L’arresto di Elio Ciolini; le sue dichiarazioni, il suo contegno processuale – prima parte

Nel dicembre 1991, Elio CIOLINI, l’uomo che aveva dato il contributo finale allo sviamento delle indagini sulla strage di Bologna -e che per questo era stato condannato per calunnia dall’A. G. di Bologna e da quella di Firenze a gravi pene detentive- venne infine tratto in arresto a Firenze, ove si trovava sotto il nome di Lando SANTONI, dopo che era rientrato in Italia dal Perù ove si era insediato durante la latitanza.

Naturalmente questo fatto suscitò l’interesse degli inquirenti e si iniziò a sentire il CIOLINI nel tentativo di ricostruire compiutamente le ragioni del depistaggio ed individuarne i mandanti: ciò, evidentemente, avrebbe potuto portare, inoltre, all’acquisizione di ulteriori elementi di prova circa i responsabili della strage. Riepilogando brevemente il ruolo giocato da CIOLINI nella prima istruttoria per la strage del 2 agosto, va ricordato che questi era detenuto a Ginevra per una truffa commessa in territorio elvetico, allorquando, il 10.11.81, dopo alcuni contatti preliminari fece pervenire al Console italiano Ferdinando MOR un memorandum nel quale parlava di una organizzazione terroristica definita “O.T.”, operante anche in Italia, cui attribuiva la responsabilità della strage di Bologna; organizzazione collegata con la fazione dell’ O.L.P. diretta da Nayef HAWETMEH, responsabile fra l’altro della scomparsa in Libano dei giornalisti italiani DI PALO e TONI.

CIOLINI, inoltre, propose la propria collaborazione, chiedendo di venire rimpatriato e posto alle dipendenze del Ministero della Difesa o dell’Interno. Seguirono numerosi contatti, in carcere, a Ginevra, con il Console (ben 21 visite), con il Col. REITANI, del S.I.S.M.I. e con il Cap. PANDOLFI, delegato alle indagini sulla strage dal G.I. di Bologna, nonché anche con lo stesso G. I. dell’epoca. Elio CIOLINI venne infine sentito formalmente dai Giudici Istruttori nei giorni 15 e 16.3.82 -estradato provvisoriamente in Italia per il compimento di attività istruttorie- e riferì dell’ esistenza, a Montecarlo, di una organizzazione economica, finanziaria, politico, militare, denominata “TRILATERALE”, della quale facevano parte Giulio ANDREOTTI, Gianni AGNELLI, Roberto CALVI, Attilio MONTI, Umberto ORTOLANI, Licio GELLI e Angelo RIZZOLI senior. Secondo CIOLINI la “TRILATERALE” aveva creato come suo strumento una loggia massonica denominata “MONTECARLO”.

I membri della loggia erano distinti da CIOLINI tra fratelli fondatori: CALVI, MONTI, ORTOLANI, GELLI e Angelo RIZZOLI; fratelli esecutivi: BATTELLI, il Generale MALETTI, Ugo ZILLETTI, MAGNONI, PONTELLO; fratelli esecutivi direttivi: il Ministro DE MICHELIS, l’armatore DE FRANCESCHINI; fratelli attivi: BALESTRIERI, FEDERICI, NOSIGLIA, VON BERGER, GIUNCHIGLIA, esponenti questi ultimi della Massoneria toscana e della P.2. Nel corso di quattro o cinque riunioni della loggia MONTECARLO alle quali aveva partecipato, tenutesi nella sede della Soc. LOCADI, egli aveva avuto modo di notare tra i partecipanti altre personalità e, in particolare, GALLUCCI, CASARDI, CIAMPI, CORONA, MALETTI. La strage di Bologna, secondo CIOLINI, era stata organizzata nel corso di una riunione della “TRILATERALE” tenutasi l’ 11.4.80 a Montecarlo alla quale avevano partecipato alcuni famosi personaggi della politica e degli affari: GELLI, CALVI, MONTI, BATTELLI e l’ avvocato fiorentino Federico FEDERICI nonché lo stesso CIOLINI. La strage, doveva servire da diversivo rispetto ad un’ importante operazione finanziaria, nel senso che doveva consentire che passasse inosservata, innanzi ad un’ opinione pubblica sconvolta dall’ atto terroristico, l’acquisizione da parte di uomini della “TRILATERALE” del pacchetto di maggioranza della Montedison, sino ad allora controllato dall’ E.N.I..

L’ attentato doveva essere affidato all’ organizzazione di Stefano DELLE CHIAIE e, secondo la narrazione di CIOLINI, sarebbe stato deciso da GELLI ed accettato dagli altri partecipanti alla riunione. FEDERICI redasse a mano, in tre copie, il verbale della stessa. I fondi per l’acquisto della quota azionaria della Montedison, consistenti in 50 miliardi e 425 milioni, dovevano passare dalla società “Brasil Invest” alla finanziaria ginevrina “Soditic”, quindi alla banca Lambert & Bruxelles di Losanna. Di tale somma 575 milioni di lire furono destinati in favore del vice segretario del P.S.I., Claudio MARTELLI, al fine di comprare il favore di alcuni membri di tale partito. CIOLINI continuò poi la sua dichiarazione passando a considerare gli aspetti esecutivi dell’ attentato.

