Angelo Izzo – verbale di udienza 25.11.1987 – sesta parte

L’avv. Baldi: i rapporti fra Terza Posizione e AN.

Izzo: io posso partire…

Il Presidente: facciamo una domanda piu’ specifica, dei rapporti in relazione a cosa?

L’avv. Baldi: in relazione ad episodi specifici inerenti alla doppia militanza di Di Mitri, alla provenienza di alcuni avanguardisti nelle file anche dei gruppi spontanei, come Carminati e a tutti gli altri giovani.

Izzo: ecco mi limiterò alle cose mie personali, alle cose che so, perche’ di Di Mitri e’ una cosa risaputa, ma non ne so nulla di particolare. So che Di Mitri veniva considerato un elemento di Avanguardia all’interno di Terza Posizione, pero’ io avevo ben altri motivi per pensare che Terza Posizione era legata ad AN innanzi tutto gia’ dai tempi precedenti a lotta studentesca, da cui poi nacque Terza Posizione, al fronte studentesco, io sapevo che Gabriele Adinolfi che era uno dei massimi capi di AN si recava praticamente ogni dieci, quindici giorni a prendere ordini da un certo Saverio Ghiacci che era proprio un dirigente di AN l’ho accompagnato….

Il Presidente: a noi risulta che Adinolfi era esponente di Terza Posizione.

Izzo: esatto. La storia di Adinolfi e’ questa: proviene da AN… Io dovrei dire un’altra cosa. Io con Adinolfi ho passato per esempio l’ultima estate della mia liberta’ e cioe’ l’estate ’75 in una villa insieme con Adinolfi e Dario Mariani, abbiamo fatto una vacanza. Io ho insegnato all’Adinolfi a rubare le macchine, gli ho regalato la prima pistola, cioe’ diciamo che lo conosco piuttosto bene e anche a Dario Mariani. Del resto questa circostanza e’ controllabile. Le dico un episodio: una sera dell’estate ’75 avevamo rubato una macchina e avevamo sfondato un boutique, proprio a San Felice al Circeo, per fare uno scherzo e poi siamo scappati. Siamo stati fermati dai carabinieri della caserma di San Felice: Andrea Ghira, Filippo Ghira, Gabriele Adinolfi e Dario Mariani, mentre io sono riuscito a scappare. Io Adinolfi lo accompagnavo spesso e volentieri a questi rendez-vous con Saverio Ghiacci e notavo che quest’ultimo aveva un rapporto nei suoi confronti come con un subordinato.

L’avv. Bordoni: chi aveva rapporti da subordinato?

Izzo: Adinolfi nei confronti di Saverio Ghiacci che era un uomo sulla trentina. Altro episodio che posso riferire e’ che noi le prime riunioni che facevamo come Fronte Studentesco, che era quello da cui era poi Terza Posizione e che ufficialmente non aveva nulla a che fare con Avanguardia, le facevamo in una casa a corso Trieste. Erano riunioni alle quali partecipavano abitualmente a parte i soliti: Dantini, Pascucci, con i quali eravamo molto legati come gruppo, partecipava spesso: Guido Paglia, Adriano Tilgher, cioe’ gente di AN che io gia’ conoscevo.

Il Presidente: di che riunioni si tratta? Avvenute in che anni?

Izzo: si tratta di una serie di riunioni avvenute negli anni ’73-’74, che tendevano ad unificare il mondo giovanile romano sotto la sigla Fronte Studentesco all’interno delle scuole. Erano riunioni alle quali partecipava anche gente del movimento sociale, in realta’ erano riunioni giovanili a cui partecipavano… Poi esistevano anche riunioni piu’ ristrette, fatte anche spesso nella sede di Avanguardia quella vicina a Piazza Bologna. Poi esistevano riunioni piu’ ristrette che riguardavano anche tentativi di tipo… di cui si parlava di possibilità di Golpe, cose di questo tipo, io ho riferito e c’e’ un mio verbale reso al giudice Grassi sul punto e sulle mie implicazioni in queste storie.

Il Presidente: andiamo per ordine.

Izzo: erano riunioni del fronte studentesco ed erano presenti: adriano Tilgher, guido paglia…

Il Presidente interrompe: ma si parlava mai di lotta armata?

Izzo: si’, si’, si parlava gia’ del fatto che siccome probabilmente i comunisti sarebbero venuti al potere, entrati al governo, di li’ a poco, in quel momento noi avremmo dovuto agire. L’esercito si sarebbe mosso ed in particolare i carabinieri, noi saremmo dovuti essere pronti ad agire. E queste erano riunioni che si facevano in molte occasioni.

Il Presidente: puo’ dire chi diceva…

Izzo: per esempio per dire una persona di Avanguardia anche Adriano Tilgher che so che oggi fa tanto il sessantottino, ma a quel tempo non faceva il sessantottino, anzi i discorsi che faceva erano completamente… Dico per dire insomma. Facevamo discorsi di altro tipo. Io mi rendo conto… io in certi processi sembra che…

Il Presidente: lei a queste riunioni e’ stato presente?

Izzo: si’, piu’ di qualche riunione.

Il Presidente: e quindi riferisce cio’ per conoscenza diretta.

Izzo: in certi processi sembra che l’unico reazionario sia stato io a Roma. Vado ai processi e mi sembra che l’unico che teneva una posizione reazionaria ero io. Mi sembra che a quei tempi eravamo tutti d’accordo in queste cose.

L’avv. Battista: queste riunioni come avvenivano, chi era convocato?

Izzo: io ero portato da Adinolfi. Di solito le persone che venivano erano sempre persone scelte negli ambienti studenteschi, ecc. Come persone di un certo affidamento, di un certo fanatismo, ecc. Debbo dire che io non ero una persona a livello dirigenziale, avevo diciotto-diciannove anni, pero’ godevo di un certo prestigio in quanto… Forse perche’ facevo rapine, insomma, detto in termini un po’ volgari, pero’ e’ cosi’.

L’avv. Menicacci: vuol fare i nomi di qualche partecipante a queste rapine?

L’avv. Baldi: io pregherei la difesa degli imputati di aspettare il turno.

Izzo: le riunioni avvenivano a casa di una certa Fiammetta, a Corso Trieste, che era la ragazza di un elemento di Avanguardia che si chiamava Sergio Meloni. Alla riunione in cui prese la parola Adriano Tilgher e disse queste cose, di sicuro erano presenti: Adinolfi Gabriele, i cugini Marco Sermonti e Andrea Sermonti, il capo del fronte studentesco del Giulio Cesare, Giancarlo Bertinotti, il capo del Fronte Studentesco del San Leone Magno, Massimo Palumbo. Di questi sono sicuro, poi c’erano sicuramente tante altre persone.

Il Presidente: in queste riunioni il discorso della lotta armata lo si prospettava come eventuale….

Izzo: si’, come un discorso para-poliziesco diciamo…

Il Presidente continua: nel caso che i comunisti fossero andati al governo.

Izzo: si’.

Il Presidente: quindi di lotta armata come poi e’ stata dopo, ancora non si era…

Izzo: no, non in questi termini. Posso dire questo che poi nel ’74 fui avvicinato, in maniera piu’ concreta, da Andrea Sermonti che mi disse che la cosa era imminente, perche’ diciamo io avevo un gruppo mio: Esposito, Guido, Ghira, che erano legati praticamente, esclusivamente a me e lui mi disse: “voi avete armi, ecc., Tenetevi pronti che il momento e’ vicino.” Parlammo di che cosa bisognava fare e lui disse che bisognava eliminare i quadri del Partito Comunista e dei sindacati e mi disse proprio queste parole: “lasciamo perdere gli estremisti di sinistra, perche’ a quelli ci penseranno i carri armati. Noi cio’ che dobbiamo distruggere sono gli apparati del Partito Comunista e gli apparati dei sindacati che potrebbero organizzare la resistenza, un golpe.”

L’avv. Battista: quando parla di gruppo suo, parla di gruppo politico o di gruppo di amici?

Izzo: no, no era un gruppo di amici con i quali facevo attivita’ illegali, pero’ tutti fascisti diciamo.

L’avv. Baldi: gradirei ora tornare alla domanda sui rapporti tra

Terza Posizione e AN, ma e’ stato un po’ deviato dalle interruzioni.

