Marco Affatigato – colloquio investigativo 09.07.1993

L’ Affatigato declinava l’offerta di fare il colloquio passeggiando o seduti in un parco o locale pubblico specificatamente che la conversazione avvenisse in struttura dell’Arma per non essere notati. Lo stesso precisava di dover sottostare a numerose cautele poiche’ il Delle Chiaie aveva intenzione di eliminarlo. Sapeva da anni di questa intenzione ma la notizia dell’attuale pericolo gli era stata data dal Falica, quindi estremamente attendibile poiche’ lo stesso aveva contatti sia col Delle Chiaie che col Ballan. Riteneva che la scaturigine delle intenzioni omicidiarie fosse da far risalire alla convinzione che egli avesse affidato a persona di fiducia materiale documentale su Ustica.

Il Falica lo aveva voluto incontrare per chiedergli di fare da relatore per cio’ che si sentiva di riferire allo scrivente. Egli aveva rifiutato poiche’, data l’importanza degli argomenti trattati, era necessario che lo scrivente li recepisse direttamente dal Falica, senza mediatori che in un futuro avrebbero potuto essere smentiti per ragioni di comodo. A questo punto l’Affatigato, sempre estremamente freddo e distaccato, consegnava allo scrivente nr.8 fogli dattiloscritti all’interno di una carpetta gialla. Spiegava che il materiale era relativo agli argomenti che lo scrivente avrebbe potuto affrontare con il Falica, argomenti di importanza straordinaria.

Precisava che il Falica desiderava come garanzia l’anonimato e la non deposizione avanti all’A.G. altrimenti gli avrebbero fatto la pelle. Lo scrivente offriva tale garanzia. A questo punto l’ Affatigato considerava il colloquio terminato, tuttavia lo scrivente lo tratteneva chiedendogli di esporre a voce cio’ che aveva dattiloscritto al fine di evitare incomprensioni. Si attesta che verra’ ora riportato solo quanto detto in più dall’ Affatigato rispetto a cio’ di cui e’ cenno nel dattiloscritto:

-l’ordigno di Piazza Fontana era stato materialmente confezionato da Enzo Siciliano. Chi lo aveva deposto era una persona gia’ condannata per cio’ e poi assolta, l’ Affatigato lasciava chiaramente intendere che si trattava di Giovanni Ventura tuttavia desiderava che il nome fosse pronunciato dal Falica. Il leader del gruppo originante la strage non era affatto Freda ma Pozzan, che era in stretto contatto con i Servizi;

– chiedeva se lo scrivente qualche mese fa aveva contattato il Siciliano, avuta risposta positiva (n.d.r. bluff) spiegava che era proprio come lui aveva immaginato in quanto il Siciliano era sparito dal territorio francese;

– Pozzan fu arrestato per spiata di Delle Chiaie, Spiazzi e Soffiati gli chiesero di vendicare Pozzan uccidendo il Delle Chiaie, quando seppe che questa era l’unica motivazione non dette seguito al progetto;

– Falica avrebbe potuto fornire indicazioni utili anche per Brescia;

– precisava che cio’ che Falica sapeva non era a sua conoscenza per sentito dire;

A specifiche domande rispondeva:
– Soffiati era un agente della C.I.A. tant’e’ che gli aveva presentato un’antenna di quel Servizio;
– Serac era vivo ma non si trovava in territorio francese;
– Serac era chiaramente dietro Piazza Fontana ma non tramite gli operativi stranieri che dipendevano da lui in quanto aveva anche vari Italiani come suoi sottoposti;
– Serac non c’entrava con Bologna. Bologna era stata realizzata materialmente da gente di destra, concepita in Italia da gente di destra collegata ai Servizi ma, con mandante libico. Bologna non era stata fatta ne’ per coprire Ustica ne’ parallela ad essa, era in contrapposizione a Ustica. Americani e francesi si accordano per uccidere Gheddafi, il quale, invece, sopravviveva e veniva a conoscenza della copertura radar e del permesso di sorvolo concesso dall’Italia. Bologna non fa parte della strategia della tensione, e’ una semplice vendetta ed un segnale per far sì che tali fatti non avessero a ripetersi. Gli aerei che hanno buttato giu’ il DC9 non sono partiti dall’Italia ma dalla Francia ed e’ quindi giocoforza che quel Paese non risponderà mai alle richieste del Dr. Priore. L’Affatigato richiedeva per la continuazione del colloquio su Bologna e Ustica che lo scrivente si studiasse i suoi verbali resi al Dr. Priore. Non sapeva se il perito che aveva parlato di bomba fosse un semplice imbecille o stesse depistando;

– se era vero che il suo nome per Ustica lo aveva fatto il Soffiati cio’ significava che questi conosceva il Mannucci l’unico a conoscenza del particolare citato nella famosa telefonata;

– non conosceva ne’ Ciolini ne’ Sinibaldi;

– riteneva importantissima l’affermazione di Falica sulla continuita’ delle strutture deviate dei Servizi, certo non rappresentate dagli operativi: Giannettini, Maletti, Labruna etc.

– accettava di contattare il Graziani ma non di recarsi in Paraguay dove gli avrebbero fatto la pelle, il problema era che Graziani aveva vicino Massagrande;

– non conosceva Gianni Maifredi;

– per sapere se Mannucci era massone bisognava consultare altri elenchi; alla richiesta se alludesse ad elenchi occulti di piduisti casi’ come esistevano per Gladio, l’Affatigato rispondeva affermativamente e sosteneva che dietro a tutto v’era il Gladio (tracciava con il dito in aria la sagoma di un gladio);

– concordava con il progetto di contattare il Tuti, anche perché aveva segnali di una volonta’ di ricostruzione storica, avrebbe bloccato il suo tentativo di fargli arrivare un messaggio tramite il professore di agraria;

– non aveva nessun secondo fine l’appello a Delle Chiaie e non era paragonabile a quello verso Tuti, cio’ significava che lo scrivente aveva letto l’appello ridotto e non il suo originale di 6 pagine. Delle Chiaie era appena accennato e tuttavia lui era certo che il Delle Chiaie era disposto a parlare di episodi minori purche’ niente gli fosse chiesto dei suoi rapporti coi Servizi. Nell’appello aveva menzionato anche Concutelli che era solo un soldato, un mero esecutore di ordini. Gli era stato chiesto di eliminare Buzzi e Palladino e Concutelli aveva obbedito. Cosi’ se gli chiedessero di eliminare lo scrivente nel corso di un colloquio lo tenterebbe senz’altro.

Si fa presente che l’Affatigato affermava di aver riconosciuto lo scrivente e che la descrizione fisica del sottoscritto verosimilmente non gli era stata fatta dal Falica in quanto, nel contatto tra Affatigato e il Tenente Casagrande (N.O. Bologna Sud) antecedente a quello col Falica, gia’ l’Affatigato faceva presente al Tenente di sapere bene chi era lo scrivente.

Lo scrivente non aveva mai visto ne’ conosciuto prima di tale incontro l’Affatigato, e’ quindi chiaro che l’iniziativa in atto, come d’altronde confermato dallo stesso Affatigato, è nota. Si precisa che lo scrivente consegnava all’Affatigato un proprio biglietto da visita. L’Affatigato prima di congedarsi affermava che avrebbe chiamato il Falica alle ore 14.00 per dargli l’ok e combinare l’incontro nel pomeriggio. Il Falica non avrebbe chiamato scrivente ma era il sottoscritto che doveva contattarlo.

Lo scrivente riferiva all’Affatigato che il contatto sarebbe avvenuto alle 14.15. Il sottoscritto, per ragioni di sicurezza, si portava per l’ora concordata nei pressi del locale del Falica per verificare se lo stesso fosse solo o meno, non riuscendo, pero’, a vederlo. Effettuava la telefonata alle 14.45 e, difatti, il Falica non era nel Bar. Il tentativo a casa dava esito positivo, il Falica confermava essere stato contattato dall’Affatigato e che non poteva incontrare lo scrivente prima di mercoledi’ poiché doveva parlare con due persone di Milano.

Carlo Digilio – I rapporti di Maggi con la struttura di intelligence americana

14.3.2001 Incid.Prob. (Rapporti di MAGGI con la struttura americana)

DOMANDA – Quindi, questo per quello che riguarda il primo discorso e per quello che riguarda i rapporti di Maggi e Minetto, le cose che le ho appena letto da chi le ha apprese? Questo rapporto di Maggi con la struttura non consistente nel fare parte di una struttura, ma, in qualche modo, nello svolgere queste funzioni di raccordo, di connessione con l’ambiente esterno, sono cose che sa perché? Chi gliele ha dette? Maggi, Minetto, Soffiati?

RISPOSTA – Esattamente, Soffiati.

DOMANDA – Soffiati?

RISPOSTA – Soffiati e Bandoli che era uno dei referenti del Soffiati, quindi la cosa era confermata, era convalidata. Il discorso di Bandoli: Bandoli era un combattente, era un uomo che, quando diceva una cosa, parlava sul sicuro, sempre.

DOMANDA – Sempre nell’ambito di questi rapporti tra Maggi e la struttura americana, lei ha detto anche qualche cosa di più, in occasione di un verbale del 14 Dicembre del 1996 (14.12.96), sempre al davanti al Giudice di Milano.

RISPOSTA – Cioè? (Incomprensibile).

DOMANDA – “Per quanto concerne la figura del Dottor Maggi, sia Bruno che Marcello Soffiati sia Minetto mi dissero che questi aveva cercato di farsi accettare organicamente nella struttura americana, ma non era stato accettato in quanto, ormai, il gruppo di Ordine Nuovo era gravato da troppe magagne per quello che aveva commesso e, inoltre, egli si era fatto avanti troppo tardi. Infatti, tale tentativo di Maggi risale all’inizio degli anni Settanta, mentre il grosso reclutamento di elementi sicuri era avvenuto in tempi molto precedenti e si era ormai concluso. Minetto, comunque, ne fu dispiaciuto, perché aveva grande stima del Dottor Maggi ed era legato a lui da una grande amicizia”. Lo ricorda questo discorso di questo tentativo di Maggi di essere accolto?

RISPOSTA – Certo, confermo. Lo confermo, sì signore.

DOMANDA – Conferma di averlo appreso dalle persone che ha indicato, cioè, Soffiati e Minetto?

RISPOSTA – Sì, sì.

DOMANDA – Al di là di questi discorsi che abbiamo appena fatto, le chiedo se c’era anche una frequentazione, un rapporto amicale, di frequentazione tra Maggi e Minetto?

