero?

P.M.: Gerace.

GIUDICE: Nenè Gerace?

SPATOLA: sì, Nenè Gerace di Partinico è della… corleonese.

GIUDICE : quindi l’omicidio Reina, per quello che le risulta, fu senz’altro deciso da questa…

SPATOLA:  dai corleonesi. Erano loro che potevano…

GIUDICE: di cui fanno parte queste persone che io le ho nominato adesso: Calò, Brusca, Provenzano, Geraci e Madonia.

SPATOLA: sì, sono…

GIUDICE: e Greco Michele.

SPATOLA: e Greco Michele.

GIUDICE : va bene. Ora questo è intanto il discorso Mattarella.

PRESIDENTE: verbalizzazione riassuntiva da non registrare… (verbalizzazione riassuntiva)…

PRESIDENTE: se è sbagliata la mia verbalizzazione riassuntiva me lo dica. Era Nenè Passarante il capofamiglia o no?

SPATOLA: in precedenza, fino al 74.
(verbalizzazione riassuntiva)

PRESIDENTE : allora queste notizie relative all’omicidio di Piersanti Mattarella a lei vengono da Pino Ala, perché Pino Ala…

SPATOLA: ma non è che mi venissero solo da Pino Ala. C’erano altri che conoscevano la realtà… altri, sia uomini d’onore, come i fratelli Caro, campobellesi, della famiglia di Campobello, ma inseriti anche in logge massoniche e quindi determinate cose erano più a conoscenza degli altri. Cioè della realtà palermitana ne erano più a conoscenza e quindi…

PRESIDENTE : chi erano questi?

SPATOLA: Rosario Caro e Federico Caro.

PRESIDENTE: fratelli?

SPATOLA: sì, sono entrambi fratelli e abitano in Palermo.

PRESIDENTE :…(verbalizzazione riassuntiva)… i fratelli come si chiamano?

SPATOLA: Federico e Rosario Caro. Anzi a questo proposito su Federico Caro ho parlato di una riunione nell’agosto del 79 dove era presente in Tre Fontane… ci fu una riunione… cioè parlando di Federico Caro parlo di uno che all’interno della loggia è un trentatré.

PRESIDENTE : è un?

SPATOLA: è un trentatré di grado massonico.

GIUDICE: scusi, lei è massone?

SPATOLA: no, stavo per esserlo, quindi sono documentato.

PRESIDENTE: costoro erano anche massoni?

SPATOLA: credo che siano ancora massoni, non sono morti.

GIUDICE : per quanto riguarda l’omicidio dell’onorevole La Torre, lei apprese di questo omicidio all’interno di Cosa Nostra? Nell’82 lei era già uomo d’onore.

SPATOLA: sì, nell’82, quando ci fu questo omicidio io ero detenuto all’Ucciardone e quindi se ne parlava che era stato bene ammazzarlo perché si occupava di antimafia, si occupava di fare delle leggi contro la mafia, perché non la si chiamava ancora Cosa Nostra.

PRESIDENTE : un momento, lei ha detto che in quel periodo era detenuto. Poi lei specificherà i suoi periodo di detenzione.

SPATOLA: sì.

PRESIDENTE: intanto lei mi dica qual è il suo periodo di detenzione riferito a questo periodo.

SPATOLA: fui arrestato a febbraio dell’82 e scarcerato a gennaio dell’83.

PRESIDENTE : questo si parlava e si diceva lo vogliamo mettere a fuoco specificando chi glielo ha detto mentre lei era detenuto?

SPATOLA: quand’ero detenuto in quel periodo che fu ucciso ero alla quinta sezione e quindi gli uomini d’onore con cui ero più referente era Rosario D’Agostino in quel periodo.

PRESIDENTE: uno solo?

SPATOLA: Rosario D’Agostino… sì, era… diciamo non è che ci fosse un altro mio coimputato su… Salvatore Panzera ed altri di cui non… momentaneamente non ricordo il nome.

PRESIDENTE: di dove erano questi due, D’Agostino e Panzera?