Izzo spontaneamente interviene: Adinolfi era il capo di Terza Posizione. Poi c’e’ la solita storia di Di Mitri, poi sicuramente c’erano anche i rapporti dei vari Dantini, Pascucci, ecc., I quali anche se loro se la tiravano da gente di Lotta di Popolo, ecc., diciamo erano i padri putativi di Terza Posizione, in realta’ erano loro il direttivo di Terza Posizione. In realta’, io ci sono stato dentro Lotta di Popolo, noi la sera abitualmente nella sede di via Giraud stavamo con quelli di Avanguardia, con quelli di Ordine Nuovo, cioe’ voglio dire che esisteva un’integrazione enorme. Quando si parla della famosa riunione del ’75, si’ probabilmente quella doveva essere una cosa. Diciamo delle sigle, ma nei fatti questa unione e’ sempre esistita.

L’avv. Baldi: per la scoperta del covo di via Alessandria, dicembre ’79, vennero arrestati Di Mitri e Nistri.

Izzo: si’.

L’avv. Baldi: cosa le ebbe a riferire Nistri di quell’arresto?

Izzo: mi riferi’ di un numero di telefono che Nistri diceva che apparteneva ad un avvocato, che secondo lui la polizia aveva fatto sparire e Di Mitri era tutto contento della sparizione di questo numero di telefono, perche’ diceva che se avessero trovato questo numero sarebbe scoppiato un “casino”. Non mi disse di chi era, cioe’ me lo disse, no, non me ricordo, mi pare che fosse il numero di un avvocato. Un’altra cosa che disse fu: “questi di Avanguardia sono proprio protetti di brutto dalla polizia, perche’ il covo era nello stesso palazzo di Adriano Tilgher, c’era il numero di questo avvocato che era legato ad Avanguardia, ecc. E non hanno avuto nessun tipo di scocciatura. Beati loro.” Si scherzava su questo fatto. Pioveva cioe’ sul bagnato, voglio dire.

L’avv. Baldi: lei il nome di questo avvocato l’ha gia’ fatto nei precedenti verbali glielo dico, se me lo conferma. E’ l’avv. Caponetti.

Izzo: a sì è l’avv. Caponetti, sì.

L’avv. Baldi: lei ebbe a sapere niente della fuga di Pozzan? Da chi?

Izzo: della fuga di Pozzan nulla.

L’avv. Baldi: della fuga di Freda e Ventura?

Izzo: si’, della fuga di Ventura so che l’ha organizzata Fachini da solo, l’ho saputo da Freda stesso. Della fuga di Freda ho saputo da due fonti e cioe’ da Freda che e’ scappato e da Benito Allatta che l’ha fatto scappare. La fuga fu organizzata da…

Il Presidente: Allatta le fece il nome di Fachini?

Izzo: non me la sento di… la fuga di Freda fu organizzata sicuramente dal Fachini e mi fu detto da Freda sicuramente, da Benito non credo che mi fu detto di Fachini onestamente. Freda sarebbe stato fatto scappare da gente di Fachini, di Signorelli e di Calore. Pero’ invece di andare in veneto….

L’avv. Lisi interviene: sono domande di un fatto gia’ passato in giudicato. Izzo continua: invece di andare in veneto, protetto da ordine nuovo, invece fu protetto da un elemento di AN che aveva una specie di fattoria nella provincia di Reggio Calabria e lui dice che stette nascosto alcune settimane, se non mesi, in questa fattoria. Dopo di che passo’ in Francia, aiutato dalla malavita calabrese che era sempre in contatto con questi di Avanguardia. Era notorio che Avanguardia era in uno stretto rapporto con Felice Zerbi, Genovese, questi qua.

L’avv. Baldi: per quanto riguarda il contatto Pozzan e Delle Chiaie, ebbe modo di saper nulla dal Giannettini?

Izzo: ora non ricordo, io ricordo un particolare che Freda si arrabbio’ con Pozzan per la tirata che aveva fatto contro Delle Chiaie, anche perche’ disse: “io vengo da una famiglia contadina e il porco si ammazza in famiglia.” Cio’ lo disse Freda nei confronti della tirata.

L’avv. Lisi: Freda veniva da una famiglia contadina?

Izzo: cosi’ mi disse Freda. Disse: “io vengo da una civilta’ contadina, da una famiglia contadina..”, Non ricordo e disse: “da noi si dice che il porco si ammazza in famiglia.”

L’avv. Baldi: io mi riferivo alla confidenza che le aveva fatto evidentemente Giannettini, non Freda…

L’avv. Lisi interrompe: per cortesia.

L’avv. Baldi: avvocato Lisi, sto parlando di atti che sono gia’ acquisiti, non chiedo di confermare i verbali, sto cercando di sollecitare… Mi sembra molto corretto questo modo di interrogare il teste, senza leggere prima i verbali.

Izzo: non ricordo.

L’avv. Baldi: se ebbe a sapere nulla di una faida esistente tra i servizi segreti e il ministero affari riservati?

Izzo: si’, si’. Pero’ non ricordo chi fu la fonte. Forse proprio Giannettini. Comunque che praticamente su Delle Chiaie c’era la storia di un mitra rubato all’armeria del Ministero degli Interni, mi pare, che questo mitra fu rifatto e cadde in mano a delle persone, non so del Sid e quelli degli Affari Riservati… Si’ e’ proprio una storia cosi’.

L’avv. Lisi: e’ una storia poco rilevante.

L’avv. Baldi: preferisco non dire prima gli episodi dei verbali e vedere se si ricorda qualcosa.

L’avv. Baldi: non e’ un fatto nuovo Delle Chiaie.

Il Presidente: e’ un fatto di trent’anni fa.

Izzo: sinceramente su questo fatto ho difficolta’ a dire se l’ho saputo di voce o me l’ha detto qualcuno.

L’avv. Baldi: Giannettini le disse niente sulla campagna stampa che aveva organizzato a.n. In ordine al Golpe Borghese?

Izzo: si’.

Il Presidente interrompe: io non l’ammetto questa domanda perche’ mi sembra che sia una domanda…

L’avv. Baldi interrompe: se vuole confermare quello che ha detto in precedenza su questo?

L’avv. Pisauro: e no.

Izzo interviene: comunque io le dico che tutto cio’ che io ho dichiarato nei verbali che ho reso a Vigna, ecc., Potrei ampliarli se mi venissero contestati punto per punto, perche’ ripeto sono verbali fatti tutti di getto, pero’ cio’ non toglie che li confermo integralmente, anche perche’ in quel momento le cose erano piu’ fresche e me le ricordavo anche meglio probabilmente.

L’avv. Baldi: si ricorda di un episodio che ebbe ad oggetto Tuti e la sua visita all’ambasciata libica, nel periodo in cui era latitante?

Izzo: si’, Tuti mi parlo’ che subito dopo essere guarito da una finta…

L’avv. Baldi interrompe: Presidente, allora dovrei ampliare il discorso e spiegare che tutti i rapporti fra il mondo eversivo della destra e il mondo della Libia e l’ambasciata libica non trovano un casuale ingresso in questo processo, ma si basano attraverso una serie di atti che vanno nel tempo e sono mantenuti inalterati e costanti e hanno una certa evoluzione, fino a giungere alla figura di Semerari.

L’avv. Battista: non e’ una domanda.

L’avv: Bezicheri interrompe: puo’ anche essere una richiesta di allargamento di imputazione a Gheddafi… non so.

Il Presidente: mi sembra ininfluente la domanda, non gliela ammetto.

L’avv. Baldi: allora io dovrei spiegare per fare le domande certe argomentazioni che mi sembra un poco intempestivo fare adesso. Comunque io proverò a farne delle altre, perche’ sono episodi all’apparenza marginali, ma che poi si inseriscono in un discorso, per me, molto significativo ed importante.

L’avv. Baldi: ebbe a sapere nulla, l’Izzo, di un attentato che doveva essere compiuto in algeria ad opera di uomini che vi erano stati mandati da Delle Chiaie?

