Salvatore Cancemi – dichiarazioni 25.03.1994

Ribadisco quanto ho già dichiarato alla A.G. di Palermo e cioè che seppi da Pippo Calò che ad operare per l’omicidio Pecorelli era stata la “decina romana” di Stefano Bontate. Chiarisco in primo luogo che dati i miei rapporti allora con Pippo Calò e date le regole vigenti in Cosa Nostra, come illustrate da tutti i collaboratori di giustizia, è assolutamente da escludere che Pippo Calò possa avermi detto cosa non vera.
In secondo luogo ribadisco ancora che, quando Calò mi disse che ad operare era stata la decina di Stefano Bontate, egli intendeva dire quello che ho già precisato prima, e cioè che l’omicidio di Pecorelli fu ordinato dallo stesso Bontate e affidato per l’esecuzione a suoi uomini.
Non so chi abbia materialmente commesso l’omicidio perché il Calò non me lo disse. Però non mi stupirei se venissi a sapere che ad eseguirlo fu Michelangelo La Barbera, da noi conosciuto e chiamato come “Angeluzzu”, perché so che costui era uomo molto vicino a Salvatore Inzerillo, e quindi anche a Stefano Bontate.
Era un uomo “valido” e capace ed è quindi ben possibile che a lui sia stato affidato un compito tanto delicato. Angeluzzu era “uno degli uomini più pregiati” della famiglia. Quando dico che era un uomo “valido”, intendo dire che sapeva maneggiare bene le armi, era freddo nella esecuzione dei delitti e totalmente affidabile per Stefano Bontate. Alla luce di quanto ho detto sopra, e cioè che i componenti della decina romana non dovevano essere residenti a Roma necessariamente, è non solo probabile ma, vorrei dire, certo che il supporto logistico operativo all’uomo o agli uomini d’onore che dovevano eseguire l’omicidio Pecorelli sia stato dato da persone che, conoscendola città, potevano studiare il posto più idoneo per eseguire il delitto, indicare eventuali vie di fuga dopo, assicurare ospitalità agli esecutori venuti da fuori.

Richiesto se sapeva chi avesse fornito il supporto logistico, il Cancemi rispondeva:
Onestamente il Calò nulla mi ha detto al riguardo,  però sono noti anche a me gli stretti rapporti tra Pippo Calò ed i più grossi esponenti della Banda della Magliana, tra i quali Abbruciati di cui ho parlato. Per altro verso ho chiarito i buoni rapporti che esistevano all’epoca tra Pippo Calò e Stefano Bontate. Ciò mi consente di affermare con assoluta certezza che, dovendosi eseguire un omicidio come quello di Pecorelli, Calò abbia messo a disposizione di Stefano Bontate le sue conoscenze, i suoi rapporti con la malavita locale romana e cioè con la Banda della Magliana. Per questo ritengo assolutamente certo che il supporto logistico all’omicidio Pecorelli sia stato dato all’uomo o agli uomini di Stefano Bontate da esponenti della Banda della Magliana per tramite di Pippo Calò.

