Di Gianni Nardi si è parlato la prima volta all’indomani del clamoroso colpo di scena che portò all’identificazione del vero assassino del benzinaio Innocenzo Prezzavento, ucciso da due colpi di pistola la notte del 9 febbraio del 1967 nel chiosco che gestiva in piazzale Lotto. L’omicidio era avvenuto a scopo di rapina. Era stato incriminato per l’assassinio il giovane Pasquale Virgilio, riconosciuto, dopo molte perplessità, dall’unico testimone del delitto, Italo Rovelli; il Virgilio, al termine dell’istruttoria, venne rinviato a giudizio sotto l’accusa di omicidio aggravato a scopo di rapina.
Ma dodici giorni prima del processo ci fu un clamoroso colpo di scena: un giovane, Marcello Del Buono, si presentò al magistrato accusando dell’assassinio un certo Roberto, aggiungendo che egli stesso e due suoi amici, Gianni Nardi — appunto — e Giancarlo Esposti, appartenenti tutti e tre alla « Giovane Italia », la organizzazione giovanile fascista, fiancheggiatrice del MSI, avevano fornito l’arma del delitto. Il Nardi interrogato dal giudice dopo le rivelazioni del Del Buono, che insisteva a parlare di traffico d’armi da parte dei tre fascisti, ammise di conoscere un certo Roberto Rapetti che venne rintracciato di lì a poco, nelle carceri di Forlì.
Si ebbe allora un confronto a quattro col Del Buono, il Nardi, il Rapetti e l’Esposti. Il Del Buono riconobbe nel Rapetti, il Roberto di cui aveva parlato; a sua volta il Rapetti venne riconosciuto anche da Italo Rovelli, il testimone del delitto. La corte tuttavia non diede molto peso al riconoscimento perchè il Del Buono era appena uscito da una casa di cura: egli morì qualche tempo dopo in circostanze misteriose.
Il Virgilio venne comunque prosciolto dall’accusa di omicidio dopo un nuovo colpo di scena, con l’avv. Pisapia che affermò davanti alla Corte di avere appreso da un cliente, sotto il vincolo del segreto professionale, cose tali da far escludere la responsabilità di Virgilio. La Corte prosciolse il Virgilio per non avere commesso il reato. Il Nardi, l’Esposti e il Rapetti vennero a loro volta incriminati per concorso in omicidio aggravato e rapina. Il Rapetti, che intanto aveva finito di scontare la pena cui era stato condannato per il tentato omicidio, fu sottoposto a misure di sicurezza, e ricoverato all’istituto psichiatrico Paolo Pini di Milano. Senonché il giudice scopri che l’istituto non era adatto ad ospitarlo e ordinò la sua incarcerazione a San Vittore.
Il Rapetti informato, cercò di fuggire, ma venne catturato nascosto in un armadio nella sua casa di via Lorenteggio a Milano. Due giorni dopo, i carabinieri arrestarono nella sua villa vicino ad Ascoli Piceno, anche il Nardi. Una perquisizione portò alla scoperta di un vero e proprio arsenale: nella villa del Nardi si trovarono centinaia di cartucce per fucile mitragliatore; il Nardi venne arrestato Il Rapetti alla fine confessò di essere l’autore del delitto di Piazzale Lotto e accusò il Nardi di avergli, lui, fornito l’arma del delitto. Il Nardi è nipote di un noto industriale; suo padre stesso (morto da qualche anno) fu costruttore d’aerei; la fortuna della famiglia cominciò sotto il periodo fascista. Anche l’Esposti ha un curriculum significativo; anche se la sua parte nella rapina dì Piazzale Lotto non risultò mai abbastanza chiara. Il 2 febbraio del 1969 fu bloccato alle porte di Bologna dalla polizia che sulla sua auto trovò una rivoltella con munizioni, una miccia al magnesio, polvere di alluminio e alcune « gabbiette » che costituiscono la sicura delle bombe a mano « SRCM », cioè quelle dello stesso tipo usate In attentati appena precedenti, compiuti ai danni di sezioni del PCI dalle SAM (« squadre d’azione Mussolini»). Il 6 giugno dello stesso anno nella sua abitazione, perquisita per un attentato al palazzo esposizioni di Vigevano, vennero trovati ancora detonatori, barattoli di polvere d’alluminio e di magnesio, di clorato di potassio e altre sostanze esplosive.