Paolo Signorelli – dichiarazioni 09.10.1980

E’ presente l’ avvocato Pedrazzoli Marcello di parte civile anche per conto della federazione Cgil Cisl Uil. L’ avvocato Artelli Giuliano si oppone alla costituzione di parte civile per mancanza di legittimazione non essendo configurabile il danno diretto nei confronti del sindacato. Il Giudice Istruttore riserva ad altro momento dell’istruzione di decidere sulla ammissibilità della parte civile. Avvertito della facolta’ di non rispondere l’ imputato dichiara:

– nomino per il momento il qui’ presente avvocato Artelli, mio difensore di fiducia, riservandomi di perfezionare in seguito la mia posizione con gli altri difensori.

– dichiaro di voler rispondere.

– faccio presente che il procedimento pendente a Roma che mi riguarda e’ rubricato come ricostituzione del partito fascista. Se non erro e’ assegnato al dr Napolitano. In tale processo sostanzialmente al centro della imputazione era la mia attivita’ di collaboratore del periodico “Costruiamo l’Azione” . In tale periodico, peraltro, io mi limitavo a pubblicare alcuni miei articoli, mentre l’ iniziativa della rivista fu del Calore.

Se il solo fatto di partecipare ad una attivita’ culturale ha determinato la sua incriminazione, cio’ vuol dire che il periodico era ritenuto un punto di riferimento di una attivita’ illecita?
– fu appunto questa la tesi dell’ accusa, tesi che e’ stata da me respinta e che ha trovato accoglimento nella mia scarcerazione per mancanza di indizi disposta dalla sezione istruttoria di Roma e accolta dalla Cassazione.

Quale era allora la funzione del periodico “Costruiamo l’Azione”?
– lo scopo era quello di costruire appunto un riferimento politico nuovo al di fuori degli schemi ideologici e di condizionamenti di partiti. Come tale non vi era in questo nulla di illegale. La rivista era pubblicata regolarmente sotto il profilo delle leggi della stampa. Il contenuto degli articoli che mi riguardano puo’ essere letto. La rivista concepita come mensile; (la parola stessa rivista e’ esagerata poiche’ si trattava di un semplice foglio), ma sono usciti solo 5 numeri, se non erro, in un anno e mezzo.
Non mi risulta che la pubblicazione sia definibile come clandestina, che anzi circolava alla luce del sole, anche se come con distribuzione artigianale.

Ma questo potrebbe essere il paravento dietro cui si nasconde un collegamento di attivita’ illecite.
– io ho riconosciuto la paternita’ degli articoli ai quali avevo contribuito, sulle persone e sui fatti che confluivano intorno alla pubblicazione si deve interrogare Calore piu’ che me. Del resto tutto cio’ ha gia’ costituito oggetto di indagine a Roma ove sono state fornite tutte le risposte.

Lei dunque respinge di essere uno dei capi di una organizzazione di estrema destra aventi le caratteristiche indicate nei capi di imputazione che le e’ stato contestato nel mandato di cattura?
– lo respingo decisamente. Io ho avuto dei ruoli anche ufficiali nell’ ambito del Msi. Non rinnego le mie attivita’ e rapporti interpersonali che ho avuto, non ritengo tuttavia che da questo si possa desumere che io ho il ruolo che mi si attribuisce dalla accusa.

Ma quale era il progetto delle “Comunità organiche di popolo” ?
– premetto che si tratto’ appunto di un progetto che poi non fu possibile mandare avanti per mancanza di cio’ che io definisco “l’ esistente”, cioe’ persone in grado di raccogliere il progetto stesso e di portarlo avanti costruendolo completamente. Per inciso dichiaro che proprio per questo a partire dal giugno 1979, io ho lasciato cadere ogni attivita’ politica di qualsiasi genere. In ogni caso il programma delle “Comunita’ organiche di popolo” era qualcosa che ritengo tutt’ora meritevole di essere realizzato. Per fare un esempio il mio intento e’ quello di fondare una comunita’ agricola (da realizzare con uno strumento cooperativo) e quindi uscire da enunciazioni astratte ormai prive di senso.
Bisogna allora comprendere quale distanza vi sia tra queste posizioni e quelle che mi si attribuiscono di capo dei “Nar” o di formazioni consimili. Distanza che non puo’ e non viene compresa neanche dalla polizia e dalla magistratura. Ritengo per erroneo approccio su un piano culturale.
La generazione dei giovani tanto di destra che di sinistra, per semplificare, non accetta piu’ di avere delle guide carismatiche o dei capi. In questo la spiegazione di alcune tendenze pericolose assunte dai giovani. Io ho 46 anni ed appartengo quindi ad una generazione in cui i giovani intendono riconoscersi.

Al di la delle attivita’ di tipo culturale le si contesta tuttavia di avere svolto un ruolo piu’ propriamente ideologico organizzativo. Vengono in considerazione al riguardo alcune dichiarazioni di testimoni quali Farina ed il Massimi.
– sulle dichiarazioni di Farina ho gia’ risposto al PM e mi riporto a quanto gia’ ho detto in quella sede limitandomi a sottolineare qui la inattendibilità di un mio rapporto confidenziale con persone come Farina che avevo gia’ sbattuto fuori a suo tempo dalla sezione della Balduina e con il quale non ho mai avuto piu’ alcun rapporto.
Quanto al Massimi debbo dichiarare che gia’ prima delle notizie stampa sulle presunte rivelazioni di questo personaggio ero a conoscenza grosso modo, di quanto egli aveva detto sul mio conto infatti l’ avvocato Andriani e l’ avvocato Grimaldi Caroleo hanno riferito a suo tempo i termini della vicenda. Ho potuto percio’ rendermi conto che il Massimi aveva reso dichiarazioni non veritiere e non spontanee dietro promessa di liberta’ forse anche di soldi. Al riguardo lo stesso Massimi ha presentato un esposto al PM de Matteo ed al PG Pascalino. L’ avvocato De Vincenzi dello studio di caroleo era andato a parlare in carcere con Massimi il quale gli aveva detto di essere stato subornato. In ogno modo, non soltanto respingo che le dichiarazioni di Massimi abbiano il benche’ minimo contenuto di verita’ , ma faccio notare che non puo’ essere credibile che io inviti a partecipare ad un vertice clandestino a casa mia una persona non qualificata politicamente e conosciuta in carcere in modo del tutto occasionale. E’ vero invece che avendo avuto rapporti di umana simpatia con il detenuto Massimi, all’ epoca della mia restrizione a Rebibbia e cioe’ da luglio ad agosto 79, una volta uscito, venne a trovarmi una sera insieme a Fioravanti che a sua volta avevo conosciuto a Rebibbia, per quanto strano possa sembrare.