Fabiola Moretti – dichiarazioni 10.05.1994

Ritengo utile anzi necessario che io spieghi la natura dei rapporti che io ho avuto con Danilo Abbruciati e con Renato De Pedis, differenti da quelli che con i predetti ha avuto Antonio Mancini, per cui non dovrà sembrare strano che talune cose io le sappia e Antonio no, e viceversa che Antonio sia a conoscenza di fatti o episodi che io non conosco o conosco solo di sfuggita.
Come ho detto sono stata la donna di Danilo Abbruciati, l’ho amato come nel nostro ambiente si sa amare… Ho avuto una vita difficile, sono cresciuta nella povertà e nella miseria e per vivere ho imparato a fare di tutto. Conoscevo Renato De Pedis fin da piccolo quando andavamo insieme al Gianicolo a cacciare le vipere per trarne il veleno, che vendevamo in farmacia per raggranellare qualche lira.
E’ vero, ho commesso dei reati con le persone che mi sono state più care di tutti, Danilo e Renato, e da queste azioni abbiamo anche tratto mezzi di sostentamento ed una certa agiatezza che mai prima avevo avuto. Eravamo amici, ci volevamo bene e svolgevamo le attività che ci consentivano di vivere. Come dire, eravamo degli amici e dal nostro rapporto cercavamo anche di ricavare del danaro. Lo facevamo per bisogno, perché lo volevamo, ma prima di tutto eravamo amici.
Dico questo perché sia chiaro che cosa intendo dire quando dico che non mi piacevano i fascisti: non mi piaceva, per esempio, Massimo Carminati, perché lo sentivo diverso da noi. Noi commettevamo certe azioni perché avevamo bisogno di vivere e non conoscevamo altro modo che quello per vivere; lui, Massimo Carminati, ed i fascisti come lui commettevano le stesse azioni per gusto, per fanatismo ideologico e ne ricavavano anche soldi, ma il movente era l’ideologia.
Per questo non mi piaceva e lo dissi a brutto muso a Danilo, il quale invece la pensava diversamente, mi diceva che Massimo era un bravo ragazzo. Un giorno, quando io continuavo a scocciarlo dicendo male di uno o di un altro, e in particolare di Massimo Carminati, che a “pelle”, a sensazione non mi ispirava fiducia, Danilo sbottò dicendomi di “non rompergli i coglioni” perché Massimo era stato utilizzato in un’azione delicata, dimostrando di essere un uomo valido.
Mi spiegò in quell’occasione che Massimo Carminati aveva ucciso Pecorelli in modo magistrale e che tra l’altro aveva ricevuto un modesto compenso. (…) In questo contesto dunque venni a sapere che era stato Masssmo Carminati ed un altro ad uccidere Pecorelli e che era stato Danilo Abbruciati a dargli l’incarico.

Chiestole se Abbruciati le avesse detto chi fosse questa seconda persona, la Moretti rispondeva:
No, non me lo disse. Del resto, nel contesto della discussione non era rilevante la persona del secondo omicida perché io – come ho spiegato prima – stavo seccando Danilo sui suoi rapporti con Massimo Carminati, che non mi piaceva. Ricordo che dissi a Danilo: “ma che ci azzecca sto Massimo, che non spaccia e non è utile a niente”. Fu a quel punto che Danilo mi disse quello che aveva fatto a Pecorelli e perché lo stimava.

“Andreotti: Junio Borghese chi era costui?” – OP 27.09.1977

Una delle principali “accuse” rivolte da Andreotti a Miceli a sostegno di quella montatura rappresentata dal processo per il cosiddetto Golpe Borghese è rappresentata dal fatto che l’allora capo del SIOS esercito, Vito Miceli, avrebbe incontrato una volta Junio Valerio Borghese. Chissà se verrà mai fuori dal quel processo, o da uno degli altri che si celebrano  da tempo presso le corti d’Assise dei tribunali di mezza Italia,quante volte lo stesso Andreotti si incontrò con il “principe nero”?

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Se a Miceli è stato sufficiente un solo incontro con Borghese per andare dentro per 6 mesi, quanti anni dovrebbe soggiornare in carcere Andreotti usando lo stesso metro?

“Op” 27.09.1977

Tommaso Buscetta – dichiarazioni 06.04.1993

Come ho già riferito in precedente interrogatorio (26.11.92), il BONTATE, nel corso di una conversazione che ebbi a Palermo con lui nel 1980, mi disse che l’omicidio PECORELLI era stato “fatto” da Cosa Nostra, più precisamente da lui e da BADALAMENTI, su richiesta dei cugini SALVO.
Successivamente (nel 1982/83) me ne parlò negli stessi termini, confermandomi la versione di BONTATE, BADALAMENTI Gaetano. In base alla versione dei due (coincidente), quello di PECORELLI era stato un delitto politico voluto dai cugini SALVO, in quanto a loro richiesto dall’on.le ANDREOTTI. Proprio nel contesto di questa conversazione, il BADALAMENTI mi parlò dell’incontro che aveva personalmente avuto con Giulio ANDREOTTI a Roma, allo scopo di interessarlo per il processo riguardante RIMI Filippo. Secondo quanto mi disse BADALAMENTI, sembra che PECORELLI stesse appurando “cose politiche” collegate al sequestro MORO. Giulio ANDREOTTI era appunto preoccupato che potessero trapelare quei segreti, inerenti al sequestro dell’on.le MORO, segreti che anche il generale DALLA CHIESA conosceva. PECORELLI e DALLA CHIESA sono infatti “cose che si intrecciano fra loro”. BADALAMENTI mi disse anche che, verso la fine del terrorismo, il generale DALLA CHIESA era stato promosso per “toglierlo dai piedi”, ma non so se questo sia vero.

