Sulle spiegazioni fornite sull’omicidio Mangiameli – sentenza appello strage Bologna 1994

Valerio Fioravanti, che aveva voluto la eliminazione del Mangiameli, e la sua compagna Francesca Mambro hanno dato giustificazioni del delitto che nel tempo sono variate, ovvero che si sono sommate tra loro. Così, essi hanno addebitato al Mangiameli di essersi dimostrato un codardo e un inetto nelle imprese organizzate per rapinare le armi necessarie per far evadere Concutelli; di essere pericoloso perché in grado di rivelare i progetti di evasione del Concutelli medesimo; di essersi appropriato di denaro che apparteneva al movimento di T.P.; di essersi fatto dare due volte, una da loro e una da Giorgio Vale, il denaro per acquistare delle armi o per pagare la caparra dell’appartamento di Gandoli (Taranto); di avere strumentalizzato i giovani del movimento; di avere espresso giudizi negativi su Giorgio Vale per il solo fatto che costui era mulatto. Essi hanno anche sostenuto di avere voluto impedire che Mangiameli, che aveva dimostrato di avere bassissime qualità morali, raccogliesse la guida di T.P. dopo la fuga di Fiore e di Adinolfi.

A. E’ sintomatico, tuttavia, ed eccezionalmente rilevante che coloro che hanno preso parte all’esecuzione del crimine, Giorgio Vale e Cristiano F., non ne abbiano mai conosciuta la ragione. Walter Sordi ha riferito (14 ott. 83 al G.I. di Bologna): Vale … parlando con Nistri e Zurlo disse che neppure lui sapeva perché Mangiameli fosse stato ammazzato, ma che era stato Valerio ad ordinarlo”.
Cristiano F., dal canto suo, che dopo il fatto aveva ripetutamente incalzato il fratello per essere messo a parte di quelle ragioni, ha rivelato (26 marzo 86 al PM di Firenze) : “Dai discorsi fattimi la mattina capii che avevano deciso di agire non solo nei confronti del Mangiameli ma anche nei confronti di sua moglie e perfino della bambina. Mio fratello Valerio quella mattina che ci vedemmo diceva che al limite interessava più la bambina dello stesso Mangiameli. Comunque, la mattina le motivazioni delle azioni da compiere contro il Mangiameli erano sempre le solite e cioè la questione dei soldi, la questione della evasione di Concutelli. Fu poi compiuto l’omicidio del Mangiameli e come ho detto, sua moglie non venne all’appuntamento. Il giorno dopo rividi Valerio e lui era fermo nel suo proposito di andare in Sicilia per eliminare la moglie e la bambina di Mangiameli, e diceva che bisognava agire in fretta prima che venisse scoperto il cadavere di Mangiameli e la donna potesse fuggire. Io non riuscivo a capire questa insistenza nell’agire contro la moglie e la figlia di Mangiameli, una volta che questo era stato ormai ucciso e allora Valerio mi disse che avevano ucciso un politico siciliano in cambio di favori promessi al Mangiameli e relativi, sempre, all’evasione di Concutelli oltre ad appoggi di tipo logistico in Sicilia … Mi disse Valerio che per decidere l’omicidio del politico siciliano vi era stata una riunione in casa Mangiameli e in casa vi erano anche la moglie e la figlia di Mangiameli, riunione cui aveva partecipato anche uno della Regione Sicilia che aveva dato le opportune indicazioni e, cioè, la ‘dritta’ per commettere il fatto. Mi disse Valerio che al fatto di omicidio avevano partecipato lui e Cavallini e che Gabriele De Francisci aveva dato loro la casa…. L’azione contro la moglie e la figlia di Mangiameli veniva motivata da Valerio col fatto che esse erano state presenti alla riunione: diceva Valerio che una volta ucciso il marito esse erano pericolose quanto lo stesso Mangiameli. Poi l’azione contro le due donne non avvenne in quanto il cadavere di Mangiameli fu poco dopo ritrovato”.
Ora, queste dichiarazioni contengono più di uno spunto di riflessione che non si tralascerà di approfondire più avanti; ma, quella che va qui esaminata è la motivazione che, dopo insistenti richieste, Valerio Fioravanti aveva propinato al fratello : la circostanza che il Mangiameli fosse stato testimone nella sua casa di Palermo degli accordi presi da Valerio con altre persone del luogo in vista dell’omicidio del politico siciliano Piersanti Mattarella.
Ebbene, questa ipotesi di movente era già stata efficacemente confutata dalla sentenza di primo grado (p.699) ma, dopo essere stata ripresa dalla sentenza di appello ed essere stata posta sullo stesso piano di credibilità dell’ipotesi accusatoria, è stata censurata dalla Corte di Cassazione sotto il profilo del mancato “approfondimento critico sulla plausibilità di un collegamento logico tra la supposta riunione, dianzi cennata, e l’omicidio del Mangiameli”. Al riguardo, la S.C. ha rilevato che “la complicità del Mangiameli per avere partecipato alla riunione in cui era stato deciso l’assassinio del presidente della Regione Siciliana, escludeva il pericolo che egli rivelasse la responsabilità del Fioravanti, rimanendo per ciò stesso esposto a dover confessare la sua”. Ha osservato, in secondo luogo, la S.C. “che dall’omicidio del Mattarella erano decorsi circa otto mesi, durante i quali il Fioravanti si era incontrato con l’amico Mangiameli, aveva progettato con lui l’evasione del Concutelli, si era fatto aiutare a costituire la base per l’operazione, ed era stato ospite a casa sua”.
Sul punto non v’è, proprio, nulla da aggiungere, se non che nelle sue difese giudiziarie Valerio F. non ha mai prospettato questa motivazione. Com’è ovvio, d’altra parte, perché il farlo avrebbe comportato anche la confessione dell’omicidio Mattarella per il quale, al contrario, l’imputato ha sempre respinto ogni responsabilità.