RISPOSTA – Sì, era continuo, si trovavamo a Colognola in continuazione, ogni giornata festiva, praticamente.

DOMANDA – Si trovavano in continuazione a Colognola, ma Minetto veniva anche a Venezia?

RISPOSTA – Il Minetto? Certo! Ma ho dato delle notizie specifiche su questo.

 

Ud.4.2001 (comportamento di MAGGI con riferimento al GOLPE BORGHESE)
omissis

DOMANDA – Digilio, alla scorsa udienza abbiamo parlato, diciamo, di un coinvolgimento di Ordine Nuovo veneziano in quella che era stata la preparazione del Golpe Borghese.

RISPOSTA – Sì, sì, sì, l’ho detto.

DOMANDA – Vorrei chiederle se ha qualche particolare notizia da riferirci riguardo alla posizione specifica di Carlo Maria Maggi?

RISPOSTA – La posizione di Carlo Maria MAGGI la sottolineai la volta scorsa. Cioè, quando coloro che erano pronti di fronte all’Arsenale per il Golpe ebbero notizia che non si faceva più niente, dalla delusione, cominciarono ad imprecare. Però immediatamente il Colonnello CAPOLONGO, Comandante della Legione, avvicinò il Dottor Maggi dicendogli: “Dottore, faccia una cortesia, lei, che ha ben sottomano i suoi camerati di Ordine Nuovo, veda di tenerli perfettamente in pugno. Poi potremmo fare una cosa, andare all’isola della Giudecca dove abita lei, lei li conosce tutti là. Potremmo anche fare un giro di ricognizione in maniera di accontentare costoro che vogliono fare qualcosa e lei ci aiuterà anche ad evitare che possa esserci qualche antipatico scontro”. Il Dottor Maggi bisogna dire che si comportò benissimo. Difatti salì in motoscafo fino alla Giudecca assieme ai Carabinieri e, mano a mano che si seguiva l’ordine di perquisizioni, lui si faceva vedere giù nella calle a basso dicendo: “Ragazzi, guardate, non c’è niente di nuovo. E’ solo una semplice perquisizione, cercate di non creare disordini. Fate un favore. Ricordatevi che io sono sempre stato vicino a voi”. Ed in effetti gli abitanti della Giudecca sono sempre stati beneficati dal Dottor Maggi, il quale, anche per chi non aveva denaro per curarsi, a volte li curava gratis. Bisogna dirlo. E infatti molti li fece scendere dall’abitazione e, prendendoli sottobraccio, li accompagnò ai Carabinieri, piano piano, fino al motoscafo, dicendo: “Ragazzi, non è niente di strano. Non preoccupatevi, faremo una chiacchierata in ufficio. State tranquilli”. E infatti tutto passò nel modo migliore. Il Comandante della Legione, il Colonnello, scrisse un rapporto veramente altamente meritevole per il Dottor Maggi e lo passò alle autorità, in particolare alla Questura ed alla Pretura, perché ne tenessero conto in quanto, avendo il Dottore dei precedenti come politico, doveva rendere conto di molte cose alla legge. E questo era un punto a suo favore. Era giusto che ne tenessero conto.

DOMANDA – Questo per quanto riguarda la notte tra il 7 e l’8 Dicembre. Io volevo sapere se aveva avuto un ruolo attivo in quella che era stata la fase preparativa del Golpe? Quale era stato il suo atteggiamento nelle fasi prodromiche a questo evento?

RISPOSTA – Sinceramente non posso dirle cosa possa avere fatto personalmente, in quanto lui era come gli altri direttamente sotto il controllo del Colonnello Capolongo, pertanto doveva rispondere di tutto quello che faceva al Colonnello Capolongo.

DOMANDA – Se ricorda, Digilio, vorrei capire quello che era l’atteggiamento anche politico di adesione o di adesione differenziata, diciamo così, rispetto a questo intervento?

RISPOSTA – Guardi, questo intervento fu praticamente un intervento, come ebbi l’occasione di parlarne in passato, fu un intervento praticamente sofferto dagli appartenenti alla Destra Italiana, siano essi Ordine Nuovo, siano essi Decima Mas, Guardia Nazionale Repubblicana, o ex combattenti della Repubblica Sociale. Tutti l’aspettavano con grande attenzione. Il Maggi non poteva mettersi contro l’opinione di coloro che gli stavano attorno. Lui senza dubbio diede solamente, non dico gli ordini ma per per lo meno le notizie che gli erano state consegnate dal Colonnello Capolongo, e le fece leggere da un incaricato a tutti coloro che avrebbero dovuto presentarsi di fronte all’Arsenale, di fronte alla Marina Militare Italiana di Venezia. E là ci ritrovammo tutta gente conosciuta. Io, il Marino Girace, la gente del lido, i ragazzi di Mestre, il Delfo Zorzi con i suoi ragazzi, il Dottor Maggi, l’Avvocato Carletta amico del Dottor Maggi, eccetera. Tutti. Così.

DOMANDA – Le leggo un passo, Digilio, dell’interrogatorio che lei rese il 19 Dicembre 1997 (19.12.97) al giudice istruttore dove lei disse, con riguardo appunto a questi argomenti: “Voglio anche fare presente che in quel periodo il Dottor Maggi aveva rallentato la sua attività. E, per quanto concerne il progetto di Golpe, si mostrava piuttosto distaccato e scettico, manifestando il suo scetticismo anche durante gli incontri con Gastone Novella”. Ecco, io volevo capire intanto se lei oggi conferma questo atteggiamento distaccato e scettico? E, se sì, se ce lo spiega, cioè che cosa significa? Ha sentito Digilio?

RISPOSTA – Ho capito benissimo, Dottore.

DOMANDA – E’ vero che c’era questo atteggiamento da parte di Maggi verso questo progetto oppure no?

RISPOSTA – Sì, ed è spiegabile solamente in questa maniera. Il Dottor Maggi non era un fegataccio, non era un mercenario come il Giorgio Boffelli che non si sarebbe fermato di fronte a nulla. Era una persona che andava avanti sempre a luce della ragione e dimostrando sempre buon senso e, diciamo, un buon controllo di se stesso e della situazione e delle persone che aveva vicine a sé. Tutto questo per quanto riguarda le dichiarazioni che ho rilasciato. Così era. Il Dottor Maggi non si dimostrò in quella occasione una persona estremamente fanatica.

omissis
Tra coloro che hanno illustrato significativamente la figura di Carlo Maria MAGGI, soprattutto sotto il profilo delle sue convinzioni estreme, rientra senz’altro DEDEMO Marzio, cognato di DIGILIO. DEDEMO (ud.24.9.2009) ha conosciuto MAGGI tramite DIGILIO e, attorno al 71-72, in un periodo in cui questi era minacciato, ha funto da sua scorta armata. DEDEMO accompagnava MAGGI a Venezia, dall’ospedale dove lavorava, a casa. Inoltre è stato a casa di MAGGI, unitamente a suo cognato, in due o tre occasioni.

Memoria pm strage di Brescia

La propensione stragistica di Carlo Maria Maggi – le dichiarazioni di Marzio Dedemo

Tra coloro che hanno illustrato significativamente la figura di Carlo Maria MAGGI, soprattutto sotto il profilo delle sue convinzioni estreme, rientra senz’altro DEDEMO Marzio, cognato di DIGILIO. DEDEMO (ud.24.9.2009) ha conosciuto MAGGI tramite DIGILIO e, attorno al 71-72, in un periodo in cui questi era minacciato, ha funto da sua scorta armata. DEDEMO accompagnava MAGGI a Venezia, dall’ospedale dove lavorava, a casa. Inoltre è stato a casa di MAGGI, unitamente a suo cognato, in due o tre occasioni.

DEDEMO ha avuto modo di conoscere la moglie di Giancarlo ROGNONI, Anna CAVAGNOLI. La donna era stata aggredita, unitamente a Piero BATTISTON, all’interno del suo negozio di abbigliamento di Milano. Il fatto si è verificato il 26 luglio 73, e la conoscenza tra lui e la donna è avvenuta dove era ricoverata, all’interno del Policlinico di Milano. Era stato appunto MAGGI a chiedergli di andarla a trovare. Nell’occasione DEDEMO aveva portato ai componenti della FENICE, gruppo che, come vedremo, è sostanzialmente una costola di ON non rientrata nel partito, l’ordine di MAGGI di starsene tranquilli e di evitare ritorsioni contro la sinistra, alla quale era riferibile il pestaggio. Infatti in quel periodo il gruppo aveva addosso puntati gli occhi della Polizia e dei Carabinieri. Ad accoglierlo alla stazione ferroviaria di Milano, “MENTA”, che altri non è se non il ZAFFONI, anche lui inquadrato nella FENICE. Il bar al quale facevano capo i componenti della FENICE era quello di Via Pisacane. All’interno del bar c’era il loro gruppo: non ROGNONI, che era latitante, ma Cesare FERRI e Angelo ANGELI, detto “golosone”. Nessuno (pag.19) fece rimostranze, nel senso che nessuno ebbe qualcosa da ridire sull’ordine di MAGGI, a dimostrazione della sua posizione di autorità e di superiorità, anche nei confronti indirettamente di ROGNONI, personaggio certamente non secondario della destra radicale.

La rappresaglia, poi, secondo quanto ha dichiarato DEDEMO, non c’è stata, e pertanto dobbiamo ritenere che l’ordine di MAGGI sia stato raccolto. DEDEMO ha sostanzialmente confermato quanto dichiarato nei verbali, e cioè che vide anche Piero BATTISTON in un paio di occasioni a casa del dottor MAGGI. Tutto ciò ha naturalmente notevole rilievo con riferimento alla conversazione ambientale RAHO-BATTISTON di cui agli atti. Ha inoltre confermato di aver rivisto BATTISTON a Venezia, quando era latitante, ospite della Pina che gestiva la trattoria SCALINETTO, frequentata anche da Carlo DIGILIO. Ha ammesso di aver conosciuto Marcello SOFFIATI tra il 70 e il 73: anche questi frequentava MAGGI, anche quale suo medico. Ritiene di averlo anche visto a casa di MAGGI in occasione delle partite a carte che facevano assieme i suddetti soggetti. Ha il ricordo di un’attività di scorta svolta anche da SOFFIATI per conto di MAGGI. Ha confermato anche i rapporti tra SOFFIATI e DIGILIO.