Debbo precisare che oggi non mi è facile distinguere tra le cose dettemi da BONTATE e quelle dettemi da BADALAMENTI. In ogni caso ho riferito esattamente quel che ricordo, e quel che ho riferito scaturisce dai racconti di BONTATE e di BADALAMENTI su PECORELLI; racconti – ribadisco – fattimi in epoche diverse, ma in termini assolutamente coincidenti. Apprendo oggi dalle SS.LL. che per l’omicidio PECORELLI è stato imputato FIORAVANTI Valerio, sapevo già, invece, che lo stesso FIORAVANTI è tuttora tra gli imputati dell’omicidio MATTARELLA.
Ebbene, debbo dirvi che almeno per quanto riguarda l’omicidio MATTARELLA dovete dimenticarvi FIORAVANTI, che con questo fatto non c’entra assolutamente nulla. Ritornando a PECORELLI, ribadisco quanto mi dissero BONTATE e BADALAMENTI. Questi ultimi erano legatissimi ai cugini SALVO, e per quanto riguarda BADALAMENTI, questo strettissimo legame continuò anche dopo che non fece più parte della Commissione (1978).

Paolo Bianchi – dichiarazioni 12.12.1984

Confermo innanzi tutte le dichiarazioni da me rese al dr Gentile il giorno 11.11.81, nonche’ quelle rese i giorni 12 e 14 novembre successivi. Allorche’ mi venne sottoposto in visione l’ agenda del prof Semerari rilevai tra gli altri i nomi del generale Malizia, del Sid, quello del questore Macera, quelli di numerosi avanguardisti, ordinovisti e di spacciatori internazionali di stupefacenti. Mi fu anche chiesto se conoscessi tale Belmonte di cui era riportato soltanto il cognome. Ritenni all’ epoca, sia pure con le perplessità che indicai, di poterlo identificare in Belmonte Felice. Circa 1 – 2 anni fa, ripensando a tutti i nomi comparsi in quella agenda e conoscendo i rapporti con i servizi avuti da elementi della destra come Signorelli e Semerari, ritenni di dover individuare il Belmonte nel noto ufficiale dei servizi, cosa che riferii ripeto circa 1 o 2 anni fa al dr. Lazzarini della Ucigos, consegnandogli dei fogli manoscritti.
Il Signorelli aveva amicizia con ufficiali dell’ arma: ricordo che il capitano dei carabinieri Pappa di Tivoli, poi arrestato per questo motivo, sulla base delle dichiarazioni di Tisei ci consegno’ sicuramente dei proiettili calibro 9 parabellum che non riuscivamo a reperire e ci riferiva informazioni che ci riguardavano direttamente. Ricordo che disse a Calore che lui, io e Tisei dovevamo metterci in clandestinita’ in quanto eravamo stati individuati dall’ Sds del dr Santillo. Cio’ mi venne riferito da Calore e Tisei mentre mi trovavo nella oreficeria dell’ avanguardista Falabella. Signorelli aveva inoltre rapporti con ufficiali dell’ arma di Roma fin dal tempo in cui fu formato il fronte studentesco di Aragli Francesco e Messina Maurizio, in particolare ricordo uno di questi nomi ed in particolare quello del tenente Spagnolli. Ho conosciuto Signorelli verso la fine degli anni ‘60 quando inizio la mia militanza in “ON”. Ho fatto parte del circolo Drieu la Rochelle di Tivoli Guidonia; nel 1977 sono stato latitante con Delle Chiaie Stefano. Mi risultano personalmente i legami strettissimi di amicizia tra Signorelli e Delle Chiaie che risalgono a vecchia data e che esistevano fino al 1977 data del mio arresto. Non sono in grado di testimoniare se tali legami tra i due, come presumo, siano proseguiti. Nistri mi disse che una parte dei proventi delle rapine di “TP” andavano direttamente a Delle Chiaie.