Izzo: si’, questi sono tutti discorsi di Concutelli. Esiste un riscontro che dimostra la veridicita’, non so se sia vera, pero’ se e’ vera questa storia, e’ vero tutto. Cioe’ c’e’ una pistola che e’ una Colt 45 Commander che e’ stata sequestrata a Gianfranco Ferro, luogotenente di Concutelli. Concutelli mi disse che questa Colt ha una scritta con il nome di un ufficiale spagnolo dei Servizi Segreti della marina. Questa pistola deve essere sequestrata presso la questura di Roma e la Corte potrebbe stabilire un controllo per verificare la veridicita’ dei racconti di Concutelli. Concutelli mi disse di aver collaborato con i Servizi Segreti della marina spagnola e con francesi dell’Oas e con un uomo degli americani, della Cia, avendo oggetto degli ordini di Delle Chiaie di eliminare dei patrioti baschi, di eliminare… Ed anche un attentato in Algeria. Delle Chiaie aveva organizzato questo attentato, poi questi erano stati venduti, questi due amici suoi che erano andati giu’ ed erano stati arrestati appena giunti in Algeria e Concutelli diceva: “due bravi ragazzi, sono finiti la’ nelle prigioni algerine, chissa’ che fine gli fa fare la polizia segreta.” Cioe’ raccontava questa storia. Mi racconto’ tutti i rapporti tra Delle Chiaie e i servizi spagnoli.

L’avv. Baldi: se Izzo potesse fare un rapido cenno ai contatti tra Delle Chiaie e i sevizi segreti spagnoli, secondo cio’ che le disse Concutelli.

Izzo: Concutelli mi disse che Delle Chiaie era in strettissimi rapporti con i servizi segreti della marina spagnola, per le operazione anti Eta e poi per un attentato ad uno studio di un avvocato. Mi disse che Delle Chiaie guidava tutto questo tipo di attivita’ contro-terrorista e da qui ne avrebbe ricavato una serie di privilegi e di favori. Mi racconto’ un episodio abbastanza divertente e cioe’ che gli uomini che lui teneva che erano quasi tutti italiani latitanti e spagnoli che reclutava per questo tipo di lavoro, lui li teneva a stecchetto, cioe’ li teneva dentro gli appartamenti, gli passava i soldi per le sigarette, li teneva praticamente alla fame. Concutelli mi disse di aver partecipato ad alcune di queste operazioni in compagnia di Augusto Cauchi e un’altra volta di un ragazzo di Avanguardia triestina di cui non so il nome. Queste sono le storie piu’ o meno e Delle Chiaie diciamo era il capo di tutto questo.

Verbale di confronto Rudy Miorandi e Giorgi Maurizio 17.09.1982

Miorandi: Confermo quanto ho dichiarato nei precedenti verbali, in particolare che fu il Giorgi ad organizzare la cena e a brindare in occasione dell’ 02.08.82.

Giorgi: Io ero all’ aria, non ho organizzato io la cena del 2 agosto ne ho brindato anzi, ho manifestato il mio dissenso per il cattivo gusto dell’ iniziativa.

Miorandi: Confermo che ebbi dal Giorgi una medaglietta ed un appunto scritto per mettermi in contatto con i suoi amici di fuori.

Giorgi: Ti consegnai la medaglietta e l’ appunto perche’ potessi metterti in contatto con i miei amici al fine di ottenere del denaro, in quanto eri continuamente in cerca di denaro per pagare il tuo avvocato.

Miorandi: Confermo che invece il mio contatto all’ esterno era finalizzato ad organizzare la tua fuga.

Giorgi: Di fuga ne hai parlato sempre e solo tu e facesti questi discorsi molto tempo prima.

Miorandi: Confermo che tu mi riferisti di aver ingannato i giudici affermando di aver fatto un solo viaggio in Italia nel 1980, mentre mi riferisti di aver fatto un altro viaggio nel giugno ‘80.

Giorgi: Io commentai soltanto dopo l’ interrogatorio le contestazioni che i giudici mi avevano fatto relativamente al viaggio di giugno, negando di averle mai fatte.

Miorandi: Confermo che tu mi riferisti che prima della strage vi fu una riunione nell’ ufficio di Palladino cui partecipasti tu, Delle Chiaie, lo stesso Palladino ed altre persone.

Giorgi: E’ assolutamente falso.

Miorandi: Confermo che commentando la notizia giornalistica mi dicesti che i due tedeschi implicati nella strage non sarebbero stati mai individuati e che ora si trovavano in un paese dell’ America Latina.

Giorgi: Io ti ho solo parlato del fatto che alcuni europei si ritrovavano in America Latina.

Miorandi: Confermo che mi riferisti un’ episodio relativo al fatto che una volta tornando da una fattoria, restasti a piedi e fosti aggredito da alcuni cani.

Giorgi: E’ vero che una volta parlammo in cella di cani e gatti e che io raccontai un episodio in merito, ma non ho mai accennato ad una fattoria dove io mi recai.

Miorandi: Confermo che mi dicesti che in un’ altra occasione andasti in una fattoria insieme a Tilgher Adriano.

Giorgi: Questa e’ la prova della tua falsita’ perche’ Tilgher non e’ mai stato nell’ America Latina.

Miorandi: Confermo che mi dicesti che la strage era finalizzata ad un colpo di stato.

Giorgi: Non e’ vero.

Miorandi: Confermo che mi dicesti che eri venuto in Italia insieme ad una persona il cui nome figurava sulla agendina sequestrata e che su queste vi figuravano altri nomi di persone importanti.

Giorgi: Era prevedibile che tu sapessi che mi era stata sequestrata un’ agendina ma io non ti ho mai riferito i fatti che tu hai appena affermato.

Si dà atto che la verbalizzazione descrive solo sommariamente il contenuto del confronto e che lo stesso e’ stato registrato su nastro magnetico. Continua confronto datato 17.09.82 ore 18,30 tra Miorandi e Giorgi.

Miorandi: Ieri mattina con un permesso rilasciatomi dal dr gentile mi sono recato a colloquio con Giorgi Maurizio. Questi si e’ subito mostrato incuriosito e meravigliato per il fatto che mentre i suoi parenti era stato negato il colloquio a me era stato concesso. Io gli ho detto che tramite il mio avvocato ero riuscito a farmi dare un permesso e lui ha soggiunto: “ho l’ impressione che ci vedremo a confronto al processo, se qualcuno non ti ammazza prima”.

A questo punto viene nuovamente introdotto il Giorgi dinanzi al quale il teste interrogato conferma quanto appena dichiarato.

Giorgi: E’ vero che ho detto che ci saremmo visti in aula in quanto avevo capito che stavi svolgendo il ruolo del provocatore. Non ho mai detto la frase finale e cioe’ non ho mai fatto cenno alla possibilita’ che qualcuno ti ammazzasse.

Letto confermato sottoscritto

Rudy Miorandi -dichiarazioni 15.09.1982

Confermo le mie precedenti dichiarazioni. Confermo in particolare la circostanza riferita ai CC. Vale a dire il fatto che Giorgi mi ha anche confidato che poco tempo prima della strage aveva partecipato ad una festa in argentina insieme a Tilgher, Palladino Carmine e Delle Chiaie. L’ occasione del discorso fu la pubblicazione delle fotografie di Tilgher sui giornali, sul Resto del Carlino e sul Corriere della Sera, cioe’ su uno dei giornali che avevamo in cella solitamente. Io commentai in modo ironico e dispregiativo l’ immagine del Tilgher, a bella posta per provocare una risposta del Giorgi, dicendo: “anche lui c’entra con questa faccia da deficiente” .

Il Giorgi ha reagito dicendomi: “Avessi tu la testa che ha questo” aggiungendo che si conoscevano da moltissimi anni e ricordando tra l’ altro che nel 1980 qualche tempo prima della strage si erano ritrovati in Argentina ad una festa tipica locale come una sagra della carne, dove in una fattoria ammazzavano tori e fanno una gran festa. Mi disse che questa festa fu fatta in ambiente ristretto in un paesino vicino a Buenos Aires, di cui mi fece anche il nome, ma che io non ricordo.

– il Giorgi mi raccontava anche che in argentina aveva, oltre a tante conoscenze importanti, un amico in particolare col quale trascorreva quasi sempre la sua giornata frequentando in particolare una pasticceria dove usava prendere il whisky a tavolino, sita sul corso principale di Buenos Aires. Talvolta gli ho chiesto come faceva a vivere, dal momento che asseriva che non svolgeva alcuna attivita’ , ed egli mi rispondeva con gesti vaghi accennando appena alle sue amicizie altolocate.

– La fattoria dove si era svolta la festa era frequentata dal Giorgi, tanto che egli mi racconto’ che una notte, essendosi rotta la macchina, era rimasto a piedi ed aveva preso un gran paura perche’ era incappato in un branco di cani randagi.