Cosa avete fatto quella sera?
– niente di anormale abbiamo semplicemente cenato con i miei familiari. Non c’ era Semerari, ne altre persone. Li ho ricevuti affettuosamente unicamente per motivi di umana simpatia. Del resto io Semerari l’ ho visto l’ ultima volta nel settembre 1979 del tutto occasionalmente. Da quella data fino ad oggi gli ho telefonato due volte. Una volta per chiedergli di passarmi a trovare sul lago di Bolsena avendo intenzione di parlargli della madre di Scarano che stava male. Facevo questo essendo Scarano come un figlio. In ordine ai miei rapporti con Fioravanti, va detto che egli era solito rivolgersi a me chiamandomi “capo” . La cosa ha una spiegazione curiosa. Infatti a gennaio del 1979 Lotta Continua aveva pubblicato un articolo nel quale mi definiva “capo dei Nar”. Ho respinto a suo tempo tramite ansa questa qualificazione, la quale tuttavia mi rimase addosso come una etichetta. Per tale ragione entrato a Rebibbia il Fioravanti che era accusato di appartenenza ai “Nar” mi disse: “finalmente conosco il mio capo” .

Perche’ spedi’ un telegramma ad Amato?
– avuta visione della ricevuta dichiaro trattasi di una raccomandata certamente destinata a far provenire la nomina del difensore. Infatti fui arrestato il giorno 07.06.79. E cio’ dopo che il giudice Canzio aveva iniziato un procedimento per “Costruiamo l’Azione” , poi trasferito per competenza a Roma.

Letto confermato e sottoscritto.

Paolo Signorelli – dichiarazioni 05.09.1980

Sono difeso dal qui presente avvocato Torrebruno Giuliano di Roma, presente col suo procuratore dr Caroleo Grimaldi Francesco e chiedo si proceda anche se manca l’ avvocato Arico’ Giovanni che e’ stato avvisato peraltro revoco l’ avvocato Arico’ e nomino i qui presenti difensori.

Si contestano quindi all’imputato i fatti addebitati a suo carico nel rapporto di polizia e le imputazioni di cui all’ordine di cattura nr 77/80 notificato per estratto, al quale oggi si aggiunge l’elenco completo dei coimputati, che si consegna all’imputato stesso per la completezza della contestazione. Illustrata la posizione processuale, l’ imputato chiede di far constare a verbale la seguente testuale dichiarazione:

– in nove giorni di isolamento, mentre attendevo questo interrogatorio, ho avuto modo di riflettere lungamente e desidero premettere che mi considero un “sequestrato politico” e un sequestrato che non intende pagare il prezzo del riscatto. La mia coscienza di uomo, il mio senso dell’onore, lo stile che ha sempre contraddistinto i miei comportamenti mi spingono, dinanzi ad accuse assurde quanto infamanti, tipo quelle che mi vengono rivolte, a non recitare la parte di chi e’ costretto a discolparsi.
Aggiungo che di talune di queste accuse si sono gia’ occupati, in altra sede, quelli che considero gli organi naturalmente competenti, ne sono stato scarcerato con provvedimento dei giudici di Appello e di cassazione; circa l’ ipotesi di mio concorso nell’ orribile strage, ignobile delitto, di cui ricevo comunicazione giudiziaria, intendo invece dimostrare la mia estraneita’ . Dichiara:

– leggo oggi per la prima volta, nel foglio che mi viene consegnato, l’elenco dei coimputati e a questo proposito dichiaro che, per quanto possa occorrere, rinnovo la dichiarazione di ricorso per cassazione contro l’ ordine di cattura nr 77/80 di cui oggi soltanto ho compiuta conoscenza, riservando i motivi all’ avvocato Arico’ che espressamente designo per la fase di cassazione e osservo che tutti gli individui indicati nella rubrica, io ne conosco al piu’ , anzi personalmente e direttamente io ne conosco soltanto quelli contrassegnati ai nr 2 – 5 – 7 – 12 – 13 e cioe’ il Calore in quanto essendo stati entrambi ristretti e coimputati a Roma in un processo per l’ accusa di ricostruzione del partito fascista, attualmente pendente avanti al GI di Roma, per cui sono stato scarcerato;

Il prof Semerari lo conosco in termini di amicizia pregressa ed anche per ragioni della sua professione di medico;
Scarano lo conosco come mio coimputato nel sopra citato processo ed anche da tempo anteriore essendo esistito un rapporto di amicizia;
Il Mutti per averlo conosciuto nella detenzione;
Il De Felice lo conosco dagli anni 50 quando militavo nel Msi. Il De Felice era deputato di detto partito.

Quanto invece ai nr 10 e 11 cioe’ Fiore e Adinolfi, li ho conosciuti alcuni anni orsono quando frequentavo ambienti studenteschi di destra. Tutti gli altri non li conosco, ma mi resta un interrogativo sul nr 3 cioe’ il Furlotti Francesco, che come nominativo non mi e’ sconosciuto ma non ricordo quale figura, fisionomia o persona identifichi.
Escludo che si tratti di un collaboratore, di persona a me legata, ma se e’ soprannominato come mi dite “chicco” e’ un giovane conosciuto negli anni 70, che io ricordo come un ragazzo di 16 – 17 anni semplice frequentatore della sezione Msi della Balduina, col quale non ho piu’ trattenuto rapporti, se non di incontro quanto mai occasionale e casuale nell’ arco degli ultimi sei anni. Ad ogni buon conto, preciso che se nei confronti di tale Furlotti esistessero indizi di uno specifico reato, io escludo qualunque connessione con costui e escludo di averlo istigato, determinato, consigliato a qualunque azione. Ritengo di ricordare che da almeno due o tre anni non l’ ho piu’ visto, nemmeno occasionalmente e quindi affermo la mia totale estraneita’ ad una eventuale posizione. Ad istanza della difesa, l’ ufficio da atto che la precisazione piu’particolareggiata sul nominativo Furlotti proviene da una domanda dell’ ufficio e non deve essere interpretata come qualificazione spontanea fatta dall’ imputato.

– Il nome del Pedretti Dario di cui al nr 1 ripeto nulla mi significa, se non forse un nome letto sui giornali per certe cronache ma escludo di aver avuto rapporto personale con costui, mai di alcun genere e men che meno mi risulta che costui possa avere nei miei confronti ragioni di rancore, risentimento, vendetta o comunque una qualunque ragione che possa indurlo a designarmi come voi mi dite capo dei “Nar” . Mentre respingo fermamente una simile prospettazione, ribadisco che non mi spiego come un tizio a nome Pedretti possa ipotizzare un mio ruolo di qualunque genere in senso ad una organizzazione illecita. Tempo fa il periodico “Lotta Continua” nel gennaio 79 mi indicava come esponente dei “Nar” anzi capo ed io inviai all’Ansa una smentita precisando che consideravo il gruppo “Nar” a meta’ strada tra “fanatismo esasperato e provocazione” e quindi mi riporto alla stessa valutazione per escludere di aver alcunche’ da spartire con detti “Nar” e con qualunque altra organizzazione criminosa.