SPATOLA: D’Agostino di Palermo, Panzera è originario di Raffadano (o nome simile).

PRESIDENTE: e dicevano che avevano fatto bene ad ammazzarlo per le sue iniziative nella lotta alla mafia.

SPATOLA: iniziative, si, della lotta antimafia. Questo era quello che si diceva in quel momento.

PRESIDENTE: fatemi verbalizzare questo. …(verbalizzazione riassuntiva)…

SPATOLA: poi successivamente anche con altri se ne parlò, quali Armando Bonanno in seguito, anche con Peppuccio Madonia.

PRESIDENTE: in seguito quando?

SPATOLA: verso la fine dell’82, quando fui trasferito all’infermeria. …(verbalizzazione riassuntiva)…

PRESIDENTE: da Armando Bonanno e chi?

SPATOLA: da Peppuccio Madonia, Stefano Fontana, Totò… anche questo credo che sia stato ucciso… Totò Anselmo, con cui eravamo nella stessa stanza, Domenico Adamita ed altri… Salvatore Anselmo.

PRESIDENTE : ed altri. Va bene, per la riassuntiva può bastare.

GIUDICE: al di là del commento positivo sull’uccisione, le dissero che questa uccisione era stata deliberata…

SPATOLA: che era opera nostra fuor di dubbio. Che era stata opera nostra.

GIUDICE: sa chi ha commesso questo omicidio?

SPATOLA: no, non ne sono stato informato, né tantomeno mi riguardava chi era direttamente questo… chi era stato. Era una cosa nostra e tanto bastava. Solo che in seguito, dopo la mia scarcerazione, tornammo su questo argomento. Cioè quando io venni scarcerato, a gennaio dell’83, quindi trovai la nuova realtà che era la legge Rognoni-La Torre. Quindi visti i problemi che c’erano, in banca si doveva stare attenti a non superare i venti milioni, se no venivi segnalato… e quindi chiesi se era stato veramente un bene uccidere l’onorevole La Torre, visto che dopo la sua morte era scattata questa legge che ci… cioè erano aumentate anche le richieste di misure di prevenzione, viste queste cose, per cui pensavo che… e chiesi che non era stato tanto intelligente. E mi si disse che sì in realtà era questo suo impegno antimafia, ma c’era anche qualcos’altro che aveva fatto scattare questo omicidio.

GIUDICE : e che cosa?

SPATOLA: era stato questo suo impegno anche antimafia, il suo impegno pacifista in quel periodo che disturbava praticamente l’installazione e quindi i lavori per Comiso.

PRESIDENTE : questo specificatamente da chi lo ha sentito?

SPATOLA: da Antonio Messina.

GIUDICE: mi scusi, ad Antonio Messina cosa interessava che vi fossero dei lavori a Comiso per l’installazione…

SPATOLA: ma non è che interessavano a lui personalmente, questo non so se… credo di no, ma lui come ho già riferito in quel periodo, nell’83, aveva un ruolo di primo piano in provincia, visto che c’era stato anche l’arresto di Mariano Agate, e quindi il referente con Palermo in determinati casi ne era per cui era a conoscenza di decisioni particolari prese in Palermo.

GIUDICE : interessava a chi quindi questa installazione del…

SPATOLA: interessavano soprattutto… non lo so a Cosa Nostra. A Cosa Nostra può interessare quella fettina che… quella fetta che… su cui nel territorio indubbiamente si deve mettere le mani.

PRESIDENTE: lo specifichi meglio questo discorso.

PRESIDENTE : ma non c’è un lavoro in una zona della Sicilia dove… un appalto dove non ci sia una fetta per Cosa Nostra.

GIUDICE: quindi diciamo da un punto di vista economico?

SPATOLA: sì. Se poi questi interessi coincidono con altri interessi, allora Cosa Nostra se ne assume la responsabilità di eliminare queste difficoltà, quale era l’interesse dell’onorevole La Torre.

