Mauro Ansaldi – dichiarazioni 28.10.1982

Circa la strage di Bologna nulla so di preciso. Posso pero’ dire che qualche giorno prima del fatto lo Zani a la Cogolli incontrarono a Bologna o in una citta’ vicina una persona che se ben ricordo era il Fachini Massimiliano, il quale disse loro di andarsene via da Bologna o dai dintorni perche’ sarebbe successo qualcosa. Il Fachini e’ legato a Freda essendo tra l’ altro stato il direttore delle edizioni AR di Freda. Lo Zani e la Cogolli ebbero in tal modo una ulteriore conferma dei loro sospetti che la strage di Bologna fosse stata compiuta da provocatori di Avanguardia Nazionale legati ai servizi segreti italiani. Tutto ciò me lo disse la Cogolli. Lo Zani in un altra occasione mi disse che conosceva una persona, di cui non mi ha fatto il nome, che sapeva tutto sulla strage di Bologna.

In generale, l’ Adinolfi mi disse che sicuramente la strage era opera del gruppo di Delle Chiaie, che tendeva a criminalizzare terza posizione nel momento in cui il movimento stava velocemente ampliandosi. Ricordo che l’ Adinolfi mi disse che proprio in quei giorni a Roma vi era della gente di avanguardia nazionale, mai coinvolta in inchieste nemmeno in quella sulla strage che girava nei quartieri per reclutare delle frange del movimento e riportarle sulle posizioni di Avanguardia Nazionale. E’ mia impressione quindi in base ai discorsi di Adinolfi, che Ciolini dica la verità anche se fa polverone.

So ancora che signorelli era in rapporti con il Semerari, il quale si dice fosse della P2. Adinolfi mi disse infatti che era certo che Semerari, Signorelli e Gelli si erano incontrati in un ristorante di Roma. Ovviamente non so che cosa si siano detti.

“Quella di Azzi era solo la prima”, Lotta Continua 06.01.1974

La strage del 7 aprile sul direttissimo Torino-Roma e i tumulti sanguinosi del giovedì nero che dovevano rafforzarne le ripercussioni politiche facendo precipitare la crisi, non erano che una parte del programma omicida dei fascisti. Ora sappiamo che alla carneficina di Azzi dovevano seguirne altre, condotte con la stessa tecnica ‘vigliacca. ‘la vita di altre decine, forse centinaia, di innocenti era già nel conto criminale dei fascisti.

Subito dopo il Torino·Roma, avrebbe dovuto saltare in aria il treno diretto che collega Torino a Venezia e poi altri ancora, portando al parossismo la caccia al rosso. Un calcolo di un cinismo spaventoso, una mostruosità senza precedenti nelle cronache del crimine politico. Le bombe ai treni del ’69 e la stessa strage di piazza Fontana, diventano al confronto esercitazioni dilettantistiche.

Con quella stessa logica, ma con una determinazione delinquenziale enormemente più feroce, fascisti e potere avevano programmato l’atto finale della scalata autoritaria sulle scadenze di un eccidio di massa che soltanto il guasto fortuito dell’ultimo ingranaggio ha sventato. Sono i nuovi, gravissimi elementi che trapelano dall’inchiesta, mentre si moltiplicano gli episodi che raccontano la faida scatenatasi in casa fascista dopo il fallimento del piano.

Lettere di Rognoni ad Azzi e di Azzi a Rognoni fatte pervenire anonimamente alle autorità, dossier di fascisti che chiamano di correo non più i soli Servello e Petronio ma . gli ambienti governativi di Andreotti. All’inchiesta genovese del giudice Grillo, un ‘inchiesta che lascia nell’ombra i veri protagonisti, si affianca quella degli inquirenti della “Rosa dei venti “, che proprio ieri hanno di nuovo interrogato l’ex parà di Viareggio Amedeo Orlandini. E’ l’uomo che con lo squadrista Rampazzo assisté allo sfogo di Giancarlo De Marchi, il tesoriere della “Rosa”, rammaricato che “quell’idiota di Azzi” non fosse riuscito a provocare la strage.

E’ stato anche sentito lo stesso De Marchi, dopo che una sua poco maschia e fascistica scena d’isterismo con conseguente collasso aveva, interrotto il precedente interrogatorio. Intanto il tribunale di Padova mette le mani avanti dopo le rivelazioni dei giorni scorsi: l’anonimo generale chiamato a deporre non è né indiziato né tanto meno incriminato. E’ stato semplicemente ascoltato in qualità di “consulente tecnico”. L’altalena delle sortite rumoriane contro il partito del golpe e delle successive ritirate continua.

