L’intera Procura della Repubblica di Milano si è rivolta a Pertini, nella sua qualità di presidente del Consiglio superiore della magistratura, e ai membri del nuovo organismo perché vi sia una chiara e netta presa di posizione che ponga fine agli attacchi e alle insinuazioni di cui vengono fatti bersaglio i magistrati che coraggiosamente indagano su Licio Gelli e sulla Loggia segreta P2.
Un telegramma, fatto proprio e firmato anche dal procuratore generale Carlo Marini, è stato inviato a Pertini: in esso si chiede un incontro urgente per trattare di persona l’allarmante situazione in cui i magistrati milanesi sono costretti a lavorare. L’intervento della Procura generale sottolinea ovviamente, l’assoluto accordo esistente fra i due uffici e la unanime richiesta di intervento.
Al termine di una lunga e appassionata riunione a cui hanno partecipato tutti i sostituti procuratori e i dirigenti dell’ufficio, compreso il procuratore capo Mauro Gresti, i magistrati che rappresentano l’ufficio della pubblica accusa a Milano sono stati unanimi: con un articolato documento essi chiedono chiarimenti sulla campagna diffamatoria che ha investito la magistratura lombarda e pongono risolutamente l’esigenza che la loro indipendenza non sia messa in discussione e minacciata. Anche la procura generale pare in procinto di compiere un passo identico. Il documento della procura non è stato reso noto alla stampa.
Uno dei fatti più clamorosi che ha provocato la protesta dei magistrati si è verificato due giorni fa. Ambienti vicinissimi al ministro delle finanze, il socialista Formica, hanno tentato di attribuire alla guardia di finanza, e ad un rapporto amministrativo da questa stilato sul suicidio del colonnello Luciano Rossi, dell’ufficio « I ». Gravissime insinuazioni proprio sul sostituto procuratore milanese che aveva interrogato l’ufficiale una settimana prima del suo tragico gesto.
Il sostituto in questione è il giudice Pierluigi Dell’Osso, magistrato che ha mostrato un grandissimo impegno nell’individuare le fonti segrete à cui ricorreva Licio Gelli. Dell’Osso ha infatti individuato la strada attraverso cui Gelli è venuto in possesso di un diario dettagliato sullo scandalo Eni-Petromin (tangenti a uomini politici dell’area di governo pagate dietro il paravento di commesse petrolifere). Il diario che Gelli aveva, era stato scritto di pugno dall’ex ministro Stammati (ora gli atti sono stati inviati all’Inquirente). Nell’ambito degli accertamenti tesi a chiarire come mai Gelli avesse documenti dei servizi segreti, Dell’Osso aveva scoperto che quei documenti erano stati in un primo tempo messi assieme da ufficiali della guardia di finanza che avevano avuto l’incarico di diradare le tenebre attorno a Licio Gelli e di indagare sul suo conto. Dell’Osso era riuscito ad accertare che l’ex comandante generale Raffaele Giudice (in carcere per lo scandalo dei petroli) nel 1974 aveva sottoposto ad una sorta di persecuzione gli ufficiali che indagavano su Gelli e li aveva trasferiti dopo avere sequestrato le loro carte.
Preziosissima, a questo proposito. si era rivelata la deposizione del colonnello Rossi: questi aveva addirittura inviato una lettera in cui manifestava la disponibilità a fornire ulteriori elementi. Ma qualcuno , cominciò a sorvegliarlo a Roma e, probabilmente, a fare pressioni su di lui, evidentemente perché non si recasse di nuovo da Dell’ Osso per deporre. Il fatto è documentato dallo stesso sostituto procuratore di Roma Domenico Sica che, in un documento inviato a Milano, ha rammentato come, poco prima del suicidio, il colonnello Rossi si fosse accorto che qualcuno gli aveva sottratto perfino dei documenti. Dell’ Osso, insieme ad altri colleghi, stava stringendo il cerchio attorno alle « fonti » anzi attorno alle « talpe » insospettabili che Gelli continua ad avere a disposizione.
E’ a questo punto che ogni sorta di intralcio si è verificata. A cominciare da una discutibilissima e inopportuna rivendicazione di competenza sollevata dalla magistratura romana davanti alla Cassazione. seguita poi da attacchi a livello politico contro l’indipendenza del pubblico ministero e, più in generale, contro tutti i settori della magistratura che indagano e giudicano episodi in cui siano coinvolti personaggi legati alla P2 e a Licio Gelli.
Questi attacchi si sono infittiti di recente quando una nuova inchiesta condotta dalla procura della repubblica ha cominciato a scavare, di nuovo sulle tangenti distribuite dall’Eni a uomini politici. E’ questa, come si ricorderà, l’inchiesta che ha portato all’ invio di comunicazioni giudiziarie a Di Donna e Fiorini, dirigenti dell’Eni. e al socialista Claudio Martelli. Si parla ancora di tangenti di miliardi di lire, di conti svizzeri e ancora una volta, del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.
Attacchi e insinuazioni sono stati indirizzati anche al tribunale che sta giudicando Calvi per esportazione di capitali. Ieri da Milano è partita un’altra lettera importante. L’hanno spedita il sostituto procuratore Guido Viola e il giudice istruttore Giuliano Turone. La lettera è indirizzata al presidente del consiglio superiore e alle procure della repubblica di Brescia e di Roma. I due magistrati fanno riferimento alla scoperta manovra proveniente da Gelli che attribuisce loro conti all’estero come compenso per un loro, rabbonimento.
« In merito alle notizie relative a pretesi rapporti bancari accesi a nostro nome e a nostra, insaputa — scrivono Viola e Turone — presso banche della Confederazione elvetica chiediamo che siano svolte con la massima: urgenza e incisività le più approfondite indagini. Per quanto ci riguarda nessun segreto bancario potrà essere pretestuosamente invocato e, anzi, chiediamo che siano fatti, a tutti i livelli possibili, i dovuti passi perché detto segreto non venga frapposto da chicchessia ». I due magistrati vogliono sottolineare la loro assoluta estraneità, e bloccare ogni effetto possibile della manovra di Gelli. E’ chiaro, infatti, che il segreto bancario elvetico può operare solo nel caso che anche il diretto interessato sia d’accordo. Non è un caso che nessuno di coloro inquisito per le carte sequestrate a Gelli contro la sua volontà (e non fatte trovare) si è fin qui dichiarato disponibile à tanto.