I rapporti tra MAGGI e il gruppo di ROGNONI non si esauriscono in quanto sopra descritto: DEDEMO (pag.31 e segg.) accompagnò la CAVAGNOLI, in una data non collocabile prima del ’74, a Iesolo, dove la predetta ebbe un incontro di un paio d’ore con MAGGI. Secondo DEDEMO la donna aveva, nel gruppo della FENICE, un ruolo “allo stesso livello del ROGNONI”.
Per quanto DEDEMO non sia stato in grado di riferire nulla dal contenuto del colloquio, è evidente ancora una volta la posizione di superiorità del MAGGI, visto che è la donna a spostarsi, e non viceversa. Inoltre la brevità e i connotati dello spostamento non possono che inquadrarlo in una finalità di natura politica. Peraltro DEDEMO spiega il suo rimanersene in disparte con la seguente motivazione: “Non facevo e non faccio parte del gruppo dirigente”- con riferimento ad Ordine Nuovo. Pertanto DEDEMO, sia pure da spettatore, inquadra tutti questi contatti di MAGGI nell’ambito delle sue funzioni di dirigente di Ordine Nuovo, valutazione che finisce per coinvolgere la stessa CAVAGNOLI e il gruppo che rappresentava.

Ulteriori rapporti di MAGGI col gruppo di ROGNONI emergono con riferimento ai contatti che DEDEMO ebbe in Spagna con il secondo, in occasione del viaggio di nozze, collocabile subito dopo il matrimonio del 29.9.75. Nell’occasione DEDEMO conobbe ROGNONI, dal quale fu ospitato e, su incarico di MAGGI, gli portò un cospicuo numero di documenti, carte d’identità, passaporti, patenti, in bianco o comunque falsi. Le dichiarazioni di DEDEMO trovano un aggancio anche in quelle di BONAZZI Edgardo, che a pag.10 della sua escussione del 26.5.2009 non ha avuto difficoltà a confermare che la FENICE “faceva parte del Centro Studi Ordine Nuovo”. Anzi (pag.11) ha affermato che, per quanto buona parte degli aderenti al Centro Studi Ordine Nuovo fosse entrata nel Movimento Sociale, riteneva che il Centro Studi avesse continuato ad esistere “nella misura in cui esistevano gruppi come la FENICE che erano abbastanza autonomi”.

DEDEMO ha rappresentato un episodio (24 e segg.trascr.) molto significativo: attorno al 1972 accompagnò MAGGI a Milano, in una trattoria o qualcosa di simile, sempre nell’ambito delle sue funzioni di guardaspalle armato. Era MAGGI a guidare. Rimase ad attenderlo all’esterno del locale un’ora o due, per poi riaccompagnarlo a Venezia. Solo in seguito Pio BATTISTON (padre di Piero BATTISTON), inquadrato nelle SAM, in un periodo posteriore rispetto al trasferimento di DEDEMO a Milano, avvenuto nel 1974, e naturalmente antecedente alla sua morte, avvenuta nel ’75, gli fece delle confidenze in ordine a quanto avvenuto in occasione di quell’incontro (o forse due incontri) a Milano: MAGGI aveva chiesto “finanziamenti per Ordine Nuovo perché si doveva fare ancora qualche piccolo scoppio”.

DEDEMO, sollecitato sul contenuto dei precedenti verbali del 7.3.96 e 21.2.97 e 26.1.99, ne ha confermato il contento, che appare ancora più specifico ed allarmante: “Pio BATTISTON, morto nel 1975, ebbe a precisarmi che in una di quelle riunioni ove partecipavano vecchi repubblichini, il MAGGI propugnò la necessità di continuare nella strategia degli attentati dimostrativi, con ricaduta della responsabilità su opposta fazione politica. Mi specificò che MAGGI riteneva la strage uno strumento con il quale fare politica, e per questo lo definì pazzo e comunque in disaccordo con la maggior parte degli ex repubblichini presenti alle riunioni, tra cui lui stesso” (7.3.96) e “ Pio BATTISTON…mi precisò che in una di quelle riunioni alle quali partecipavano anche vecchi repubblichini, il MAGGI propose la necessità della strategia di attentati dimostrativi la cui responsabilità si doveva far ricadere sulla sinistra…Pio BATTISTON mi aggiunse che MAGGI riteneva la strage uno strumento con il quale fare politica, e per questo lo definì un pazzo…” In corte di Assise, poi (26.1.99), parlò di “azioni a livello dinamitardo”.

Quanto DEDEMO ha appreso da Piero BATTISTON è estremamente significativo, non solo in quanto rappresentativo delle idee, dei metodi e del programma di MAGGI, ma anche in quanto il medesimo BATTISTON è inquadrato nelle SAM, e cioè il gruppo al quale, secondo DIGILIO, sarebbe stato consegnato l’ordigno destinato a Brescia. Inoltre la volontà di far ricadere l’attentato sull’opposta fazione politica, conferma la versione di TRAMONTE sul punto.

Memoria Pm strage di Brescia

L’intercettazione ambientale Raho/Battiston – estratto motivi di impugnazione avv. Sinicato

E’ impressionante, a questo punto, ascoltare l’intercettazione ambientale del 26.9.95 tra Roberto Raho e Piero Battiston nella quale si trova la conferma “dal vivo” del racconto di Digilio.

A questo proposito la Corte raggiunge vette di assurdità sorprendenti e la lettura della motivazione sul punto conferma il pregiudizio che permea l’intero capitolo dedicato al narrato di Digilio.

Una corretta valutazione di questo passaggio fondamentale della ricostruzione giudiziaria non può prescindere dal considerare che Raho è stato ritenuto responsabile di numerosi reati legati al possesso ed utilizzo di esplosivo e, in particolare, come si è già detto, sono risultati provati proprio i frequenti rapporti con Digilio e per la sua reticenza la Procura di Milano ebbe ad emettere un ordine di custodia cautelare proprio con riferimento al contenuto delle dichiarazioni del colloquio con Battiston.

Negli interrogatori resi nel ’95 e ’96 dal Raho alla P.M. Pradella (e acquisiti agli atti), del resto, non si fa fatica a trovare ragione delle sue reticenze (peraltro comuni anche a molti altri protagonisti di quegli anni) nel rischio di vedersi contestare la partecipazione ai reati imprescrittibili di strage o di essere costretto a coinvolgervi amici e sodali con i quali spesso i rapporti non erano cessati.

E’ proprio il caso di Raho e Battiston che il primo è costretto ad ammettere di avere rivisto proprio in quei giorni e proprio per parlare di Digilio!.

Le poche battute riservate dalla sentenza alla figura di Roberto Raho sono ancora una volta il frutto della incomprensibile frettolosità di un giudice incapace di andare oltre ciò che ha direttamente ascoltato in aula dimenticando ogni collegamento con la rilevante messe di informazioni che la amplissima indagine gli aveva messo a disposizione.

Ma è la lettura del testo della conversazione fatta dalla Corte che non convince sia per l’omissione di alcuni passaggi importanti sia per le conclusioni.

Il passaggio che riguarda direttamente i fatti del processo è riportato a pag. 214 della sentenza ma deve essere letto nella sua interezza e si compone di tre diverse affermazioni tutte di Roberto Raho.

  1. “Se il nonno dice la verità sulle piccole cose …. Potrebbe … eh, dirla anche sulle grandi”
  2. “Per esempio era trapelato che il nonno aveva detto che Marcello Soffiati il giorno prima della strage era partito per Brescia con le valigie piene di esplosivo, Soffiati è morto ….”
  3. “Il dottore è vivo poi, però, e il Soffiati gli serve per fargli portare la …”

La prima affermazione non può che essere interpretata come la consapevolezza della conoscenza, da parte di Digilio, di molti segreti di grande rilievo sui fatti più eclatanti di quegli anni e si colloca come ulteriore riscontro generico alla attendibilità di Digilio.

Quanto alla seconda è facile notare che Raho collega direttamente la valigetta di Soffiati a Brescia e non già a Milano come sempre sostenuto da Digilio.

Ciò significa che la fonte di conoscenza di Raho non è Digilio ma qualcuno che conosceva l’effettiva destinazione dell’ordigno.

Ciò è tanto più evidente poiché la frase sembra riferirsi alla conoscenza del fatto proveniente da una propalazione estranea al “nonno”: se Raho avesse avuto la notizia dallo stesso Digilio la frase sarebbe stata “il nonno aveva detto che …”.

Si deve parlare, dunque, di una fonte diversa e autonoma rispetto al dichiarato di Digilio e di una fonte certamente precedente alle dichiarazioni sul punto rese ai giudici italiani.

La terza affermazione è un ulteriore elemento di grande rilevanza poiché riguarda direttamente Maggi.

E’ bene notare, che Raho, nel riferire la sua conoscenza dell’episodio due righe sopra non aveva nominato il mandante di Soffiati e, dunque, l’indicazione di questo passo certamente completa la comunicazione delle informazioni in suo possesso indicando il “dottore” (cioè Maggi) come il mandante.

Ma la frase si completa riferendo che il Soffiati “…gli serve per fargli portare la …”.

E’, dunque, a Maggi che serve Soffiati per l’incombenza e, questo, è tecnicamente un riscontro individualizzante al dichiarato di Digilio.

L’affermazione della Corte secondo la quale questa “non sarebbe altro che una ulteriore versione di Digilio resa in tempi antecedenti alla sua collaborazione” è destituita, allora, di ogni fondamento.

Ma la sentenza non avendo rilevato l’evidenza del fatto che il reale dichiarante è il solo Raho, spende varie pagine nel tentativo di ottenere precisazioni e chiarimenti da Battiston col solo risultato di confondersi ulteriormente.

In effetti Battiston dapprima si dice sicuro di aver appreso della valigetta di Soffiati direttamente da Digilio (pag. 223 sentenza) mentre si trovavano tutti e tre insieme collocando l’incontro o nel periodo del militare in Veneto ovvero durante la latitanza in Venezuela, poi finisce per dichiarare di non avere un ricordo diretto del colloquio (pag. 226).

Successivamente (pag. 231) rispondendo al controesame della difesa Zorzi che gli segnala come Digilio avesse escluso (int. 20.1.97 P.M. Brescia) di averne parlato con loro in quei termini, Battiston finisce per sostenere che è Digilio che mente (pur avendo un evidente interesse opposto).

L’errore in cui cade Battiston è lo stesso in cui cade la Corte e cioè escludere che le frasi di Raho abbiano una fonte diversa da Digilio (ad esempio lo stesso Maggi con il quale Raho aveva all’epoca molti rapporti).

Solo così, del resto, si spiega il riferimento a Brescia che Digilio non ha mai fatto e si giustificano le incertezze di Battiston non solo sull’epoca della conoscenza dell’episodio ma anche sulla evidente illogicità di non aver collegato la valigetta alla strage!.