– Il Giorgi si e’ aperto in modo particolare in occasione della ricorrenza del 2 agosto e della morte di Palladino. Quest’ ultima l’ha colpito moltissimo ed ha giurato di vendicarsi. Secondo le sue supposizioni Palladino era stato ucciso perche’ avendo partecipato alla strage era incappato nella ostilita’ di Concutelli che era contrario a questa strategia. Sempre parlando dell’ attentato il Giorgi si diceva sicuro dell’ impunita’ dicendo testualmente una volta: “non proveranno mai che l’ ho messa io” .
Una frase analoga la pronunziò a proposito della notizia pubblicata sul “Resto del Carlino” a proposito di due tedeschi implicati nella strage, disse: “non proveranno mai chi sono a parte il fatto che sono introvabili” ed a mia domanda su dove fossero, preciso’ che erano ad Asuncion.

– Non so se Giorgi abbia fatto qualche confidenza agli altri condetenuti. Certo che una volta – a quanto ho saputo recentemente da Tozzi nel corso di un incontro a Firenze – il Giorgi, prima che Palladino fosse ucciso si mostrava angosciato dalla sorte di questi che aveva famiglia e si tormentava nell’ escogitare la maniera di scagionarlo, in quanto l’ aveva messo lui nei guai, reclutandolo nell’ impresa.

– Tornato da Altedo, ove ero stato interrogato durante la detenzione della sv, rimproverai al Giorgi di avermi dato dei contatti non esatti in quanto io avevo telefonato alla casali carola ed avevo cercato di mettermi in contatto con le altre persone da lui nominate, compresa la Lucarelli Anna, ed avevo ricevuto risposte elusive, e il Giorgi si mostro’ molto stupito ed addolorato dicendo che le persone indicatemi erano le ultime fidate che gli erano rimaste almeno in Italia, ed in particolare della Lucarelli mi disse che a Roma era stata scelta con lui e che era a parte di tutti i suoi segreti.

– La riunione per mettere a punto l’ attentato avvenne a Roma nell’ ufficio di Palladino ed ebbe come partecipi il Palladino Carmelo, il Giorgi, Delle Chiaie ed altre persone di cui non mi ha fatto i nomi, precisando pero’ che i partecipi erano 5 o 6.

– Il Giorgi mi parlo’ anche di Palladino Roberto e mi confido’ anzi si mostro’ molto sorpreso che Roberto non era stato incriminato come lui, avendo ricevuto una sua cartolina dalla quale apprendeva che era libero.

Letto confermato sottoscritto.­

Piero Citti – dichiarazioni 12.05.1983

Ho chiesto di essere esaminato dalla SV per riferire altri fatti che possono essere utili ai fini del procedimento penale contro Carboni Flavio ed altri. Ricordo che nel settembre ‘75 io partecipai in una riunione cui parteciparono Signorelli Paolo, Delle Chiaie Stefano, Tilgher Adriano, Giorgi Maurizio e circa 40 persone appartenenti ad Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale e movimento sociale italiano. Nella riunione, organizzata da Signorelli e Delle Chiaie, si doveva discutere la prospettiva di riunificazione di tutte le forze della destra extraparlamentare e non, che sarebbero dovute entrare a far parte del Msi. Nell’ambito di questo le forze nuove avrebbero appoggiato l’ ala piu’ dura che all’ epoca veniva identificata in Pino Rauti. Andai alla riunione a bordo della mia macchina, sulla quale viaggiava Delle Chiaie, ove io ero andato su richiesta di Giorgi Maurizio.
Costui era venuto a casa, nel tardo pomeriggio, dicendomi che c’ era il Delle Chiaie, che mi disse di essere ospite di un cugino mentre Giorgi si allontano’ per qualche minuto ritornando con la macchina su cui erano altre persone.
A questo punto Delle Chiaie mi chiese se potevo accompagnarlo ad Albano. Aderii alla richiesta facendogli presente che non mi sarei potuto fermare ad Albano per molto tempo poiche’ avrei dovuto partire con il camion per Milano. All’ epoca facevo l’autotrasportatore per conto della Domenichelli. Andai ad Albano con la mia macchina, seguendo quella del Giorgi e per questo fatto non credo che sarei in grado di individuare la villa, anche se sono disposto a tentare la individuazione.

Durante la riunione, parlarono prevalentemente il Signorelli e Delle Chiaie, mettendo in evidenza la necessita’ che AN e ON dovevano riunirsi per creare un’ organizzazione piu’ potente ed omogenea. Dopo circa un’ ora, mentre la riunione proseguì, io mi allontanai per andare a Milano con l’ autotreno. Tale riunione e’ successiva a un episodio che desidero raccontare e che si verifico’ nella primavera – estate 1975 a Roma: io e Tilgher adriano prendemmo in affitto un appartamento in via Sartorio 51 o 55 nel quale io avrei iniziato attivita’ di autotrasportatore e Tilgher attivita’ di assicuratore. Nell’agosto 75 a causa di difficolta’ economiche feci presente al Tilgher che non avrei potuto continuare la societa’ con lui ed egli mi rispose che avrebbe continuato da solo nella sua attivita’ di assicuratore. Dopo qualche giorno fui avvicinato da Giorgi Maurizio che mi invito’ a non andare piu’ nell’ appartamento di via Sartorio. E io non andai piu’ nella casa di via Sartorio.
Quando il 02.12.75 i carabinieri di Roma, all’ ordine del capitano Tomaselli, fecero irruzione in via Sartorio, ove erano alcuni latitanti tra cui lo stesso Tilgher, di Luia Bruno, Crescenzi Giulio, Gubbini Graziano ed un certo Vinciguerra. Il Tilgher si qualifico’ come Citti Piero. Ciò egli, fece a mia insaputa.

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Per questo fatto fu emesso mandato di cattura nei miei confronti per detenzioni di armi e ricettazioni e altro. Appreso il fatto per radio mi misi in contatto con Giorgi a Roma e costui mi consiglio’ di fuggire procurandomi un ricovero presso la casa di tal Paulon. Nei pressi della via Tuscolana. Di li’ a qualche giorno Giorgi mi disse che non ero piu’ sicuro e mi consiglio’ di andare in Spagna. In verita’ non si tratto’ di un consiglio da di una imposizione. Andai a Madrid nel dicembre ‘75 e fui ospite di alcuni elementi della destra tra cui un certo Mario. Alla fine del dicembre ‘75 giunsero a Madrid l’avvocato Arcangeli e Giorgi Maurizio per discutere la linea difensiva del processo di Avanguardia Nazionale e in particolare dell’ operazione di via Sartorio.
Il giorno successivo venne da me Delle Chiaie e mi disse che mi sarei dovuto assumere la responsabilita’ della gestione dell’appartamento di via sartorio per scagionare il Tilgher. Io naturalmente rifiutai e per questo fatto fui aggredito dal Delle Chiaie. Dopo due giorni me ne andai a Roma ove attesi la fine del processo che per me si concluse con un’ assoluzione. Subito dopo tornai in Italia ove ripresi i contatti con il Tilgher e conobbi anche Tilgher Mario, che era in posizione decisamente di destra e mostrava di condividere la posizione e la prassi politica del figlio Tilgher adriano, che all’ epoca era presidente dell’ Avanguardia Nazionale. Ho fatto questo riferimento a Tilgher Mario poiche’ in seguito ho saputo che egli era iscritto alla P2.

Nel 1976, o forse nel 1977, conobbi a Roma in un bar di piazza Tuscolo Roberto Palladino che militava nella destra eversiva essendo un esponente di Avanguardia Nazionale. Egli, probabilmente presentato dal fratello Carmine poi ucciso da Concutelli che avevo conosciuto, tramite Giorgi nel 1975 – 1976. Ricordo che egli voleva vendermi un cane ma io non lo comprai. Nel 1978 io e Roberto Palladino decidemmo di aprire assieme a Carmine uno studio di contabilita’ in via Satrico.
Gia’ da qualche anno prima, il Palladino Roberto era in rapporti con Carboni Flavio e con la Sofint. Di tutto cio’ che riguarda i miei rapporti con la Sofint e con Carboni e il suo staff ho gia’ parlato nel memoriale. A partire dal mio contrasto con Carboni Flavio iniziato nell’ aprile ’81 si sono modificati alcuni fatti che in seguito ho potuto collegare tra di loro e a Carboni Flavio per le ragioni che diro’ in seguito. Ricordo che nel settembre 81, mentre ero a piazza Bologna, nel bar che vi si trova e che frequentavo abitualmente, fui avvicinato da tale silvano della destra eversiva, che io conoscevo da circa un anno. Egli mi disse, senza spiegarmi i motivi, che dovevo stare molto attento perche’ c’ era gente che mi voleva sparare. Cercai di sapere di piu’ ma non ci riuscii.