GELLI, in questo contesto, secondo CIOLINI nel mese di maggio si recò a Buenos Aires ove incontrò DELLE CHIAIE, presenti il CIOLINI stesso, il FEDERICI ed il VON BERGER. Seguì quindi un soggiorno del CIOLINI presso DELLE CHIAIE ed il 26 giugno vi fu la partenza di due uomini di DELLE CHIAIE (Pierluigi PAGLIAI e Maurizio GIORGI) per l’Italia al fine di prendere contatto con le società di copertura dell’ organizzazione: la Odal Prima di Roma dei fratelli Carmine e Roberto PALLADINO e la Promicom di Bergamo di Alfredo GRANITI. (Va ricordato che il GRANITI, avanguardista, è stato arrestato in data 21.4.81 assieme a Massimo CARMINATI ed a MAGNETTA dopo un conflitto a fuoco con la Polizia al valico di frontiera di Gaggiolo). Secondo CIOLINI, infine, DELLE CHIAIE affidò l’esecuzione materiale della strage a Joachim FIEBELKORN, cittadino tedesco stabilitosi in Bolivia, torturatore al soldo del Ministero degli Interni e trafficante di droga ed al mercenario Olivier DANET.
Gli esecutori materiali della strage secondo le indicazioni date loro in Bolivia dal DELLE CHIAIE, avrebbero dovuto rivolgersi, in Emilia, ad un fuoriuscito cileno, Ciro SEGOVIA AVILES, titolare di un ristorante in Bologna, denominato “La Pegna” e ad un recapito di San Giovanni in Persiceto, via Carlo Marx, che doveva esser quello di una donna che aveva avuto una relazione con DELLE CHIAIE. Fra l’altro il CIOLINI affermò che anche il DELLE CHIAIE era venuto in Europa, a Parigi, il 24 luglio 1980. Il CIOLINI venne poi scarcerato dall’A.G. elvetica in data 8.6.82.

Oltre a rendere queste dichiarazioni, il CIOLINI, fece pervenire ai giudici varia documentazione bancaria apparentemente concernente 1′ acquisizione della Montedison ed il pagamento all’ On. MARTELLI, nonché un documento che appariva essere il verbale della riunione dell’ 11.4.80, firmato dal FEDERICI in qualità di segretario ed attestante la decisione della “TRILATERALE” di consentire l’acquisizione del gruppo Montedison da parte del gruppo MONTI e 1′ affidamento a DELLE CHIAIE del compito di intraprendere una azione di diversione nel territorio italiano per distogliere l’opinione politica e pubblica dall’operazione. In data 9.9.82 il G. I. Dr. GENTILE emise mandato di cattura per strage contro Stefano DELLE CHIAIE, Maurizio GIORGI, Olivier M. DANET, Pierluigi PAGLIAI e Joachim FIEBELKORN, nonché mandato di cattura per il delitto di cui all’art. 270 bis C. P. contro i predetti ed altri affiliati di A.N..

Spedi inoltre comunicazione giudiziaria per i delitti di cui agli artt. 305 e 270 bis C.P. nei confronti di Licio GELLI, Umberto ORTOLANI, Attilio MONTI, Ennio BATTELI, Federico FEDERICI, Ezio GIUNCHIGLIA e Andrea VON BERGER. Più tardi ancora (il 12.9.82), dopo ulteriori vicissitudini che qui non vale la pena di ricordare, CIOLINI, ritrattò tutte le sue affermazioni con un documento evidentemente scritto dal FEDERICI, ma recante la sua firma. In detto testo sostenne di aver semplicemente elaborato delle notizie di stampa e di aver agito per guadagnare la libertà e per vendicarsi di FEDERICI, che riteneva responsabile della sua detenzione in Svizzera.

Peraltro successivamente CIOLINI ritrattò la ritrattazione asserendo che era stata determinata da minacce. Il 27.9.82 segui poi una deposizione innanzi all’ A.G. di Losanna, presente il G.I. di Bologna, con la quale le precedenti dichiarazioni vennero ampiamente riconsiderate ed infine, fra il gennaio ed il febbraio del 1993, CIOLINI fece pervenire alla Procura di Firenze due lettere con le quali dichiarava, in estrema sintesi, che tutta la macchinazione (grazie alla quale aveva fra 1′ altro ottenuto un compenso in denaro dal Governo italiano) era frutto di sollecitazioni del FEDERICI e del Console MOR ed aveva avuto l’avvallo del dr. GENTILE. A ciò, più tardi seguirà un procedimento, a Firenze, contro il giudice GENTILE, CIOLINI, MOR, REITANI e CECCHI, tutti imputati di calunnia in danno di Licio GELLI, Umberto ORTOLANI, Attilio MONTI, Federico FEDERICI ed altri.