E se è vero che nella descrizione di questo fatto i due non dicono che Soffiati aveva ricevuto la valigetta da Zorzi (come invece afferma Digilio), questa omissione non è in grado, ad un attento esame, di far perdere carattere individualizzante al riscontro.

L’intercettazione ambientale deve essere letta, infatti, unitariamente, vale a dire in tutte le parti del discorso che intercorre fra Raho e Battiston e ciò consente di rilevare come, da un lato, dalla prima parte della conversazione emerga chiaramente la preoccupazione di Zorzi rispetto ad una accusa generica di Digilio, ma dall’altro, quando l’accusa si concretizza, essa corrisponde nelle modalità descrittive del fatto proprio all’episodio della valigetta, di cui Digilio non aveva ancora parlato nel corso dei suoi interrogatori.

L’individualizzazione della accusa verso Zorzi deriva dalla preoccupazione di Zorzi stesso, precedentemente affermata, il quale, se non avesse fornito l’esplosivo, non avrebbe avuto alcuna ragione di temere che Digilio potesse attribuirgli questa condotta e quindi non avrebbe dovuto rientrare nel novero dei “soggetti preoccupati”. E, invece, in questa intercettazione ambientale, oltre a Maggi, i soggetti preoccupati non sono solo Raho e Battiston (perché sanno di avere frequentato con una certa assiduità lo Scalinetto) ma anche Delfo Zorzi.

Ciò non bastasse negli atti si trova un’altra intercettazione che indirettamente conferma la provenienza dell’esplosivo dal gruppo Zorzi.

Ci si riferisce al passaggio alle pagine 50-51 dell’intercettazione ambientale Siciliano-Fisanotti del 16 maggio 2002 che, per comodità di consultazione, viene qui integralmente riprodotto:

Martino: un altro è il Digilio che lo ricoverano … con grado di Capitano in ospedale …

Beppe: Dov’è? … (ride) … Dove cazzo è?

Martino: il coso è qui … vicino al lago di Garda.

Beppe: Ma sarà in qualche ricovero, dai …

Martino: In ospedale.

Beppe: E’ moribondo, cazzo … su …!

Martino: Ma quale “moribondo” ….’

Beppe: Non ha fatto un ictus?

Martino: Si … va beh ….

Beppe: insomma, la malattia …

Martino: (…) …

Beppe: …. La malattia dei camerati è l’ictus …. (riso lieve) ….

Martino: (…) …

Beppe: La malattia (…) camera …

Martino: Lui si ricorda tutto. Con l’ictus si ricorda ….

Beppe: Si ricorda veramente?

Martino: Mi hanno … mi hanno usato a me questo … (…).

La mia questione lì è stata tenuta in piedi solo per quello. Tu lo sai benissimo che io non … (…)…

Beppe: Beh, certo.

Martino: (…) là. Adesso continua (?) a metterlo in culo e … teniamo duro. C’è anche Delfino là.

Posto che non risulta che Siciliano abbia mai conosciuto il capitano Delfino, tali affermazioni dimostrano, innanzitutto, che non era solo Raho ad utilizzare il soprannome di “Delfino” per indicare Zorzi e, sotto tale profilo, costituiscono riscontro sia alla intercettazione ambientale Raho – Battiston sia alle dichiarazioni rese al dibattimento dallo stesso Battiston.

Ma vi è di più. Il passaggio sopra citato dimostra che nel 2002, nel corso di una conversazione nella quale Siciliano era all’oscuro di essere intercettato (mentre Fisanotti era stato mandato dagli inquirenti ad incontrarlo proprio per “provocare” le sue dichiarazioni) lo stesso Siciliano, che aveva ricevuto denaro da Zorzi per non accusarlo (e ciò è riconosciuto nella sentenza impugnata), afferma confidenzialmente che lui, come “pentito”, viene “tenuto in piedi” dagli organi inquirenti per riscontrare le dichiarazioni di Digilio, anche se (precisa il collaboratore) egli non era là in quel periodo (cioè non era più politicamente attivo nella zona di Mestre nel 1974), mentre “Delfino”, cioè Zorzi, si che c’era!

Ebbene, anche alla luce di questi ulteriori elementi, risulta ormai inutile domandarsi il perché Zorzi abbia deciso di “pagare” la ritrattazione di Siciliano.

Una cosa è certa: la risposta che fornisce la Corte di primo grado è a dir poco “imbarazzante”.

Così rilette, le affermazioni di Raho appaiono in tutta la loro rilevanza e si configurano come vere.

Marco Affatigato – dichiarazioni udienza 17.03.2009 – quinta parte

DOMANDA – Lei ha conosciuto Marcello Soffiati?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Quando?

RISPOSTA – Nel 1976, in carcere.

DOMANDA – In carcere dove?

RISPOSTA – A Firenze.

DOMANDA – Ebbe una frequentazione, un rapporto con lui?

RISPOSTA – Come con tutti gli altri di destra detenuti abbastanza assiduo.

DOMANDA – Durò qualche mese la persone detenzione?

RISPOSTA – Tutto il periodo che io sono rimasto al Santa Teresa, sei mesi mi sembra.

DOMANDA – Sei mesi?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – In quel contesto c’era anche Sergio Latini?

RISPOSTA – Transitò in quel contesto, sì.

DOMANDA – Cosa ci può dire di Soffiati? Qual era la sua collocazione?

RISPOSTA – In quel periodo o dopo?

DOMANDA – Prima e dopo. Cominciamo con il prima.

RISPOSTA – In quel periodo Marcello Soffiati si considerava e era considerato – tra virgolette – quello che si definisce, e si definiva allora, come anche oggi, “camerata”, quindi quando siamo in stato di detenzione tutti quelli di destra che erano in carcere compattavano, quindi solidarizzavano tra di loro.

DOMANDA – Lui da che contesto politico proveniva?

RISPOSTA – Lui indicava da Ordine Nuovo.

DOMANDA – Ordine Nuovo come movimento politico?

RISPOSTA – Sì, come movimento politico legato a Massagrande.

DOMANDA – Con riguardo all’esperienza che lei aveva vissuto negli anni ’74 e ’75 lui che tipo di esperienza… nel ’74 a dicembre venne arrestato…

RISPOSTA – Esatto.

DOMANDA – Ma che tipo di esperienza aveva vissuto?

RISPOSTA – Quello che era a conoscenza in quel momento lì in carcere era quella di avere trasportato delle armi, e lui si trovava detenuto per delle armi.

DOMANDA – Lui si trovava recluso per delle armi che avevano ritrovato in casa sua?

RISPOSTA – Non lo so questo, ma per trasporto di armi sapevo.

DOMANDA – Lui confidò episodi delittuosi a lui riferibili ?

RISPOSTA – No.

DOMANDA – Cioè, parlò di un trasporto di armi a prescindere dal fatto…

RISPOSTA – No, solo del trasporto di armi.

DOMANDA – Non parlò di attentati ai quali aveva partecipato?

RISPOSTA – In quel momento lì no.

DOMANDA – Ne parlò in tempi successivi?

RISPOSTA – Ma di attentati specificamente no, di azioni sì, azioni di carattere politico sì; però non erano attentati.

DOMANDA – Che tipo di azioni?

RISPOSTA – Organizzazione, tentativi di colpi di Stato, queste erano altre situazioni.

DOMANDA – Vediamo… perché il rapporto con Soffiati poi si sviluppa nel tempo, quindi cerchiamo di mantenere un ordine cronologico a questo punto, vediamo intanto nel periodo di detenzione cosa dice Soffiati di se stesso.

RISPOSTA – Che lui era detenuto per questo trasporto di armi, e basta.

DOMANDA – Parlò di altro?

RISPOSTA – No, in questo periodo no… ah, sì, dei rapporti con gli Stati Uniti d’America, sì, questo sì.

DOMANDA – Ne parlò già durante la detenzione nel ‘76?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Cosa disse Soffiati con riguardo ai suoi rapporti con i Servizi esteri, o nazionali? Sempre seguendo un ordine cronologico, quindi per quello che è possibile, nel suo ricordo, quelli che erano discorsi di Soffiati fatti a Firenze in carcere con lei.

RISPOSTA – È difficile dire, più che altro è difficile per il Soffiati, purtroppo oggi è deceduto Soffiati, ma già all’epoca era alcolista, e quindi era difficile tenere un filo di conversazione logico e continuo, quindi saltava da palo in frasca si dice, quindi…

DOMANDA – Ma nel ‘76 forse non aveva questa grande disponibilità di alcol, o ce l’aveva?

RISPOSTA – No, no, ce ne è in abbastanza, guardi, in qualsiasi carcere italiano vada lei trova l’alcol che vuole.

DOMANDA – L’alcol non manca. E cosa diceva?

RISPOSTA – Lui si era più che altro lamentato dell’aspetto di essere stato arrestato per questo trasporto di armi, che quindi pensava di essere stato – tra virgolette – venduto.

DOMANDA – Venduto da qualcuno?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Poi per i rapporti con gli americani ogni tanto quando era arzillo…

DOMANDA – Sul fatto di essere stato venduto formulava delle ipotesi?

RISPOSTA – Formulava delle ipotesi.

DOMANDA – Di tipo?

RISPOSTA – Non mi ricordo.

DOMANDA – Neanche il contesto?

RISPOSTA – Il contesto era giornaliero. È un po’ come con Clemente Graziani, lì stai quasi cella accanto, quindi… non nella stessa camera, però tutti i giorni ti vedo.

DOMANDA – Vediamo questo altro aspetto del rapporto

RISPOSTA – Poi non è che parlavi tutti i giorni delle stesse cose.

DOMANDA – Vediamo questo rapporto con gli americani, cosa diceva? Che rapporto diceva di avere?

RISPOSTA – Che lui aveva avuto rapporti gli americani, con i Servizi segreti americani, che era stato a Livorno, che era stato a Camp Derby, etc. etc.. Però su questo mi posso anche rimandare al verbale di interrogatorio che ebbi con il Giudice Salvini.

DOMANDA – Vediamo intanto quello che ricorda. Lei ne parlò poi di queste cose fin dall’82?

RISPOSTA – ‘82 – ’83, nel contesto della strage di Bologna.

DOMANDA – Esatto. In particolare ha citato Camp Derby?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Cosa disse con riguardo a Camp Derby?

RISPOSTA – Camp Derby era…

DOMANDA – Cosa c’era a Camp Derby?

RISPOSTA – C’era una sede di addestramento.

DOMANDA – Di cosa?

RISPOSTA – Per gli italiani che dovevano essere collaborazionisti con gli americani, pseudo agenti segreti.

