Sulle dichiarazioni di Sparti – sentenza appello strage di Bologna 16.05.1994

Tali dichiarazioni, rese nel corso dell’interrogatorio del giorno 11 aprile 1981 avanti al magistrato del P.M. di Roma, possono essere schematicamente riprodotte nelle seguenti, distinte proposizioni :

1- “esattamente due giorni dopo la strage di Bologna, subito dopo pranzo Valerio si presentò a casa mia con la Mambro;

2- riferendosi alla strage mi disse testualmente: “Hai visto che botto!”;

3- aggiunse che a Bologna si era vestito in modo da sembrare un turista tedesco;

4- mentre la Mambro poteva essere stata notata, per cui aveva bisogno urgentissimo di documenti falsi;

5- e le aveva anche fatto tingere i capelli;

6- dovevano andare in Sicilia.

La prima cosa da notare è che negli interrogatori successivi queste proposizioni furono sempre fermamente ribadite senza tentennamenti, salvo che per un particolare del quale si dirà ampiamente; esse, poi, una volta che lo Sparti fu interrogato dagli inquirenti di Bologna specificamente sul punto, si arricchirono soltanto di elementi idonei a chiarirne la consequenzialità logica e di notazioni di commento.

Così, nell’interrogatorio 23 luglio 81 Sparti ha dichiarato (pag.2) : “Valerio Fioravanti mi disse, nel richiedermi i documenti, che aveva timore per la Mambro giacché qualcuno poteva averla vista in stazione e che egli era, invece, tranquillo perché era vestito da turista tedesco. Da ciò ho desunto che i due dovevano essere stati a Bologna il 2 agosto, dato che, altrimenti, non vi sarebbe stata ragione di timore per la ragazza. Anzi, Valerio mi ha detto di essere stato a Bologna il giorno 2.8.80 con la Mambro ed a questo proposito si lasciò andare con questa espressione: “hai visto che botto” ed alla mia domanda piena di costernazione per il sospetto che si andava affacciando alla mia mente, questi ha avuto un atteggiamento misto di vanteria e di spavalderia, tanto da farmi seriamente riflettere sulla sua responsabilità nell’attentato.”

Così, nel confronto con Cristiano Fioravanti 6 maggio 1982 Sparti ha dichiarato (pag.2) : “Intendo precisare a questo punto che Valerio ha pronunciato la frase “hai visto che botto” in tono esaltato e compiaciuto; questa frase poteva anche avere un significato equivoco, vale a dire il significato di un commento di un fatto accaduto per opera di altri, ma successivamente quando ha aggiunto che era passato da Bologna e che era vestito in modo da sembrare un turista tedesco, ho pensato che potesse essere implicato nell’attentato stesso ed è per questo che ho parlato a Cristiano”.

E’ da notare, ancora, che talune variazioni al suo racconto furono apportate dallo Sparti esclusivamente con riferimento a dettagli di contorno, vale a dire a vicende del tutto marginali rispetto ai passaggi sopra evidenziati che, lo si ripete, non subirono mai modificazioni.

Tali marginali variazioni hanno riguardato :
a) la percezione del cambiamento del colore dei capelli della Mambro (il 13/5/81 : “aggiunse anche, appunto per tale timore, che la ragazza, come effettivamente io potetti constatare, si era tinta i capelli”; il 23/7/81 : “Valerio mi disse anche che le aveva fatto tingere i capelli, ma io debbo con tutta onestà dichiarare che non avrei fatto caso a ciò se questi non ne avesse parlato …”; il 5/5/82 : “il particolare che la Mambro si fosse tinta i capelli mi fu dichiarato da Valerio ed io potei constatarlo personalmente in quanto i capelli della Mambro avevano degli strani riflessi rossicci come se al colore naturale fosse stato sovrapposto un colore artificiale”);

