“Nel reparto delle pratiche insabbiate” – Giuseppe Catalano, L’Espresso 27.10.1974

L’avvocato Mario Veutro (difensore del maggiore Berti, l’uomo che ha guidato verso la sede della Rai una autocolonna di guardie forestali le notte del Golpe Borghese), ha chiesto formalmente in una lettera al giudice istruttore Gallucci di incriminare il ministro dell’Interno dell’epoca, Restivo, il capo della polizia Vicari e il ministro della Difesa Tanassi. “Se Berti è in carcere” scrive Veutro, “vuol dire che i magistrati ritengono che i fatti di quella notte sono veri: e se lo sono bisogna mandare a tenergli compagnia anche quelli che hanno sempre taciuto rendendo possibile fino ad oggi l’insabbiamento della intera vicenda…”.
Una fitta rete di complicità e di silenzi verrebbe a galla.

lucianoberti

1.Il tenente col. Dei carabinieri, Salvatore Pecorella, la notte del golpe, non solo ha fornito delle divise ai congiurati ma ha scorrazzato indisturbato per la città alla guida di uno dei gruppi usciti dai 3 centri di raduno della congiura, mentre il maggiore di P.S. Enzo Capanna, nello stesso momento, faceva rubare un camion alla stazione Termini e ci caricava i 180 mitra in dotazione al ministero dell’Interno per andare all’assalto del ministero della Difesa. A proposito di mitra, nella casa di uno degli indiziati, è stato trovato un mitra Mab identico a uno di quelli del ministero perfino nel numero di matricola. Evidentemente per coprire la sparizione dei 7 Mab portati via la notte del golpe dai congiurati penetrati nel Viminale, qualcuno li aveva fatti rifare, utilizzando i numeri di matricola registrati negli schedari dell’armeria.
2. Si è scoperto che il medico Salvatore Drago (oggi in carcere), medico fiscale della Questura romana, faceva tranquillamente visita a Regina Coeli agli imputati del golpe arrestati durante l’inchiesta del ’71, primo fra tutti il tenente Saccucci.

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3. I quattro uomini incaricati di rapire Vicari furono trovati dal portiere la mattina dopo intrappolati nell’ascensore della casa accanto: il contrordine non era riuscito a raggiungerli.
4. Pacciardi si teneva regolarmente in contatto con il partito del golpe, prima e dopo la notte del 7 dicembre, e come lui l’avv. De Jorio (ex consigliere regionale democristiano) e l’avv. De Felice.
5. Borghese era stato visto nella palestra Cesalunga a Cittaducale, sede del corpo di guardie forestali comandato da Berti, nei giorni successivi al golpe.
6. da Sabaudia, dove è di stanza un altro corpo della forestale, alcune guardie si erano mosse nella notte del golpe per raggiungere l’autocolonna di Berti. Non se ne era mai saputo nulla.
7. Umberto Poltronieri, altro indiziato, ritenuto uno dei “cervelli” della storia, faceva parte della segreteria particolare del ministro dell’Agricoltura Natali. All’indomani della inchiesta del ’71 viene improvvisamente allontanato con una solenne lettera di encomio. La lettera è scomparsa dagli archivi.
8. Il rapporto steso nel ’71 dal col. Dei carabinieri Testi per conto del ministro Natali (e inviato da Natali alla Procura), concludeva seraficamente dopo avere speso un mese di indagini a Cittaducale che “niente di anormale risultava dalle indagini”. Le stesse conclusioni a cui arrivava il rapporto steso in quei giorni dal funzionario Saetta per il ministro dell’Interno. Non basta. Alcuni allievi dell’autocolonna di Berti raccontarono all’indomani del golpe che quella notte sulla Salaria Berti s’incontrò con due funzionari del ministero dell’Agricoltura accompagnato dal direttore generale Ezio Saleri (possessore di una villa proprio a Cittaducale). Nei rapporti ufficiali però Saleri e gli altri due si trasformarono in un “gruppetto di anonimi pederasti”. Altro mistero: chi aveva autorizzato al ministero (come prescrive il regolamento) l’improvvisa passeggiata notturna di Berti con 200 soldati e perché dovevano essere armati fino ai denti? Al ministero l’autorizzazione non si trova più. E il Sid? Ricevette la prima informativa sul golpe la notte del 7 dicembre, alle 22. Ma dimenticò di avvertire la Questura prima delle 2 del mattino seguente.

Giuseppe Catalano, “L’Espresso” 27.10.1974