“Perquisite sedi e case di neofascisti dopo la bomba sulla Firenze-Bologna” – L’Unità 07.09.1978

Mentre perquisizioni e controlli si susseguono nell’inchiesta sulla mancata strage al treno «Conca d’Oro », la popolazione della Valle del Bisenzio ha dato una prima risposta al terrorismo con una grande manifestazione popolare ieri sera a Figline: tutti s’attendono, come è stato sottolineato anche in una miriade di assemblee che preparano un’altra manifestazione a Vaiano, che si concretizzi con qualche risultato certo l’azione per individuare i criminali che volevano un altro massacro sulla ferrovia Bologna Firenze. Purtroppo, finora, il cammino dell’inchiesta è poco significativo in questo senso. Una sessantina di perquisizioni ad Arezzo, Lucca, Pisa, Firenze, in appartamenti di noti neofascisti non hanno dato risultati.
In queste città dimorano i rappresentanti di quell’“Ordine nero” che sono stati scandalosamente assolti o rilasciati in libertà per gli attentati del ’74 a Bologna o come quella per ricostituzione del PNF a Roma. Ci sono poi (ma sono ancora in Toscana?) latitanti di riguardo come i complici di Tuti, Piero Carmassi e Augusto Cauchi.

Niente di più facile che tutti costoro abbiano trovato nuovi appoggi, amici, soldi e mezzi per compiere quel “salto di qualità” che, a sentire gli investigatori, è caratteristico di quest’ultimo attentato.

La bomba dell’altra notte sulla ferrovia, pur avendo caratteristiche simili agli ordigni che seminarono il terrore fra il ’74 e il ’75 sugli i stessi tratti della Firenze-Bologna, fa pensare a un grado dell’organizzazione più perfezionato: il luogo scelto, la precisione al secondo dell’esplosione avvenuta proprio mentre passava il treno per fortuna istradato, una mezz’ora prima sul binario accanto, l’uso quasi certo d’un telecomando a distanza e la scelta di quel viadotto sul Bisenzio a strapiombo sul fiume dimostra che nulla era stato lasciato al caso per provocare una strage o per dimostrare comunque che i terroristi sono in grado di colpire quando e come vogliono. Qualcuno infatti si chiede se anche la scelta del binario sbagliato sia stata cosa prevista e voluta, quasi a dire, la prossima volta non sarà cosi. Ma sono tutte ipotesi, a parte la testimonianza di un uomo che è stato sentito già alla caserma dei CC di Vernio e che verrà ascoltato anche dal magistrato di Prato. Costui – non è stato reso noto il nome – avrebbe visto un’auto allontanarsi dalla zona subito dopo l’esplosione.

C’è il particolare che nessuno finora ha rivendicato il gesto criminale: è un fatto con pochi precedenti: anche questo è interpretato non come segno di disorganizzazione ma come consapevole scelta dei terroristi cui interesserebbe sempre di meno “etichettare” azioni che -quale che sia il colore delle organizzazioni criminali – mirano tutte ad obiettivi concomitanti.

In conclusione la consapevolezza che sia stata evitata una tragedia non è certo sufficiente a far dormire sonni tranquilli a nessuno. Ieri mattina, in prefettura si è svolto un vertice fra funzionari di polizia e alti ufficiali i dei CC: con il questore Rocco c’erano i dirigenti della Digos di quasi tutte le città toscane e di Bologna. Si è discusso perfino della possibilità di impiegare lungo la Firenze Bologna uomini dell’esercito per la vigilanza, ma la proposta è almeno per il momento caduta: saranno gli uomini della Polfer a sorvegliare ancora questa linea, la “più minata” dal terrore.

“Ordigno esplode sulla Firenze-Bologna” – L’Unità 05.09.1978

Un ordigno è stato fatto esplodere, poco prima di mezzanotte, sulla direttissima Firenze-Bologna fra le stazioni di Vernio e Vaiano. L’esplosione ha fatto saltare circa due metri di rotaia su uno dei due binari e scavato una buca profonda circa un metro.

La linea aerea dell’altro binario, sul quale si svolgeva il traffico ferroviario, è saltata e il treno espresso 571 Milano-Sicilia è rimasto bloccato a qualche chilometro di distanza.

Sul binario dove si è verificata l’esplosione non transitavano treni, perché erano in corso dei lavori. Tutto il traffico è ora bloccato.