Nel settembre ‘82, dopo il mio arresto ad opera del GI dr Minna di Firenze, mentre ero al centro clinico di Pisa conobbi un giovane a nome Sortino Luigi, che aveva frequentato lo studio di Palladino Carmine e Palladino Roberto. Il Sortino mi disse che nel mese di aprile 82 (e ancor prima che esplodesse la vicenda P2) , palladino Roberto, nel carcere di Rebibbia, aveva detto in presenza di Sortino e di altri elementi della destra tra cui probabilmente Tidatinto che la P2 mi aveva condannato a morte per quello che io avevo fatto a Carboni Flavio per la tentata estorsione e per i documenti di cui mi ero appropriato.

Io risposi che avrei fatto il mio dovere raccontando tutto all’ autorita’ giudiziaria cio’ che io dicevo era provato da una serie di documenti che furono trovati in possesso di miei coimputati tra cui Bruni Adolfo e altri. Tra tali documenti c’ erano schede bancarie del banco del cimino e di altre banche, matrici di blocchetti di assegni, fotocopie di certificati di titoli azionari, documenti riguardanti rapporti tra Carboni , Balducci, Diotallevi, Angelini Filomena ed altri.
Mi sembra che vi fossero fotocopie di assegni rilasciati ad Abbruciati Danilo. Del resto, anche in carcere ho avuto conferma dei rapporti tra alcuni di dette persone. Il Matteoni mi disse che esisteva un legame molto stretto tra Abbruciati e Diotallevi. Matteoni mi disse che Abbruciati era andato a Milano questa era una sua ipotesi solo per ferire Rosone ma non per ucciderlo.

– c’ era uno strettissimo connubio tra Carboni Flavio, Diotallevi, Balducci e Pompo’ come io ebbi modo di rilevare da tutto cio’ che osservai durante la mia permanenza in via Panama, vedendo le persone e ascoltando alcune telefonate. Di Abbruciati avevo saputo da giovani della destra eversiva pur non appartenendo ad una specifica organizzazione.

– Ho letto diversi documenti che facevano riferimento a consegne di preziosi per centinaia di milioni da parte di Diotallevi e Annibaldi a Carboni Flavio e Andrea … Si trattava di documenti segreti cui ebbi accesso casualmente un giorno nella stanza di pellicani e anche questi documenti che facevano riferimento ai gioielli furono sequestrati a Adolfo Bruni e agli altri. ­

Relazione di Guido Paglia su A.N. e il Golpe Boghese – documento trovato presso la sede di OP

Per forza di cose questa relazione si riferisce all’attività svolta dall’Avanguardia Nazionale nel periodo compreso tra la fine del 1967 ed il corrente mese di novembre del 1972. Di volta in volta si cercherà di narrare anche fatti antecedenti dei quali, tuttavia, si hanno per il momento soltanto particolari frammentari.
Innanzi tutto è bene precisare subito che quando si parla di Avanguardia Nazionale ci si riferisce in generale ad un certo ambiente che gravita inevitabilmente intorno alla figura di Stefano Delle Chiaie, uno dei leader più rappresentativi delle frange della destra extraparlamentare. La metodologia studiata da Delle Chiaie per la battaglia politica ha fatto però in modo che l’Avanguardia Nazionale non sia altro che la facciata “ufficiale” di un’organizzazione che può contare sopra tutto su un “apparato” clandestino di notevole capacità operativa. Questo “apparato” costituisce la vera e propria forza del gruppo di Delle Chiaie.
Di esso fanno parte personaggi più o meno noti dell’estrema destra, ma anche (ed è questo un punto di ulteriore forza) per­sone assolutamente sconosciute agli archivi “politici”. Ciò permette all’organizzazione una notevole libertà di movimento.

Il metodo di lavoro politico si basa così sui seguenti punti:
1) gli attivisti più noti e comunque tutti coloro che in qualche modo hanno avuto a che fare con la polizia, i carabinieri e naturalmente la magistratura, vengono inquadrati in seno all’Avanguardia, la “facciata ufficiale” dell’organizzazione; sono loro che conducono le battaglie che riguardano la “politica attiva”, quella di stretta concorrenza al MSI;
2) gli aderenti meno noti e soprattutto coloro i quali hanno dimo­strato delle capacità organizzative più adatte alla clandestinità, vengono invece destinati alla struttura “secondaria”, quella dell’apparato; di esso comunque fanno parte anche attivisti notissimi che però, almeno “ufficialmente” non svolgono più attività politica; a questa struttura “secondaria” appartengono proprio i componenti dei “commandos” terroristici; per garantire la loro attività sono stati studiati particolari accorgimenti quali ad esempio il fatto di non conoscersi neppure tra membri dell’apparato, di non sapere mai chi ha compiuto una certa “azione” etc.;
3) l’Avanguardia oltre che condurre la battaglia ufficiale ha anche il compito di “filtrare” per l’”apparato” gli elementi che via via vengono giudicati idonei a svolgere un lavoro di maggiore responsabilità;
4) infine, proprio per quanto detto finora, c’è anche da tenere presente che non tutti (anzi è meglio dire la stragrande maggioranza) gli appartenenti all’Avanguardia appartengono alla struttura secondaria; l’inquadramento in quest’ultima avviene per meriti (e soprattutto per fiducia) soltanto in un secondo momento.

Elencati i principi generali sui quali si fonda la metodologia di lotta ideata e messa in pratica da Delle Chiaie, passiamo a qualche dato più concreto sull’organizzazione. Attualmente, ad esempio, il ver­tice è composto, oltre che da Delle Chiaie, dalle seguenti persone:

MAURIZIO GIORGI (senz’altro il più autorevole ed il più capace tra i luogotenenti), abitante in via Olindo Malagodi 25, numero di tele­fono 4383430;
FLAVIO CAMPO, già numero due del gruppo e attualmente destinato all’organizzazione e all’esecuzione dei pro­grammi clandestini, abitante in via Cerveteri ed impiegato presso il Ministero delle Finanze dove lavorano anche il padre e la sorella); CESARE PERRI, laureando in Medicina, studente fuori sede residente a Catanzaro (è colui che curò più da vicino i rapporti con il “Fronte Nazionale” di Borghese in occasione del “colpo di stato”); GIULIO CRESCENZI, idraulico, abitante al quartiere Nuovo Salario (Val Melaina); FAUSTO FABBRUZZI, impiegato presso la Cassa di Risparmio di Rieti in via in Aquiro. Gli ultimi due sono di scarse capacità ed appartengono al vertice più in quanto amici fedelissimi di Delle Chiaie che per meriti individuali; eccellenti esecutori di ordini e niente più. Pur non facendo parte del “vertice” è alla stessa altezza dei sunno­minati anche ADRIANO TILGHER (il padre, Mario, lavora al “Roma” di Napoli al servizio interni), abitante in via dei giornalisti 6 o 8 (telefono 341548). Tilgher ha assunto l’incarico di Presidente Nazio­nale dell’Avanguardia dopo le dimissioni di Guido Paglia. È anch’egli soprattutto un buon esecutore d’ordini, ma non difetta neppure di qualità organizzative ed ideative. Instancabile, svolge quotidianamente una molo di lavoro impressionante. Attualmente, in seguito al noto mandato di cattura per falsa testimonianza circa l’istruttoria della strage di Milano, Delle Chiaie è sostituito al vertice da una specie di triumvirato del quale fanno parte Campo, Giorgi e Perri.

Elementi di sicura affidamento per l’apparato sono anche Roberto Palotto, Tonino Fiore, Saverio Ghiacci, Bruno Di Luia, Marco Marchetti, Saverio Savarino, Riccardo Minetti, Enzo Casale, Fabio Regoli, Carmine Palladino etc. In tutt’Italia, la struttura dell’Avanguardia rispecchia fedelmente i principi generali già elencati: agli attivisti di piazza, inquadrati ufficialmente, fanno riscontro i membri dell’apparato clandestino. Punto di forza è naturalmente la Calabria: in tutte e tre le province, l’Avanguardia ha raggiunto posizioni di indiscutibile autorità  riuscendo perfino a scalzare dalle piazze i missini (l’emorragia di giovani verso la linea dura dell’Avanguardia è incessante).