DOMANDA – Ci dica tutto quello che ci può dire.

RISPOSTA – È tutto quello che ricordo, che però a distanza di tempo non è che ti ricordi tanto.

DOMANDA – Comunque ne parlava come di una struttura fisica?

RISPOSTA – No.

DOMANDA – Cosa era Camp Derby nei racconti di Soffiati?

RISPOSTA – Lei mi sta parlando del periodo della detenzione, poi nella struttura fisica ci arriviamo invece in un altro periodo.

DOMANDA – Nel periodo della detenzione.

RISPOSTA – Nella detenzione quella era la conversazione.

DOMANDA – Nel ’76 – leggo dal verbale 26 novembre ‘82, al giudice istruttore di Bologna…

RISPOSTA – Dottor Gentile mi sembra.

DOMANDA – No, Grassi, e Pubblico Ministero Nunziata, Bologna, non Roma. “Nel ‘76 trascorsi…”… – è lei che parla -“…un periodo di detenzione insieme al Soffiati, fu allora che questi mi disse di avere preso parte ad un corso organizzato dalla CIA a Camp Derby”…

RISPOSTA – Esatto, sì.

DOMANDA – È giusto?

RISPOSTA – È giusto.

DOMANDA – “…e Soffiati mi riferì che tale corso aveva ad oggetto l’addestramento a subire interrogatori anche violenti”.

RISPOSTA – Certo, e al metodo investigativo.

DOMANDA – “… il corso prevedeva l’addestramento all’uso delle armi e a tecniche investigative”.

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – “Dato il tempo trascorso non ricordo se mi abbia riferito altri particolari, ricordo comunque che insisteva che collaborassi con la CIA. Il collaborare con la CIA non apparteneva alla strategia di Ordine Nuovo inteso nel suo complesso come movimento politico.

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Ci spieghi questo. Finisco la frase: “Singoli componenti di Ordine Nuovo hanno tuttavia collaborato con la CIA a titolo personale; dico questo riferendomi al caso mio” – questo poi ce lo spiegherà per i tempi successivi – “e a quello di Soffiati”. Quindi già lui lì che invito le faceva? Non ho ben capito questa cosa che insisteva che collaborasse con la CIA.

RISPOSTA – Il motivo della mia detenzione era un motivo a tempo determinato, quindi breve, quindi in quel momento lì penso supponesse che una volta uscito potessi essere chiamato a far parte di un organigramma sotto la sua struttura, se eventualmente esisteva.

DOMANDA – Che cosa disse di questa struttura oltre all’avere partecipato a questo corso?

RISPOSTA – Della struttura non ne parlò proprio.

DOMANDA – Quale era la posizione di Soffiati, le posizioni politiche di Soffiati? Abbiamo sentito stragismo, non stragismo, introduciamo il tema golpismo.

RISPOSTA – Anche su questo ci sono delle distinzioni da fare, perché Soffiati sì era vicino a Ordine Nuovo tramite Massagrande, però era più un’ala monarchica che antipartitica come movimento di Ordine Nuovo, e in quell’ambito lì non ritengo, questo è un mio pensiero personale, che fosse vicino alle linee stragiste, questo è il mio pensiero personale. È anche possibile però che gli eventi lo portassero.

DOMANDA – Perché fa questo riferimento?

RISPOSTA – Perché era un gruppo rispettoso della linea di comando, quindi in definitiva anche quando si parlava del suo arresto, il suo arresto fu determinato perché una pattuglia – se ricordo bene – lo fermò, fu perquisita l’auto e trovarono le armi, ma lui sapeva doverle portare da un punto ad un altro; cioè non sapeva da dove venivano e dove andavano, sapeva di portarle e gli era stato dato quell’incarico da un suo superiore.

DOMANDA – Lui in questi termini raccontava l’episodio del suo arresto?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Nell’occasione gli vennero sequestrati anche degli esplosivi?

RISPOSTA – Non mi ricordo.

DOMANDA – Non ricorda discorsi a riguardo.

RISPOSTA – No, non mi ricordo il fatto.

DOMANDA – Soffiati in questo periodo, o in tempi successivi, le parlò di contatti con Venezia, con la zona veneta?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – E in particolare di Venezia?

RISPOSTA – Quello in tempo successivo.

DOMANDA – Non in questa fase?

RISPOSTA – Non mi sembra.

DOMANDA – Quindi diceva, per quello che ha capito lei della sua posizione, non aveva atteggiamenti dichiaratamente stragisti.

RISPOSTA – No.

DOMANDA – Il tema del golpismo come lo…

RISPOSTA – Quello è diverso.

DOMANDA – L’affrontiamo già in questa fase del carcere del ‘76, o anche questo è un momento successivo?

RISPOSTA – No, è un elemento che è maturato nel tempo, perché è vero che siamo stati in carcere insieme fino a quando io sono uscito, ma poi successivamente io l’ho frequentato, quindi nel ‘77, fintanto anche nella latitanza, quindi lui veniva da me in Francia, è stata una frequenza continua.

DOMANDA – Al di là del riferimento temporale, sviluppiamo come minimamente questo argomento.

RISPOSTA – Se non si intende il riferimento temporale in questo caso qui è necessario dire che sì avrebbe militato anche in un tentativo di colpo di Stato.

DOMANDA – Ci sa minimamente sviluppare questo argomento, per quelli che sono i suoi ricordi in questo momento?

RISPOSTA – Potrei dire che quelli che sono i miei ricordi sono quelli che sono in atti del Tribunale di Bologna, laddove furono sequestrati durante il mio arresto in Francia dei documenti di una preparazione, un elaborato di preparazione di intervento delle forze armate in Italia; e naturalmente questo documento fu commissionato a me da Marcello Soffiati e a Marcello Soffiati dal tenente colonnello Amos Spiazzi.

DOMANDA – Sviluppiamo un attimo, dato che abbiamo introdotto questo argomento, anche se andiamo molto più avanti negli anni… in che anno andiamo?

RISPOSTA – Sì, però in definitiva c’è un buco, c’è un buco temporale nel male i miei rapporti con Soffiati vengono interrotti e vengono ripresi negli anni ‘78, ‘79, nel ’79 più che ’78.

DOMANDA – Comunque per mantenere un ordine abbiamo introdotto questo argomento del documento, quindi ci spieghi meglio, quando lei venne arrestato a Nizza le venne sequestrato tra l’altro materiale documentale, bozza di cosa?

RISPOSTA – Movimento delle forze armate, cioè una stesura di un programma di intervento nazionale che non era il piano di rinascita nazionale. Quello lo stanno facendo ora.

DOMANDA – Aveva una intestazione questo documento?

RISPOSTA – Non me lo ricordo. Comunque è agli atti, sequestrato.

DOMANDA – Lei ne parla per la prima volta di questo documento nel verbale del 18 maggio ‘82 innanzi al Pubblico Ministero di Bologna, e ne parlò di questo documento come piano di azione politica del movimento forze armate per l’indipendenza.

RISPOSTA – Esatto.

DOMANDA – Lei venne incaricato della stesura di questo documento?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Venne incaricato da Soffiati.

RISPOSTA – Venni incaricato da Soffiati.

DOMANDA – Che a sua volta agiva per conto…?

RISPOSTA – Per conto di Spiazzi.

DOMANDA – Di Amos Spiazzi?

RISPOSTA – Sì, del tenente colonnello.

DOMANDA – Per quello che lui disse?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Lei aveva anche dei rapporti diretti con Amos Spiazzi?

RISPOSTA – Telefonicamente, quindi non posso confermare che fosse Spiazzi.

DOMANDA – Che l’interlocutore fosse effettivamente Spiazzi. E che tipo di rapporti telefonici ebbe con Spiazzi?

RISPOSTA – Riguardo a questo documento.

DOMANDA – Che finalità aveva questo documento?

RISPOSTA – Oggi potrei dire che serviva per valorizzare un mio arresto nel 1980.

DOMANDA – Allora, prima vediamo il contenuto del documento e poi ci dà questa lettura aggiornata, nelle dichiarazioni…

RISPOSTA – Una lettura aggiornata riguarda Pian del Rascino, quindi la lettura aggiornata è identica.

DOMANDA – Come dice?

RISPOSTA – È identica a Pian del Rascino.

DOMANDA – Ci spieghi bene. Andiamo con ordine: il documento di quanti fogli era composto?

RISPOSTA – Sarà stato composto di una sessantina di fogli.

DOMANDA – Era un programma politico?

RISPOSTA – Era un programma politico.

DOMANDA – Da utilizzare asseritamente quando?

RISPOSTA – Asseritamente ad un colpo di Stato, quindi asseritamente ad un intervento delle forze armate in Italia.

DOMANDA – All’indomani di un colpo di Stato, o in funzione…?

RISPOSTA – No, in funzione.

DOMANDA – In funzione di un colpo di Stato, quindi mirava a cosa? A diffondere…

RISPOSTA – L’organizzazione delle forze armate all’interno del Paese.

DOMANDA – Quindi a creare adepti tra le forze armate?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Cioè era rivolto agli appartenenti alle forze armate per indurli a partecipare ad un colpo Stato?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – È questo?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Lei consegnò… no, le venne sequestrato poi a Nizza, non venne mai consegnato; quello era l’originale del suo lavoro.

RISPOSTA – Certo.

DOMANDA – Oggi diceva… ne dà una lettura come Pian del Rascino, ma ci spieghi cosa intende e perché lo dice.

RISPOSTA – Purtroppo tutti noi abbiamo presente la strage di Bologna, come quella di Brescia, immediatamente a Brescia viene indicato un soggetto identificato tramite un identikit, che è Giancarlo Esposti, immediatamente Giancarlo Esposti viene ammazzato. Quindi autore della strage ammazzato. Poi dopo i risvolti sono quelli giudiziari. Bologna, immediatamente dopo la strage di Bologna, quindi il giorno stesso, viene identificato tramite un identikit Marco Affatigato, subito la notizia – la sera stessa – alla stampa, “l’attentatore è Marco Affatigato”. Marco Affatigato il giorno dopo doveva prendere un volo, preparato da Stefano Delle Chiaie, per andare in Argentina, l’avrei preso o non l’avrei preso, questo è un altro discorso, certamente non avendo compiuto la strage di Bologna attesi che mi venissero ad arrestare.

DOMANDA – Questa è una sua lettura degli eventi o…

RISPOSTA – È una mia lettura.

DOMANDA – …o ha delle conoscenze per quanto riguarda Esposti a Pian del Rascino e per quanto riguarda la sua vicenda? Lei subì anche un tentativo di omicidio?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – In tempi successivi?