B. L’eventualità che Mangiameli fosse pericoloso perché sapeva del progetto di evasione di Concutelli rasenta l’assurdo: in primo luogo, perché Mangiameli era addirittura il promotore di quella iniziativa e, per ragioni analoghe a quelle evidenziate dalla S.C. in relazione all’omicidio Mattarella, egli aveva da temere più di ogni altro dalla divulgazione del piano al di fuori dell’ambiente. In secondo luogo, va ricordato che quel progetto era in via di realizzazione già da molti mesi ed è pacifico che era conosciuto da molte persone, specie nell’ambiente carcerario, oltre che in tutto l’ambiente della destra eversiva.

C. In ordine agli altri moventi proposti dagli imputati (questioni di denaro, codardia e inettitudine, avversione per Vale e così via) va, in primo luogo, notato che nell’ambiente nessuno vi aveva creduto, così come ha riferito Walter Sordi (interr. 14 ott.83 cit.) : “Per quanto si sa nell’ambiente, il movente dell’omicidio Mangiameli è da ricercare non tanto in questioni di interesse, infatti Mangiameli aveva dato ampie dimostrazioni di onestà, quanto in dissidi personali con Fioravanti”.
In secondo luogo, va osservato che già per il solo fatto di essere molteplici e non omogenei, quei moventi palesano il loro limite quanto a plausibilità, oltre che la loro inconsistenza una volta che siano presi singolarmente.
Il Fioravanti, rispondendo ad una specifica contestazione al riguardo, ha sostenuto (udienza 11 nov.89, p.10, in grado di appello e ud. 5 nov. 93, p.3) che in quegli anni era stato sufficiente anche molto meno per sopprimere dei compagni di lotta caduti in disgrazia e, a riprova della sua affermazione, ha elencato una decina di giovani che furono eliminati da lui o dal suo gruppo per motivi più o meno importanti.
Su questo punto, la Corte ritiene che non vi sia bisogno di analizzare le abitudini omicidiali dell’imputato, essendo sufficiente rilevare che è stato lo stesso Fioravanti a fare giustizia di tutti quei moventi quando, messo alle strette dal fratello, li ha totalmente ignorati (vedasi interr. 26 mar.86 cit.).

D. Le dichiarazioni di Cristiano F. testé menzionate inducono, poi, ad una ulteriore considerazione. Invero, non può sfuggire che Valerio F. -al pari di quanto sarebbe stato suo onere in questo procedimento- doveva giustificare a Cristiano il piano omicida nella sua interezza, comprensivo, cioè, anche del proposito di eliminare la moglie e la bambina di Mangiameli. In proposito, va ricordato -per quanto si è detto più sopra- che il Fioravanti ha certamente mentito al fratello nell’indicare le riunioni per l’omicidio Mattarella come la causa della soppressione di Mangiameli. Ebbene, questa accertata menzogna comporta, altresì, che resti totalmente privo di giustificazione il proposito di uccidere anche la moglie e la figlia di Mangiameli, le quali -è bene notarlo- non c’entravano nulla con la codardia, la sottrazione di denaro, l’avversione per un ragazzo di pelle scura e ogni altro comportamento proprio della vittima.
Si tratta, dunque, di un ulteriore interrogativo a cui gli imputati non hanno saputo dare risposta.

E. Gli imputati e le loro difese hanno sostenuto che il movente dell’omicidio Mangiameli sarebbe stato accertato nel processo che ha avuto per oggetto specifico quella vicenda criminosa. La lettura della sentenza 16 luglio 86 citata permette di affermare che la tesi difensiva non risponde al vero.
La sentenza della Corte d’Assise di Roma, infatti, dopo avere riportato fedelmente le motivazioni prospettate dagli imputati (pp.112-116), chiude la trattazione di questo tema affermando “che il significato di ‘faida politica’ ovvero di ‘giustizia rivoluzionaria’ dell’orribile episodio già traluceva da un comunicato diffuso da Terza Posizione in occasione del funerale di Mangiameli ed è stato ribadito, successivamente, dal volantino 23 ottobre 1981 a firma ‘Nuclei Armati Rivoluzionari -Gruppi di Fuoco Franco Anselmi’ elaborato dal nucleo armato, del quale faceva parte Francesca Mambro, che aveva compiuto gli attentati alla vita del capitano di polizia Francesco Straullu e della guardia scelta Ciriaco Di Roma” (p.131); segue, quindi, una rapida rassegna del contenuto di quest’ultimo comunicato, finché si giunge ad affermare : “Concludendo, vi è sicura prova che il piano criminale per l’eliminazione di Mangiameli … si inseriva nel più vasto progetto di attentare alla vita di altri esponenti di Terza Posizione, nell’ambito di una ‘lotta’ in cui la violenza era il mezzo per far valere, secondo la perversa e spietata logica della liquidazione fisica degli avversari, le istanze politiche di gruppo” (p.133).
Ora, emerge con tutta evidenza dalle frasi riportate che la sentenza di Roma si limita a registrare le prospettazioni degli imputati e dei loro comunicati, ma non prende posizione nei confronti dei medesimi, né spiega le ragioni del preteso contrasto del gruppo di Fioravanti con Terza Posizione.
Tuttavia, -e in ogni caso- quelle generiche considerazioni finali non debbono trarre in inganno, perché i giudici romani si erano premurati di chiarire preventivamente (p.105, nota 1) che il tema di indagine connesso alla ricerca del movente esulava dalla loro competenza, onde ne lasciavano espressamente la soluzione a chi di dovere: “Il P.M. di udienza, agganciando il discorso a una dichiarazione di Cristiano Fioravanti circa uno scambio di ‘favori’ tra il fratello e Mangiameli, ha adombrato la tesi che quest’ultimo possa essere stato eliminato anche perché a conoscenza di gravissimi fatti di natura terroristica riguardanti Valerio Fioravanti e altri della sua banda; Sara Amico avrebbe rappresentato un pericolo perché sapeva del ‘progetto Concutelli’ ma anche perché, forse, avrebbe potuto aver appreso qualcosa in ordine a tali fatti.
Ma trattasi di ipotesi connesse ad implicazioni e a episodi delittuosi (omicidio Mattarella; strage di Bologna) che sono tuttora oggetto di accertamento da parte delle competenti Autorità giudiziarie”.