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Nistri mi disse riportando un’ opinione diffusa in tutta la destra che Signorelli era eccessivamente coinvolto in rapporti coi servizi segreti e che per tale motivo elementi di “TP” avevano deciso di ammazzarlo. In difesa di Signorelli intervenne Tilgher adriano che in pratica gli salvo’ la vita. Zani Fabrizio durante la comune detenzione nel 1980 nel carcere di Regina Coeli mi rivelo’ che lui e Azzi Nico avevano acquisito addirittura le prove dei collegamenti di Signorelli coi servizi segreti. Specifico’ per quanto riguardava i servizi che si trattava di quelli militari; Zani accenno’ a tal proposito al fatto che Signorelli fosse in possesso di un tesserino da tenente dei carabinieri. Zani, in cambio dell’ uccisione di Mennucci che realizzo’ su commissione del Tuti chiese a costui quale contropartita l’ uccisione del Signorelli tanto che in quel periodo il ministero di Grazia e Giustizia lo isolo’ .
Azzi Nico, a detta di Zani era anch’ egli esasperato nei confronti del Signorelli poiche’ lo riteneva responsabile di tutto cio’ che gli era accaduto in occasione dell’ attentato al treno Genova – Ventimiglia. Zani mi diceva che Signorelli era coinvolto nelle stragi (non mi specifico’ quali) e con ambienti poco puliti. Mi risulta che Signorelli, come ho specificato in altra inchiesta svolta dal dr Imposimato di Roma, aveva rapporti con i servizi libici. Anche Calore fece viaggi in nord africa e nella Libia. Non ricordo chi mi disse che uno dei punti dove avveniva lo scambio di armi contro denaro era l’ isola di Pantelleria. Ho definito Fachini come l’ alter ego di Signorelli poiche’ quest’ ultimo si e’ sempre servito di Fachini come suo uomo di fiducia. Signorelli esaltava costantemente la affidabilita’ del Fachini. Signorelli curava direttamente i rapporti col Veneto e con la Sicilia poiche’ era il capo militare di “ON” almeno fino all’ uccisione del dr Occorsio che egli preparo’ in ogni particolare ma venne poi eseguito da Concutelli ritenuto piu’ valido militarmente del Signorelli.

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Ho avuto rapporti anche con Fioravanti Valerio tanto che venni sorpreso con armi che gli appartenevano. Di lui non sono in grado di riferire nulla poiche’ non ho avuto alcun rapporto prolungato. Sordi mi diceva che Fioravanti aveva torbidi rapporti con ambienti piduisti. Sordi mi riferi’ anche, non so se una sua convinzione o perche’ lo sapeva personalmente, che Fioravanti era coinvolto negli omicidi Pecorelli e Mattarella che potevano risalire, a giudizio del Sordi ad ambienti piduisti. Sordi mi disse di essere rimasto deluso nel senso che, egli diceva, si trattava di fatti talmente rilevanti che si ritorcono contro chi li riferisce. Mi risulta poi che Pucci Giuseppe che io conoscevo fosse in rapporti oltre che con Abbruciati Danilo, persona che conosco, anche con ambienti di destra ed in particolare coi “Nar” Fioravanti Valerio e Cavallini e con l’ avanguardista Carminati. Preciso che Carminati approdò ai “Nar” dopo aver militato in “AN” .

Mi risulta inoltre, per avervi partecipato direttamente, che certo Avignale Vinicio gia’ inquisito con me per “Ordine Nuovo bis” istruito dai dr Macchia e Napolitano, era interessato ad una societa’ di import export “Racoin” , credo di Roma. Ci mostro’ i depliant di questa societa’ in un albergo aperto d’ estate da lui gestito tra Frascati e Monte Porzio Catone. L’ incontro avvenne d’ inverno per cui eravamo soli in quell’albergo. I depliant raffiguravano armi leggere e pesanti, esplosivi radiocomandati e altri ordigni bellici. Vinicio ci riferi’ esplicitamente di essere un mercante di armi che vendeva a qualsiasi gruppo terroristico glielo chiedesse. Si vanto’ di aver fornito armi anche ai “Nar”. Mi consegno’ anche un chilo di hashish che io portai con me in via Foraggi dove venne sequestrato in occasione dell’ arresto di Concutelli.  Vinicio mi disse anche che mi avrebbe procurato un chilo di cocaina se lo avessi accompagnato a Napoli. Gli commissionammo 100 milioni di armi ed esplosivi. Era l’ inverno 1976 – 1977.

