– Dall’ottobre ‘75 e fino alla sua morte, sono stata assistente del professore Aldo Semerari ed ho avuto con lui un rapporto di allieva devota. Ho effettuato numerose perizie su detenuti minorenni e su bambini in affidamento i cui genitori si rivolgevano al professore Semerari. Solo in qualche occasione ho affiancato il professore in qualche perizia come nel caso del detenuto Liggio Luciano. Il professore arrestato come noto nell’agosto 1980, dopo la detenzione cambiò moltissimo nel carattere tanto da divenire irriconoscibile. Solo nel settembre ‘81 il professore Semerari dopo un intervento chirurgico a villa Mafalda, riprese la sua attivita’ professionale, Semerari aveva molta paura poiche’ secondo quanto piu’ volte mi diceva, a suo giudizio “erano convinti” che avesse parlato in carcere e che fosse stato liberato poiche’ aveva fatto i nomi in riferimento agli autori della strage di Bologna. Alludeva come mi spiego’ alle stesse persone che erano state arrestate con lui.
Mi riferi’ di essere stato aggredito nel carcere di Reggio Emilia (o forse di Forlì) intorno al novembre ‘80 e che un suo compagno di cella gli aveva infilato un ago in pancia che gli aveva provocato un blocco intestinale di natura nervosa. Semerari poi aveva bisogno di tornare a guadagnare poiche’ la sua posizione economica a causa della detenzione era divenuta precaria. Effettivamente dissi al professore Semerari che era stato molto imprudente nel rilasciare la intervista alla giornalista trapani nella quale aveva indicato il noto capobanda Cutolo come persona intelligente e lucida proprio mentre lo stava periziando. Infatti intorno alla meta’ del marzo ’82. Ricordo la data con precisione, accompagnai Semerari ad Ascoli piceno poiché aveva in corso, come perito di parte, una ennesima “superperizia” sulle condizioni mentali di Cutolo.
Come sempre mi ero rifiutata di entrare nel carcere poiche’ ho sempre diffidato della camorra per cui rimasi ad aspettare Semerari dalle dodici alla diciassette passeggiando per Ascoli Piceno. Il professore era molto amico del direttore del carcere dr giordano, per cui ritengo come faceva abitualmente, avesse pranzato con il direttore e fosse rimasto a colloquio con Cutolo alcune ore. Nel far ritorno a Roma Semerari non accenno’ minimamente a quel colloquio. Per la redazione di quella perizia era stato altre due o tre volte ad Ascoli tra il settembre 1981 e il marzo 1982. Non so nulla di perizia al figlio di Cutolo a nome Roberto richiesta a Semerari.
Verso la fine del maggio ‘82 ricevetti una telefonata da parte di persona che mi diceva di volere un appuntamento con me per chiedermi una tesi di laurea. Poiche’ non era quello il periodo in cui si davano tesi di laurea ebbi paura e chiesi all’ interlocutore di darmi i nomi perche’ poi li avrei chiamati. L’ interlocutore mi forni’ quattro nomi di chiara origine napoletana, come del resto era napoletano l’ accento del telefonista. Il giorno successivo detti questi quattro nomi ai carabinieri di via Inselici che pero’ non mi fecero sapere nulla. Mi chiesero solo dopo qualche giorno se avessi fatto perizie a Cutolo. Intendo poi riferire con precisione alcuni episodi che si riferiscono al soggiorno napoletano di Semerari, che gli costerà la vita. Il lunedì 1 marzo, ricordo la data, ed in particolare la circostanza che era il primo lunedi’ di marzo 1982, ricevetti una telefonata nello studio del professore Semerari da Pupetta Maresca che chiese del professore. In quella occasione presero appuntamento per uno dei giorni successivi a Napoli “per visitare un malato” come mi disse Semerari. Un giovedì mattina verso le ore 08.00, ci sentimmo per telefono.
Semerari mi chiese di accompagnarlo a Napoli. Avevo mia madre ricoverata in clinica ed era in gravi condizioni per cui gli risposi negativamente. Insistette anche perche’ intendeva associarmi nella perizia che andava a fare a Napoli, ma inutilmente. Ricevetti nel pomeriggio intorno alle 16. 30 una telefonata dal professore Semerari. Mi disse piu’ o meno testualmente “ho paura, ho paura vieni a Napoli, non sono tranquillo” . Gli dissi di rivolgersi al generale era renato, nostro comune amico di cui parlero’ piu’ diffusamente.
Semerari mi disse che avrebbe fatto cosi’ e riattacco’. Era chiaro che il professore Semerari aveva ricevuto un segnale di allarme solo dopo essere giunto in albergo a Napoli. Dopo circa un’ora ricevetti la seconda telefonata dal professore. Mi disse di chiamare il generale era e di dirgli di mandarmi a prendere da un’ auto e di raggiungerlo a Napoli. Insistetti nel dirgli che le condizioni di mia madre ormai in coma non me lo consentivano. Mi disse anche che aveva parlato con era e che questi gli aveva detto di andare in Questura e di restare lì tranquillo in attesa di ripartire l’indomani per Roma. Cio’ per sottrarsi ad ogni pericolo. Rividi era nella stanza di attesa dei carabinieri di via Inselici il martedì successivo. Non gli riferii delle due telefonate con Semerari.