F. L’ultima notazione deve essere riservata al fatto che il delitto fu rivendicato soltanto un anno più tardi, con il già ricordato volantino diffuso il 23 ottobre 81 dopo l’omicidio Straullu. In esso si diceva: “… Precedentemente abbiamo giustiziato il demenziale profittatore Francesco Mangiameli, degno compare di quel Roberto Fiore e di quel Gabriele Adinolfi …”.
Ciò che colpisce è la assoluta vaghezza della rivendicazione, vaghezza che è acuita dal contrasto con la specificità con cui sono motivate tutte le altre ‘eliminazioni’ elencate nel medesimo documento: agli agenti Straullu e Di Roma viene addebitato di essere stati “i mercenari-torturatori della Digos”, a Luca Perucci e a Marco Pizzari di essere stati “infami delatori”, con specificazione di situazioni e persone oggetto delle delazioni.
Ebbene, la tardività e la oscurità della rivendicazione, sommate al fatto che il cadavere del Mangiameli era stato zavorrato, portano ad evidenziare un intento degli assassini per il quale tanto le ragioni dell’omicidio come l’omicidio medesimo dovevano restare segreti per gli stessi militanti dell’area eversiva cui tutti appartenevano. Situazione, questa, che è in contrasto con le regole più elementari della funzione didattica -di esempio e di monito- che quelle esecuzioni normalmente assolvono nell’ambito degli adepti.

Sergio Calore – Estratto sentenza ordinanza G.I. Natoli 09.06.1991

Nato a Tivoli (Roma) l’1.10.1952, ed a tutt’oggi detenuto, Sergio CALORE inizia la sua attività politica nel 1975, allorché, iscrittosi al Circolo “Drieu de la Rochelle” di Tivoli, conosce Paolo SIGNORELLI, professore presso una scuola di quella cittadina.

Si inserisce nei gangli vitali di Ordine Nuovo ove, conosciuto Pierluigi CONCUTELLI, ne percorre le varie fasi politiche seguendolo nei G.A.O. (Gruppi di Azione Ordinovista), sorti dopo l’omicidio del giudice OCCORSIO. Nel febbraio 1977, arrestato CONCUTELLI, prosegue il suo stretto rapporto con Paolo SIGNORELLI, col quale dà vita, verso la fine di quell’anno, al movimento “COSTRUIAMO L’AZIONE”.

Arrestato nella primavera del 1979, nell’ambito dell’inchiesta sul “Movimento Popolare Rivoluzionario”, viene, scarcerato nel novembre di quello stesso anno. Organizza con Bruno MARIANI l’attentato all’avv. ARCANGELI, conclusosi il 17.12.1979 con la morte accidentale, perché frutto di un errore di persona, di Antonio LEANDRI. Viene arrestato in quasi flagranza con gli altri componenti del “commando”.

L’unico che riesce a fuggire è Valerio FIORAVANTI, col quale il CALORE era entrato in “rapporti operativi” da poco tempo. Nel corso della successiva detenzione, si convince ad aprirsi a fattiva collaborazione con l’A.G., fornendo gli elementi indispensabili per la ricostruzione di tanti anni di fatti eversivi, anche omicidiari.
L’attendibilità e correttezza del CALORE è stata già riconosciuta in sede giudiziaria e, particolarmente, nella sentenza della Corte di Assise di Bologna dell’11.7.1988, emessa nel procedimento contro BALLAN Marco più 20 (relativo alla strage del 2.8.1980), la quale – per quanto seguita dalla decisione assolutoria emessa in Appello – non scalfisce tale valutazione, del tutto autonoma rispetto ai temi in questione.

Ivi si osserva che Sergio Calore: “partito da posizione di totale rifiuto di ogni collaborazione e quindi schematicamente classificabile come irriducibile, ha col tempo preso coscienza della necessità di far luce su alcuni episodi non chiariti, tra cui, all’epoca, anche la strage di Bologna, per la quale era stato formalmente incriminato ed è stato, all’esito dell’istruttoria, prosciolto con formula ampia.
Va quindi rimarcato che il movente dell’atteggiamento di collaborazione assunto dal CALORE dev’essere ricondotto alla ricerca della verità in ordine alla strage di Bologna. Tale movente potrebbe farlo apparire, in astratto, interessato.
Ma i fatti hanno provato il contrario: lungi dall’accusare direttamente altri per scagionare se stesso, il CALORE ha invece offerto il suo prezioso contributo per la ricostruzione degli ambienti e delle esperienze eversive che si collocano a monte dell’attentato del 2 agosto, e che ne costituiscono il necessario retroterra conoscitivo.

Peraltro, ripercorrendo, attraverso la lettura dei verbali degli interrogatori resi alle varie autorità giudiziarie, i tempi ed i modi della collaborazione processuale del CALORE, e tenuto conto dell’epoca di entrata in vigore delle norme premiali, è dato constatare come da parte del CALORE non vi sia certo una corsa ai benefici.