RISPOSTA – Sì, in tempi successivi.

DOMANDA – Se una valutazione, una interpretazione degli eventi va bene così, se invece ci sono dei fattori di conoscenza li approfondiamo.

RISPOSTA – Diciamo che sono valutazioni.

DOMANDA – Torniamo indietro, dicevamo il rapporto con Soffiati, quindi dei rapporti con Venezia non ne parla nei primi mesi di detenzione comune?

RISPOSTA – Non mi sembra di ricordare.

DOMANDA – Nel verbale del 26 marzo ‘83 sempre al giudice di Bologna lei fa riferimento ad un documento sequestrato a Spiazzi invece, iniziante con le parole “dottor Prati”, relativo ad un traffico di esplosivo, ricorda qualcosa?

RISPOSTA – No, francamente no, se mi legge il testo.

DOMANDA – Le leggo il pezzo, però chiedo a lei proprio…“Prendo visione del documento sequestrato a Spiazzi Amos, iniziante con le parole <<dottor Prati>>; con riferimento al traffico di esplosivo nel quale avrei dovuto fare da basista ad un palestinese dichiaro che ritengo che in realtà si tratti di quel traffico di armi da me organizzato con Soffiati del quale ho già parlato nel precedente interrogatorio. Non vi sono mai stati traffici di esplosivo cui abbia preso parte assieme a Soffiati, ritengo che quanto scritto in proposito nel documento sia da addebitare ad una versione un po’ enfatica di Marcello Soffiati”.

RISPOSTA – È probabile.

DOMANDA – Ricorda qualcosa?

RISPOSTA – Confermo questo.

DOMANDA – Di cosa si trattava esattamente?

RISPOSTA – Si trattava delle armi che il Soffiati aveva dato ad un mio collaboratore da far pervenire in Francia.

DOMANDA – In che momento?

RISPOSTA – Nel ’79.

DOMANDA – Quindi nella fase poi dei rapporti effettivi.

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Ci arriviamo con ordine. Di un discorso che aveva ad oggetto l’Arena di Verona, Soffiati gliene parlò mai?

RISPOSTA – Non in detenzione, successivamente.

DOMANDA – Non so quando, perché non c’è il riferimento, anche questo è un discorso successivo?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – E allora affrontiamo questo discorso successivo, quindi lei esce dal carcere prima di Soffiati?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – E poi vi incontrate?

RISPOSTA – Anche a casa sua, a Verona, a Colognola ai Colli.

DOMANDA – Siamo nel ‘79?

RISPOSTA – Nel ‘79 no perché ero già latitante, quindi siamo nel fine del ‘77, inizi ‘78.

DOMANDA – In che occasione lei andò a casa di Soffiati?

RISPOSTA – Più volte, in quanto si intratteneva un rapporto ordinario in quella occasione allora venni a sapere che i camerati di Soffiati avevano aiutato la famiglia durante la sua detenzione, aiutata la moglie sia con forniture di denaro che in altro modo.

DOMANDA – In particolare chi erano questi camerati che avevano aiutato Soffiati?

RISPOSTA – Mi sembra il nome di Maggi lì fu fatto, mi sembra.

DOMANDA – Il nome di Maggi venne fatto?

RISPOSTA – Mi sembra, ma non ricordo ora.

DOMANDA – Lei in un verbale parla di Maggi, e in un altro verbale parla di Massagrande.

RISPOSTA – Sì, Massagrande era il suo…

DOMANDA – Come viene fuori questo discorso di Maggi, e cosa altro con riguardo a Maggi disse il Soffiati?

RISPOSTA – Successivamente?

DOMANDA – Sì.

RISPOSTA – Non in quelle occasioni all’abitazione di…

DOMANDA – Ancora dopo.

RISPOSTA – In Francia, quindi dopo in Francia.

DOMANDA – Sì.

RISPOSTA – In Francia quando io ebbi necessità…

DOMANDA – Quindi ’79 – ‘80?

RISPOSTA – Più nell’inizio dell’80 che fine ’79; quando io avevo necessità di materiale farmaceutico allora lui tirò fuori il nome di Maggi come medico, che l’avrebbe potuto fornire, e infatti io mandai una persona a prendere questi medicinali.

DOMANDA – Ci spieghi meglio, non era per le farmacie, insomma!

RISPOSTA – Scusi?

DOMANDA – Non era per le farmacie che servivano questi medicinali?

RISPOSTA – No, sarebbe dovuto servire ad eliminare Stefano Delle Chiaie.

DOMANDA – Quindi c’è un progetto omicidiario nei confronti di Delle Chiaie?

RISPOSTA – Sì, di Stefano Delle Chiaie.

DOMANDA – Di questo progetto gliene parla Soffiati.

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Perché Delle Chiaie doveva essere ucciso?

RISPOSTA – Perché venivano imputate a Delle Chiaie tutte delle azioni che erano in contraddizione a tutto ciò che la destra, e sto parlando della destra estrema in questo caso qui… venivano portate in Italia.

DOMANDA – Diciamone alcuni di questi addebiti che venivano mossi a Delle Chiaie.

RISPOSTA – La linea stragista era una…

DOMANDA – La linea stragista?

RISPOSTA – Era una di queste.

DOMANDA – Poi?

RISPOSTA – Poi gli arresti di tanti soggetti detenuti nelle carceri in Italia.

DOMANDA – Per esempio?

RISPOSTA – A partire anche dal processo di Ordine Nuovo, dove diciamo l’orientamento dell’uccisione del giudice Occorsio fu dato dalla parte con contatto con Stefano Delle Chiaie, cioè Signorelli, Delle Chiaie; quindi diciamo che omicidio Occorsio era stato il consolidamento della unificazione di questi gruppi, ma in realtà si presumeva, nelle discussioni che facevamo, che l’omicidio Occorsio non serviva, anche se molti di noi l’avrebbero auspicato… non era come punizione del giudice Occorsio, ma bensì era stato Concutelli utilizzato come strumento per uccidere Occorsio in quanto stava indagando su altre cose non necessariamente di estrema destra.

DOMANDA – Si fece qualche specificazione?

RISPOSTA – Francamente in quel periodo no.

DOMANDA – E lei con riguardo… sviluppiamo un attimo questa parentesi dell’omicidio Occorsio, ha anche riferito di cose che vennero dette in corso di una riunione in Corsica.

RISPOSTA – È questo.

DOMANDA – È questo?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Questi temi sono antecedenti o successivi all’omicidio?

RISPOSTA – No, allora, la discussione con Soffiati è successiva.

DOMANDA – La riunione in Corsica?

RISPOSTA – La riunione in Corsica è del… prima dell’estate del ‘75. Io fui arrestato a settembre del ’76 o del ’75? Non mi ricordo più.

DOMANDA – Lei è stato arrestato il 24 settembre ‘76.

RISPOSTA – Sono stato arrestato più volte, quindi…

DOMANDA – Comunque il 24 settembre è solo nell’anno ’76 che è stato arrestato.

RISPOSTA – Allora prima dell’estate del ‘76. Quindi nel gennaio – febbraio ‘75.

DOMANDA – Del ’76!

RISPOSTA – Sì, del ’76.

DOMANDA – Completiamo questo discorso, cosa avvenne in quella riunione? Lei non vi prese parte?

RISPOSTA – No, io presi parte, e mi opposi, come era dovuto, all’uccisione del giudice Occorsio, la maggioranza deliberò invece per l’uccisione, e io abbandonai la Corsica venendo in Italia.

DOMANDA – Chi era presente a quella riunione?

RISPOSTA – Coloro che poi agirono nell’uccisione di Occorsio.

DOMANDA – Lei indicò la presenza di Signorelli…

RISPOSTA – Certo.

DOMANDA – … di Massagrande…

RISPOSTA – Esatto.

DOMANDA – … e forse di Delle Chiaie.

RISPOSTA – Su quello non ero sicuro.

DOMANDA – E tuttora non lo è.

RISPOSTA – Esatto.

DOMANDA – E un certo Lillo.

RISPOSTA – Lillo.

DOMANDA – Soprannome di chi?

RISPOSTA – Concutelli.

DOMANDA – Di Concutelli. Torniamo al nostro Soffiati, dicevamo degli aiuti finanziari, e lei ne parlò… le dicevo, c’erano questi verbali, uno del 2 maggio ‘95 al giudice di Milano, dove lei disse: “Rividi Soffiati a Colognola, dove la sua famiglia nel corso della sua detenzione aveva acquistato un ristorante. Soffiati mi disse che i mezzi finanziari per aprire questo ristorante erano stati forniti a sua moglie dal dottor Maggi ma non so se a titolo di prestito o di regalo. Lo vidi a Colognola prima della mia partenza per la Francia nel ‘78”. Invece in un secondo verbale questo discorso del ristorante lo attribuisce a Massagrande, sono vere entrambe le affermazioni?

RISPOSTA – Sono vere entrambe.

DOMANDA – C’è un discorso massoneria.

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Che riguarda anche Soffiati. Prima l’abbiamo affrontato per l’incontro con Gelli, a questo punto, lei lì aveva detto “la mia posizione quando?”, come a dire che nel tempo è cambiata evidentemente.

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Vediamo il discorso massoneria rapportato a Soffiati e poi lo sviluppo con quella che è la sua esperienza. Il discorso massoneria – Soffiati lo collochiamo qui in questa visita a Colognola?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Cosa le venne detto?

RISPOSTA – Parlò che lui era un massone, che suo babbo era massone.

DOMANDA – Lui e il padre?

RISPOSTA – Sì. E che altri suoi amici erano massoni. Una conversazione, come si può fare, di carattere intellettuale, nella quale chiese a me se volevo diventare un fratello, quindi l’iniziazione massonica.

DOMANDA – E lei aderì?

RISPOSTA – No.

DOMANDA – Il discorso suo è successivo?

RISPOSTA – Il mio discorso è successivo, ma non riguarda l’Italia riguarda un altro Paese.

DOMANDA – Quanto a Soffiati, questo discorso della massoneria va correlato in qualche modo alle tematiche politiche portate avanti da Soffiati o no?

RISPOSTA – No, assolutamente.

DOMANDA – No. Per quello che le venne detto da Soffiati o da suo padre non c’era nessuna correlazione?

RISPOSTA – Suo padre io non l’ho mai conosciuto.

DOMANDA – Non l’ha conosciuto.

RISPOSTA – No.

DOMANDA – Era lui che parlava del padre?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Lei si fermò a casa di Soffiati per qualche tempo?

RISPOSTA – Sì, per qualche giorno.

DOMANDA – Ha conosciuto Bressan Claudio?