GIUDICE : lei sta facendo capire, non so per quanto lo sa o per quanto lo intuisce, o comunque le è stato ventilato, perché non è chiaro… se lo può specificare meglio… che vi fossero degli altri interessi di cui Cosa Nostra si sia fatta portatrice in qualche modo? Cioè abbia eliminato l’onorevole La Torre per questo impegno pacifista che dava fastidio a qualche altra forza che io non capisco quale possa essere.

SPATOLA: forza io intendo su chi aveva interessi politici perché fosse installata questa base a Comiso, e a cui lui si opponeva. C’erano manifestazioni che ritardavano i lavori, che ritardavano l’installazione, e quindi interessi anche economici su cui Cosa Nostra ha la sua fetta e quindi gli torna utile che questa difficoltà si abbatta. Ma non era solo Cosa Nostra ad avere questo interesse, gli altri… non lo so chi siano gli altri.

GIUDICE: sa come era composta la commissione di Cosa Nostra in questo periodo nell’omicidio La Torre?

SPATOLA: nell’omicidio La Torre era già composta da Michele Greco, Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Nené Geraci… non ricordo altri.

PRESIDENTE : Greco Giuseppe non c’era?

SPATOLA: no, non ne sono a conoscenza, ma credo che poi se si riferisce a Greco Giuseppe Scarpuzzedda, o Scarpa, che in realtà si dice Scar… ma è Scarpa il suo soprannome, non poteva in quel momento esserlo, in quanto lui subentrò dopo a Michele Greco, per cui non poteva fare parte di quella Commissione.

PRESIDENTE: perché ci fu un momento in cui Michele Greco fu accantonato?

SPATOLA: dopo l’arresto sì. Ma no solo dopo l’arresto, anche prima di essere arrestato su Michele Greco gravavano le colpe di Buscetta, nel senso che il pentimento di Buscetta aveva messo in difficoltà Cosa Nostra e a Michele Greco si rimproverava il fatto che quando si era deciso di ucciderlo già nel 70 l’unico ad opporsi all’uccisione di Buscetta era stato Michele Greco.

GIUDICE : non Bontade?

SPATOLA: no, che io sappia Michele Greco.

PRESIDENTE : perché nel 70 era stato deciso di uccidere Buscetta?

SPATOLA: ma perché era alleato con Angelo La Barbera, quindi si pensava di uccidere anche lui… da parte dei corleonesi di uccidere anche lui.

PRESIDENTE : e lei quando lo ha saputo questo?

SPATOLA: ma quando praticamente Buscetta poi in seguito ha combinato quello che combinato, anche commentando col mio capofamiglia, dice: “vedi, se nel 70 Michele Greco se ne stava buono, non interveniva per salvargli la testa, non sarebbe successo quello che è successo adesso”.

Sulle spiegazioni fornite sull’omicidio Mangiameli – sentenza appello strage Bologna 1994

Valerio Fioravanti, che aveva voluto la eliminazione del Mangiameli, e la sua compagna Francesca Mambro hanno dato giustificazioni del delitto che nel tempo sono variate, ovvero che si sono sommate tra loro. Così, essi hanno addebitato al Mangiameli di essersi dimostrato un codardo e un inetto nelle imprese organizzate per rapinare le armi necessarie per far evadere Concutelli; di essere pericoloso perché in grado di rivelare i progetti di evasione del Concutelli medesimo; di essersi appropriato di denaro che apparteneva al movimento di T.P.; di essersi fatto dare due volte, una da loro e una da Giorgio Vale, il denaro per acquistare delle armi o per pagare la caparra dell’appartamento di Gandoli (Taranto); di avere strumentalizzato i giovani del movimento; di avere espresso giudizi negativi su Giorgio Vale per il solo fatto che costui era mulatto. Essi hanno anche sostenuto di avere voluto impedire che Mangiameli, che aveva dimostrato di avere bassissime qualità morali, raccogliesse la guida di T.P. dopo la fuga di Fiore e di Adinolfi.