Individuo di notevole spessore intellettuale, era il CALORE, significativamente, una delle menti politiche dell’organizzazione di cui ha fatto parte. Portatore di una lunga esperienza all’interno di formazioni eversive, è stato in grado, in virtù di un’intelligenza lucida e di notevole capacità espressiva, di restituire un’immagine plastica delle realtà di cui è stato co-protagonista. Le sue dichiarazioni hanno il pregio della Completezza e della puntualità; ed hanno ricevuto innumerevoli conferme ab externo. Non è stato dato cogliere elementi idonei a dar corpo al sospetto che il CALORE sia stato mosso da volontà di vendetta.

Il fatto che egli abbia riferito sui fatti di cui era a conoscenza, diretta od indiretta, per via della sua collaborazione politica o della sua esperienza carceraria, e che non abbia offerto verità precostituite in ordine alla strage è, in se, garanzia di misura e di assenza di protagonismo.

Sergio Calore – dichiarazioni 14.12.1983

Riprendo il discorso interrotto nel precedente interrogatorio sugli attentati dell’ “Mrp” dichiaro che mia precisa convinzione che dietro coloro che hanno materialmente eseguito gli attentati non esistono mandanti occulti. Cio’ e’ vero per tutti gli attentati ivi compreso quello del “Csm” . Poiche’ la sv mi fa rilevare che quest’ ultimo rappresenta un tentativo ed ha quindi un valenza molto diversa da tutti gli altri, ribadisco che anche per questo attentato non vedo alcuna necessità di ipotizzare fini occulti. Del resto all’ epoca Aleandri non mi risulta che avesse ancora rapporti con ambienti “piduisti” (P2) . Conoscendo a fondo la realtà politica ed umana della destra posso affermare che anche fatti molto gravi non necessariamente sono il frutto di una concertazione complessa ed alla quale hanno partecipato molte persone ed ambienti di diversi livelli, poiche’ e’ possibilissimo che si tratti di iniziative spontanee di singoli o di gruppi molto ristretti.

– Per quanto concerne la distribuzione del materiale di “Costruiamo l’Azione” (giornale e manifesto propagandistico) nel Veneto l’ unico canale di distribuzione era Fachini. Anzi a tal proposito ricordo con esattezza che consegnai a Fachini i manifesti con la colomba il 06.05.79, giorno della riunione al cinema Hollywood, a Roma, sotto casa del Signorelli. Ricordo che ne diedi a Fachini qualche centinaio di esemplari.
I manifesti non furono spediti per posta perche’ in quel periodo il giornale non usciva. Per quanto riguarda i miei rapporti con Fachini nell’ ambiente padovano in genere dichiaro che gli stessi si sono interrotti con il mio arresto avvenuto nel maggio del 1979. So anche che Fachini dopo qualche tempo interruppe i rapporti con Aleandri, dal momento che quest’ultimo si era tirato in disparte dopo il suo sequestro. Nel mese di dicembre del 1979 mi incontrai con Cavallini a Roma e lo invitai, ove fosse stato ancora in contatto con Fachini, ad interrompere ogni rapporto con lo stesso, dal momento che a mio giudizio Fachini aveva un comportamento “poco chiaro” .

L’ ufficio domanda: cosa intende per poco chiaro ?
-a questa domanda mi riservo di rispondere in seguito. In ogni caso l’esperienza di “Costruiamo l’ Azione” si era virtualmente chiusa con il mio arresto, fatto da cui derivo’ la dissoluzione del relativo ambiente umano. Il motivo per cui fece Cavallini quel discorso è legato ad un fatto che avevo appreso durante la mia detenzione, fatto appunto, che per ora non intendo rivelare.

– mi risulta che una delle ragioni per le quali Palladino Carmine venne ucciso da Concutelli fosse quella che lo si sospettava responsabile della cattura e morte di Vale Giorgio.
Naturalmente al fondo di tutto vi era una situazione di assoluta incompatibilita’ politica e umana tra il Concutelli e il Palladino in quanto conosciuto amico di Delle Chiaie Stefano.
– ignoro in che modo Concutelli sia venuto a sapere delle responsabilità del Palladino per la cattura di Vale.

Sergio Calore – dichiarazioni 30.08.1983 seconda parte

Si riapre il verbale in assenza del dr Zincani Vito.

– in merito ai rapporti fra “Costruiamo l’Azione” e “Comunità Organi che di Popolo” faccio riferimento a quanto ho ampiamente esposto al GI dr Napolitano del pp 1364/81 nel febbraio 1983.

– “Costruiamo l’Azione” in buona sostanza era fatto da me ed dall’ Aleandri; un paio di articoli li ha scritti Signorelli ed un paio De Felice Fabio; altri articoli li hanno scritti dei ragazzi uno per ciascuno e saltuariamente. Il direttore del giornale era Te’ Sergio che pero’ era solo un prestanome senza alcuna influenza sul giornale che credo non abbia neanche mai letto; anzi quando ne lesse una copia si premuro’ di inviare una diffida al tribunale di Roma per scindere le responsabilità dal contenuto degli articoli.

– per quanto riguarda i miei rapporti con Giorgi gli stessi si sono fermati alla riunione di Albano Laziale di cui ho parlato al GI di Firenze, ma dopo di allora non l’ho mai visto né frequentato, non conosco invece i fratelli Palladino ne’ Pagliai Luigi.

– Macchi Emanuele l’ho conosciuto in carcere a Novara; con lui non ho mai svolto attivita’ politica.

– ho conosciuto Monni Rossano in quanto amico di Mariani Bruno e l’ ho incontrato durante la fase di preparazione all’ incontro del cinema Hollywood.

– il Mariano nel 1979 faceva uso di una Fiat 126.

