Le minacce di morte all’avvocato Ambrosoli

In data 8 gennaio 1979 l’avvocato Giorgio Ambrosoli, Commissario Liquidatore della Banca Privata Italiana, presentò alla Procura della Repubblica di Milano una circostanziata denunzia. Con essa riferiva che il 28 dicembre 1978, una perso­na, che si era qualificata con il nome “Cuccia” aveva chiamato più volte il numero telefonico della banca e quello del suo studio professionale. Solo alla quarta chiamata – alle ore 18,30 – Ambrosoli aveva potuto parlare con il preteso “Cuccia” il quale si era limi­tato a dire: “lei è stato in America e ha detto cose false. Deve tornare a New York entro il 4 gennaio con i documenti veri perché se viene concessa l’estradizione di Sindona, tu non camperai”.
La telefonata veniva quindi interrotta. Il successivo 2 gennaio 1979, in assenza dell’avvocato Ambrosoli, perveniva altra chiamata telefonica di per­sona che si qualificava “Sarcinelli”.

Il giorno 5 gennaio 1979 l’avvocato Ambrosoli aveva potuto accertare che la telefonata non era stata fatta dal dott. Sarcinelli, all’epoca Vice-Direttore della Banca d’Italia. Senonché il preteso “Sarcinelli” (la stessa persona che la volta precedente si era qualifi­cato “Cuccia”) chiamava nuovamente. Con tono meno intimidatorio, l’interlocutore si lamentava che il suo in­vito ad andare New York non fosse stato accettato. Affermava di essere rientrato a Milano la mattina, al­le ore 11,00, da New York. Sindona avrebbe potuto dare i documenti necessari per testimoniare a suo favore. L’avvocato Ambrosoli dichiarava all’interlocutore che non aveva nulla in contrario a vedere i documenti di Sindona, ma lo invitava a prendere contatto con i di lui di­fensori, perché gli fosse chiarito di cosa era richiesto. La persona dichiarava che lo avrebbe fatto il lunedì mattina e che avrebbe richiamato lunedì 8 gennaio alle ore 10,00. Alle ore 9,40 dell’8 gennaio perveniva altra telefonata, preannunciata ancora, con il nome “Sarcinelli”. L’interlocutore dichiarava di aver parlato con una persona – si dovrebbe presumere lo stesso Sindona o suoi incaricati – e faceva riferimento a un memoriale a mani dell’avvocato Ambrosoli.
La telefonata, cui assisteva il maresciallo Silvio Novembre della Polizia tributaria, continuava e l’igno­to interlocutore esponeva oscuri concetti: affermava che non voleva ripetere il discorso fatto il giovedì 23 dicembre, ma che, comunque, Sindona non doveva essere estradato in Italia. Poiché, peraltro, il soggetto non riusciva ad esporre con chiarezza le proprie richieste, l’avvocato Ambrosoli lo invitava a richiamarlo mercoledì 10 gennaio entro le ore 13.00 e cioè dopo il previsto colloquio con l’avv. Rodolfo Guzzi, all’epoca facente parte dei collegio di difesa di Sindona.
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Nella denuncia dell’8 gennaio l’avvocato Ambrosoli chiedeva ed otteneva dalla Procura di Milano il con­trollo della linea telefonica su cui pervenivano le telefonate di minaccia. In data 19 gennaio 1979 l’avvocato Ambrosoli presentava alla Procura della Repubblica un seguito di rap­porto-denuncia. Descriveva ulteriori episodi.
Il giorno 9 gennaio 1979 il preteso “Sarcinelli” aveva nuovamente chiamato due volte il numero telefoni­co della Banca Privata Italiana, presumibilmente da Roma. Oggetto delle telefonate erano ancora l’urgenza del viaggio a New York per depositare documenti di cui disponeva Michele Sindona, ma soprattutto veniva detto che “ambienti di Roma” imputavano ad esso Ambrosoli la mancata chiusura della vicenda Sindona. In particolare l’anonimo affermava che l’On. Giulio Andreotti aveva telefonato direttamente a New York di­cendo a Michele Sindona che l’avvocato Ambrosoli non voleva collaborare alla sistemazione del caso.