Dai compartimenti di Bologna e Firenze sono stati inviati funzionari, tecnici e mezzi di soccorso per la riparazione e riattivazione della linea.

“Pronto un secondo identikit” – La Repubblica 27.12.1984

Claudio Nunziata, il sostituto procuratore bolognese che si è trovato in mano la più scottante inchiesta sullo “stragismo”, esce da Palazzo Baciocchi alle 13,50. Fa molto freddo, Nunziata e il capo cancelliere del tribunale si infagottano nei cappotti, un po’ per ripararsi un po’ per avere l’ illusione di sfuggire al fuoco di fila delle domande dei giornalisti che attendono da ore. I due cercano di evitare il blocco dei cronisti, poi, mentre stanno per salire sull’ Alfa 33 blindata che li aspetta nella piazza deserta, nel gelo della mattinata di Santo Stefano, hanno un breve cedimento. Si fermano. Fioccano le domande. A che punto siete? “Non si possono avere risultati immediati, sarebbe sciocco aspettarseli, sarebbe troppo bello”. Che ne pensa dell’ identikit? “Ci credo…”. Si parla di un secondo identikit, è vero? “Chi l’ ha detto?”. Il presidente del Consiglio ha accennato a una pista internazionale… Il viso del sostituto procuratore si irrigidisce, il sorriso di circostanza scompare e il giudice si infila nell’ Alfa grigia con un “arrivederci…” che non lascia dubbi sul suo pensiero. E sempre per eliminare incertezze, il sostituto procuratore, all’ inizio della mattinata, verso le 11,30 aveva detto ai giornalisti che affollavano l’ ingresso della Procura: “Dovete informare sullo stragismo, un problema sottovalutato…”. Nonostante le assicurazioni formali dei suoi superiori che l’ indagine si muove su tutti i fronti, il magistrato, per ora competente, sembra convinto dell’ ipotesi che questa strage sia legata da un filo, non solo di sangue ma anche di progettazione e realizzazione, alle altre che da quindici anni tormentano l’ Italia. Per ora pare trattarsi solo di ipotesi di lavoro, di estrapolazioni da altre inchieste. In questa chiave deve essere letta la prudenza degli inquirenti scottati dalle troppe rivelazioni del passato spesso inquinate da confessioni interessate e teleguidate da spezzoni dei nostri servizi segreti. Intanto, a Firenze c’ è una indagine che si muove parallelamente a quella di Bologna. Si tratta di una vecchia inchiesta sui cinque attentati rimasti ignoti sulla linea Firenze-Bologna (dal 1974 a oggi sono stati 12). L’ indagine parte dalla bomba che, il 9 agosto 1983, fece saltare di netto 70 centimetri di binario tra Vaiano e Vernio. L’ ordigno scoppiò poco prima del passaggio dell’ espresso 571 Milano-Palermo. Per un caso, la strage fu evitata. In questi giorni, il giudice istruttore fiorentino Minna avrebbe dovuto interrogare Mario Tuti e avrebbe spiccato almeno dieci comunicazioni giudiziarie, tra cui una nei riguardi di un personaggio toscano dell’ estremismo nero latitante da tempo e indicato come legato ad almeno cinque attentati ai treni. Sempre sul “cotè” toscano, sono da segnalare 100 perquisizioni (80 compiute dai Carabinieri e 20 dalla Digos a Firenze e provincia, in Lombardia, Emilia e Romagna, Campania e Sicilia), in cui sono stati sequestrati i soliti documenti. Sono stati anche ascoltati come testimoni facchini, ferrovieri e pendolari della linea con Bologna. In questa indagine che si prospetta lunga e difficile, quali sono i punti più sicuri? Vediamoli. Silenzio stampa. Dice Guido Marino, procuratore capo della Procura, sul piede di partenza: “Dobbiamo mantenere un atteggiamento di assoluto riserbo senza deroghe di alcun tipo”. A confortare questa posizione c’ è lo scarno comunicato ufficiale emesso dalla Procura che, secondo i magistrati bolognesi, dovrebbe essere l’ unica notizia della giornata. In pratica, si invitano tutti i cittadini che hanno notizie sull’ attentato a rivolgersi alla polizia e ai magistrati. Identikit. Il primo, quello di Firenze, sarebbe ritenuto interessante dagli inquirenti ma niente di più. Non c’ è nulla per ora che lo possa indicare come possibile responsabile. Ci sarebbe poi un secondo ritratto di “sospetto” che dovrebbe essere diffuso entro oggi. La bomba. Sarebbero almeno 7 chili di esplosivo di tipo per ora non identificato. Potrebbe essere T4 ma le perizie non hanno dato ancora risposta. Le perquisizioni. Sono di routine. Sono state almeno 300 in varie città, quasi t utte legate alla pista nera; sono stati trovati documenti. La pista internazionale. Per ora, oltre le indicazioni del presidente del Consiglio, a Bologna c’ è abbastanza poco per confortare questa tesi: alcune perquisizioni a cittadini stranieri e le rivendicazioni. Questa pista contrasta con la posizione del magistrato inquirente più sensibile all’ ipotesi “stragista”. Gli assassini. Sembra sicuro che la bomba sia stata sistemata a Firenze. Potrebbe essere stato un uomo salito alla stazione di Chiusi Scalo, oppure uno che aveva preso il biglietto a Firenze. Secondo il questore di Firenze, “l’ ordigno è stato certamente, se non messo sul treno, almeno innescato a Firenze, stazione dove meglio delle altre si potevano conoscere eventuali anticipi o ritardi del rapido”. Indagini sono in corso a Firenze e anche a Chiusi, città importante nella mappa dell’ eversione nera per la sua vicinanza con Perugia. I reperti e le indagini tecniche. Saranno lunghe. Gli inquirenti hanno fatto raschiare le pareti della galleria della morte per recuperare tutti gli indizi possibili, soprattutto le tracce di esplosivo. Anche tutti i frammenti recuperati sul pavimento del vagone della morte sono stati prima identificati, riguardo alla loro posizione, e poi messi in capaci buste. Sono ben sei grandi casse di plastica, tipo quelle usate dai fornai, che probabilmente verranno spedite a Roma. Le rivendicazioni. Nella tradizionale ridda di telefonate fatte da mitomani gli inquirenti tendono a dare maggior peso alla telefonata fatta da Napoli, la prima, che rivendicava la strage a nome di Ordine nero-Ordine nuovo. Ieri sera c’ è stata una nuova rivendicazione, dei Nar, al “Corriere dell’ Umbria”. Le stranezze. Secondo alcuni testimoni la notte dopo l’ attentato tra i soccorritori e i pompieri sarebbe stato visto un personaggio già coinvolto in fatti di cronaca. A questo proposito è da rilevare che la questura di Bologna cade dalle nuvole. Altra stranezza: una telefonata a una radio libera bolognese fatta da tale Cesare di Napoli, parla di casse di polvere da mortaretti trasportate sul treno della morte.