– conosco il Fachini ed il Raho e con gli stessi ho avuto rapporti politici abbastanza intensi: infatti costoro erano diffusori nel Veneto di “Costruiamo l’ Azione che vendevano anche in Lombardia il Raho in particolare era tra gli animatori di un circolo di Treviso presso il quale mi recai anch’ io nel gennaio 1979 per partecipare ad una discussione politica relativa peraltro anche alla diffusione del giornale.
Il Fachini mostrava di condividere le tesi di “Costruiamo l’ Azione” che erano profondamente innovative rispetto ai temi tradizionali della destra. Quando veniva a Roma il Fachini con il Raho portava il denaro necessario per l’ acquisto delle copie che poi avrebbe distribuito. Gli importi che mi venivano consegnati erano corrispondenti al valore delle copie che venivano di volta in volta ritirate.
Con il Fachini poi, ma questo e’ noto, ho collaborato per l’organizzazione per la fuga di Freda e di questo ho riferito al dr Ledonne di Catanzaro. In breve Fachini organizzò la fuga di Freda e si servi’ di me chiedendomi di procurargli due autovetture, anzi una autovettura “pulita” per le necessita’ “dell’ evasione” . Ricordo che io mi feci prestare una Macchina da uno amico naturalmente senza dirgli a che cosa veramente mi serviva. Alla fuga di Freda collaboro’ con il Fachini l’ Aleandri il quale pero’ non era stato capace di procurare lui l’ auto, cosicché fu necessario il mio intervento. Tra gli altri imputati nel procedimento per la fuga di Freda vi e’ anche Sica Ulderico.

– il mio intervento e credo quello dell’ Aleandri in favore di Freda, pur nella diversita’ delle posizioni politiche, fu dovuto al fatto che ritenevamo lo stesso Freda un perseguitato politico da parte del sistema.

– al di là di Fachini di Raho e di Granconato non conoscevo altre persone in Veneto.

– all’ epoca della fuga di Freda il nostro gruppo non aveva dubbi sulla “pulizia” morale e politica dell’ uomo e soprattutto sulla sua non compromissione con gli ambienti ambigui del sottopotere politico dei “servizi” .

– Sì ho conosciuto Giuliani Egidio ma solo in carcere. Allatta Benito invece mi sembra di ricordare facesse parte di un gruppo di Aprilia vicino alle posizioni nostre. Mi sembra anche di ricordare che il padre venne coinvolto nei fatti di Sezze.

– per quanto mi riguarda ho conosciuto il professore Semerari attraverso De Felice Fabio con il quale ho avuto rapporti abbastanza intensi fino a quando sia io che l’Aleandri ci siamo resi conto che il predetto era portatore di interessi assai diversi dai nostri. Infatti il De Felice, come ho già detto nei verbali di interrogatori resi al GI dr Imposimato, nonche’ al giudice monastero, ed anche ai giudici di Firenze, il De Felice era in contatto con Gelli Licio probabilmente il De Felice puntava a strumentalizzare noi ed il giornale per fini suoi propri che sicuramente non potevamo assecondare.
In merito alla ormai famosa riunione al cinema Hollywood occorre finalmente fare chiarezza: fu organizzata per affrontare il problema delle carceri speciali e dei manicomi criminali.
L’organizzazione fu curata da noi e da me in particolare, di “Costruiamo l’Azione” insieme con le “Comunità Organiche di Popolo” delle quali faceva parte lo Scarano. Alla riunione partecipo’ anche il Signorelli che espresse il suo netto disaccordo con le tesi che io sostenni. La riunione fu un fallimento in quanto a partecipazione perché contemporaneamente a Roma si tenne l’assemblea nazionale dell’ autonomia in un locale sito a pochissima distanza dal cinema. Cosi’ sostanzialmente il mio intervento fu l’ annuncio del rinvio della manifestazione accompagnato da un discorso di carattere generale sulle nostre valutazioni e sui scopi che ci proponevamo. Dopo il mio intervento ci fu quello di dissenso di Signorelli Paolo. Il professore Semerari non intervenne alla riunione perche’ aveva saputo che era stata rinviata; venne e vista la poca gente che c’ era non tenne la relazione.

– non ho la piu’ pallida idea dei motivi che hanno spinto De Felice Paolo il 20.09.80 a negare di conoscermi. In effetti invece abbiamo avuto stretti rapporti.

– ho conosciuto non ricordo se Fiore o Adinolfi o entrambi nella villa di De Felice a Poggio Catino (RI) dove si teneva un recital del cantante Valeriano Leo che era un esponente di destra. Fu quella l’ occasione in cui conobbi la prima volta De Felice. Fui invitato al recital da Signorelli Paolo. La presenza di Fiore e di Adinolfi puo’ anche spiegarsi che i figli del De Felice erano aderenti a “TP” .

– ammetto di avere avuto incontri politici con Fiore ed Adinolfi per coordinare le attivita’ del nostro gruppo con quelle di “TP” . Non fu mai possibile raggiungere un accordo perche’ mentre noi puntavamo sulla diffusione del dibattito ideologico, “TP” era orientata verso un impegno prevalentemente attivistico. Inoltre la tesi di fondo dei nostri due movimenti erano contrastanti. Questi incontri avvenuti nell’aprile ‘79 furono successivi ad un comizio unitario fatto a Latina in occasione del referendum dell’abrogazione della legge reale.

– ritengo che Fiore ed Adinolfi avessero rapporti con Fachini anche in relazione alla diffusione dei libri dell’ edizione “AR” di Freda. Non so di altri rapporti con il Veneto dei due dirigenti di “TP” .

– mi sembra di non aver mai conosciuto Mangiameli Francesco e nulla posso dire sui moventi possibili del suo assassinio; in carcere ho sentito dire che era stato eliminato per una questione di soldi ma non ho mai saputo nulla della progettata evasione di Concutelli.