A. E’ sintomatico, tuttavia, ed eccezionalmente rilevante che coloro che hanno preso parte all’esecuzione del crimine, Giorgio Vale e Cristiano F., non ne abbiano mai conosciuta la ragione. Walter Sordi ha riferito (14 ott. 83 al G.I. di Bologna): Vale … parlando con Nistri e Zurlo disse che neppure lui sapeva perché Mangiameli fosse stato ammazzato, ma che era stato Valerio ad ordinarlo”.
Cristiano F., dal canto suo, che dopo il fatto aveva ripetutamente incalzato il fratello per essere messo a parte di quelle ragioni, ha rivelato (26 marzo 86 al PM di Firenze) : “Dai discorsi fattimi la mattina capii che avevano deciso di agire non solo nei confronti del Mangiameli ma anche nei confronti di sua moglie e perfino della bambina. Mio fratello Valerio quella mattina che ci vedemmo diceva che al limite interessava più la bambina dello stesso Mangiameli. Comunque, la mattina le motivazioni delle azioni da compiere contro il Mangiameli erano sempre le solite e cioè la questione dei soldi, la questione della evasione di Concutelli. Fu poi compiuto l’omicidio del Mangiameli e come ho detto, sua moglie non venne all’appuntamento. Il giorno dopo rividi Valerio e lui era fermo nel suo proposito di andare in Sicilia per eliminare la moglie e la bambina di Mangiameli, e diceva che bisognava agire in fretta prima che venisse scoperto il cadavere di Mangiameli e la donna potesse fuggire. Io non riuscivo a capire questa insistenza nell’agire contro la moglie e la figlia di Mangiameli, una volta che questo era stato ormai ucciso e allora Valerio mi disse che avevano ucciso un politico siciliano in cambio di favori promessi al Mangiameli e relativi, sempre, all’evasione di Concutelli oltre ad appoggi di tipo logistico in Sicilia … Mi disse Valerio che per decidere l’omicidio del politico siciliano vi era stata una riunione in casa Mangiameli e in casa vi erano anche la moglie e la figlia di Mangiameli, riunione cui aveva partecipato anche uno della Regione Sicilia che aveva dato le opportune indicazioni e, cioè, la ‘dritta’ per commettere il fatto. Mi disse Valerio che al fatto di omicidio avevano partecipato lui e Cavallini e che Gabriele De Francisci aveva dato loro la casa…. L’azione contro la moglie e la figlia di Mangiameli veniva motivata da Valerio col fatto che esse erano state presenti alla riunione: diceva Valerio che una volta ucciso il marito esse erano pericolose quanto lo stesso Mangiameli. Poi l’azione contro le due donne non avvenne in quanto il cadavere di Mangiameli fu poco dopo ritrovato”.
Ora, queste dichiarazioni contengono più di uno spunto di riflessione che non si tralascerà di approfondire più avanti; ma, quella che va qui esaminata è la motivazione che, dopo insistenti richieste, Valerio Fioravanti aveva propinato al fratello : la circostanza che il Mangiameli fosse stato testimone nella sua casa di Palermo degli accordi presi da Valerio con altre persone del luogo in vista dell’omicidio del politico siciliano Piersanti Mattarella.
Ebbene, questa ipotesi di movente era già stata efficacemente confutata dalla sentenza di primo grado (p.699) ma, dopo essere stata ripresa dalla sentenza di appello ed essere stata posta sullo stesso piano di credibilità dell’ipotesi accusatoria, è stata censurata dalla Corte di Cassazione sotto il profilo del mancato “approfondimento critico sulla plausibilità di un collegamento logico tra la supposta riunione, dianzi cennata, e l’omicidio del Mangiameli”. Al riguardo, la S.C. ha rilevato che “la complicità del Mangiameli per avere partecipato alla riunione in cui era stato deciso l’assassinio del presidente della Regione Siciliana, escludeva il pericolo che egli rivelasse la responsabilità del Fioravanti, rimanendo per ciò stesso esposto a dover confessare la sua”. Ha osservato, in secondo luogo, la S.C. “che dall’omicidio del Mattarella erano decorsi circa otto mesi, durante i quali il Fioravanti si era incontrato con l’amico Mangiameli, aveva progettato con lui l’evasione del Concutelli, si era fatto aiutare a costituire la base per l’operazione, ed era stato ospite a casa sua”.
Sul punto non v’è, proprio, nulla da aggiungere, se non che nelle sue difese giudiziarie Valerio F. non ha mai prospettato questa motivazione. Com’è ovvio, d’altra parte, perché il farlo avrebbe comportato anche la confessione dell’omicidio Mattarella per il quale, al contrario, l’imputato ha sempre respinto ogni responsabilità.