Affermava pure che il dott. Ciampi – all’epoca Diret­tore Generale della Banca d’Italia -, avrebbe dovuto telefonate ad esso Ambrosoli e si meravigliava che tale telefonata non fosse ancora pervenuta. Concludeva ripetendo che a Roma e a Milano diversi “amici” di Michele Sindona – compreso il dott. Cuccia attribuivano ad esso Ambrosoli la colpa della mancata definizione del caso e aggiungeva che – se fosse stata sistemata la vicenda – si sarebbe presentato in banca con una “bella busta”.

Il giorno 10 gennaio 1979 alle ore 12,00, aveva ini­zio un colloquio tra l’avvocato Ambrosoli e l’avvoca­to Rodolfo Guzzi il quale, sorprendentemente, chiedeva se fosse pervenuta una telefonata da parte del dott. Ciampi! L’avvocato Ambrosoli gli contestava che una tale domanda gli era già stata rivolta dal preteso “Sarcinelli” e Guzzi, dichiarandosi sorpreso dell’intervento dell’anonimo, ne attribuiva la paternità al proprio cliente Michele Sindona.
Quanto alla domanda sulla telefonata del dott. Ciampi, Guzzi precisava di avere incontrato l’On. Andreotti per discutere il tema Sindona l’8 gennaio: aggiungeva che il ministro Stammati – con il quale aveva parlato il 27 dicembre, il 2 gennaio e anche l’8 gennaio – l’ave­va richiamato la mattina del giorno 9 per comunicargli che il dott. Ciampi avrebbe preso contatto con Ambrosoli per discutere a Roma il progetto dell’avvocato Guz­zi per la definizione del caso Sindona. Quella telefo­nata, che confermava quanto gli aveva detto il dott. Cuccia il 5 gennaio mattina, era stata da lui riferita a Michele Sindona la stessa mattina del 9: l’anonimo, quindi, solo dal Sindona poteva avere appreso della probabile telefonata che il dott. Ciampi avrebbe dovuto fare ad Ambrosoli.
Durante il colloquio con l’avvocato Guzzi l’anonimo richiamava due volte il telefono di Ambrosoli: si lamentava che il legale di Michele Sindona non avesse insi­stito per il viaggio in America e che non avesse consegnato un memoriale. Aggiungeva che doveva “cominciare da loro” (i legali di Michele Sindona) invece che “cominciare da Ambrosoli”, senza specificare a quale azione si riferiva. Le due telefonate – sempre presente l’avvocato Guzzi – venivano registrate da Ambrosoli. Il 12 gennaio alle ore 11,00 circa, l’avvocato Guzzi telefonicamente chiedeva ancora all’avvocato Ambrosoli se fosse pervenuta la telefonata del dott. Ciampi. Af­fermava di aver parlato ancora con il ministro Stammati, il quale – a suo dire – aveva sollecitato il dott. Ciampi a telefonare. La stessa mattina alle ore 12,00 circa, perveniva al­tra telefonata dell’anonimo il quale protestava perché le sue precedenti telefonate erano state registrate: rifiutava di dire da chi avesse saputo ciò e aggiungeva che oramai esso Ambrosoli meritava di morire ammazzato perché “cornuto e bastardo”.