– ho conosciuto Fioravanti Valerio in un comune periodo di detenzione del 1979 e abbiamo constatato la possibilita’ di un discorso politico che e’ poi proseguito quando entrambi uscimmo dal carcere in quello stesso anno. Da questo nostro rapporto nacque l’ operazione contro l’ avvocato Arcangeli che non fu finalizzato, come ho piu’ volte spiegato, a vendicare l’ arresto di Concutelli ma la continua attivita’ di delazione e di collaborazione con la polizia del predetto legale. L’ episodio Arcangeli – Leandri e’ l’ unico penalmente rilevante che abbia commesso insieme con Valerio.

– Ho conosciuto Femia che fino al 1978 frequentava un gruppo di ragazzi di Ostia che era in contatto con noi. Questo Femia venne poi arrestato per il covo di Acilia ed era in carcere con me quando vi fu anche il Farina. Per la precisione al primo piano sezione B del braccio “G9” di Rebibbia vi erano le seguenti persone in queste celle: la nr 7 Femia – fiore Antonio Marchi Veriano – ; la nr 10 Pedretti – con altre 3 persone che furono scarcerate proprio un’ ora prima dell’ arrivo del Farina; il posto di queste tre persone fu occupato da Fioravanti Cristiano – Insabato Andrea – Farina medesimo, la nr 11 io, Mariani Bruno – Proietti Antonio – Modigliani Litta Andrea. Nella nr 7 c’era anche Urzino Andrea detenuto comune.

-che io sappia Femia ed Iannilli non si conoscevano.

L’ ufficio fa ascoltare all’ imputato la cassetta registrata marca “Basf” contenente rivendicazioni e smentite della strage e l’ imputato dichiara:
– Nessuna delle voci da me ascoltate mi e’ familiare.
Preciso che nella cella nr 7 non vi era il detenuto comune Urzino, era invece presente un altro comune il cui cognome era Rizzi.

Rudy Miorandi -dichiarazioni 15.09.1982

Confermo le mie precedenti dichiarazioni. Confermo in particolare la circostanza riferita ai CC. Vale a dire il fatto che Giorgi mi ha anche confidato che poco tempo prima della strage aveva partecipato ad una festa in argentina insieme a Tilgher, Palladino Carmine e Delle Chiaie. L’ occasione del discorso fu la pubblicazione delle fotografie di Tilgher sui giornali, sul Resto del Carlino e sul Corriere della Sera, cioe’ su uno dei giornali che avevamo in cella solitamente. Io commentai in modo ironico e dispregiativo l’ immagine del Tilgher, a bella posta per provocare una risposta del Giorgi, dicendo: “anche lui c’entra con questa faccia da deficiente” .

Il Giorgi ha reagito dicendomi: “Avessi tu la testa che ha questo” aggiungendo che si conoscevano da moltissimi anni e ricordando tra l’ altro che nel 1980 qualche tempo prima della strage si erano ritrovati in Argentina ad una festa tipica locale come una sagra della carne, dove in una fattoria ammazzavano tori e fanno una gran festa. Mi disse che questa festa fu fatta in ambiente ristretto in un paesino vicino a Buenos Aires, di cui mi fece anche il nome, ma che io non ricordo.

– il Giorgi mi raccontava anche che in argentina aveva, oltre a tante conoscenze importanti, un amico in particolare col quale trascorreva quasi sempre la sua giornata frequentando in particolare una pasticceria dove usava prendere il whisky a tavolino, sita sul corso principale di Buenos Aires. Talvolta gli ho chiesto come faceva a vivere, dal momento che asseriva che non svolgeva alcuna attivita’ , ed egli mi rispondeva con gesti vaghi accennando appena alle sue amicizie altolocate.

– La fattoria dove si era svolta la festa era frequentata dal Giorgi, tanto che egli mi racconto’ che una notte, essendosi rotta la macchina, era rimasto a piedi ed aveva preso un gran paura perche’ era incappato in un branco di cani randagi.

– Il Giorgi si e’ aperto in modo particolare in occasione della ricorrenza del 2 agosto e della morte di Palladino. Quest’ ultima l’ha colpito moltissimo ed ha giurato di vendicarsi. Secondo le sue supposizioni Palladino era stato ucciso perche’ avendo partecipato alla strage era incappato nella ostilita’ di Concutelli che era contrario a questa strategia. Sempre parlando dell’ attentato il Giorgi si diceva sicuro dell’ impunita’ dicendo testualmente una volta: “non proveranno mai che l’ ho messa io” .
Una frase analoga la pronunziò a proposito della notizia pubblicata sul “Resto del Carlino” a proposito di due tedeschi implicati nella strage, disse: “non proveranno mai chi sono a parte il fatto che sono introvabili” ed a mia domanda su dove fossero, preciso’ che erano ad Asuncion.

– Non so se Giorgi abbia fatto qualche confidenza agli altri condetenuti. Certo che una volta – a quanto ho saputo recentemente da Tozzi nel corso di un incontro a Firenze – il Giorgi, prima che Palladino fosse ucciso si mostrava angosciato dalla sorte di questi che aveva famiglia e si tormentava nell’ escogitare la maniera di scagionarlo, in quanto l’ aveva messo lui nei guai, reclutandolo nell’ impresa.

– Tornato da Altedo, ove ero stato interrogato durante la detenzione della sv, rimproverai al Giorgi di avermi dato dei contatti non esatti in quanto io avevo telefonato alla casali carola ed avevo cercato di mettermi in contatto con le altre persone da lui nominate, compresa la Lucarelli Anna, ed avevo ricevuto risposte elusive, e il Giorgi si mostro’ molto stupito ed addolorato dicendo che le persone indicatemi erano le ultime fidate che gli erano rimaste almeno in Italia, ed in particolare della Lucarelli mi disse che a Roma era stata scelta con lui e che era a parte di tutti i suoi segreti.