– Per quanto concerne il Calore non mi risultano ragioni di suo rancore, di vendetta o di altro genere che possano averlo indotto a parlare di me come un capo dei “Nar” . Non nego che in passato tra me e Calore, a partire dagli anni 70, ci siano stati dei rapporti di amicizia e di sintonia politica, concretatasi allora nel trovarsi a riunione in ambito Msi. Calore era un giovane e poi detti rapporti, affievolitisi, si riallacciarono intorno alla fine del ’77, quando usci’ il periodico “Costruiamo l’ azione” e il Calore mi chiese di collaborare con qualche articolo, che potra’ essere letto essendo agli atti.
Tuttavia debbo precisare che il Calore, gia’ a quell’ epoca venne a trovarsi in una posizione differenziata dalla mia. Ne fanno fede gli stessi testi degli articoli, miei da una parte e del Calore dall’ altra che, pur autoditatta, e’ una mente acuta, ed e’ persona che ha letto molto. Egli era un operaio ma aveva interessi culturali e un po per volta comincio’ ad assimilare teorie recenti, come quella dei bisogni e mi manifesto’ la sua convinzione che per una efficace lotta al sistema l’ unica via fosse quella dell’ autonomia. Tali concetti erano indicati in una sua lettera anzi gia’ durante le lunghe ore trascorse insieme a Rebibbia egli mi manifestava tale evoluzione, che e’ documentata anche in una lettera rinvenuta a casa mia, inviatami recentemente, che troverete tra il materiale sequestratomi e il Calore mi annunciava di essere arrivato al terzo libro del capitale. Nonostante il mio atteggiamento di umana solidarieta’ verso il Calore e la sua famiglia, manifestato gli anche in occasione della scarcerazione di noi due in tempi differenziati, egli praticamente non nascondeva di considerarmi ormai distanziato da lui. In definitiva tra noi ci fu una sorta di “addio politico” ; poi da parte mia appresi con sorpresa e sgomento del suo ultimo arresto in circostanze tali che mi hanno fatto riflettere amaramente sulla distanza tra le nostre due concezioni e della vita e della lotta politica.
Dunque anche se quanto dico non deve essere inteso come una difesa per differenziazione non esito ad affermare che tra la concezione mia e quella attuale del Calore non v’ e’ piu’ alcun punto in comune e non vi era dopo la sua evoluzione, sicche’ nessuno puo’ associarci in una ipotesi di conmplicita’ . Mi riservo, se l’ ufficio come mi comunica considera molto importante per la mia posizione il chiarimento della differenza ideologica tra me e il Calore, di fornire ulteriori delucidazioni. Prendo atto che la attribuzione a me di un ruolo di capo dei “Nar” che mi sarebbe riconosciuto da Pedretti e da Calore, deriva da una deposizione testimoniale di tale Farina Giorgio, di cui ora mi si comunica il nome, come esplicazione del punto della motivazione dell’ ordine di cattura.
Ricordo che, ai tempi in cui frequentava la sezione Msi Balduina il giovane Farina, un tipo robusto con occhiali, allora molto giovane, fu preso a calci da due persone, da me e proprio Furlotti, e detti calci volevano qualificarlo esattamente come un mascalzone, in quanto voleva introdurre armi nella sezione (una scacciacani) e poi fini’ con l’ ammetterlo e poi frequentava al tempo stesso ambienti dell’ ultrasinistra agendo da provocatore nell’ uno e nell’ altro ambiente. Poi ebbi notizia di lui attraverso la stampa quando venne arrestato per stupro a mano armata verso una signora. Costui ha fatto sistematicamente il provocatore e quindi posso pensare ad una sua vendetta verso una persona come me fedele ad un proprio stile, alla propria dignità. Nessuno, che lo conoscesse, avrebbe mai accettato di parlare con costui, ben noto e conosciuto come provocatore in tutti gli ambienti della destra e della sinistra.
Escludo che detto Farina abbia avuto parte al gruppo di “Costruiamo l’Azione” e per quanto ne sapevo io era scomparso nel ’72 e ho appreso che ora e’ ricomparso. Non conosco Pedretti, ma escluderei che costui possa avere rilevato alcunche’ al Farina, troppo noto. Lo stesso Calore che frequentava la sezione Balduina dovrebbe conoscere il Farina per quello che è.

– escludo di aver poi avuto occasione di rievocare Furlotti quell’episodio della caccia del Farina perche’ col detto Furlotti non ho piu’ avuto rapporti, se non in maniera del tutto occasionale.

– il nome di De Orazi Luca soprannominato “Claudio il bolognese” non mi dice assolutamente nulla, salvo che ho letto sulla stampa di detto giovane.

– Il nome di Fratini Luigi che voi mi enunciate senza nulla specificare certo che mi dice qualche cosa, e’ stato un mio allievo al liceo “De Sanctis” di Roma, ricordo che ha preso la maturita’ l’ anno in cui ero membro interno della commissione. Con il Fratini come con altri ex allievi ho conservato un normale e cordiale rapporto come tra professore e studente; e’ venuto a trovarmi con ex alunni di ben diversa colorazione politica ed escludo con lui qualunque legame non scolastico.

Sono le ore 19 e l’ ufficio sospende l’ incombente, con riserva di comunicare ai difensori la prosecuzione. Del presente verbale viene rilasciata copia uniforme fotostatica e i difensori rinunciano al termine di deposito.

L’ avvocato Torrebuono fa constare che designa suo sostituto processuale il qui presente dr proc. Corleo Grimaldi Francesco per ogni evenienza con facolta’ di rappresentarlo in ogni atto.

Letto confermato e sottoscritto.

Angelo Izzo – verbale di udienza 25.11.1987 – nona parte

L’avv. Bezicheri: chiedo se gli hanno riferito, parlandogli di questo passaggio attraverso Fachini, come, dove e quando sarebbe avvenuto il passaggio.

Izzo: Bruno Mariani, che avrebbe dato la bomba a mano direttamente a Litta, era solito frequentare Fachini, gli portava macchine rubate, si scambiavano armi, c’era gente di Costruiamo l’Azione strettamente legata al Fachini; in uno di questi viaggi tra il Veneto e Roma c’era anche questa bomba a mano.

L’avv. Bezicheri: le disse esattamente in uno di questi viaggi, oppure non le dissero le circostanze attraverso le quali si sarebbe verificato…

Izzo interviene: disse che tra le altre armi che gli aveva dato Fachini c’era questa bomba a mano proveniente da Valerio, questa era la cosa strana.

Il Presidente: lo disse sempre Litta?

Izzo: lo disse Litta a cui lo disse Mariani. Tutti questi andavano dicendo questa storia, accusando Valerio: “allora tu Valerio eri in contatto con Signorelli gia’ da prima, a noi racconti le storie come non stanno”.