Era visibilmente agitato. Fu sentito prima di me dal giudice dr Di Persia che non potette cosi’ almeno quel giorno contestargli le mie dichiarazioni. Comunque mentre aspettavamo di essere interrogati dal giudice, era mi avvicinò per dirmi, ripeto in preda ad agitazione del tutto inusuale in una persona compassata e sicura di se’ come lui, di aver ricevuto il pomeriggio del giovedì la telefonata del Semerari sentendolo estremamente impaurito tanto che lo aveva consigliato di andare a rifugiarsi in questura o dai carabinieri. Non dissi nulla delle telefonate ricevute da Semerari che pero’ raccontai al giudice. Voglio anche riferire che durante i giorni della scomparsa del professore Semerari, degli sconosciuti vennero a cercarmi alla clinica Madonna del Rosario di Roma dove era ricoverata mia madre. Non trovandomi, lasciarono detto che mi cercavano per conto del capo della Mobile.
Telefonai allora al dirigente della squadra mobile il quale mi disse che non mi aveva mai cercata perche’ non aveva motivo e mi consiglio’ di non tornare a casa da sola e di non aprire a nessuno sconosciuto, in quanto metteva la visita degli sconosciuti con la scomparsa di Semerari. Mio padre, vice capo della PS e capo della Criminalpol, attualmente in pensione conosce molto bene il generale Era. Mi ha detto di non fidarmi di costui senza darmi spiegazioni. Mi disse cosi’ anche quando gli riferii dell’ atteggiamento sfuggente ed ambiguo che avevo notato nella caserma di via Inselici. In quel periodo Era si trovava ancora in servizio come generale dei carabinieri. Cosi’ mi disse Semerari.
Era ammise di essere generale dei carabinieri implicitamente ma mi raccomandava di chiamarlo avvocato. Semerari mi diceva che il generale Era rappresentava il numero due dei carabinieri ed in particolare dei servizi segreti militari. E che aveva come copertura il ruolo di amministratore di villa Mafalda di via Monte delle Gioie. (…) Il generale Era affermava di essersi interessato della posizione processuale del Semerari ed in particolare durante l’ ultimo periodo nel quale era degente al San Camillo. Qui vi era una lista di nomi tra cui il mio autorizzati a parlagli senza la presenza dei carabinieri. Non sono mai andata a fargli visita al San Camillo seppi poi che Semerari era “gelliano”. La circostanza mi fu riferita da un avvocato di Calvi, il noto banchiere, con studio legale alle spalle di piazza Cavour, il quale in questo momento non ricordo il nome. Ma che faro’ conoscere nei prossimi giorni so che e’ un avvocato civilista oltre che penalista, ed ha studio in societa’ con altro avvocato di nome tedesco. Semerari nel 1981 – 1982, nel confermare l’ elenco dei docenti dell’ anno precedente mi fece aggiungere alcuni nomi nuovi, che sarebbero divenuti cosi’ docenti della scuola di specializzazione. Tra questi vi era appunto l’ avvocato di Calvi, esponente piduista e probabile veicolo per l’ inserimento di Semerari. Sono stata consulente di parte di Luciano Liggio, questi mi ha sempre trattato con enorme rispetto anche perche’ mio padre a suo tempo lo aveva arrestato trattandolo umanamente. Subito dopo la morte di Semerari lo andai a trovare nel carcere di Rebibbia dove si trovava per chiedergli notizie relative alla uccisione del professore. Liggio mi fece capire chiaramente sia pure con un giro di parole che il mandante dell’ omicidio era Cutolo.
– ignoro se Semerari abbia mai conosciuto il generale Musumeci e Pazienza.
– sono sicura che il Semerari abbia conosciuto il generale Santovito, cio’ grazie alla loro comune amicizia con il professore Ferracuti. Semerari poi era anche amicissimo del generale Grassini e so anche che il generale Grassini stimava molto il professore Semerari. So ancora con certezza che il professore Ferracuti era uomo di fiducia del generale grassini il quale comincio’ ad utilizzarlo per conto del Sisde durante la vicenda Moro. Comunque fra i due vi era una stretta amicizia. All’ epoca il generale Era faceva parte del Sismi e ne era anche uomo di punta. Era si e’ servito di Semerari, dei suoi rapporti professionali e della sua capacita’ di creare rapporti. Mi risulta poi che l’ avvocato Cuttica e il generale Era si detestavano poiche’ era attribuiva a Cuttica la fuga di Kappler che sarebbe stata ricompensata dai familiari del Kappler con 170000000-180000000 questa cifra mi fu riferita da era. Semerari aveva assoluta fiducia di era. Questi lo trattava come un suo sottoposto gerarchico. Cuttica e’ notoriamente collegato alla destra tedesca che lo avrebbe ingaggiato, a dire di era per la fuga di Kappler. Prima che fosse ammazzato il professore Semerari, era mi propose di entrare nei servizi. Gli obiettai che ero donna, ma lui mi disse che tenuto conto del mio cognome cio’ non costituiva un ostacolo.
Gli risposi che se avessi voluto entrare nei servizi avrei senz’ altro preferito il Sisde poiche’ preferivo il ministero dell’ interno a quello della difesa. La sola persona al corrente di tutti i rapporti del professore Semerari e delle sue vicende piu’ riservate era la dottoressa Carrara Fiorella. Sono convinta che sia stata ammazzata. Le telefonai piu’ volte la mattina in cui morì e la trovai allegra e serena. Ci demmo anche appuntamento alle 14,00 in studio ma ovviamente non venne perche’ a quella ora era gia’ morta.
Semerari era anche molto amico del dr Macera, trattenuto in servizio fino a 70 anni con compiti delicatissimi di controspionaggio.
Letto confermato sottoscritto.