– La riunione per mettere a punto l’ attentato avvenne a Roma nell’ ufficio di Palladino ed ebbe come partecipi il Palladino Carmelo, il Giorgi, Delle Chiaie ed altre persone di cui non mi ha fatto i nomi, precisando pero’ che i partecipi erano 5 o 6.

– Il Giorgi mi parlo’ anche di Palladino Roberto e mi confido’ anzi si mostro’ molto sorpreso che Roberto non era stato incriminato come lui, avendo ricevuto una sua cartolina dalla quale apprendeva che era libero.

Letto confermato sottoscritto.­

Delle Chiaie e il delitto Occorsio

Delle Chiaie non ha volutamente presenziato all’attività istruttoria. Certo, comunque, rimane che dal 1971 -quando il Delle Chiaie si rese per la prima volta latitante- ad oggi questo imputato non è mai rimasto fermo: è rientrato spes­se volte e per lunghi periodi (come ammesso nel suo diario che trovasi allegato al vol. XIV) in Italia, dove incontrò in luogo pubblico capi di partito (v. dep. Almirante nel corso della istruttoria c. Concutelli e Ferro) e dove è accusato di avere nell’autunno del 75 organizzato in Roma col Concutelli il tentato omicidio dell’esule cileno Leighton. Anche in questo processo, molte persone (v. Pozzan, Francia e Pomar col suo memoriale) hanno parlato a lungo di rapporti del Delle Chiaie con Servizi Segreti anche italiani; e pare che il Giorgi, intimo amico di Delle Chiaie, abbia fatto sul punto più d’una ammissione ai magistrati di Bologna.

Fatto sta che, mentre la Digos di Firenze operava sagacemente e in stretta collaborazione con la Ucigos del Ministero degli Interni per determinare la cattura del Delle Chiaie, un giornale a grande diffusione dette per sicura la storia di un Delle Chiaie intanto presente a una riunione di neri in Toscana; avvertendo la possibilità che le persone che det­tero quella notizia ai giornalisti in realtà volessero av­vertire Delle Chiaie che dalla Toscana lo ricercavano, il G.I. segnalò la circostanza alla locale Procura della Repubblica.
Ma al di là di fatti che connotano negativamente la sua personalità, contro Delle Chiaie sono presenti in causa numerosi elementi d’accusa che lo indicano come uno dei responsabili diretti dell’omicidio di Occorsio. Calore e Cozi hanno dimostrato, senza ricevere smentita da alcuno, che fu Delle Chiaie il primo a predicare pub­blicamente la scelta di uccidere Occorsio.

delle chiaie

Queste dichiarazioni sono a loro volta corroborate da un riscontro obiettivamente fornito agli atti dal Delle Chiaie medesimo. La latitanza per Delle Chiaie cominciò con un mandato di Cattura spiccato contro di lui, P.M. dr. Occor­sio, per testimonianza reticente nell’istruttoria per la strage di Piazza Fontana. Delle Chiaie riparò all’estero (e precisamente in Spagna dov’era già il principe Borghese sotto il quale Delle Chiaie partecipò all’omonimo golpe del dicembre 70) e annotò nel suo diario pesanti rancori e pre­cise intenzioni di vendetta contro chi l’aveva costretto all’esilio. Poi, con Delle Chiaie ancora fermo in Spagna, nel ‘73 gli morì, per incidente stradale, la madre, di cui non poté neppure onorare i funerali; e Delle Chiaie, sempre attaccatissimo alla madre (v. la trascrizione della intervista rilasciata a Biagi, in fase. 23 vol. IIA), scrisse di proprio pugno nel diario alla data 7.3.73: “Maledetti coloro che mi costringono dopo tre anni di assurda latitanza a stare ancora lontano da mia madre. Non troverò pace sino a quando non mi sarò vendicato….Non troverò pace sino a quando non avrò strappato dai loro luridi visi questa ma­schera di giustizieri della società”.

Quindi, ha ragione Cozi, il quale ha sempre affermato che Delle Chiaie nutriva qualcosa di personale e viscerale contro Occorsio: Delle Chiaie ha scritto nel proprio diario di avere un movente personale per uccidere Occorsio; contro la persona del magistrato che correttamente e pubblicamente lo accusava, Delle Chiaie, per sublimarsi soggettivamente, trasponeva i reati che egli Delle Chiaie aveva certamente commesso; soprattutto, nel giudice Occorsio il Delle Chiaie identificava la causa del proprio distacco irreparabile dalla madre.

Con questo odio personale contro Occorsio, Delle Chiaie primeggiò nelle riunioni di Albano, dell’appartamento di Via Sartorio in Roma, del dicembre ‘75 in Nizza, nelle quali oc­casioni, proprio sotto la spinta drastica del Delle Chiaie, il progetto di uccidere Occorsio passò nella fase di esecuzione. Altrettando certi sono i rapporti intensi ed intimi che Delle Chiaie ebbe con Signorelli e Concutelli fino alla fine dell’anno 1976.
In primo luogo, è indeclinabile che Delle Chiaie ebbe col Signorelli relazioni che non sfociarono mai in liti personali o in separatezza politica; anzi, sono stati proprio Del­le Chiaie e Signorelli le persone che hanno voluto (e in certi limiti anche imposto) la fusione fra ON e AN per dar vi­ta alla guerra rivoluzionaria e quindi a quella lotta arma­ta all’interno della quale Occorsio rappresentava e fu il primo obiettivo.