Responsabile delle due “strutture” in Calabria è il marchese Felice (Fefè) Zerbi di Reggio Calabria. Persona di grande prestigio, gode di incondizionate protezioni anche presso l’ambiente mafioso che in più di un’occasione è stato assai utile all’Avanguardia. In passato ha ricoperto l’incarico di “reggente” del Fronte Nazionale e in occasione della visita a Reggio di Borghese (ottobre 1969) dimostrò ampiamente lo sue capacità organizzative. Suoi strettissimi collaboratori sono Pino Barletta e Carmelo Dominici (attualmente in carcere). A Catanzaro, fiduciario risulta tale Totonno, un professore facilmente meglio identificabile in quanto già “reggente” anche lui del Fronte Nazionale.

La presenza dell’Avanguardia è particolarmente consistente anche nelle seguenti città: Messina, Catania, Bari, Taranto, Avellino, Napoli, Latina, Rieti, Grosseto (qui per l’apparato è responsabile tale Ciabatti, fedelissimo di Borghese), Massa (Piero Carmassi), Pistoia, Firenze, Perugia, Terni, Viareggio (e tutta la Versilia), La Spezia, Lucca, Siena (Pierfranco Di Giovanni), Ravenna (tale Alvaro), Bologna, Reggio Emilia (Paolo Pecoriello), Pavia, Trento (Cristiano De Eccher), Trieste, Padova, Novara, etc. Recentemente è stato costituito il gruppo di Avanguardia anche a Milano (responsabile tale Marco, un nobile molto amico di Flavio Campo). In poche settimane di attività, il gruppo ha già acquistato notevole forza e prestigio.

Il Colpo di Stato
A questo proposito il discorso va riallacciato alla nascita del “Fronte Nazionale” di Borghese. Per decisione di Delle Chiaie i rapporti tra i due ambienti si fecero sempre più stretti, tanto che spesso era l’Avanguardia, a camuffarsi da “Fronte” per svolgere azioni di una certa importanza. Borghese poté comunque contare sempre sulla dispo­nibilità dell’apparato. I primi discorsi sulla possibilità di effettuare un “golpe” con l’aiuto delle Forze Armate cominciarono a circolare tra i membri dell’apparato verso la fine del 1969. Si parlò sempre di scadenze brevi e di organizzazione perfetta (in poche ore era­no pronte -secondo i discorsi dei responsabili del Fronte- tutte le soluzioni per assicurare la continuità dell’apparato statale). I rapporti tra il Fronte e l’Avanguardia vennero curati da Borghese in persona e in sua assenza o indisponibilità dal maggiore Orlandini.
Per l’Avanguardia partecipavano alle riunioni Delle Chiaie, Campo e Perri. La prima data stabilita per agire doveva e sa ere compresa nel mese di giugno del 1970. Nel cantiere che l’impresa edilizia di Orlandini aveva nei presai della Buffalotta, le riunioni si intensificarono sempre più: vi partecipavano senza dubbio alti ufficiali e personaggi del mondo politico (testimonianze dirette); Orlandini e Adria­no Monti (membro del consiglio nazionale del PLI, medico, molto noto a Rieti) sostenevano che c’era un appoggio praticamente incondizionato anche da parte dei carabinieri, della, polizia e di stessi ambienti governativi. Tutto sembrava procedere senza intoppi di sorta e se non altro la coreografia che circondava i preparativi, pareva avva­lorare lai credibilità del discorso di fondo. La complicità all’interno del Ministero degli Interni era assicurata da un certo dottor Drago che sembrava essere uno dei più autorevoli «golpisti».

Si arrivò così alla famosa notte sul 4 dicembre quattro giorni prima di quella prestabilita per l’azione. Il 7 dicembre, Delle Chaie rifinì gli ultimi particolari. Divise i compiti e affidò a Flavio Campo i compiti dinamitardi, riservando a se stesso quelli riguardanti l’azione al Viminale. I membri fedelissimi dell’Avanguardia sarebbero stati convocati in sede per le 18 del 7 stesso. Dovevano essere circa una cinquantina e sarebbero stati informati dei loro compiti all’ultimo momento poiché soltanto pochissimi di loro facevano già parte dell’apparato clandestino. Ufficialmente essi dovevano restare a disposizione presso la sede dell’Avanguardia (via dell’Arco della Ciambella 6, ter­zo piano) perché i dirigenti avevano saputo che proprio quella notte i comunisti avrebbero dato l’assalto alla sezione. Contemporanea­mente tutti gli altri membri dell’apparato si sarebbero riuniti in una serie di appartamenti dislocati in varie zone della città. Ai romani (un centinaio) si aggiunsero un’altra cinquantina di elementi di varie città fatti affluire precipitosamente, nella capitale. E’ scontato che anche al di fuori di Roma i membri dell’apparato erano pronti ad intervenire: gli ordini prevedevano però il passaggio allo scoperto soltanto dopo una precisa comunicazio­ne proveniente da Roma e diramata solo nel caso in cui tutti gli obiettivi strategici fossero stati occupati secondo i piani pre­stabiliti.

Si seppe che oltre all’Avanguardia risultavano mobilitati per l’azione la stragrande maggioranza degli aderenti all’associazione paracadutisti (punto di raccolta la famosa palestra, di via Eleniana), il gruppo “Europa Civil­tà” diretto da Loris Facchinetti, Stefano Serpieri e Mauro Tappella, ed elementi del MSI raccolti intorno all’on. Giulio Caradonna (particolar alquanto stridente con quanto proclamato fin dal principio dai responsa­bili del “Fronte”, i quali avevano assicurato che in nessun caso i missini sarebbero stati resi partecipi del “colpo di stato”). All’ora prestabilita gli attivisti dell’Avanguardia si trovarono all’appuntamento fissato in sede, periodicamente, i dirigenti vennero informati degli sviluppi della situazione da altri membri dell’appa­rato. Alle 19,30, ad esempio, Giulio Crescenzi giunse in via dell’Arco della Ciambella per comunicare che il gruppo dell’Avanguardia guidato da Adriano Monti e da Alberto Mariantoni (responsabili delle due strutture del capoluogo) era già all’interno del Viminale pronto ad agire.
Alle 23, sempre il Crescenzi avvertiva che un secondo gruppo si tro­vava nel garage del Ministero degli Interni dove era stato armato da un maggiore della “Celere” di Centro Pretorio (non sarebbe diffici­le individuarlo perché si seppe che quel giorno era di turno). Insieme a quelli dell’Avanguardia (tutti appartenenti al gruppo del Quadraro e guidati da Roberto Palotto, Saverio Ghiacci e Carmine Palladino), c’erano comunque anche alcuni (tre o quattro) agenti di polizia che avevano naturalmente il compito di inquadrare gli attivisti. Particolare significativo; il maggiore fece un discorsetto di circostanza affermando che lui non era affatto fascista ma che comunque credeva in quello che stava facendo; concluse chiedendo la massima collaborazione e soprattutto l’esecuzione di qualsiasi ordine senza discussioni.

All’una la “doccia fredda”: dal quartier generale, dopo che tutti i giovani dell’Avanguardia, informati sul reale motivo della convoca­zione, si apprestavano a salire su un automezzo che sarebbe dovuto giun­gere nel giro di pochi minuti dal Viminale, giunse l’ordine di “fer­mare” tutto e di tornare a casa senza creare complicazioni. Si disse che l’ordine giungeva direttamente da Orlandini e quindi da Borghese.

Il maggiore si mostrò estremamente contrariato e iniziò a congedare quelli dell’Avanguardia che si trovavano nel garage del Viminale di­cendo: “Mi dispiace ragazzi, purtroppo è finita… è finita… gli ordini di Orlandini e Drago sono precisi… si sospende tutto e si torna a casa”. Fu a questo punto che Palotto e Ghiacci pensando ad una possibile e futura manovra “ad incastro” decisero di impadronir­si di alcune “machine-pistolen” e dei relativi proiettili. Queste armi –pensarono – fanno parte della dotazione del Ministero degli Interni. Se domani dovesse andarci male, potremo almeno, grazie a queste, andare fino in fondo a questa storia.

