“Tuti sconfessa perfino i suoi memoriali e i camerati s’adeguano”

Oggi al processo contro la cellula nera di Arezzo sono stati ascoltati Mario Tuti, il geometra omicida di Empoli e i « gregari » del Fronte  nazionale rivoluzionario: Marino Morelli, 24 anni, Castiglion Fiorentino; Giovanni Gallastroni, 23 anni, ex giocatore di calcio della Castiglionese, ex segretario del Fronte della gioventù e responsabile «cul­turale» per la Val di Chiana della federazione missina, im­putato anche per l’attentato alla Casa del Popolo di Moiano: Luca Donati, l’accompa­gnatore di Augusto Cauchi prima a Rimini e poi in Fran­cia. imputato anch’egli per la bomba di Moiano e in chiu­sura Pietro Morelli, fratello di Marino. Eccetto Tuti che si rifiuta di rispondere alla giustizia italiana, gli altri imputati hanno raccontato la loro « verità ». Si è trattato di una vera e propria sagra delle banalità. Da « Bombardieri neri » si sono trasformati in pastorelli o cercatori di fun­ghi, come il Franci che, va­gando per la campagna are­tina, sostiene di aver rinve­nuto quasi un quintale di esplosivo, di cui una parte (II chili) doveva servire per far saltare la Camera di Com­mercio di Arezzo. L’improvviso cambiamento di rotta è avvenuto dopo l’in­credibile « rimpatriata » del­l’altra notte nel carcere San Benedetto di Arezzo dove gli imputati per gli attentati sulla linea ferroviaria Roma Fi­renze hanno potuto conferire con il « gran capo ». La maggioranza si è trin­cerata dietro i «non ricordo» oppure «se c’ero non ho sen­tito ». La linea di difesa è scaricare tutte le responsa­bilità su Tuti che ha già sulle spalle una condanna all’ergastolo.

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Però, l’ideologo del Fronte nazionale rivoluzionario sta­mane ha chiesto al presi­dente di dare un’occhiata ai memoriali che sono acquisiti agli atti: e ha voluto preci­sare che egli disconosce le prime 13 pagine del memo­riale scritto durante la lati­tanza in Francia, cioè le pa­gine che contengono la descri­zione più minuziosa della se­rie di attentati compiuti nel nostro Paese e precisamente per i due per cui è imputato in questo processo, quello di Incisa Valdarno (Freccia del Sud) e l’ordigno collocato alla stazione di S. Maria Novella a Firenze. Tuti ha scritto che quella bomba venne collo­cata nell’agosto del ’74 fra i binari della stazione fioren­tina insieme ad alcuni volan­tini che furono anche inviati alla stampa. Ora di questa bomba nessuno ha mai tro­vato traccia né la polizia fer­roviaria, né l’Antiterrorismo, né la « politica ». Perchè Tuti oggi nega la paternità di que­ste pagine? A questo punto sarebbe legittimo attendersi dalla Corte di Arezzo per un Tuti già indiziato per l’atten­tato dell’Italicus (4 agosto 1974) un approfondimento pro­cessuale su un episodio che lascia tutti perplessi.

Tuti, non dimentichiamolo, quando ha scritto degli atten­tati di Incisa, di Firenze e degli altri compiuti sulla Fi­renze-Roma era un uomo li­bero, anche se latitante. Il Tuti che oggi ritratta è un ergastolano che non ha nulla da perdere se non il prestigio personale nei confronti dei suoi sette gregari. Resta infine da ipotizzare (non dimen­tichiamo che Santa Maria No­vella era luogo di lavoro di Franci e il 4 agosto prestava servizio in stazione come car­rellista postale, di ritrovo dei soci della cellula nera aretina) che Tuti parlando della bomba dell’agosto ’74 possa riferirsi proprio all’ordigno che collocato sull’ Italicus, provocò, dopo aver lasciato Firenze, la morte di 12 per­sone e il ferimento di 48. Nonostante Tuti disconosca oggi queste pagine scritte nel­la sua inconfondibile calligra­fia, gli interrogativi restano: che il Tuti muovesse Franci e gli altri gregari è ormai assodato. Resta invece la do­manda di sempre: chi attivava il Tuti? Il rifiuto del Tuti a rispon­dere alle domande ha susci­tato vivaci reazioni, da parte dei difensori degli altri impu­tati. Nella discussione è in­tervenuta anche la parte ci­vile. A questo punto l’avvo­cato Oreste Ghinelli difensore dei terroristi se ne è uscito con questa incredibile battu­ta: «Siamo qui a discutere per 50 centimetri di binario!».
Luca Donati nel tentativo di uniformarsi alla linea di di­fesa dei suoi amici è caduto in numerose contraddizioni fra quanto aveva detto in istruttoria e affermato stamani davanti ai giudici popolari.

Donati, quando venne interrogato dal giudice Marsili dichiarò di aver visto a Raggiolo nella casa della nonna della Luddi il mitra e le munizioni che il Franci aveva nascosto e in casa del Tuti le due bombe a mano. Quelle stesse bombe a mano che Tuti, come è noto, afferma, vi furono messe dagli agenti quando castoro si recarono nella sua abitazione di Empoli. Stamane Donati ha ritrattato. Ha confermato di aver visto le armi del Franci mentre per quanto riguarda le bombe del Tuti ha detto che si è trattato « di un equivoco». Anche egli aveva imparato la lezione.

Al termine dell’udienza pomeridiana un epilogo drammatico: testimone, Maurizio Del Dottore, noto giovane missino del Valdarno, è sta­to arrestato in aula per fal­sa testimonianza. Indicato dai fascisti imputati come il confidente della polizia che aveva contribuito in ma­niera determinante alla scoperta della cellula nera di Arezzo e interrogato sulla data dell’incontro che Fran­ci sostiene avvenuto il 22 gennaio 1975. Il teste ha detto di non ricordare il gior­no esatto. Più volte ammo­nito dal presidente e dopo un drammatico confronto con il Franci, che evidente­mente voleva vendicarsi della «soffiata», è stato ar­restato.

Giorgio Sgherri, L’Unità 23.04.1976