Per un disguido nel procacciamento del denaro e per i successivi arresti del Concutelli, Rossi Mario ed altri, l’ acquisto non ando’ in porto. In quella occasione eravamo io, Tisei, Calore e Sparapani, tutti ordinovisti. Vinicio fu arrestato nel 1981 a seguito delle rivelazioni fatte da me e dal Tisei ma fu scarcerato perche’, come lessi nel processo una volta depositati gli atti era emerso che Vinicio era un agente del sismi. La cosa che mi sorprese fu che costui non abbia mai denunciato ne me ne gli altri e ci consegno’ anche un chilo di sostanza stupefacente (fatto per il quale sono ancora imputato) sono sempre stato convinto che Vinicio non abbia mai fatto gli interessi della legge. Come gia’ riferii al dr Gentile nel riportare le dichiarazioni di Scorza Pancrazio, ho avuto la impressione che Scorza dopo aver riferito notizie precise che lo accusavano, sia tornato sulla decisione di collaborare ed abbia formulato una serie di dichiarazioni sempre meno attendibili e quindi false anche al fine di inficiare le dichiarazioni vere che gia’ aveva rese. Ecco perche’ Scorza e’ credibile solo per le dichiarazioni rese ai magistrati in una prima fase che presentino precisi riscontri.

– Calore svolse il servizio militare come artificiere per cui divenne l’ esperto in armi ed esplosivi di “ON” .

Letto confermato e sottoscritto.­

Sergio Calore – dichiarazioni 15.02.1985

-Calore Sergio gia’ generalizzato. Assistito dal suo difensore avvocato Sangermano Germano, del foro di Firenze, avvisato, presente.

– Circa la proposta di attentato al magistrato veneto fatta al Fioravanti da parte del Melioli, ho ricordato un particolare: Mariani Bruno, in epoca precedente la mia scarcerazione (ottobre ‘79) aveva portato nel veneto un’ autovettura rubata assieme ad esponenti del gruppo Colantoni Armando. Il Mariani era solito presentare il Colantoni come persona legata alle “Brigate Rosse” di Roma e quindi quando consegno’ l’ auto a Fachini e cavallini, aveva detto loro che questa proveniva dalle “BR”. Tale particolare mi convinse ancor di piu’ che la proposta fatta al Fioravanti rappresentava una provocazione nei confronti della area brigatista. A quanto seppi in seguito, l’ auto in questione fu poi utilizzata da Fioravanti e Cavallini nell’ assalto al distretto militare di Padova fine marzo ‘80. Come ho gia’ riferito in altra occasione, Dimitri, nel corso della sua detenzione a Rebibbia (primavera – estate 1980) , era in rapporti epistolari con Delle Chiaie Stefano, venni a conoscenza della circostanza quando nel corso di una perquisizione alle celle, venimmo concentrati nella sala televisione. Qui Dimitri mi disse di essere molto preoccupato per non essere riuscito a distruggere una lettera speditagli da Delle Chiaie. A quanto mi disse Dimitri, Delle Chiaie lo invitava a stare tranquillo e a non tentare la fuga in maniera azzardata, dato che avrebbe pensato lui a farlo evadere; in particolare, Dimitri mi parlo’ della possibilita’ prospettatagli da Delle Chiaie, di fuga da effettuarsi a mezzo di un elicottero resa possibile dal fatto che “Avanguardia” poteva disporre di un elicotterista francese. Delle Chiaie si firmava come “Alfredo” .

Si dà atto che a questo punto l’ avvocato Sangermano si allontana per precedenti impegni professionali.

– parte della lettera era crittografata e veniva decifrata dal Dimitri ricorrendo ad una griglia da sovrapporre al testo.