I membri più fedeli dell’apparato vengono convocati da Delle Chiaie che informa gli intervenuti circa le disposizioni alle quali ciascu­no dovrà attenersi in concomitanza con lo scoccare dell'”ora X”.
Secondo le decisioni del comandante Borghese, l’Avanguardia dovrà occuparsi di due obiettivi:
1) alcuni “commandos” avranno il compito di far saltare in aria tutto le strade che potrebbero permettere alle unità dell’esercito di stanza ad Anzio-Nettuno (al “Fronte” viene spiegato trattarsi di truppe corazzate fedelissime al presidente Saragat): di raggiungere Roma. I golpisti distribuiscono a questo proposito mappe e schizzi a membri dell’Avanguardia.
2) Il grosso dei membri dell’Avanguardia ufficiale e clandestina si dovrà invece occupare di occu­pare il Ministero degli Esteri. A loro verranno affiancati tecnici specializzati che subito dopo l’occupazione degli edifici, dovranno preoccuparsi di utilizzare, a seconda dogli ordini, la importantissima centrale di comunicazioni radio e telefoniche. A questo proposito viene fatto un discorso del genere: “agiremo servendoci di complicità interne. Con voi ci saranno anche parecchi carabinieri. Altri ne troverete dentro il ministero. Questi ultimi dovrebbero immediatamente unirsi a noi; nel caso in cui però ciò non avvenisse allora non bisognerà avere esitazioni: se necessario, dovrete usare le armi!”.

La seconda parte del “golpe” prevedeva poi questa ulteriore utilizzazione degli elementi di Delle Chiaie: “Dopo l’occupazione del Ministero degli Esteri, dovrete attendere fino all’alba del giorno appresso (l’azione naturalmente si sarebbe dovuta svolgere intorno alla mezzanotte). Vorrete infatti rimpiazzati da truppe rego­lari. Compiuto così la prima fase del colpo di Stato, sarete destina­ti ad un altro incarico di fiducia: insieme ad i carabinieri andrete a rastrellare nelle prime ore del mattino una serie di persone che viene ritenuto opportuno allontanare coattivamente da Roma por qualche tempo. Quelli del “Fronte” spiegarono trattarsi soprattutto di sindacalisti molto importanti la cui eventuale libertà d’azione avrebbe potuto provocare uno sciopero generale immediato che avrebbe fatalmente arrestato e forse compromesso l’esito dell’insurrezione delle forze armate. Que­ste persone dovevano essere caricate a bordo di autocarri dei carabinieri e della celere e scortate fino a Civitavecchia. Qui, al porto, sarebbero state messe a disposizione diverse navi che avrebbero poi accompagnato gli arrestati in due isole dell’arcipelago delle Eolie o Lipari.

Il fatto di essere subito estromessi da un punto-chiave quale il Ministero degli Esteri e naturalmente il timore che tutto il “golpe” potesse rivelarsi una trappola per stroncare l’estrema destra provocò non poche perplessità e perfino proteste. Tra l’altro si paventava il pericolo di un arresto in massa degli appartenenti all’Avanguardia all’uscita del Ministero: in questo modo, in un certo senso si poteva ripetere  quanto era avvenuto in Grecia dove, subito dopo il colpo di stato, i colonnelli avevano pensato bene di mettere in galera sia estremisti di destra che di sinistra. Le obiezioni trovarono quasi subito l’appoggio incondizionato di Delle Chiaie e di altri autorevoli responsabili del “vertice” d’apparato. Venne pertanto deciso di chiedere ufficialmente ai responsabili del “Fronte” di fare svolgere a quelli dell’Avanguardia un compito di maggiore responsabilità e che soprattutto potesse in pratica fornire quelle garanzie di sicurezza futura che stavano a cuore di tutti.
La proposta fu accettata quasi subito e a questo proposito va sotto­lineato come un appoggio autorevole alle richieste dell’Avanguardia venne dal dott. Drago il quale non mancò di ricordare gli indiscutibili meriti dei giovani guidati da Delle Chiaie nell’organizzazione di tutto il “pre-golpe”. Il 6 dicembre venne cosi deciso che l’Avanguardia avrebbe avuto il compito di occupare il Ministero degli Interni. Drago fornì Delle Chiaie ed al­tri di una pianta del Viminale. La mappa era fatta a mano ma appariva corrispondente alla realtà. Drago spiegò per filo e per segno le tappe dell’occupazione mostrando bene dove si trovava la centrale operativa del Ministero.

Aggiunse che la notte sull’8 dicembre sarebbe stato senz’altro necessario far uso del le armi in quanto le guardie ed i funzionari che orano all’interno della sala che ospitava la cen­trale radio non avrebbero aperto la porta se non di fronte a persone più che conosciute e soprattutto in possesso di precise credenziali. Venne garantito che i membri dell’Avanguardia sarebbero stati fatti entrare nel Ministero degli Interni grazie ad una serie di complicità sfuggendo ai frettolosi controlli delle guardie, le armi uscirono così dal Viminale.
Dopo una riunione convulsa svoltasi nel quartiere generale (installato nella sede del Fronte in viale XXI Aprile) si predisposero gli ultimi accorgimenti affinché la macchina del golpe si potesse arrestare senza provocare una serie di reazioni a catena contro i partecipanti all’azione. All’alba tutti gli attivisti convocati fecero così ritorno a casa con l’impegno di non fare parola con alcuno di quanto accaduto nel corso della notte. Nei giorni seguenti, naturalmente, si svolsero diverse riunioni per tentare di capire cosa avesse inceppato l’ingranaggio definito fino all’ultimo momento come “assolutamente perfetto”. Fu lo stesso comandante Borghese a spiegare che le difficoltà maggiori erano giunte nel corso dell’occupazione del Ministero della Difesa. “Qualcuno” infatti si era tirato indietro e non era stato più possibile procedere senza troppi rischi ed entrare nei palazzi di via XX settembre da dove, secondo quanto stabilito in precedenza, un altissimo ufficiale avrebbe rivolto un appello comunicato attraverso la radio.

Si seppe anche un altro particolare. Un ufficiale dei carabinieri, tale Pecorella, che doveva arrivare da fuori Roma accompagnato da quaranta militi, era giunto portando con sé soltanto sedici carabinieri. Per rimediare allora Orlandini e gli altri avevano proposto di armare e rivestire con l’uniforme alcuni attivisti. Pecorella si era però recisamente opposto a questa soluzione, minacciando di rinunciare ad entrare in azione. Poiché il suo obiettivo doveva essere proprio il Ministero della Difesa per l’occupazione del quale erano già sorte complicazioni delle quali si è detto, anche questo atto convinse i golpisti a rimandare l’operazione.
E’ chiaro (e borghese a questo proposito non volle aggiungere altro che vi furono comunque anche altri intoppi poiché non è certo giustificabile in questo modo l’arresto di un “colpo di stato”.

Fu proprio questa considerazione che contribuì a far sorgere i primi sospetti circa l’inattendibilità delle intenzioni “golpiste” di certi personaggi che circondavano Borghese, primo fra tutti il Drago. I sospetti divennero quasi certezza quando l’entourage dell’Avanguardia apprese che il Drago altri non era se non un fedelissimo del dottor Federico Umberto D’Amato, capo della sezione “Affari Riservati” del Ministero degli Interni.
Si rivelò comunque fondamentale la mossa del trafugamento delle armi e delle munizioni dal Viminale: fu infatti probabilmente grazie a quello stratagemma che l’ambiente dell’Avanguardia non subì alcun danno dall’azione poi intrapresa sia dalla polizia (Provenza, l’amico di D’Amato in testa) che dalla magistratura.
Nessuno del giro di Delle Chiaie finì in carcere e questo particolare confermò che evidentemente lo stesso D’Amato doveva aver ritenuto più prudente non colpire chi avrebbe potuto svelare sconcertanti retroscena dell’inchiesta contro il Fronte Nazionale.
Naturalmente il Drago cerco in tutti di farsi restituire le armi e le munizioni trafugate. Si mise in contatto più volte con Flavio Campo affermando che se le armi non fossero state restituite, il maggiore della “Celere” di Castro Pretorio avrebbe passato dei guai seri perché i mitra facevano parte di una dotazione numerata. Disse anche che non era possibile farne copia (particolare falso perché invece così fu poi fatto).
Tutte le sue preghiere non sortirono effetti di sorta e ancora oggi le armi sono in possesso del gruppo di Delle Chiaie, così come probabilmente anche altri documenti significativi riguardanti i preparativi del famoso “colpo di Stato”. Risulta che al corrente del golpe erano anche diversi altri ambienti. Fra questi quello che fa capo ai giornalisti Gianfranco Finaldi e Raffaello Della Bona (proprietari del Bagaglino). Fu proprio Finaldi, parlando con alcuni elementi dell’Avanguardia, a rivelare che si era trattato di una “azione provocatoria” organizzata dal Ministero degli Interni.