“Attentato fascista contro la nostra sede di Milano” Lotta Continua 28.12.1973

Due bombe SRCM (in dotazione all’esercito) esplose davanti alla saracinesca – Alcuni vetri infranti – Nella stessa notte ondata di attentati in grandi magazzini.

Per i giorni di Natale i fascisti hanno preparato a Milano una catena di attentati nei grandi magazzini, di cui solo tre sono andati in porto; le altre bombe sono state trovate in tempo e disinnescate prima dell’esplosione. Si è trattato comunque di un progetto terroristico di vasta portata, studiato ed attuato con l’uso di mezzi esplosivi complessi, preparati da mani esperte.
Le otto bombe collocate alla Rinascente e ai Magazzini Coin (sette tra sabato e domenica e l’ottava trovata la mattina del giorno di Natale) erano tutti ordigni a tempo e avrebbero dovuto esplodere dopo l’orario di chiusura.
Alcune di esse, particolarmente potenti, avrebbero sviluppato degli incendi di vaste proporzioni.
Lo scopo evidente era quello di creare un nuovo stato di tensione, durante le feste natalizie, sfruttando la situazione che si è creata dopo la strage di Fiumicino.
Questo basterebbe per capire che le mani che stanno dietro a questo ennesimo piano terroristico sono le stesse che negli ultimi anni hanno portato a termine decine di analoghe imprese.
Non è un caso ohe nella stessa sera in cui venivano trovate le bombe nei magazzini, un altro attentato è stato compiuto contro la nostra sede centrale di Milano, in via De Cristoforis.
Verso l’una di notte – la sede era stata chiusa soltanto da mezz’ora – due bombe a mano di tipo SRCM sono state scagliate, pare da un’auto in corsa, davanti alla saracinesca dell’ingresso principale.
Il fragore dell’esplosione ha svegliato tutto il quartiere, mentre lo spostamento d’aria mandava in frantumi alcuni vetri delle finestre, tanto della nostra sede quanto degli alloggi della casa di fronte.