RISPOSTA – Il nome non mi dice niente.

DOMANDA – Che cosa altro disse Soffiati con riguardo alla figura di Carlo Maria Maggi? L’abbiamo visto fin qui soltanto con riferimento al finanziamento per l’acquisto della trattoria.

RISPOSTA – Francamente non mi ricordo.

DOMANDA – Non ricorda nulla di particolare?

RISPOSTA – No, di particolare no.

DOMANDA – Sempre da questo verbale del 2 maggio del ‘95 leggo quello che lei dichiarò: “oltre a Marcello Soffiati non ho conosciuto personalmente, cioè non ho avuto rapporti politici personali diretti con altre persone del vecchio gruppo veneto di Ordine Nuovo, salvo l’unico incontro a Padova di cui dirò”, ed è quello di cui noi abbiamo già parlato questa mattina, “…Soffiati tuttavia mi parlava con frequenza del dottor Carlo Maria Maggi con il quale aveva ottimi rapporti, del quale non conoscevo né il ruolo né la funzione all’interno di Ordine Nuovo del Veneto, tuttavia dai discorsi di Soffiati si comprendeva che questo dottor Maggi si collocava ad un livello elevato nella scala gerarchica anche sul piano organizzativo”.

RISPOSTA – Confermo.

DOMANDA – È così?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – “Il nome di Maggi emerse nuovamente nel maggio ’80 in occasione del progetto omicidiario nei confronti di Mauro Mennucci”.

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Adesso sviluppiamo questa parte, che torna con il discorso dei farmaci. Volevo dire: quando Soffiati le parla di Maggi, e siamo quindi nel ‘78, ‘79, lei non ricollega il nome e la personalità…

RISPOSTA – No.

DOMANDA – …con la persona che aveva incontrato?

RISPOSTA – Assolutamente no.

DOMANDA – Sviluppiamo questo discorso dei farmaci. Ci dica lei, il progetto omicidiario… prima ha fatto un cenno a Delle Chiaie, volevo completare un attimo il discorso Delle Chiaie, nei verbali lei fa riferimento specifico alla cattura di Pozzan…

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – …come causale diretta e immediata della condanna a morte – tra virgolette – di Delle Chiaie.

RISPOSTA – Di Stefano Delle Chiaie.

DOMANDA – Cosa era accaduto a Pozzan, chi era?

RISPOSTA – Personalmente non l’ho mai conosciuto, Pozzan, quindi so quello che ho letto sui giornali.

DOMANDA – No, quello che lei ha saputo da Soffiati adesso mi interessa.

RISPOSTA – Da soffiati ho saputo che era un loro conoscente, e…

DOMANDA – Conoscente?

RISPOSTA – Mi scusi, un loro camerata, utilizzava questo termine, e pertanto la sua cattura aveva messo in pericolo…

DOMANDA – Cattura avvenuta dove?

RISPOSTA – Non mi ricordo francamente.

DOMANDA – Ricorda se era la Spagna?

RISPOSTA – Non mi ricordo.

DOMANDA – Comunque, la sua cattura aveva messo in pericolo?

RISPOSTA – Tutta la organizzazione di cui faceva riferimento Soffiati ed era stato condannato a morte Stefano Delle Chiaie per questo.

DOMANDA – Da chi era stato condannato a morte a dire di Soffiati?

RISPOSTA – Da chi era stato condannato a morte non l’ho mai chiesto, e neanche mi interessava, l’oggetto era eliminare Stefano Delle Chiaie, siccome Stefano Delle Chiaie apportava per quello che era di nostra competenza, anche se io mi ero già distaccato dal gruppo di Ordine Nuovo, aveva portato tanto danno al gruppo di Ordine Nuovo, per me era – tra virgolette – un piacere potere eseguire l’opera.

DOMANDA – Quindi delle parole di Soffiati c’era questo riferimento diretto all’arresto di Pozzan?

RISPOSTA – Sì, mi sembra di sì.

DOMANDA – Come motivazione della condanna?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Invece il discorso di Mennucci come si colloca nel tempo anche? È nello stesso contesto temporale o in momenti diversi?

RISPOSTA – Credo che sia nello stesso contesto temporale in quanto per prendere il necessario per l’uccisione di Stefano Delle Chiaie l’operazione di recupero di questo materiale fu eseguito a Pisa.

DOMANDA – Fu la stessa operazione?

RISPOSTA – Ritengo di sì.

DOMANDA – Perché Mennucci doveva essere ammazzato?

RISPOSTA – Perché aveva tradito a tutti.

DOMANDA – Quel discorso che ha fatto prima della macchina e delle dichiarazioni che portarono poi agli arresti.

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Questo era il motivo, lei mi ha chiesto la motivazione, poi giusto o sbagliato è un altro concetto.

DOMANDA – Veniamo alla fase successiva, quindi lei assume questo incarico?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Come si sviluppa?

RISPOSTA – Non viene portato a termine, non viene portato a termine perché il soggetto che trasportava…

DOMANDA – Andiamo con ordine, lo trasportava dopo che era andato a prendere qualcosa da qualcuno…

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Quindi come doveva avvenire l’approvvigionamento, con che cosa dovevano essere uccisi?

RISPOSTA – Stefano Delle Chiaie doveva essere ucciso con del veleno.

DOMANDA – In particolare?

RISPOSTA – Cianuro.

DOMANDA – E Mennucci?

RISPOSTA – E Mennucci con le pistole.

DOMANDA – Con la pistola. Come avviene l’approvvigionamento del veleno e della pistola?

RISPOSTA – Del veleno avviene l’approvvigionamento a Pisa, tramite un emissario di Soffiati che incontra un mio emissario, gli viene consegnato veleno e lo trasporta in Francia.

DOMANDA – E la pistola?

RISPOSTA – Questo francamente non c’entra niente con quello che io sappia.

DOMANDA – Da dove proveniva questo cianuro?

RISPOSTA – Non lo so, e non l’ho chiesto.

DOMANDA – Quando lei venne sentito il 2 maggio 1995 dal giudice di Milano disse: “il nome di Maggi emerse nuovamente nel maggio ‘80 in occasioni del progetto di omicidio nei confronti di Mauro Mennucci, ritengo responsabile della cattura di Mario Tuti. Soffiati mi chiese e mi propose di provvedere alla eliminazione fisica di Mennucci, e per tale incarico consegnò ad un mio incaricato, il francese Daniel Milan”…

RISPOSTA – Confermo.

DOMANDA – …“… a Verona una pistola che questi doveva usare per uccidere Mennucci, e anche delle pasticche di cianuro che doveva servire per un’altra azione contro Delle Chiaie”.

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Quindi è un’unica… cioè, questo Daniel Milan intanto chi è?

RISPOSTA – È un francese che abita…

DOMANDA – Cosa faceva, che attività svolgeva?

RISPOSTA – Di sorveglianza.

DOMANDA – Un agente di una agenzia privata di sorveglianza?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Lavorava con lei?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Ci sono anche i verbali precedenti, lei parla di questa persona, e poi ne fa il nome successivamente.

RISPOSTA – Certo.

DOMANDA – Quindi lui viene in Italia per ricevere pistola e cianuro per Delle Chiaie e per Mennucci, è così?

RISPOSTA – È così.

DOMANDA – L’operazione non andò in porto…

RISPOSTA – Perché? Perché fu addormentato in treno e gli furono trafugati sia pistola che cianuro.

DOMANDA – Così andò?

RISPOSTA – Così andò.

DOMANDA – Nel ritorno in Francia.

RISPOSTA – Nel ritorno in Francia.

DOMANDA – Però c’è questo passaggio che è diverso da quello che dice oggi: “…prima di tale consegna il Soffiati mi aveva detto, eravamo a Nizza, che sia la pistola sia le pasticche gli sarebbero state consegnate dal dottor Maggi. Era noto nell’ambiente lì in Veneto che uno dei gruppi forti e punto di riferimento era il gruppo di Verona”.

RISPOSTA – Sì, quello è constatato, quindi…

DOMANDA – Questo discorso della provenienza da Maggi delle pasticche di cianuro se lo ricorda? Cioè, un attimo fa parlava di farmaci ma alludeva a questa vicenda?

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Ma di farmaci ne parlava con riguardo a Maggi, o no?

RISPOSTA – Io non ho mai parlato con Maggi di farmaci, il mio interlocutore è stato sempre Soffiati.

DOMANDA – Quello che le disse Soffiati.

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – Lei ha un rapporto diretto con Soffiati…

RISPOSTA – Sì.

DOMANDA – …a Verona viene Daniel Milan…

RISPOSTA – Non a Verona, a Pisa.

DOMANDA – A Pisa. Non a Verona quindi la consegna.

RISPOSTA – A Pisa.

DOMANDA – Sì, dove si recò un emissario – e non sa chi – di Soffiati.

RISPOSTA – Esatto

Carlo Maria Maggi – dichiarazioni 08.12.1982

Adr: ho preso visione del mandato di cattura nr 177/82. Intendo rispondere. Gia’ tempo prima del 19.09.82 avevo proposto al Gianniotti e a suo cognato di fare una gita a Monfalcone per andare a mangiare e per andare a trovare Guerin. Sapevo che il cognato di Gianniotti intendeva invitarci a pranzo e pertanto feci tale proposta. Il cognato non era in alcun modo coinvolto in attivita’ politiche. Veniva con noi soltanto per pagarci il pranzo e farci da autista. Cambiammo programma e decidemmo invece di andare a Colognola in quanto intendevo parlare nuovamente con Soffiati del nostro progetto di far catturare la banda Cavallini. Intendevo riferire al Soffiati che circa 15 giorni prima avevo parlato col Digilio. Preciso che gli avevo parlato un mese e mezzo prima.

Adr: probabilmente anche il viaggio a Colognola dell’ aprile lo feci col Gianniotti e forse anche col cognato di quest’ ultimo servendoci della sua macchina. Il 19.09.82 partimmo verso le 10 da piazzale Roma. Eravamo in tre, io, Gianniotti e mio cognato. Commentammo l’ arresto di Bressan, ma non particolarmente.

L’ imputato quindi soggiunge di non aver parlato di tale arresto col Gianniotti, afferma che Gianniotti era neurolabile e dichiara di non aver ritenuto percio’ opportuno di impressionarlo.

Prendo atto che dall’ intercettazione di una telefonata da me effettuata chiamando tale Barbaro Giorgio emerge che la notizia dell’ arresto del Bressan avrebbe provocato al Gianniotti una “diarrea” (tlf h. 20,12 del 23.09.82). Puo’ darsi che abbia parlato dell’ arresto del Bressan al Gianniotti pero’ “senza insistere”, in modo discorsivo.