Paolo Bianchi – dichiarazioni 12.12.1984

Confermo innanzi tutte le dichiarazioni da me rese al dr Gentile il giorno 11.11.81, nonche’ quelle rese i giorni 12 e 14 novembre successivi. Allorche’ mi venne sottoposto in visione l’ agenda del prof Semerari rilevai tra gli altri i nomi del generale Malizia, del Sid, quello del questore Macera, quelli di numerosi avanguardisti, ordinovisti e di spacciatori internazionali di stupefacenti. Mi fu anche chiesto se conoscessi tale Belmonte di cui era riportato soltanto il cognome. Ritenni all’ epoca, sia pure con le perplessità che indicai, di poterlo identificare in Belmonte Felice. Circa 1 – 2 anni fa, ripensando a tutti i nomi comparsi in quella agenda e conoscendo i rapporti con i servizi avuti da elementi della destra come Signorelli e Semerari, ritenni di dover individuare il Belmonte nel noto ufficiale dei servizi, cosa che riferii ripeto circa 1 o 2 anni fa al dr. Lazzarini della Ucigos, consegnandogli dei fogli manoscritti.
Il Signorelli aveva amicizia con ufficiali dell’ arma: ricordo che il capitano dei carabinieri Pappa di Tivoli, poi arrestato per questo motivo, sulla base delle dichiarazioni di Tisei ci consegno’ sicuramente dei proiettili calibro 9 parabellum che non riuscivamo a reperire e ci riferiva informazioni che ci riguardavano direttamente. Ricordo che disse a Calore che lui, io e Tisei dovevamo metterci in clandestinita’ in quanto eravamo stati individuati dall’ Sds del dr Santillo. Cio’ mi venne riferito da Calore e Tisei mentre mi trovavo nella oreficeria dell’ avanguardista Falabella. Signorelli aveva inoltre rapporti con ufficiali dell’ arma di Roma fin dal tempo in cui fu formato il fronte studentesco di Aragli Francesco e Messina Maurizio, in particolare ricordo uno di questi nomi ed in particolare quello del tenente Spagnolli. Ho conosciuto Signorelli verso la fine degli anni ‘60 quando inizio la mia militanza in “ON”. Ho fatto parte del circolo Drieu la Rochelle di Tivoli Guidonia; nel 1977 sono stato latitante con Delle Chiaie Stefano. Mi risultano personalmente i legami strettissimi di amicizia tra Signorelli e Delle Chiaie che risalgono a vecchia data e che esistevano fino al 1977 data del mio arresto. Non sono in grado di testimoniare se tali legami tra i due, come presumo, siano proseguiti. Nistri mi disse che una parte dei proventi delle rapine di “TP” andavano direttamente a Delle Chiaie.

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Nistri mi disse riportando un’ opinione diffusa in tutta la destra che Signorelli era eccessivamente coinvolto in rapporti coi servizi segreti e che per tale motivo elementi di “TP” avevano deciso di ammazzarlo. In difesa di Signorelli intervenne Tilgher adriano che in pratica gli salvo’ la vita. Zani Fabrizio durante la comune detenzione nel 1980 nel carcere di Regina Coeli mi rivelo’ che lui e Azzi Nico avevano acquisito addirittura le prove dei collegamenti di Signorelli coi servizi segreti. Specifico’ per quanto riguardava i servizi che si trattava di quelli militari; Zani accenno’ a tal proposito al fatto che Signorelli fosse in possesso di un tesserino da tenente dei carabinieri. Zani, in cambio dell’ uccisione di Mennucci che realizzo’ su commissione del Tuti chiese a costui quale contropartita l’ uccisione del Signorelli tanto che in quel periodo il ministero di Grazia e Giustizia lo isolo’ .
Azzi Nico, a detta di Zani era anch’ egli esasperato nei confronti del Signorelli poiche’ lo riteneva responsabile di tutto cio’ che gli era accaduto in occasione dell’ attentato al treno Genova – Ventimiglia. Zani mi diceva che Signorelli era coinvolto nelle stragi (non mi specifico’ quali) e con ambienti poco puliti. Mi risulta che Signorelli, come ho specificato in altra inchiesta svolta dal dr Imposimato di Roma, aveva rapporti con i servizi libici. Anche Calore fece viaggi in nord africa e nella Libia. Non ricordo chi mi disse che uno dei punti dove avveniva lo scambio di armi contro denaro era l’ isola di Pantelleria. Ho definito Fachini come l’ alter ego di Signorelli poiche’ quest’ ultimo si e’ sempre servito di Fachini come suo uomo di fiducia. Signorelli esaltava costantemente la affidabilita’ del Fachini. Signorelli curava direttamente i rapporti col Veneto e con la Sicilia poiche’ era il capo militare di “ON” almeno fino all’ uccisione del dr Occorsio che egli preparo’ in ogni particolare ma venne poi eseguito da Concutelli ritenuto piu’ valido militarmente del Signorelli.

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Ho avuto rapporti anche con Fioravanti Valerio tanto che venni sorpreso con armi che gli appartenevano. Di lui non sono in grado di riferire nulla poiche’ non ho avuto alcun rapporto prolungato. Sordi mi diceva che Fioravanti aveva torbidi rapporti con ambienti piduisti. Sordi mi riferi’ anche, non so se una sua convinzione o perche’ lo sapeva personalmente, che Fioravanti era coinvolto negli omicidi Pecorelli e Mattarella che potevano risalire, a giudizio del Sordi ad ambienti piduisti. Sordi mi disse di essere rimasto deluso nel senso che, egli diceva, si trattava di fatti talmente rilevanti che si ritorcono contro chi li riferisce. Mi risulta poi che Pucci Giuseppe che io conoscevo fosse in rapporti oltre che con Abbruciati Danilo, persona che conosco, anche con ambienti di destra ed in particolare coi “Nar” Fioravanti Valerio e Cavallini e con l’ avanguardista Carminati. Preciso che Carminati approdò ai “Nar” dopo aver militato in “AN” .

Mi risulta inoltre, per avervi partecipato direttamente, che certo Avignale Vinicio gia’ inquisito con me per “Ordine Nuovo bis” istruito dai dr Macchia e Napolitano, era interessato ad una societa’ di import export “Racoin” , credo di Roma. Ci mostro’ i depliant di questa societa’ in un albergo aperto d’ estate da lui gestito tra Frascati e Monte Porzio Catone. L’ incontro avvenne d’ inverno per cui eravamo soli in quell’albergo. I depliant raffiguravano armi leggere e pesanti, esplosivi radiocomandati e altri ordigni bellici. Vinicio ci riferi’ esplicitamente di essere un mercante di armi che vendeva a qualsiasi gruppo terroristico glielo chiedesse. Si vanto’ di aver fornito armi anche ai “Nar”. Mi consegno’ anche un chilo di hashish che io portai con me in via Foraggi dove venne sequestrato in occasione dell’ arresto di Concutelli.  Vinicio mi disse anche che mi avrebbe procurato un chilo di cocaina se lo avessi accompagnato a Napoli. Gli commissionammo 100 milioni di armi ed esplosivi. Era l’ inverno 1976 – 1977.

Per un disguido nel procacciamento del denaro e per i successivi arresti del Concutelli, Rossi Mario ed altri, l’ acquisto non ando’ in porto. In quella occasione eravamo io, Tisei, Calore e Sparapani, tutti ordinovisti. Vinicio fu arrestato nel 1981 a seguito delle rivelazioni fatte da me e dal Tisei ma fu scarcerato perche’, come lessi nel processo una volta depositati gli atti era emerso che Vinicio era un agente del sismi. La cosa che mi sorprese fu che costui non abbia mai denunciato ne me ne gli altri e ci consegno’ anche un chilo di sostanza stupefacente (fatto per il quale sono ancora imputato) sono sempre stato convinto che Vinicio non abbia mai fatto gli interessi della legge. Come gia’ riferii al dr Gentile nel riportare le dichiarazioni di Scorza Pancrazio, ho avuto la impressione che Scorza dopo aver riferito notizie precise che lo accusavano, sia tornato sulla decisione di collaborare ed abbia formulato una serie di dichiarazioni sempre meno attendibili e quindi false anche al fine di inficiare le dichiarazioni vere che gia’ aveva rese. Ecco perche’ Scorza e’ credibile solo per le dichiarazioni rese ai magistrati in una prima fase che presentino precisi riscontri.

– Calore svolse il servizio militare come artificiere per cui divenne l’ esperto in armi ed esplosivi di “ON” .

Letto confermato e sottoscritto.­