L’avv. Bezicheri: specifico’ in quale viaggio, circostanze precise, o fu un discorso cosi’…

Izzo: no. E’ evidente che non me le potrebbe aver dette.

Il Presidente: non preciso’.

L’imputato Fachini: siccome parlava di macchine rubate, di rapine, su Roma, il Veneto…

Izzo: non ho detto rapine.

L’imputato Fachini: è un’ennesima novità, vorrei sapere in merito.

Izzo: non mi sembra una novita’, cioe’ che il gruppo romano… scusi Cavallini faceva le rapine con Bruno Mariani, Marcello Iannilli, ecc…. quando ancora stava con lei, percio’ mi sembra normale che esistano rapporti tra Roma e il Veneto.

L’avv. Bezicheri: le sembra normale come deduzione o perche’…

Izzo: a me l’hanno raccontato, che poi sia una novita’… in questo senso le rispondevo che mi sembra normale.

Il p.m.: Fachini dica che è una novità…

L’imputato Fachini: quando faceva delle rapine, con chi?

Il Presidente: facciamo domande precise, altrimenti il teste finisce poi per fare sue valutazioni; dalla precisione della domanda dipende la precisione della risposta.

L’avv. Bezicheri: se anche per il discorso macchine, rapine, ecc. Gli sono state indicate circostanze precise.

Izzo: certo, le posso fare un esempio che mi e’ venuto in mente in questo momento. Nel dicembre 1979 una rapina in una gioielleria di Tivoli, in cui sono imputati, condannati, non so di preciso, ma e’ una cosa risaputa, Gilberto Cavallini, Valerio Fioravanti, Bruno Mariani e Marcello Iannilli. L’organizzatore della rapina e’ Sergio Calore.

L’avv. Bezicheri: non ha capito la domanda. Se e’ in grado di fornire, come riferite da Litta Modigliani o da altri, circostanze precise riferentisi a Fachini sia in relazione alle rapine, sia alla bomba a mano che alle altre.

Il Presidente: Litta Modigliani le ha detto che queste bombe a mano venivano o erano passate dalle mani di Fachini? Senza fare deduzioni.

Izzo: ripeto che Litta Modigliani mi ha detto queste parole precise: “questo Valerio racconta delle storie che non sono vere, perche’ una bomba a mano che mi e’ stata sequestrata, veniva dal veneto, da Fachini e Melioli ed era una bomba a mano di Valerio. Bruno Mariani, quando mi ha dato questa bomba a mano, mi ha detto che viene da Melioli e Fachini”. Questo mi ha detto Litta.

Il Presidente: cioe’ Litta le disse che mariani gli aveva consegnato questa bomba a mano dicendo che proveniva dal veneto.

Izzo: si’. A questo punto io dissi: “va beh, Valerio che c’entra?”. Mi disse: “la bomba proviene dalle bombe rubate da Valerio nell’arsenale di Pordenone”. Siccome lui e’ stato arrestato nel novembre ’79, questo dimostrerebbe che precedentemente Valerio aveva rapporti con queste persone. Io vado da Valerio e gli dico: “Valerio, guarda che mi hanno detto questa storia cosi’, cosi’ e cosi’…”. Valerio dice: “si’, probabilmente è vero”. Oggi ha detto questa storia. Quando parlo’ con me mi disse: “guarda che questa bomba a mano… Sai, io ho distribuito armi a destra e a manca, a macchi, a quelli del Fuan, ecc. Probabilmente sara’ arrivata, non l’ho data io a Fachini”. Cosi’ si giustifico’. Pero’ era abbastanza debole come cosa. Fine della storia Litta-Valerio. Riguardo al fatto che mariani avesse rapporti con Fachini, questo me l’ha detto Cavallini, Giusva Fioravanti, Sergio Calore…

L’avv. Bezicheri: la domanda non riguardava rapporti.

Izzo: rapporti cioe’… di portargli su roba…

L’avv. Bezicheri: tornando alla mia domanda originaria…

Il giudice a latere: un attimo perche’ stava finendo il discorso circa i rapporti…

Izzo: fra bruno mariani che andava in veneto, ad esempio ritirava armi da Fachini perche’ i veneti di solito avevano grossa disponibilità di armi e di esplosivo, e lo portava giù a Iannilli, ecc… oppure documenti…

Il Presidente: da dove vengono queste informazioni?

Izzo: ripeto, me le hanno dette Sergio Calore, Giusva Fioravanti, Gilberto Cavallini, Roberto Nistri, non e’ una voce, e’ una cosa accertata in maniera indiscutibile e credo ci sia gente confessa su queste storie.

L’avv. Bezicheri: la domanda era se gli sono state dette le circostanze circa persone e luoghi, oppure no?

Izzo: sarebbe illogico che me l’avesse fatta.

L’avv. Bezicheri: sul discorso delle armi, mariani, ecc… Gli sono state esplicitate circostanze? E’ in grado di indicare circostanze almeno per un viaggio?

Izzo: mi e’ venuta in mente una storia su cui si rideva molto. Siccome Mariani era un po’ bugiardo a proposito dei suoi rapporti con la sinistra e si vantava di avere rapporti maggiori di quelli che in realtà aveva, una volta porto’ una macchina a Cavallini e a Fachini dicendo loro che gli era stata data da esponenti delle BR e che era stata rapinata in un garage. Questo me l’hanno raccontato sia Fachini che Fioravanti. Cavallini e Fachini erano preoccupati in quanto era una macchina che scottava e la spostavano ogni giorno; a parte che avevano cambiato la targa e tutto, ma la spostavano continuamente per Padova per paura che… dopo alcune settimane si apprese che era una macchina rubata qualsiasi ed era in pratica tutta una storia raccontata dal Mariani per farsi più grande di quello che era.

Il Presidente: aveva portato questa macchina da Roma a Padova?

Izzo: sì.

L’imputato Fachini: a cosa doveva servire questa macchina?

Izzo: per un’azione, ma non ricordo quale.

L’imputato Fachini: per che cosa?

Il Presidente: ha detto che non ricorda.

Izzo: non ricordo, probabilmente lo sapevo anche. Era una storia che si raccontava ridendo… forse una rapina.

L’avv. Bezicheri: questo lo avrebbe saputo da Mariani direttamente o da altri?

Il Presidente: ha gia’ precisato che lo seppe da Cavallini e da Fioravanti.

L’avv. Pisauro: questo Mariani è una delle sue fonti?

Izzo: no, non e’ mai stata mia fonte perche’ non ci siamo mai incontrati. In ogni caso le cose dette da Mariani appunto… sarei tentato di non riferirle.

L’avv. Bezicheri fa richiesta istruttoria affinche’ sia sentito Litta Modigliani.