B. L’eventualità che Mangiameli fosse pericoloso perché sapeva del progetto di evasione di Concutelli rasenta l’assurdo: in primo luogo, perché Mangiameli era addirittura il promotore di quella iniziativa e, per ragioni analoghe a quelle evidenziate dalla S.C. in relazione all’omicidio Mattarella, egli aveva da temere più di ogni altro dalla divulgazione del piano al di fuori dell’ambiente. In secondo luogo, va ricordato che quel progetto era in via di realizzazione già da molti mesi ed è pacifico che era conosciuto da molte persone, specie nell’ambiente carcerario, oltre che in tutto l’ambiente della destra eversiva.

C. In ordine agli altri moventi proposti dagli imputati (questioni di denaro, codardia e inettitudine, avversione per Vale e così via) va, in primo luogo, notato che nell’ambiente nessuno vi aveva creduto, così come ha riferito Walter Sordi (interr. 14 ott.83 cit.) : “Per quanto si sa nell’ambiente, il movente dell’omicidio Mangiameli è da ricercare non tanto in questioni di interesse, infatti Mangiameli aveva dato ampie dimostrazioni di onestà, quanto in dissidi personali con Fioravanti”.
In secondo luogo, va osservato che già per il solo fatto di essere molteplici e non omogenei, quei moventi palesano il loro limite quanto a plausibilità, oltre che la loro inconsistenza una volta che siano presi singolarmente.
Il Fioravanti, rispondendo ad una specifica contestazione al riguardo, ha sostenuto (udienza 11 nov.89, p.10, in grado di appello e ud. 5 nov. 93, p.3) che in quegli anni era stato sufficiente anche molto meno per sopprimere dei compagni di lotta caduti in disgrazia e, a riprova della sua affermazione, ha elencato una decina di giovani che furono eliminati da lui o dal suo gruppo per motivi più o meno importanti.
Su questo punto, la Corte ritiene che non vi sia bisogno di analizzare le abitudini omicidiali dell’imputato, essendo sufficiente rilevare che è stato lo stesso Fioravanti a fare giustizia di tutti quei moventi quando, messo alle strette dal fratello, li ha totalmente ignorati (vedasi interr. 26 mar.86 cit.).

D. Le dichiarazioni di Cristiano F. testé menzionate inducono, poi, ad una ulteriore considerazione. Invero, non può sfuggire che Valerio F. -al pari di quanto sarebbe stato suo onere in questo procedimento- doveva giustificare a Cristiano il piano omicida nella sua interezza, comprensivo, cioè, anche del proposito di eliminare la moglie e la bambina di Mangiameli. In proposito, va ricordato -per quanto si è detto più sopra- che il Fioravanti ha certamente mentito al fratello nell’indicare le riunioni per l’omicidio Mattarella come la causa della soppressione di Mangiameli. Ebbene, questa accertata menzogna comporta, altresì, che resti totalmente privo di giustificazione il proposito di uccidere anche la moglie e la figlia di Mangiameli, le quali -è bene notarlo- non c’entravano nulla con la codardia, la sottrazione di denaro, l’avversione per un ragazzo di pelle scura e ogni altro comportamento proprio della vittima.
Si tratta, dunque, di un ulteriore interrogativo a cui gli imputati non hanno saputo dare risposta.