Aggiungo un altro particolare sui contatti tenuti dal gruppo Giuliani: mi risulta che Giuliani Egidio aveva rapporti con Allatta Benito; tali rapporti, con tutta probabilità, si erano stabiliti per il tramite dei fratelli Sangue, che mi sembra siano imparentati con allatta. Per quanto mi riguarda, io presi contatti con Allatta Benito nel corso del 1978, tramite bravi cesare che dirigeva il nostro gruppo di latina. Allatta, che risiedeva ad Aprilia, svolgeva attivita’ politica a Latina ed io fino all’ epoca del mio arresto (maggio ‘79) , non seppi mai dei rapporti che lui ed altre persone del suo gruppo, tra cui il latitante Latino Fausto, avevano con Giuliani, gia’ da quella epoca. Furono Giuliani e Mariani a rivelarmi, dopo la mia scarcerazione, la esistenza di quei rapporti gia’ prima del maggio ‘7905 . In proposito vi e’ una inchiesta del dr Priore nella quale risultano inquisiti elementi neofascisti ed appartenenti alla sinistra rivoluzionaria; a questo ambiente e’ stata attribuita la responsabilita’ dell’ attacco al centro della motorizzazione di Roma (ottobre – novembre 1978) da quanto mi risulta, il gruppo Giuliani – Colantoni – Sangue immagazzinava armi gia’ da diversi anni, tanto che in tre depositi vennero sequestrate armi in grandi quantita’, ed anche esplosivi vari, che mettevano a disposizione dei vari gruppi eversivi di destra e di sinistra. Cio’ consentiva al gruppo la conoscenza delle azioni compiute dalle organizzazioni da esso rifornite.

A dimostrazione della estrema ambiguita’ del gruppo Giuliani, faccio presente che Giuliani era legato strettamente anche a Facchinetti Loris e Tacchi Valtemio: ambedue ex dirigenti di “Europa Civilta’ ” e all’ epoca iscritti alla loggia massonica “lira e spada” della quale dirigevano la tipografia. In carcere, a Novara, Giuliani mi disse di essere preoccupato perche’ il locale in cui teneva le macchine per la falsificazione dei documenti e per la stampa, appartenevano a Greggi Agostino, iscritto alla loggia P2 e questo fatto, unito alla sua amicizia con il Tacchi e con il Facchinetti, poteva collegarlo agli ambienti massonici. La tipografia venne scoperta nell’aprile ‘81, in occasione dell’ arresto del Giuliani. Come ho gia’ detto in altre occasioni, presi contatti diretti con Fachini, nel marzo ’77 su disposizione di Concutelli, arrestato come è noto, in via Foraggi nel febbraio ‘77. Alcune delle armi trovate in via foraggi, provenivano dal Fachini.

Io avevo gia’ conosciuto Fachini per averlo incontrato in compagnia di Signorelli e inoltre lo avevo visto alla riunione di Albano Laziale nella quale fu annunciata la riunificazione “AN – ON” . Ricordo con esattezza che in tutte le occasioni in cui Fachini veniva a Roma nel periodo della nostra frequentazione, fino al maggio ‘79, egli si recava ad incontrare un certo Pascucci, del quale non ricordo il nome; si tratta della persona legata a Dantini Enzo Maria e ai dirigenti di Terza Posizione Adinolfi, Fiore e Spedicato; in particolare, la sua conoscenza con quest’ ultimo e con Dantini, risaliva all’epoca della comune militanza in “Lotta di Popolo” .

Non incontrai mai il Pascucci. Come ho gia’ detto in altre occasioni, fu dantini a mettere in contatto Iannilli Marcello con il nostro gruppo di “Costruiamo l’Azione”, in occasione della campagna di attentati della primavera estate 1978. Venni arrestato, come ho detto, due giorni dopo l’ attentato al Consiglio Superiore della Magistratura. Non partecipai affatto all’ attentato, che non sapevo neanche dovesse avvenire. Il giorno successivo al fallito attentato, incontrai Aleandri Paolo che mi disse che le notizie apparse sulla stampa secondo le quali l’ attentato avrebbe dovuto avvenire di giorno, erano false, dato che egli era rimasto d’ accordo con Iannilli e Mariani che l’ attentato fosse eseguito, come quelli precedenti dell’ “Mrp” , di notte. Insieme, allora, elaborammo un volantino con il quale smentivamo la volonta’ di compiere una strage. Tale volantino venne fatto ritrovare dopo l’ attentato al ministero degli esteri, effettuato un paio di giorni dopo il mio arresto. Il mio compito in relazione a tutti gli attentati rivendicati dall’ Mrp, non era quello di organizzarli, ma quello di gestirne politicamente gli effetti. Ecco perche’ non ero a conoscenza dell’attentato che sarebbe stato portato contro il “Csm” . Solo durante il periodo della mia detenzione, e cioe’ quando ebbi occasione di rivedere Aleandri, seppi che in realta’ il “timer” era stato predisposto per una sola esplosione in ora diurna.
Paolo mi disse anche che quando egli aveva chiesto spiegazioni a Iannilli e Mariani del perche’ si fossero regolati in tale modo, non aveva ricevuto alcuna risposta ed anzi era stato addirittura minacciato da costoro.