  1. b) il punto se i documenti fossero da consegnare in bianco o meno (11/4/81 : “… patente e carta di identità di cui mi fornì le generalità ma non i numeri”; 13/5/81 : “I documenti erano in bianco; il nome e le generalità della ragazza sarebbero stati apposti successivamente. Valerio non mi ha detto quali generalità sarebbero state usate”; 23/7/81 : “non sono certo, a questo punto, se i due documenti erano in bianco ovvero recavano il nome di un falso intestatario”);
  2. c) il punto relativo alla persona che materialmente effettuò la falsificazione dei documenti richiesti dai due imputati. Lo Sparti, invero, aveva affermato (11/5/81) di essere riuscito a procurarli “tramite Mario” ma, messo a confronto con Mario Ginesi, aveva subito chiarito che in realtà egli si era rivolto all’amico Fausto De Vecchi, il quale era solito avvalersi dell’opera del Ginesi (conformemente a quanto quest’ultimo aveva dovuto ammettere -confronto 23.7.81 e interr. 30.6.83 con riferimento a due targhe richieste da Cristiano Fioravanti) e che esso Sparti aveva voluto evitare di coinvolgere direttamente.

Ora, deve osservarsi che i mutamenti di versione circa la percezione del colore dei capelli della Mambro attengono ad un dato che, oltre ad affidarsi in gran parte ad una percezione molto soggettiva, nella specie sembra essere stato soprattutto il frutto di una suggestione indotta dalla affermazione fatta dal Fioravanti (vedasi la schietta e leale affermazione di Sparti del 23.7.81 riportata più sopra); che la questione se i documenti fossero in bianco o meno è assolutamente marginale e di nessun rilievo; che la mancata indicazione del De Vecchi rifletteva, palesemente, la volontà -dell’incallito delinquente comune- di non coinvolgere il socio di tante imprese di criminalità e, nel contempo, consentiva allo Sparti di indicare direttamente la persona da lui ritenuta autrice materiale della falsificazione, siccome abituale collaboratore del De Vecchi per quelle incombenze. A ben vedere, quindi, non si può negare che la sua dichiarazione avesse incontestabili aspetti di verità soggettiva.

In definitiva, si deve affermare che le variazioni di cui si è detto non appaiono minimamente utili al fine di contribuire significativamente al giudizio sulla credibilità generale dello Sparti. Per contro, e tornando alle proposizioni fondamentali di cui si è detto all’inizio, occorre mettere in luce che le stesse costituiscono, tanto sotto il profilo espositivo adottato dallo Sparti quanto sotto quello concettuale, un blocco unico, perché tutti gli enunciati fanno parte del medesimo periodo sintattico e, comunque, si presentano uno di seguito all’altro; un blocco, nello stesso tempo, dove tutti gli enunciati si richiamano direttamente ad una partecipazione del Fioravanti alla strage.

Si tratta, all’evidenza, di una sequenza di fatti strettamente legati tra loro su cui si è appuntata subito -come era logico che fosse- l’attenzione dello Sparti. Ebbene, queste proposizioni -lo si è già detto- furono sempre fermamente ribadite senza tentennamenti nel corso dei vari interrogatori ed anche in occasione dei confronti sostenuti con Cristiano Fioravanti (6 maggio 1982) e, ancora più significativamente, con lo stesso Valerio (ud. 8 gennaio 90, dibattimento di appello).

Vi fu, tuttavia, un momento, come si è anticipato sopra, nel quale Sparti parve essere venuto meno a questo suo atteggiamento lineare e coerente. Nell’interrogatorio del 5 maggio 1982, infatti, egli dichiarò : “…Devo, peraltro, rettificare quanto ho precisato nelle precedenti deposizioni circa il giorno della visita del Valerio e della Mambro; infatti, quando ho deposto ho precisato la data del 4 agosto, ma poi riandando ai miei movimenti del mese di agosto e parlandone in famiglia, mi sono dovuto ricredere; non sono cioè affatto sicuro che la visita abbia avuto luogo il 4 agosto … In definitiva, non so dire in quale epoca il Valerio Fioravanti e la Mambro siano venuti a casa mia.

Vero è che io sono rimasto assente da Roma per tutto il mese di agosto, ma è anche vero che talvolta ho fatto una scappata a Roma a prendere qualcosa in casa ed è anche vero che conservo l’impressione che quando il Valerio mi disse “hai sentito che botto a Bologna?” si riferisse ad un fatto recente … ripeto, ripensandoci, la data effettiva della visita non riesco a ricordarla … non essendo in grado di precisare la data, l’incontro con Fioravanti e la Mambro potrebbe essere avvenuto anche ai primi di settembre, ma non era passato molto dalla strage.”