Izzo: e’ carcerato, ha 27 anni per l’omicidio Rapesta.

L’avv. Bezicheri: Litta Modigliani che si trova detenuto, che venga sentito in riferimento, come riscontro, visto che sono tutti quanti discorsi di riferimento, e’ necessario sentire queste persone che vengono riportate come referenti di queste affermazioni.

L’avv. Bezicheri: inoltre chiedo l’acquisizione delle due sentenze del GI e della sezione istruttoria di Novara, sempre nell’ambito dell’attendibilità e rifacendomi anche alla giurisprudenza della Cassazione, c’e’ una valutazione anche sulla attendibilità intrinseca.

L’avv. Bezicheri prosegue: ha detto di aver letto sui giornali il nome di Brugia con riferimento a situazioni di questo dibattimento…

Izzo interrompe: e’ una cosa che avevo gia’ dichiarato in precedenza, pero’ mi e’ venuta in mente rispetto a Bologna leggendola sul giornale.

Il Presidente: ricorda a quale giudice l’ha dichiarata?

Izzo: in sede di confronto con Cristiano Fioravanti, al dott. Vigna e D’Ambrosio, rispettivamente della Procura della Repubblica di Firenze e Roma.

Il Presidente: ricorda anche il mese?

Izzo: si’, dovrei averlo fatto nel mese di maggio-giungo ’83… anzi no, mi scusi, maggio-giugno dell’anno scorso.

L’avv. Bezicheri: nell’ambito di quale istruttoria?

Izzo: nell’ambito dell’istruttoria per…. mica lo so. Un confronto con Cristiano, mi sembra o Pecorelli… non lo so, le dico una sciocchezza.

Izzo: verteva su una serie di fatti che Cristiano non aveva detto e che io mi ero deciso a dire; pero’ non so nell’ambito di quale istruttoria, basta chiedere alle procure.

L’avv. Bezicheri: che cosa ha dichiarato di preciso su Brugia?

Izzo: nel marzo-aprile ’82 – posso essere preciso perche’ e’ proprio nel periodo del mio trasferimento ad Ascoli – un giorno Valerio Fioravanti mi disse: “Angelo mi devi fare un favore, dovresti mandare un tuo parente…..- All’epoca avevo un’avvocatessa alla quale ero particolarmente legato, non ero ancora pentito ovviamente – perche’ non chiedi all’avvocatessa se va ad avvertire queste persone e dire loro di scappare perche’ stanno per arrestarle?”. E mi diede questi nomi: Pippi Bragaglia, Riccardino Brugia e Stefano Procopio. Io gli chiesi come sapeva che li avrebbero arrestati e mi disse: “Cristiano me l’ha mandato a dire, lui l’ha saputo dagli ambienti della Digos che gli stavano addosso” e mi diede anche il nome del padre di Pippi Bragaglia che ha un ufficio di assicurazioni nei pressi di piazzale Clodio, vicino al Palazzo di Giustizia a Roma, per avvertire anche lui.

Izzo prosegue: cosi’ mi diede questo indirizzo. Combinazione quella settimana non feci colloquio con l’avvocatessa, non ebbi modo di fare uscire questa notizia; lui torno’ dal colloquio e mi disse che era stato suo padre ad avvertire Bragaglia di scappare, perche’ lo stanno per arrestare. Questa cosa non l’ho mai detta perche’ non la ritenevo particolarmente rilevante; L’ho tirata fuori al momento del confronto con Cristiano. Tra l’altro il giudice ha contestato a Cristiano, lo posso dire perche’ e’ avvenuto in mia presenza, e gli disse: “guardi, Izzo e’ impossibile che sapesse, perche’ proprio in quel mese noi avevamo intenzione… erano venute fuori delle cose su queste persone ed avevamo effettivamente intenzione di arrestarle. Izzo questo non lo poteva sapere in nessun modo, percio’ la storia che ci racconta e’ vera”. E Cristiano ha continuato a negarla dicendo che non aveva motivo di coprire non tanto Procopio quanto Brugia. Leggendolo sul giornale mi e’ venuta in mente questa circostanza.

L’avv. Battista: ma a proposito di questo, i contatti tra Cristiano e Valerio Fioravanti, siamo nel 1982, come avvenivano?

Izzo: avvenivano mediante la famiglia, mediante lettere in codice e in piu’ hanno avuto possibilita’ di incontrarsi due o tre volte con la scusa dei confronti, poi riuscivano a vedersi nelle celle in carcere. Cose che avvengono in carcere. Comunque avevamo anche un codice, tra l’altro anche a me Valerio aveva dato un codice che ho rivelato ai magistrati; le lettere sono tutte censurate, per cui si potrebbe ricontrollare. Il codice sarebbe: 117 lettere non contano niente, mentre ogni 17 lettera della pagina si mette in un quadratino e si costruisce una frase, diciamo servendosi della 17 lettera di ogni frase.

L’avv. Bezicheri: quando Cristiano Fioravanti ebbe a parlargli di questo terzetto fra cui Brugia, gli parlo’ mai di un certo Picciafuoco, in relazione a questo o ad altro?

Izzo: assolutamente no, per me Picciafuoco e’ un nome…

L’avv. Bezicheri: quindi e’ una cosa che ha letto sui giornali

Izzo: si’.

L’avv. Bezicheri: le cronache di questi processi le legge solo adesso sui giornali o abitualmente?

Il Presidente fa presente che la domanda e’ irrilevante ed invita l’avv. Bezicheri a fare una domanda specifica.

Izzo interviene: io i giornali li leggo abitualmente.

L’avv. Bezicheri: la domanda specifica e’ se abitualmente legge…

L’avv. Lisi: se e’ l’unica cosa che ha appreso dai giornali?

Il Presidente: non risponda, la domanda è ininfluente.

L’avv. Bezicheri: premesso che il teste spontaneamente, con riferimento ad una circostanza della sua deposizione odierna, ha affermato nel corso della deposizione…

Izzo interrompe: scusi ma io la deposizione l’ho fatta prima che uscisse l’articolo sul giornale.

L’avv. Bezicheri continua: io parlo della deposizione di oggi. Ha affermato nel corso della deposizione odierna di essere stato particolarmente attratto sul nominativo Brugia che prima non gli diceva nulla….

Izzo interrompe: cioe’ mi diceva che era un membro dei Nar, pero’ non un membro particolare.

L’avv. Bezicheri prosegue: dalla lettura di un articolo di giornale riportante una cronaca di questo processo, premesso tutto questo si chiede che venga posta al teste la domanda se abitualmente legge sui giornali cronache giudiziarie riguardanti processi cosiddetti di eversione nera. La domanda e’ specifica.

Il Presidente: la domanda non viene ammessa perche’ ritenuta ininfluente.