Con sulle spalle probabilmente per entrambi il sequestro Ma­riano e il tentato omicidio di Leighton, Delle Chiaie e Con­cutelli furono insieme ad Albano e vissero, impegnandosi in un lavoro unitario per la guerra rivoluzionaria, lunghi me­si nell’appartamento di Via Sartorio in Roma; da Roma Concutelli e Delle Chiaie andarono insieme pochi giorni prima dell’Immacolata a Nizza dove si incontrarono con Graziani, Mas­sagrande, Signorelli e decisero di uccidere Occorsio; da Nizza Concutelli e Delle Chiaie proseguirono per la Spagna, dove a Madrid Delle Chiaie disponeva in proprio di almeno tre appartamenti e della società di viaggi Transalpino, e dove, altresì, insieme a Massagrande, Francia ed altri, il Delle Chiaie gestiva la pizzeria El Apuntamiento e la società di import-export Eniesa. Anche a Madrid Delle Chiaie e Concu­telli furono visti insieme (v. dichiarazioni di Citti, Fran­cia e Pozzan in fasc. 5 vol II, di Arcangeli in fasc. 6 vol II, di Ricci in fasc. 7 vol II), perché insieme operavano per altri fatti che continuavano a comportare uccisioni per fini politici, come la lotta del Governo spagnolo contro l’Eta basca e il tracollo africano dell’impero portoghese.

In Spagna Delle Chiaie consegnò a Concutelli il mitra In­gram con cui Concutelli, dopo, uccise Occorsio. Infatti, durante l’istruttoria del processo che si concluse con la condanna di Concutelli all’ergastolo, emerse con si­curezza assoluta che l’Ingram di Concutelli rientrava in una partita di tre mitra Ingram venduti dalla ditta costruttrice (in USA) alla Polizia spagnola (v. sent. 16.3.78 Corte d’As­sise di Firenze, in fasc. nr.5, vol.I). Gli spagnoli non hanno mai risposto alla rituale rogatoria internazionale con cui i magistrati italiani chiesero che destinazione avessero avuto quei tre mitra e come mai uno degli stessi fosse finito al Concutelli (v. sui rapporti con le Autorità spagnole, il volume VII); ma restava comun­que chiaro che l’arma non poteva essere giunta in forma anonima al Concutelli, che in campo internazionale non ha mai avuto caratura alcuna prima dell’omicidio di Occorsio.

In questa istruttoria è emerso (…) che Autorità in­quirenti francesi e spagnole hanno accertato che, dopo l’o­micidio di Occorsio, per lunghi anni in Spagna e Francia il Delle Chiaie ebbe rapporti di intimità e colleganza politi­ca con gli spagnoli Mila Rodriguez, Tornio e Alemany, ai quali il Delle Chiaie consegnò due mitra Ingram. Quindi, è vero quanto hanno riferito Tisei, Calore, Cozi, Francia, Pomar, Pozzan, Arcangeli, per i quali fu Delle Chia­ie ad ottenere i tre Ingram dalla polizia spagnola per usarli contro i baschi, in odio ai quali Delle Chiaie, oltre che agire personalmente, arruolò anche Concutelli. Né può pensarsi che a questo punto -trovandosi già Delle Chiaie e Concutelli in perfetta simbiosi ad Albano, in Via Sartorio, a Nizza su guerra rivoluzionaria e lotta armata- Delle Chiaie abbia perso di vista il Concutelli a cui aveva passato l’Ingram.

Da una parte Concutelli, proveniente da Madrid, andò a trovare Graziani e Pugliese in Corsica, e ben lo sapeva D’Agostino, avanguardista intimo di Delle Chiaie, che si precipitò da Graziani a Nizza proprio per parlare di Concutelli. Né a quel punto -prima della Pasqua ‘76- nessuno ha segnalato la benché minima incrinatura all’interno della fusione ON-AN, per cui Graziani e gli altri non avevano ostacoli a parlare di Concutelli con Delle Chiaie.
Poi, il rientro di Concutelli In Italia nella Pasqua ‘76 fu ignoto agli inquirenti italiani, ma il Concutelli finì in mano a Signorelli, Cozi, Pugliese, Sgavicchia, i quali avevano il possesso dell’appartamento 75, il cui affitto continua­va ad essere pagato dagli avanguardisti Germoni e Fabbrussi, intimi di Delle Chiaie. E i rapporti fra Signorelli e Concutelli nella primavera – estate romana del ‘76 con i segua­ci particolari di Delle Chiaie furono sempre eccellenti, tanto che il D’Agostino andò allora a cena col Concutelli e a fine luglio ‘76 gli avanguardisti indicarono alla Poli­zia in Concutelli l’autore dell’intanto intervenuto assas­sinio di Occorsio.

Del resto Delle Chiaie -che sempre seppe della presenza di Concutelli armato di Ingram in Roma ma nulla fece per toccarlo- nell’autunno 76 impose ad Arcangeli di mantenere ottimi rapporti con quel Concutelli, già ricercato ufficial­mente dalla Polizia come autore ormai individuato dell’uc­cisione di Occorsio. Ma tutto ciò non attiene semplicemente la logica dei rapporti personali fra Delle Chiaie e Concutelli, perché son fat­ti questi i quali trovano la loro unica causale in quella unità di intenti di propositi di azioni concrete che legò, come innanzi esplicitato, qualsiasi esponente di ON e AN dalla seconda metà del 1975 a tutto il 1976.

Nessuna, infine, delle persone conosciute per intime del Delle Chiaie, come Giorgi, Citti, D’Agostino, Tilgher, ha voluto versare in causa nulla di positivo per il prevenuto Delle Chiaie; ma vero è, anche, che essi Giorgi Citti, D’Agosti­no, Tilgher si sono comportati come persone che aspettava­no di aver già conosciuto e individuato gli elementi già acquisiti dal G.I. prima di imbastire una loro verità. In definitiva, allora, sono profondamente radicati nelle concrete emergenze processuali gli elementi che dimostra­no la partecipazione direttiva di Delle Chiaie all’omici­dio di Occorsio.

Sentenza ordinanza G.I. Minna delitto Occorsio 1983 pag 60-69