– mentre il referente politico di Iannilli era Dantini, il Mariani pur essendo entrato in contatto con noi per altra via, era legato al gruppo guerra – Colantoni – Giuliani. Io avevo preso contatto con Mariani nell’ estate del 1978 nel seguente modo:
Pascuzzo Arnaldo di Villalba di Guidonia, mi aveva detto che c’ era un gruppo nel quartiere prenestino che era interessato alle tesi di “Costruiamo l’azione”; di questo gruppo, faceva parte il cugino di Pascuzzo, a nome Atenni Giancarlo. Chiesi a Pascuzzo di combinare un incontro con quest’ ultimo e questi venne accompagnato da Mariani Bruno. Mariani mi disse di essere interessato al discorso politico che noi stavamo sviluppando e, per stabilire ulteriori forme di collaborazione, stabilimmo che ci saremmo risentiti quando fosse stato disponibile ad incontrarsi con noi guerra marco, in quel periodo assente da Roma. Vi fu poi l’ incontro con Guerra e con Mariani avvenne ad amatrice nell’agosto ‘78 e si concluse con l’ adesione di entrambi a “Costruiamo l’ azione” dopo il mio arresto del maggio ‘79, mentre mi trovavo nella sezione speciale del G12 di Rebibbia, avevo divieto d’ incontro con Signorelli Paolo; scendevamo quindi all’aria uno al mattino, l’ altro al pomeriggio. In quella stessa sezione, era recluso anche Izzo Angelo, che conobbi in quella occasione. Izzo aveva cosi’ la possibilità di incontrare me e Signorelli. Durante uno di questi incontri, Izzo mi riferi’ che Signorelli voleva sapere se io conoscessi qualcosa sul coinvolgimento del figlio Luca nel reperimento dell’ auto utilizzato per l’attentato al Csm. Gli dissi che non ne sapevo nulla. Non approfondii l’ argomento perche’ avevo conosciuto Izzo solo in quei giorni e mi stupii che Signorelli trattasse con lui argomenti cosi’ delicati. Nell’aprile ‘80, incontrai Fioravanti Cristiano nel carcere di Rebibbia. Lo rividi a Paliano nel novembre ‘84. In tale ultima occasione mi disse che era stato proprio lui a riferire agli inquirenti, almeno due anni prima, che riteneva possibile per la tecnica esecutiva il coinvolgimento del fratello Valerio nell’ omicidio Pecorelli e per gli stessi motivi, riteneva possibile la attribuzione dell’omicidio di Mattarella Piersanti, presidente della regione Sicilia, al fratello ed al Cavallini. Non ricordo se inseri’ anche il nome di Alibrandi nel primo episodio. Cristiano mi disse che si trattava di sue deduzioni. Per quelle che sono le notizie in mio possesso sull’ ambiente dei “Nar” e sulla persona di Fioravanti Valerio, mio amico, mentre ritengo si possa escludere un suo consapevole coinvolgimento in strategie occulte non mi stupirei la sua azione possa essere stata condizionata a sua insaputa da persone che pur militando al suo fianco, rispondevano a logiche decise altrove.

– Mi risulta che Valerio, nell’ estate 1980, volesse uccidere Fachini. Valerio mi spiego’ che intendeva realizzare quel gesto poiche’ Fachini era persona compromessa in giochi di potere ed aveva fatto scorrettezze nei suoi confronti. Non mi disse pero’ con precisione la natura di quelle accuse. Tornando per un momento all’ omicidio Pecorelli, ricordo che io ed Aleandri commentammo quell’ episodio come il risultato dello scontro tra l’ala miceliana e quella malettiana dei servizi di sicurezza. In particolare, ritenevo “OP” come ispirata dall’ ala miceliana. Nell’ immediatezza dell’ omicidio Pecorelli, i fratelli Scorza mi dissero che Tilgher aveva commentato l’ episodio affermando che era stato ucciso “un ottimo camerata” .

