Claudio Nunziata, il sostituto procuratore bolognese che si è trovato in mano la più scottante inchiesta sullo “stragismo”, esce da Palazzo Baciocchi alle 13,50. Fa molto freddo, Nunziata e il capo cancelliere del tribunale si infagottano nei cappotti, un po’ per ripararsi un po’ per avere l’ illusione di sfuggire al fuoco di fila delle domande dei giornalisti che attendono da ore. I due cercano di evitare il blocco dei cronisti, poi, mentre stanno per salire sull’ Alfa 33 blindata che li aspetta nella piazza deserta, nel gelo della mattinata di Santo Stefano, hanno un breve cedimento. Si fermano. Fioccano le domande. A che punto siete? “Non si possono avere risultati immediati, sarebbe sciocco aspettarseli, sarebbe troppo bello”. Che ne pensa dell’ identikit? “Ci credo…”. Si parla di un secondo identikit, è vero? “Chi l’ ha detto?”. Il presidente del Consiglio ha accennato a una pista internazionale… Il viso del sostituto procuratore si irrigidisce, il sorriso di circostanza scompare e il giudice si infila nell’ Alfa grigia con un “arrivederci…” che non lascia dubbi sul suo pensiero. E sempre per eliminare incertezze, il sostituto procuratore, all’ inizio della mattinata, verso le 11,30 aveva detto ai giornalisti che affollavano l’ ingresso della Procura: “Dovete informare sullo stragismo, un problema sottovalutato…”. Nonostante le assicurazioni formali dei suoi superiori che l’ indagine si muove su tutti i fronti, il magistrato, per ora competente, sembra convinto dell’ ipotesi che questa strage sia legata da un filo, non solo di sangue ma anche di progettazione e realizzazione, alle altre che da quindici anni tormentano l’ Italia. Per ora pare trattarsi solo di ipotesi di lavoro, di estrapolazioni da altre inchieste. In questa chiave deve essere letta la prudenza degli inquirenti scottati dalle troppe rivelazioni del passato spesso inquinate da confessioni interessate e teleguidate da spezzoni dei nostri servizi segreti. Intanto, a Firenze c’ è una indagine che si muove parallelamente a quella di Bologna. Si tratta di una vecchia inchiesta sui cinque attentati rimasti ignoti sulla linea Firenze-Bologna (dal 1974 a oggi sono stati 12). L’ indagine parte dalla bomba che, il 9 agosto 1983, fece saltare di netto 70 centimetri di binario tra Vaiano e Vernio. L’ ordigno scoppiò poco prima del passaggio dell’ espresso 571 Milano-Palermo. Per un caso, la strage fu evitata. In questi giorni, il giudice istruttore fiorentino Minna avrebbe dovuto interrogare Mario Tuti e avrebbe spiccato almeno dieci comunicazioni giudiziarie, tra cui una nei riguardi di un personaggio toscano dell’ estremismo nero latitante da tempo e indicato come legato ad almeno cinque attentati ai treni. Sempre sul “cotè” toscano, sono da segnalare 100 perquisizioni (80 compiute dai Carabinieri e 20 dalla Digos a Firenze e provincia, in Lombardia, Emilia e Romagna, Campania e Sicilia), in cui sono stati sequestrati i soliti documenti. Sono stati anche ascoltati come testimoni facchini, ferrovieri e pendolari della linea con Bologna. In questa indagine che si prospetta lunga e difficile, quali sono i punti più sicuri? Vediamoli. Silenzio stampa. Dice Guido Marino, procuratore capo della Procura, sul piede di partenza: “Dobbiamo mantenere un atteggiamento di assoluto riserbo senza deroghe di alcun tipo”. A confortare questa posizione c’ è lo scarno comunicato ufficiale emesso dalla Procura che, secondo i magistrati bolognesi, dovrebbe essere l’ unica notizia della giornata. In pratica, si invitano tutti i cittadini che hanno notizie sull’ attentato a rivolgersi alla polizia e ai magistrati. Identikit. Il primo, quello di Firenze, sarebbe ritenuto interessante dagli inquirenti ma niente di più. Non c’ è nulla per ora che lo possa indicare come possibile responsabile. Ci sarebbe poi un secondo ritratto di “sospetto” che dovrebbe essere diffuso entro oggi. La bomba. Sarebbero almeno 7 chili di esplosivo di tipo per ora non identificato. Potrebbe essere T4 ma le perizie non hanno dato ancora risposta. Le perquisizioni. Sono di routine. Sono state almeno 300 in varie città, quasi t utte legate alla pista nera; sono stati trovati documenti. La pista internazionale. Per ora, oltre le indicazioni del presidente del Consiglio, a Bologna c’ è abbastanza poco per confortare questa tesi: alcune perquisizioni a cittadini stranieri e le rivendicazioni. Questa pista contrasta con la posizione del magistrato inquirente più sensibile all’ ipotesi “stragista”. Gli assassini. Sembra sicuro che la bomba sia stata sistemata a Firenze. Potrebbe essere stato un uomo salito alla stazione di Chiusi Scalo, oppure uno che aveva preso il biglietto a Firenze. Secondo il questore di Firenze, “l’ ordigno è stato certamente, se non messo sul treno, almeno innescato a Firenze, stazione dove meglio delle altre si potevano conoscere eventuali anticipi o ritardi del rapido”. Indagini sono in corso a Firenze e anche a Chiusi, città importante nella mappa dell’ eversione nera per la sua vicinanza con Perugia. I reperti e le indagini tecniche. Saranno lunghe. Gli inquirenti hanno fatto raschiare le pareti della galleria della morte per recuperare tutti gli indizi possibili, soprattutto le tracce di esplosivo. Anche tutti i frammenti recuperati sul pavimento del vagone della morte sono stati prima identificati, riguardo alla loro posizione, e poi messi in capaci buste. Sono ben sei grandi casse di plastica, tipo quelle usate dai fornai, che probabilmente verranno spedite a Roma. Le rivendicazioni. Nella tradizionale ridda di telefonate fatte da mitomani gli inquirenti tendono a dare maggior peso alla telefonata fatta da Napoli, la prima, che rivendicava la strage a nome di Ordine nero-Ordine nuovo. Ieri sera c’ è stata una nuova rivendicazione, dei Nar, al “Corriere dell’ Umbria”. Le stranezze. Secondo alcuni testimoni la notte dopo l’ attentato tra i soccorritori e i pompieri sarebbe stato visto un personaggio già coinvolto in fatti di cronaca. A questo proposito è da rilevare che la questura di Bologna cade dalle nuvole. Altra stranezza: una telefonata a una radio libera bolognese fatta da tale Cesare di Napoli, parla di casse di polvere da mortaretti trasportate sul treno della morte.
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