Nel frattempo, fra le molte altre attività istruttorie compiute, già dal 22.2.82 era stata eseguita una perquisizione a carico del FEDERICI, della quale si dira’ fra breve. Il CIOLINI, sentito il 27.12.91 in veste di testimone condannato in procedimento connesso mostro’ una certa disponibilità’ a ricostruire se non altro le modalità’ e le premesse della sua intrusione nell’istruttoria per la strage:

“…Chiestomi se intenda o meno rispondere, faccio presente che non avevo niente di vero da dire al tempo in cui deposi nel processo per la strage di Bologna e che non ho nulla da dire adesso. Ho raccontato un sacco di bugie, ho giocato il mio gioco ed ho perso. Accetto la condanna che ho subito per la calunnia, mentre mi amareggia quella per truffa ai danni dello Stato. Secondo me non si è trattato di truffa in quanto le cose che ho raccontato erano talmente inverosimili che chiunque poteva rendersene conto e inoltre sono stato pagato dopo che i magistrati avevano appreso quale fosse il contenuto delle mie dichiarazioni. Nell’inserirmi nel processo per la strage di Bologna non ho agito di mia iniziativa, bensì ho aderito a precise richieste. Di tutto ciò ho già parlato. Voglio tuttavia ricordare ancora una volta che il Console MOR, dopo aver preso contatti con me, mi consegnò un pacco di documenti affinché li studiassi per elaborare le dichiarazioni che avrei dovuto rendere. Il Console non agiva di sua iniziativa, bensì mandato da altri. Veniva utilizzato il Console in quanto aveva possibilità di accesso al carcere in qualsiasi momento. Inoltre il Console, una volta libero, anzi quando ancora mi trovavo in carcere ed anzi prima ancora che rendessi le mie dichiarazioni, mi fece incontrare con un ufficiale del S.I.S.M.I., il REITANI e con un ufficiale dei Carabinieri. Quest’ultimo secondo me non c’entra niente nella macchinazione in quanto venne a trovarmi in carcere semplicemente per riferire ai giudici di Bologna cosa avevo da dire. Non è stato invece partecipe dell’elaborazione delle dichiarazioni che avrei successivamente reso. Al contrario il REITANI è colui che ha contribuito a questa elaborazione.
Il REITANI mi diceva che stavo compiendo un’opera meritoria; che la situazione politica era confusa e che quanto avrei detto sarebbe servito a riportare ordine. E’ logico comunque che anche REITANI avesse qualcuno al di sopra. Non è certo lui che si è inventato tutta questa montatura. Ricordo, in particolare che fra le altre cose mi portarono dei tabulati, contenuti nel fascicolo datomi dal MOR, recanti l’indicazione delle somme che sarebbero state percepite dall’On. MARTELLI. E’ evidente che io, trovandomi in carcere, non avrei potuto disporre di simile documentazione. Insisto a dire che se i giudici avessero guardato le cose con più attenzione si sarebbero facilmente resi conto della montatura … Ricordo poi che una volta fatte le dichiarazioni che dovevo fare, seguirono le richieste di smentite. Mi furono fatte, dallo stesso MOR. Rettifico la verbalizzazione sul punto, precisando che il MOR si limitò a dirmi che era meglio ridimensionare l’ampiezza delle mie dichiarazioni, che avevano coinvolto molti personaggi importanti. In questo gioco si inserì poi FEDERICI, il quale aveva interesse personale alla mia smentita, in quanto da me accusato unitamente al VON BERGER…”.

Il CIOLINI in questo primo contatto accennò anche ad una circostanza particolarmente interessante, che e’ in qualche modo confermata dagli atti del S.I.S.M.I. di Firenze concernenti la sua posizione, affermo’ cioè’ di aver avuto contatti con il S.I.D. nel corso degli anni ’70 e di aver militato in un’organizzazione anticomunista di matrice cattolica, per conto della quale aveva rapporti con i paesi dell’Est europeo:

“…Verso gli anni ’70 avevo avuto già contatti con i Servizi italiani, credo il S.I.D.. Ebbi contatti con ufficiali dei Carabinieri di Firenze o di Roma. Intendo dire che le persone con cui colloquiavo si presentavano come ufficiali dei Carabinieri. Non ricordo l’esatto contenuto di questi contatti, faccio tuttavia presente che appartenevo ad un organizzazione cattolica anticomunista che si occupava di far espatriare cittadini nei paesi dell’Est. Per conto di tale organizzazione mi recavo in Cecoslovacchia, ove ho aiutato alcune persone a fuggire e a rifugiarsi a Vienna. Tale organizzazione potrebbe più propriamente definirsi come un movimento giovanile e faceva parte di un più ampio movimento internazionale anticomunista denominato, anzi legato alla Chiesa Cattolica…”.

Sentenza ordinanza Italicus bis pag 237-241