– Conobbi Semerari Aldo nel 1977 in casa di De Felice Fabio. Lo rividi poi, a casa del De Felice o nella sua casa di Castel San Pietro, una ventina di volte. L’ ultima volta che ci siamo incontrati, e’ stato nell’agosto ‘80 nel carcere, lui era li per ragioni professionali. Era in uno stato di grande euforia, mi abbracciò e mi disse “non ti preoccupare che presto uscirai di prigione” . Ero stato arrestato 8 mesi prima per l’ omicidio leandri per cui interpretai quella frase come un augurio. Era gia’ avvenuta, sia pure da pochi giorni, la strage della stazione di Bologna. Nel marzo ‘79, mi incontrai a casa di Semerari, con De Felice, Signorelli, Fachini e lo stesso Semerari. Attaccai De Felice, tra l’ altro, perche’ ero venuto a sapere da Aleandri che il De Felice, attraverso Semerari, stava operando per ottenere l’ insabbiamento di un procedimento giudiziario a carico del costruttore romano Genghini. Quando chiesi al De Felice che cosa volesse ottenere attraverso tale operazione, egli mi rispose che eravamo una banda di ragazzini, che non capiva niente della “vera politica” e che lui si prefiggeva di “ottenere la riconoscenza di Andreotti”. Nella discussione, Semerari non intervenne; Signorelli tentò di farmi riappacificare con De Felice, mentre Fachini appoggio’ la mia posizione. Quel giorno ebbero fine i miei rapporti con De Felice. Sempre nel corso di quella discussione, De Felice disse che, mentre noi ci trastullavamo con il nostro giornale “Costruiamo l’ azione” , c’ erano persone come Salomone Franco, che aveva rischiato il licenziamento per aver fatto pubblicare una serie di articoli di Semerari sul quotidiano Romano “il Tempo” . Gli articoli di Semerari cui faceva riferimento, esponevamo, valutandole come positive, le conseguenze che avrebbe avuto l’ irrompere del terrore nel campo della politica;

In particolare parlavano della possibilita’ di un collegamento tra organizzazioni criminali e formazioni politiche. L’ ultimo di tali articoli era apparso subito dopo l’ attentato brigatista a Fiori Publio, esponente democristiano, per cui, a detta di De Felice, (l’ onorevole Andreotti aveva telefonato al direttore del “Tempo” Letta Gianni chiedendogli di prendere provvedimenti contro chi aveva consentito la pubblicazione di quegli articoli. Tra gli altri progetti che avevano gli ambienti legati a Gelli ed a De Felice, e dei quali venni a conoscenza tramite Aleandri, vi era quello di costituire una agenzia di stampa internazionale che consentisse la divulgazione di notizie utili ai loro comuni interessi. Fu De Felice a proporre la cosa a Gelli. Non ricordo se l’ idea venne accettata. So pero’ che tale agenzia avrebbe dovuto essere diretta dal salomone e da un giornalista del “Giornale Nuovo” del quale ricordo solo il nome “Claudio”; quest’ ultimo scrisse anche un articolo per “Costruiamo l’ azione” sul significato del sequestro Moro, apparso sul giornale che curavo io personalmente, nel maggio-giugno ‘78. E’ noto poi come Semerari avesse rapporti con la cosiddetta Banda della Magliana, i cui componenti ricorrevano alla sua assistenza una volta arrestati. E’ Aleandri a conoscere meglio tali rapporti. Nel 1977 Semerari, dico: nell’ autunno del 1977, Semerari mi fece sapere tramite Signorelli, che era disposto ad introdurre armi nel carcere di Rebibbia per farle poi recapitare tramite un suo assistito detenuto Concutelli Pier luigi, in quel periodo detenuto a Rebibbia, per consentirgli di evadere.

Semerari aveva grande facilita’ di accesso a Rebibbia, dove disponeva di un’aula nella casa di reclusione per l’ insegnamento. Semerari riceveva in tale aula, alla quale accedeva senza controlli, anche detenuti provenienti dalla adiacente casa circondariale e proprio attraverso uno di questi avrebbe recapitato “un paio di pistole” al Concutelli, che ha sempre avuto nella destra una valenza carismatica. La cosa non venne portata a termine poiche’ Concutelli si fece sorprendere con le sbarre della sua cella segate, per cui venne isolato e strettamente sorvegliato.

Letto confermato e sottoscritto.­