Il 12 gennaio 1979 l’avvocato Ambrosoli deponeva come teste innanzi al Pubblico Ministero confermando le sue denunce e aggiungendo ulteriori particolari. Riferiva, infatti, che il giorno 11 gennaio 1979 si era incontrato a Roma con il dott. Mario Sarcinelli. Questi gli aveva riferito che nel mese di ottobre 1978 era stato convocato a Palazzo Chigi dall’On. Franco Evangelisti, all’epoca sottosegretario, alla Presidenza del Consiglio, il quale, per conto dell’allora Presidente del Consiglio On. Giulio Andreotti – in quel momento assente per una missione in Libia -, gli aveva esposto il progetto Guzzi sottoponendogli anche le “bozze di lettere” che sarebbero dovute intercorrere tra Sindona e le banche di interesse nazionale e tra queste e l’avvocato Ambrosoli.
Il dott. Sarcinelli aveva risposto all’On. Evangelisti che la Banca d’Italia sarebbe stata obbligata a chiedere alle banche di interesse nazionale il rimborso dell’anticipazione di 126 miliardi qualora fosse stato portato avanti il piano dell’avvocato Guzzi e che, co­munque, egli era contrario perché a rimetterci sarebbe stata la comunità nazionale.
Ambrosoli riferiva, altresì, di aver saputo che, suc­cessivamente al diniego di Sarcinelli, il ministro Stammati si era incontrato con il dott. Cuccia per sottoporgli il solito progetto di “sistemazione”.
Dalle denunce di Ambrosoli, dalla sua deposizione, dal contenuto delle intercettazioni telefoniche disposte dalla Procura e da quelle registrate dallo stesso Am­brosoli scaturiva un quadro assolutamente nuovo e inquietante. Si apprendeva, cioè, dell’esistenza di un progetto di sistemazione della liquidazione della Ban­ca Privata Italiana di cui mai i magistrati inquirenti avevano sentito parlare e poco ne conosceva lo stesso Commissario Liquidatore.
Emergeva, inoltre, nell’affare la presenza di gruppi mafiosi che fiancheggiavano Sindona con pressioni e minacce di morte nei confronti dello stesso Ambrosoli. Ma la cosa, a nostro avviso, più grave e su cui non si è ancora meditato abbastanza, è l’appoggio che a quel piano di salvataggio – vera e propria truffa nei confronti della Banca d’Italia e quindi della comunità nazionale veniva dato da al­tissimi esponenti politici, primo fra tutti l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri. On. Giulio Andreotti.

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In un primo momento sembrò, infatti, al Pubblico Mini­stero frutto di pura fantasia che uomini di tal peso politico si adoperassero ancora – a distanza di 5 anni dai fatti – per favorire in qualche modo Michele Sin dona. Eppure le indagini avrebbero dimostrato che era proprio così!
L’On. Evangelisti, pur minimizzando il suo intervento, non poté che confermare la convocazione a Palazzo Chi­gi del dott. Sarcinelli. Ha confermato, cioè, di avergli sottoposto il piano di “salvataggio”, pur ribadendo che, ricevuto il diniego e comunque l’opposizione di Sarcinelli, non se ne era più interessato. E invece le cose non andarono il tal modo, perché Andreotti in persona fece pressioni su Stammati e Stammati a sua volta fece pressioni (non raccolte) su Ciampi.
Va detto a chiare lettere che Sindona era tenuto costantemente informato da parte di Guzzi degli sviluppi di tali interventi. Sindona, poi, da parte sua, teneva costantemente informati gli uomini del crimine orga­nizzato di cui si era circondato per appoggiare le proprie iniziative. Non si spiegherebbe altrimenti come l’interlocutore che minacciava Ambrosoli si mostrasse a conoscenza di incontri riservatissimi e spendesse il nome di personaggi politici che, in un modo o nell’altro, erano entrati nella vicenda. Sarà su questo terreno che matureranno poi ben altre iniziative che culmineranno il 12 luglio 1979 con l’omicidio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli. Dalle indagini sulle minacce ad Ambrosoli, infatti, gli inquirenti scopriranno che anche un’altra persona da tempo era oggetto di analoghe minacce, violenze ed estorsioni: il dott. Enrico Cuccia, all’epoca Ammini­stratore Delegato di Mediobanca. Azioni antigiuridiche ed estorsive venivano, altresì, poste in essere, da tempo, nei confronti anche del banchiere Roberto Calvi.
Ed allora è stato evidente come le vicende attinenti alla gestione del progetto di “salvataggio” si siano intrecciate strettamente con le attività  criminali di minacce, estorsioni, attentati, omicidi di cui Sindona sarà l’incontrastato regista.

Requisitoria del sostituto procuratore della Repubblica Guido Viola al processo Sindona – 03.06.1984