L’avv. Bezicheri: parlando oggi del discorso di Fachini e della bomba a mano: ha fatto riferimento ad un verbale di Firenze…

Izzo: un’altra bomba a mano. Questa e’ la bomba a mano di Litta Modigliani, nel verbale di Firenze ho parlato della bomba a mano appartenente allo stesso stock con cui fu ucciso l’agente Marino, stock ritrovato nel covo di via dei Foraggi di Concutelli.

L’avv. Bezicheri: la domanda e’ in quale verbale di Firenze.

Izzo: nel primissimo verbale di Firenze in cui parlavo delle armi ritrovate a via dei Foraggi, cioe’ un mitra mp 40 proveniente dal veneto, da Fachini…

L’avv. Bezicheri: io ho un verbale del 14/4/84 al giudice di Firenze, in cui non c’e’ questa storia.

L’avv. Baldi fa presente che ci sono dieci verbali; si tratta del verbale 18/1/84.

Izzo: sono sicuro di averlo dichiarato.

Il p.m.: In uno dei primi verbali. Se ripercorre la storia di quest’altra bomba a mano.

L’avv. Bezicheri: dell’episodio della bomba di oggi, quando ne ha parlato la prima volta?

Izzo: di questa di Litta Modigliani? Nel verbale del 25/3/85 avanti il dott. Mancuso.

Il p.m. Chiede se e’ possibile che Izzo ricostruisca il riferimento al mitra, a via Foraggi e alla bomba.

Izzo: si tratta di una partita di bombe a mano rubate in caserma da Nico Azzi a Milano nel lontano 1972-73. Una di queste bombe e’ quella che ha ucciso l’agente Marino nel 1973 a Milano; un’altra la ritroviamo nel covo di via di Foraggi, nel febbraio ’77, quando viene arrestato Pierluigi Concutelli. Del mitra Concutelli mi disse che veniva direttamente da Fachini, era un mitra Mauser mp 40 tedesco che conosco piuttosto bene.

L’avv. Battista: quindi la fonte è sempre Concutelli?

Izzo: di via dei Foraggi sì, è sempre Concutelli; probabilmente anche Calore, perche’ Calore e Tisei vivevano con Concutelli nel covo di via dei Foraggi. Siccome tra queste tre persone due sono pentiti, penso sia facile…

L’avv. Bezicheri si riporta all’interrogatorio del 22/2/84 reso da Izzo al dott. Luzza e dà lettura del seguente punto: “il tentativo da parte del Cavallini di individuare dove stesse il Fachini per poi ucciderlo, e’ sicuramente collocabile nel periodo di tempo in cui Fachini era a S. Maria di Leuca”.

L’avv. Bezicheri: la prima domanda è se sa queste cose perché gliele ha dette Cavallini.

Izzo: no, me le hanno dette Ciavardini e Fioravanti. C’è un accertamento che secondo me taglierebbe la testa al toro, cioe’ se esiste questa casa in cui c’è questo scantinato, non e’ che io lo possa sapere diversamente. Non sara’ una casa enorme, se si puo’ individuare la coinquilina e chiederle se si ricorda questo episodio.

L’avv. Bezicheri: ma infatti noi siamo d’accordo sul fare questa richiesta istruttoria, pero’ se puo’ darci maggiori particolari su questa casa…

Izzo: e’ semplice individuarla, e’ la casa in cui e’ stato buttato, anzi in cui si e’ suicidato il portiere.

L’avv. Bezicheri fa richiesta istruttoria per accertare se in questa casa esiste uno scantinato cosi’ come e’ stato detto dal sig. Izzo.

L’imputato Fachini: e’ individuabile.

L’avv. Bezicheri: e’ facilmente individuabile perché c’è stata un’inchiesta su questa morte con delle sentenze, quindi… è inutile fare dei sorrisini, perché le sentenze bisogna rispettarle non solo quando rinviano a giudizio o condannano, perché altrimenti i primi detrattori delle corti non siamo noi allora eh, attenzione.

“Le stragi si fanno così” – L’Espresso 29.01.1984

“Ecco come nasce una strage. Ve lo racconto io”. Per la prima volta, un terrorista fascista, in carcere già con una condanna per omicidio e un’accusa di strage, parla degli eccidi “neri”, della strategia della tensione, spiega perché la strage è stata ed è il folle strumento della lotta armata d’estrema destra. Rivendica la matrice Fascista delle stragi. Ne parla in un clamoroso documento che “L’Espresso” ora pubblica. Il terrorista è Sergio Calore, 31 anni, già aderente a Ordine Nuovo, condannato all’ergastolo in primo grado per l’assassinio a Roma di Antonio Leandri. Calore ora è in carcere con l’accusa anche di aver fatto parte del gruppo che ammazzò il giudice romano Vittorio Occorsio e che organizzò il più terribile massacro della storia d’Italia: la strage di Bologna del 2 agosto 1980.
Finora Calore non aveva mai parlato, e nessun altro terrorista fascista aveva mai discusso in pubblico delle tante stragi nere ancora impunite che hanno insanguinato l’Italia dal 1969. La testimonianza di Calore è il primo risultato di un vivacissimo dibattito che si sta sviluppando soprattutto in carcere tra i terroristi fascisti.
Un dibattito che finalmente può portare alla verità sulle stragi. Ecco la testimonianza di Calore che spiega la discussione in corso fra i fascisti e che è stata consegnala all’Espresso dai suoi avvocati difensori, Germano Sangermano di Firenze e Grazia Paola Camparini di Roma.

DOMANDA. Perché nell’ambiente neofascista si è aperto il dibattito sulle stragi?
RISPOSTA’- L’atteggiamento del nostro ambiente nei confronti delle stragi ha conosciuto una certa evoluzione. Prima si pensava che le stragi fossero attribuibili in blocco ai “servizi”, poi, sotto la spinta di dati inoppugnabili che dimostravano in modo chiaro le responsabilità neofasciste, si è ritenuto di paterne attribuire la paternità a poche persone isolate. A questo punto il problema de1le stragi non è stato, per lungo tempo più affrontato. Semplicemente si è cercato di negarne l’esistenza. Si è ritenuto che bastasse emarginare i personaggi coinvolti in queste strategie, o attaccarli con accuse generiche, per allontanare da se stessi ogni accusa di connivenza. In un quadro simile è chiaro che ogni discorso che miri a individuare le basi di quella che poi si è materializzata nella strategia stragista, per la mentalità dell’ambiente viene a rappresentare un discorso di rottura.