E. Gli imputati e le loro difese hanno sostenuto che il movente dell’omicidio Mangiameli sarebbe stato accertato nel processo che ha avuto per oggetto specifico quella vicenda criminosa. La lettura della sentenza 16 luglio 86 citata permette di affermare che la tesi difensiva non risponde al vero.
La sentenza della Corte d’Assise di Roma, infatti, dopo avere riportato fedelmente le motivazioni prospettate dagli imputati (pp.112-116), chiude la trattazione di questo tema affermando “che il significato di ‘faida politica’ ovvero di ‘giustizia rivoluzionaria’ dell’orribile episodio già traluceva da un comunicato diffuso da Terza Posizione in occasione del funerale di Mangiameli ed è stato ribadito, successivamente, dal volantino 23 ottobre 1981 a firma ‘Nuclei Armati Rivoluzionari -Gruppi di Fuoco Franco Anselmi’ elaborato dal nucleo armato, del quale faceva parte Francesca Mambro, che aveva compiuto gli attentati alla vita del capitano di polizia Francesco Straullu e della guardia scelta Ciriaco Di Roma” (p.131); segue, quindi, una rapida rassegna del contenuto di quest’ultimo comunicato, finché si giunge ad affermare : “Concludendo, vi è sicura prova che il piano criminale per l’eliminazione di Mangiameli … si inseriva nel più vasto progetto di attentare alla vita di altri esponenti di Terza Posizione, nell’ambito di una ‘lotta’ in cui la violenza era il mezzo per far valere, secondo la perversa e spietata logica della liquidazione fisica degli avversari, le istanze politiche di gruppo” (p.133).
Ora, emerge con tutta evidenza dalle frasi riportate che la sentenza di Roma si limita a registrare le prospettazioni degli imputati e dei loro comunicati, ma non prende posizione nei confronti dei medesimi, né spiega le ragioni del preteso contrasto del gruppo di Fioravanti con Terza Posizione.
Tuttavia, -e in ogni caso- quelle generiche considerazioni finali non debbono trarre in inganno, perché i giudici romani si erano premurati di chiarire preventivamente (p.105, nota 1) che il tema di indagine connesso alla ricerca del movente esulava dalla loro competenza, onde ne lasciavano espressamente la soluzione a chi di dovere: “Il P.M. di udienza, agganciando il discorso a una dichiarazione di Cristiano Fioravanti circa uno scambio di ‘favori’ tra il fratello e Mangiameli, ha adombrato la tesi che quest’ultimo possa essere stato eliminato anche perché a conoscenza di gravissimi fatti di natura terroristica riguardanti Valerio Fioravanti e altri della sua banda; Sara Amico avrebbe rappresentato un pericolo perché sapeva del ‘progetto Concutelli’ ma anche perché, forse, avrebbe potuto aver appreso qualcosa in ordine a tali fatti.
Ma trattasi di ipotesi connesse ad implicazioni e a episodi delittuosi (omicidio Mattarella; strage di Bologna) che sono tuttora oggetto di accertamento da parte delle competenti Autorità giudiziarie”.

F. L’ultima notazione deve essere riservata al fatto che il delitto fu rivendicato soltanto un anno più tardi, con il già ricordato volantino diffuso il 23 ottobre 81 dopo l’omicidio Straullu. In esso si diceva: “… Precedentemente abbiamo giustiziato il demenziale profittatore Francesco Mangiameli, degno compare di quel Roberto Fiore e di quel Gabriele Adinolfi …”.
Ciò che colpisce è la assoluta vaghezza della rivendicazione, vaghezza che è acuita dal contrasto con la specificità con cui sono motivate tutte le altre ‘eliminazioni’ elencate nel medesimo documento: agli agenti Straullu e Di Roma viene addebitato di essere stati “i mercenari-torturatori della Digos”, a Luca Perucci e a Marco Pizzari di essere stati “infami delatori”, con specificazione di situazioni e persone oggetto delle delazioni.
Ebbene, la tardività e la oscurità della rivendicazione, sommate al fatto che il cadavere del Mangiameli era stato zavorrato, portano ad evidenziare un intento degli assassini per il quale tanto le ragioni dell’omicidio come l’omicidio medesimo dovevano restare segreti per gli stessi militanti dell’area eversiva cui tutti appartenevano. Situazione, questa, che è in contrasto con le regole più elementari della funzione didattica -di esempio e di monito- che quelle esecuzioni normalmente assolvono nell’ambito degli adepti.