Adr: durante il viaggio abbiamo parlato di argomenti che non ricordo, probabilmente pero’ anche dell’ arresto di Bressan. Durante il ritorno prestavo attenzione alla radiocronaca di “Tutto il calcio minuto per minuto” e dormicchiavo. Arrivammo alla trattoria verso le 12. Mangiammo quasi subito e finimmo verso le 13 circa, rettifico facendo presente che iniziammo a mangiare dopo circa mezz’ ora.

Adr: nella sala c’ era una comitiva di Verona. Ritengo che fosse proveniente da tale citta’ in quanto parlavano dialetto veronese.

Adr: solo dopo il pranzo dissi al Gianniotti e al cognato di allontanarsi facendo loro presente che avevo da trattare affari personali col Soffiati. Li feci aspettare circa venti minuti. Ripartimmo da Colognola verso le quindici. Fra le 17 e le 18 eravamo giunti a Venezia.

Adr: la vettura del cognato di Gianniotti e’ una toyota colore verdino tipo berlina e non fuoristrada. La conoscevo per esserci salito gia’ un’ altra volta.

Adr: parcheggiammo nella piazza della chiesa. Piu’ prossimo alla trattoria vi era uno slargo adibito a parcheggio che era gia’ completamente occupato. Quando venne il cognato di Bressan la comitiva di veronesi non c’ era piu’. Tenendo conto di quanto ora detto, devo rettificare gli orari sopra riportati nel senso che sicuramente feci attendere il Gianniotti ben piu’ di venti minuti perche’ dovevo attendere l’ arrivo di Casanova che tardo’ all’ appuntamento.

Adr: mentre mangiavamo, Soffiati mi disse riservatamente che sarebbe venuto Casanova, che era inferocito con lui. Io avrei dovuto cercare di calmarlo.

Adr: Casanova accusava Soffiati di avere provocato l’ arresto di Bressan. Io avrei dovuto cercare di tranquillizzarlo usando la mia autorita’ di medico.

Adr: l’ incontro con Casanova non duro’ piu’ di mezz’ ora. Spiegai al Casanova che Bressan era venuto da me a ritirare gli indumenti per Digilio e che, avendo visto sulla mia scrivania delle pallottole per tiro a segno, me le aveva chieste. Naturalmente cio’ non rispondeva a verita’. Era una versione dei fatti ideata da Soffiati al fine di tranquillizzare Casanova. Questi mi disse inoltre che era preoccupato per del materiale trovato presso il Bressan, mi parlo’ di timbri contenuti in una borsa. Non sapevo che Soffiati avesse dato queste cose a Bressan, ne sentii parlare per la prima volta dal Casanova.
Se ne parlo’ solo incidentalmente in quanto Casanova aveva tirato fuori questo argomento per rendere evidente ed avvalorare la sua preoccupazione. Ma l’ oggetto principale del colloquio era il mio tentativo di rassicurare il Casanova circa l’ arresto di Bressan. La famiglia di Bressan era una potenza a Colognola ed il Soffiati temeva che inimicandosela avrebbe potuto andare incontro a conseguenze spiacevoli di carattere economico.

Adr: prendo atto che a seguito di una iniziativa del difensore di Bressan, questi successivamente al suo arresto modifico’ l’originaria versione dei fatti. Raccomandai a Soffiati di far sapere all’ avvocato di invitare il Bressan semplicemente a dire il vero.

Ad dif r: non sapevo neppure l’ esistenza dei timbri e dei documenti di cui mi parlo’ Casanova. Non mi importava niente della destinazione che Casanova intendeva dare a queste cose.

Ad pm r: non mi pare che nella trattoria di Soffiati si sia parlato col Casanova degli oneri relativi alla difesa di Bressan e dei difensori cui affidarla.

Adr: nel momento in cui avvenne il colloquio che ebbe luogo nella sala da pranzo, nella trattoria non c’ era piu’ nessuno.

Adr: terminato il colloquio io e Casanova ci allontanammo insieme, o forse si allontano’ prima lui precedendomi di un attimo. Raggiunsi quindi il Gianniotti e suo cognato e tutti e tre insieme passammo a salutare Soffiati e sua moglie e a bere un bicchiere.

Adr: durante il pranzo mangiammo tagliatelle con piselli ed una grigliata, bevemmo del vino rosso.

Adr: prima del pranzo Soffiati mi presento’ delle persone di cui non ricordo il nome, si trattava di suoi amici. Non ricordo di avere incontrato un commercialista.

Adr: Soffiati conosce Gianniotti come avvocato.

Adr: ricevo lettura della trascrizione di una lettera del 03.05.82 da me inviata a Soffiati. La riconosco come mia.

Adr: Rauti era stato ad Abano Terme per una conferenza sul turismo, intendevo parlargli del rilancio della corrente rautiana nel veneto e a Venezia in particolare. Io stesso appartengo alla corrente di rauti, che intendevo contribuire a rilanciare soprattutto al fine di avvicinare la “nuova destra”. Credo che la nuova destra faccia capo a Tarchi Marco.

Adr: gli “amici che tu sai”, cui faccio cenno nella lettera, sono Gianniotti, Barbaro e mio figlio. Di costoro solo Gianniotti venne con me a Colognola ai colli.

Adr: sono stato a Colognola col Gianniotti tre o quattro volte, sempre da Soffiati.

Adr: quando faccio riferimento ad un gruppo di giovani che si sarebbe avvicinato a noi, intendo parlare dei coniugi Tonini residenti a Venezia e di tale Held, persona impegnata nel settore della pubblicita’. Nei contatti con queste persone lavoravo insieme a Barbaro. Con queste persone costituimmo il GRE, gruppo di ricerca ecologica. I coniugi Tonini e Held consideravano tuttavia il Msi sorpassato ed inutile e facevano proprio il modo di pensare della nuova destra italiana. Secondo me la nuova destra italiana si ispira a sua volta alla nuova destra francese. Fu il direttore dell’”uomo libero”, persona che abita a Laveno e che io incontrai a Pallanza, a dirmi che la nuova destra francese e’ legata alla massoneria.

Adr: quando nella lettera parlo di “noi”, intendo far riferimento al gruppo rautiano di Venezia di cui faccio parte con barbaro.

Adr: non ricordo i nomi degli “elementi trentenni” che affermo essere stati da noi avvicinati. In proposito dichiaro che avevo dato delle copie della sentinella al Paolucci. Questi avrebbe dovuto darle a queste persone ed invitarle ad una riunione. I nomi di costoro dovrebbero essere noti al Paolucci.

Adr: nella lettera che mi e’ stata letta comunico a Soffiati che mio nipote ha rotto i ponti con terza posizione e che pertanto questi non sa nulla delle vicende di Terza Posizione. Cio’ era accaduto subito dopo Pasqua, cosi’ almeno credo.

Adr: prendo atto che ella sta leggendo la trascrizione della mia lettera 03.05.82 effettuata da un agente del Sisde su autorizzazione del Soffiati. Non sapevo che Soffiati avesse mostrato a qualcuno la mia lettera. Soffiati e’ un “parafango”, cioe’ una persona che non si è comportata correttamente nei miei confronti. Pensavo che Soffiati avesse rapporti con i CC, non con il Sisde. Scrissi questa lettera per trasmettere a Soffiati l’elenco degli abbonati della “Sentinella d’ Italia”. Tale elenco serviva a Soffiati per controllare se alcune persone da lui segnalate avevano rinnovato l’abbonamento.

Adr: prendo atto che dalla telefonata da me effettuata alle 20,02 del 23.09.82 risulta che ho raccomandato a Ferrarese Maria Grazia, madre di Ferrarese Nicola, di far sparire da casa le cose “strane”. Intendevo con cio’ esortarla a far sparire pubblicazioni di Terza Posizione.

Adr: prendo atto che Gianniotti asserisce che lo avrei portato in giro con me al fine di usarlo come “copertura”. Cio’ non corrisponde a verita’. Portavo con me Gianniotti sia perche’ non mi piace viaggiare da solo, sia perche’ questi contribuiva generosamente alla spese dei nostri spostamenti. I pranzi venivano pagati quasi sempre dal Gianniotti, spesso anche la benzina. D’altrone io lo curavo gratis.

Adr: non partecipai alla riunione celebrativa del solstizio 1981 svoltasi nella trattoria di Soffiati. C’ era molta neve ed ero solo. Non so percio’ chi abbia preso parte a tale incontro.

Adr: in ordine ai tre biglietti sequestrati al Bressan, mi riporto alle dichiarazioni gia’ rese al PM.

Adr: non sapevo nulla dei detonatori, se non quanto riferitomi dal Paolucci e successivamente dal quaderni. Scrivevo al Digilio con uno di tali biglietti, per avere la conferma dell’ esistenza o meno dei detonatori e per venire a sapere se Digilio era coinvolto in questa vicenda, per riferirlo poi a Soffiati che a sua volta avrebbe interessato una qualche autorità.

Adr: ricevo parziale lettura della trascrizione di una telefonata effettuata alle ore 11,25 del 28.09.82. Parlando dell’ “amico” intendevo probabilmente riferirmi a qualche infermiere. Il quaderni lo vidi in ospedale un mercoledì per caso.

Adr: io e quaderni ci diamo del “lei”, l’ho visto tre o quattro volte in vita mia, soprattutto al tiro a segno. Non l’ ho mai incaricato di portare un pacchettino in ospedale.

Ad dif r: Paolucci non mi disse da chi aveva appreso dell’ esistenza dei detonatori seppelliti nel tiro a segno. Me ne parlo’ in quanto erano imminenti dei lavori di scavo ed ho avuto l’ impressione che avesse paura che venissero trovati.

Ad dif r: risposi a Paolucci che se avesse trovato i detonatori avrebbe dovuto buttarli in acqua.

Ad pm r: non mi fidavo molto dell’ ambiente veneziano e cosi’ quando venni arrestato per la prima volta non informai nessuno della mia intenzione di cooperare in qualche modo alla cattura di Cavallini.

Adr: ero effettivamente preoccupato allorche’ seppi dell’ arresto di Bressan, temevo il ritrovamento dei bigliettini, in quanto si prestano ad essere intesi in modo a me sfavorevole.

Adr: non presi nessuna cautela contro tali possibili interpretazioni. Speravo che Bressan se li fosse mangiati.

Adr: anche quando Bressan venne arrestato non ero sicuro che dei contatti tra Digilio e Cavallini. E’ questa la ragione per cui non informai di cio’ Soffiati (…).

L.c.s. ­