D. Un momento. Ma perché i fascisti accettano la strage come folle momento di lotta armata?
R. In un ambiente nel quale “gli altri” costituiscono il nemico, anche per il solo fatto di essere diversi da “noi”, non si sente alcuna esigenza etica a usare strumenti che rispettino quelli che vengono considerati gli oggetti dell’azione politica e “militare”. La strage viene rifiutata solo perché produce effetti visibilmente negativi per chi la provoca. Ma non esiste un rifiuto di principio. Gli “altri” sono solo nemici da schiacciare e, in questo senso, la strage viene a rappresentate il modo di essere normale della politica neofascista: sia quando viene materialmente consumata, sia quando la si compie solo verbalmente, negando a tutti coloro che sono diversi da “noi” il diritto alla loro esistenza. E’ chiaro però che un discorso simile non può essere facilmente accettato, perché tutti vengono chiamati in causa direttamente e non possono invocare l’alibi dell’«io non c’ero ». Comunque non credo si possano isolare le stragi dalla storia politica del decennio 1969-1978.
Un dato che balza immediatamente agli occhi in questa prospettiva è quello della concomitanza tra le campagne di attentati culminati con le stragi e le azioni golpiste. In questo quadro la strage non rappresenta più un evento occasionale, ma si colloca in un punto di intersezione tra diverse volontà e strategie, rivelandone connessioni e spiegandone origini e finalità.

D. Il discorso sulle stragi quindi comporta oggi una rottura nell’ambiente neofascista. Con quali effetti?
R. Da questa “rottura” non deriva alcuna presa di coscienza che permetta di costituire le basi di un diverso modo di intendere il rapporto fra se stessi e gli altri, cioè di far politica. Questo avviene perché il «collante ideologico” è costituito solo da fattori prepolitici o addirittura emotivi che rinsaldano i gruppuscoli al loro interno e ne impediscono ogni coagulazione in progetti di respiro appena più ampio della loro stessa sopravvivenza. Una rifondazione prevede la possibilità di una produzione-riproduzione di idee e pratiche politiche. Questo oggi non solo non si verifica, ma viene addirittura combattuto ferocemente. Tutti, o quasi, si battono solo per salvaguardare i loro piccoli poteri all’interno dell’ambiente. Questa situazione rende, ad esempio, impossibile una presa di posizione sulle stragi chiara e condivisibile da tutto l’ambiente.

D. Ma come è formato l’ambiente neofascista? Si è trasformato negli anni?
R. Definire cosa è l’ambiente neofascista è un problema. In quest’area convivono elementi molto diversificati, sia dal punto di vista delle concezioni “politiche” che delle scelte di vita. Per chiarire, posso dire che si riscontrano nell’ambiente tutte le contraddizioni che già furono del fascismo storico. Tradizionalisti, populisti, elitari, corporativisti convivono uniti solo da vincoli di “amicizia” fra loro: questo spiega la struttura a “bande”. In fin dei conti, questi vincoli sono stati originati dall’unica motivazione di fondo comune a tutti, cioè dal rifiuto del mondo quale esso è e ciò spiega i fenomeni di misticismo e neopaganesimo esoterico. E il riconoscersi come diversi facilita l’aggregazione di persone e tendenze altrimenti inconciliabili. Il fascismo ha sempre rappresentato il nemico comune a tutte le forze dello Stato e quindi, per dimostrare la propria esternità nei confronti di questo, nulla di meglio che definirsi fascisti.
Negli ultimi anni, sulla spinta dei dibattiti aperti dalle più varie prese di posizione, in base all’esigenza di rompere con gli equivoci del passato, si è avuta una modificazione di questa situazione.
Ma non nel senso di una progressiva presa di coscienza e veri fica delle proprie idee e delle proprie aspirazioni (o almeno molto pochi hanno sentito questa esigenza di confrontarsi con la realtà). Si è arrivati invece a una sclerotizzazione delle “bande” preesistenti (anche se a volte hanno cambiato, per così dire, “ragione sociale”) che ha reso impossibile ogni processo di maturazione generale dell’ambiente e di chiarificazione delle sue motivazioni e aspirazioni.

D. Cosa è possibile fare allora per arrivare alla verità sulle stragi?
R. A questo punto, per chi sente l’esigenza di una reale chiarificazione, l’unica alternativa diventa l’iniziativa personale. Questo perché solo poche persone riescono a sfuggire da quelle autentiche trappole che sono diventati i gruppuscoli.
Fino a oggi queste energie sono state disperse, ma credo sia arrivato il tempo di indirizzarle verso la rottura degli equilibri esistenti. C’è da augurarsi che le forze che potranno liberarsi in seguito a questo scossone si rendano conto che occorre veramente lavorare moltissimo per sviluppare l’unico discorso di dissociazione che sia importante per il nostro ambiente. Mi spiego meglio. Parlare di dissociazione dalla lotta armata è per noi solo un falso problema. In teoria, la lotta armata in quanto tale è solo una tecnica di per sé neutra: ciò che rende una lotta giusta o sbagliata sono i suoi fini, i suoi risultati e i suoi mezzi e quindi ci può essere giustezza della lotta democratica o della lotta armata oppure una loro riprovazione a seconda dei casi. Ciò che per noi invece è importante è la dissociazione dal fascismo, prima come forma mentale, poi come prodotto politico. La chiarificazione dei discorsi sulle stragi può essere un momento determinante per affrontare e risolvere una volta per tutte il problema del fascismo.

D. Esattamente come è stato usato finora il dibattito sulle stragi fra i neofascisti? Cioè, coloro che sanno si sono serviti di quel che sanno?
R. Fino a oggi si è fatto un gran parlare sottovoce, smentendo o confermando di volta in volta le più grosse verità o le più infami menzogne, a seconda che il personaggio coinvolto era più o meno simpatico a chi ne parlava. Le stragi sono state usate come strumento di lotta interna, come bestemmia in grado di mettere fuori gioco gli avversari, di rafforzare il proprio gruppuscolo. Questa strategia del colpo di spillo, in sostanza del ricatto, è uno squallido sintomo di una realtà ancora più squallida. Questo deve finire. Chiarire vuol dire esplicitare chi sono gli uomini, le pratiche e il discorso politico che hanno permesso il successo della strategia delle stragi. Non si può essere neutrali. La scelta è tra la copertura di chi ha commesso le stragi, di chi le ha volute e il suo smascheramento. A questo punto non è più possibile rimandare ancora, Bisogna scegliere. Se si è contro le stragi, lo si dimostri con la chiarezza dei fatti e delle parole. Se no, ci si rassegni a esserne complici.

D. Essere contro le stragi vuol dire smascherarle, permettere allo Stato di arrivare alla verità. E’ questa una strada accettabile anche per chi, come voi, si è definito rivoluzionario e ha posto fra i suoi obiettivi proprio quello di lottare contro questo Stato?
R. Credo che la parola “rivoluzionario” sia quanto meno inflazionata e quindi non in grado di esprimere esattamente alcunché. Se poi la vogliamo ricondurre al sua significato politico originario, noi ex fascisti non possiamo rivendicarne l’uso. Noi ci siamo limitati a rivendicare il diritto di opporci come “noi stessi” al mondo intero. E questo non basta per chiamarsi rivoluzionari. Quanto al rapporto con lo Stato, il nostro discorso, come ogni discorso che vuol produrre effetti politici, vogliamo rivolgere alla pubblica opinione e le conseguenze penali non ci interessano. Ancora una volta è un problema di scelta: certi discorsi si può solo farli o non farli. Omettere in tutto o in parte la verità, serve solo a coprire e a diventare complici degli stragisti.