Al dibattimento di primo grado (ud. 30.9.1987) lo Sparti è ritornato sulla sua originaria versione anche in ordine alla data dell’incontro con il Fioravanti e, rispondendo alle contestazioni del presidente circa i dubbi manifestati al riguardo nell’interrogatorio del 5 maggio 82, ha vivacemente replicato che “questi dubbi sono venuti da un’altra parte, più che da me. Ci sono state delle persone che hanno insistito per farmi ritrattare dicendo che era meglio se non mi interessavo di queste cose.”
Ora, delle ragioni di quella parziale ritrattazione vi è in atti una spiegazione che poggia su inoppugnabili ed eloquenti basi documentali (raccoglitore 203, p.27 e ss.).

Il 21 dicembre 1986, invero, i Carabinieri di Fidenza facevano irruzione in una stanza dell’albergo cittadino “Due spade”, dove avevano preso alloggio Massimo Sparti e Fausto De Vecchi. Nel corso della perquisizione venivano sequestrati numerosi arnesi da scasso che erano posseduti dai due ospiti senza giustificato motivo e per i quali i medesimi individui venivano condannati ad otto mesi di arresto dal Pretore del luogo. Nell’occasione, inoltre, i Carabinieri rinvenivano nelle tasche dello Sparti una istanza scritta di suo pugno ed indirizzata al Presidente della IX sezione del Tribunale di Roma e per conoscenza ad altri Uffici Giudiziari della capitale (Procura della Repubblica, Corte d’Assise d’Appello, Tribunale per i Minori e Giudice Tutelare). Detta istanza, che risulta depositata il 27.1.86, contiene le lagnanze dello Sparti nei confronti della moglie che, ottenuto l’affidamento dei figli in occasione della separazione dal marito, aveva totalmente allontanato questi ultimi dal padre; nella esposizione delle sue ragioni lo scrivente si soffermava anche su tutto quanto egli sosteneva di avere dovuto subire nella speranza, rivelatasi vana, che questo giovasse ai figli; al riguardo, soggiungeva (pag.3) : “…una separazione estortami con l’assicurazione, pure dello studio De Cataldo allora anche mio difensore, che era solo una finzione per la Magistratura e per la sicurezza dei figli. Ho taciuto sui tentativi di farmi modificare la versione sulla strage di Bologna, sui suggerimenti a tacere su eventuali ricordi di fatti e persone in merito ad alcuni episodi di terrorismo …”.

Al magistrato della Procura della Repubblica di Bologna che si era recato ad interrogarlo (31 gennaio 1987) dopo avere preso visione del documento sequestrato, lo Sparti forniva, tra i molti altri, i seguenti chiarimenti (pag.2) : “Per quanto riguarda le pressioni a modificare la mia versione sulla strage di Bologna, dopo l’intervento iniziale dell’avvocato De Cataldo di cui ho detto (“mi redarguì con asprezza dicendomi che mi ero cacciato in un ginepraio” -ibid., pagina precedente), fu successivamente mia moglie ad invitarmi più volte a togliermi dai pasticci dicendomi anche che era sufficiente che io dichiarassi che il documento per la Mambro era stato richiesto mesi prima, che io mi confondevo con le date e che nel mese di agosto, anzi il 4 di agosto eravamo a Prato allo Stelvio…”.

A questo punto possono comprendersi appieno le dichiarazioni rese dallo Sparti al dibattimento di primo grado, dichiarazioni che si sono riportate più sopra e che hanno avuto questa appendice conclusiva : “il fatto del 4 agosto che non era sicuro è perché in quel mese io e la mia famiglia siamo andati a Prato allo Stelvio per una vacanza e anche in seno alla famiglia c’era insistenza nel dirmi che non ero sicuro. Non è sicuro il 4, noi stavamo a Prato allo Stelvio, dicevano che mi ero dimenticato e sbagliato. Invece io sono sicurissimo che non mi sbaglio, perché noi il 4 stavamo a Roma e dopo qualche giorno siamo partiti e penso che questo sia accertabile anche dai registri degli alberghi”.

Dall’esame di questo episodio emerge, dunque, con chiarezza quali siano state le ragioni dell’unica variazione apportata dallo Sparti al nucleo essenziale del suo racconto circa gli avvenimenti del 4 agosto. Tale variazione, pertanto, non può minimamente assurgere ad argomento idoneo a scalfire il giudizio di assoluta coerenza e linearità del comportamento del dichiarante.