D. Chi, nell’ambiente neofascista, condivide queste posizioni, che evidentemente possono consentire allo Stato di arrivare alla verità?
R. Un’iniziativa di carattere politico generale, l’ho già detto, è impossibile nel nostro ambiente. Ciò non vuoi dire che ciascuno debba per forza fare la strada per conto suo. Anzi, capita di trovarsi in compagnia insospettata. Per esempio, su Queste posizioni si trovano anche Valerio Fioravanti [il killer fascista già condannato al carcere a vita per una lunga serie di delitti, ndr.] e Angelo Izzo [uno degli assassini del Circeo, all’ergastolo per aver massacrato la giovane Rosaria Lopez, ndr.]. Su quest’ultimo vorrei fare un breve inciso. So bene che si tratta di un nome “scomodo”, della persona che forse più di ogni altra viene identificata come il “cattivo”. Io l’ho conosciuto in carcere e posso dire che oggi non è così. E’ una persona che faticosamente sta conquistando equilibrio e coscienza delle sue idee dopo aver riconosciuto la gravità delle sue azioni passate. Io penso che debba essere valutato non solo per ciò che è stato, ma anche per quel che è oggi. Detto questo, voglio precisare che tra noi tre non si è stabilito alcun rapporto di dipendenza. So che è ancora di moda cercare capi o cose del genere. Noi cerchiamo di portare il nostro contributo di idee l’uno all’altro, ciascuno con il proprio bagaglio di esperienze e capacità.

Valerio Fioravanti – dichiarazioni 15.02.1984

Le dichiarazioni che intendo fare nell’ambito della corretta ricostruzione delle attività dell’ambiente neofascista soprattutto romano nel corso degli anni fra il 1978 e l’83 muoveranno da un quadro storico, ma soprattutto culturale dell’ambiente che si era coagulato intorno alla sede romana del FUAN. Da quell’ambiente ritengo siano partite le idee per le quali e contro le quali si è lottato negli anni successivi. In seguito ritengo che si possa ridurre il fenomeno della cosiddetta lotta armata neofascista a qualcosa di molto diverso dalle eredità del FUAN e più specificatamente alle singole iniziative e posizioni politiche di un limitatissimo numero di individui fra i quali io stesso.
Chiedo di essere autorizzato a far pervenire a L’Espresso il documento da me firmato datato Ascoli Piceno 15.3.1984 che inizia con le parole “nel documento” termina con quelle “passa dall’altra parte”.
Il PM su tale istanza, rilevato che non vi sono ragioni astative, richiede al dirigente della Digos di Firenze, qui presente, che faccia pervenire a L’Espresso il documento in copia trattenendosi l’originale come allegato al presente verbale. Il verbale viene redatto in doppio originale uno dei quali ritirato dal PM di Roma.
Nel documento pubblicato su “L’Espresso”, Calore mi ha indicato come partecipe delle sue posizioni sulla necessità di fare chiarezza sulle stragi.
Questo è vero, anche se poi la diversità dei percorsi  politici e del carattere mi portano  a vivere questa scelta in modo diverso. Se da una parte non vedo altre strade che possano chiudere definitivamente il discorso sulla estraneità delle “nuove generazioni” agli ambienti e alla mentalità stragista, dall’altra ritengo altrettanto essenziale che queste posizioni vengano  recepite come “scelta politica” e non come semplice tatticismo e ricerca di particolari vantaggi personali. Questo perché un profondo legame di amicizia mi lega con le persone con cui ho vissuto questi anni di “politica”.
La cosa più difficile da realizzare in questo momento, e qui Calore è stato eccessivamente sbrigativo, è una rivolta contro parte del nostro passato, ma senza rinnegarlo nella sua interezza, rischiando così di “passare dall’altra parte”.

“Alla sbarra i killer di Amato” – La Repubblica 07.01.1986

Giusva Fioravanti, la sera del 23 giugno 1980, festeggiò a ostriche e champagne. Poche ore prima il giudice romano Mario Amato, un magistrato impegnato a tempo pieno nelle inchieste sul terrorismo nero, era stato assassinato con un colpo di pistola alla nuca. “Il giudice più odiato dalla destra eversiva” (la definizione è di Fioravanti) era stato tolto di mezzo e per quell’ omicidio Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Gilberto Cavallini e Paolo Signorelli sono stati condannati all’ ergastolo. Oggi comincia a Bologna il processo d’ appello. Tra gli imputati c’ è anche Stefano Soderini, assolto, il 5 aprile di due anni fa, per insufficienza di prove. Il processo di secondo grado non dovrebbe riservare grandi sorprese. Cavallini, Fioravanti e Mambro hanno rivendicato in aula le proprie responsabilità nell’ omicidio. L’ unico che può sperare in una revisione del giudizio è Paolo Signorelli, che si è sempre dichiarato innocente, ma che la sentenza di primo grado ha indicato come l’ ideologo del gruppo e l’ ispiratore dell’ omicidio. Il processo che si apre oggi avrà tuttavia un altro motivo di interesse. I quattro imputati del delitto Amato sono tra i destinatari dei 20 mandati di cattura emessi dai giudici bolognesi per la strage del 2 agosto ‘ 80. Già nel processo di primo grado, Fioravanti, Mambro e Cavallini, utilizzarono le pause dell’ udienza per “chiarire” il loro atteggiamento nei confronti dello stragismo. Dialogarono a lungo con i giornalisti e distribuirono numerosi documenti. Uno di questi, parafrasando il volantino di rivendicazione del delitto Amato, S’ intitolava “Ri-chiarimento”. In quegli stessi giorni, Sergio Calore, uno dei big del pentitismo nero, aveva invitato i “camerati” a dire quello che sapevano sulle stragi. Sembrava insomma che il muro di silenzio stesse per incrinarsi, ma le attese andarono deluse. Nei documenti, i killer dei Nar prendevano le distanze dalle stragi, ma, precisavano, “senza ancun collegamento con altre linee esistenti”. “Sulle stragi – disse la Mambro – non abbiamo fatto e non faremo mai alcuna rivelazione perchè non ne sappiamo nulla”. “Fioravanti – secondo il racconto del pentito – si era dichiarato disponibile a contribuire alla ricostruzione della verità sulle stragi, ma aveva subordinato la decisione ad un incontro con Cavallini e la Mambro in occasione del processo Amato”. Alla fine, evidentemente, prevalse la tesi del silenzio. A distanza di 20 mesi qualcosa però potrebbe essere cambiato.