Lineamenti della strategia stragista. Golpismo e stragismo. Depistaggio e disinformazione – prima parte

Sulla base di tutti gli elementi sin qui raccolti e che verranno dettagliatamente indicati nei capitoli seguenti, si tenterà ora una ricostruzione dei lineamenti generali della strategia delle stragi, cosi come emerge dagli atti di questo e di altri procedimenti. E’ da premettere che l’ istruttoria si è più volte avvicinata all’obiettivo di individuare i responsabili delle stragi che ne formano oggetto, ma sempre è mancato qualcosa, sempre è rimasto un velo che ha impedito di mettere in evidenza i dettagli; e proprio quei “dettagli” essenziali allo scopo di un processo che consistono nelle responsabilità individuali accertate sulla base di prove tali da assicurare una ragionevole probabilità di tenuta alla verifica dibattimentale.

Questo velo, in taluni casi estremamente sottile, è intessuto di reticenze, di elusioni e silenzi, anche da parte di apparati e uomini dello Stato. E’ intessuto di apporti collaborativi non limpidi e, come già si è detto e verrà detto anche in seguito, di operazioni lucidamente ideate e praticate, di sviamento delle indagini. Come si vedrà meglio in seguito, si sono invece raggiunte delle certezze circa i soggetti politici e istituzionali implicati nella strategia stragista. Alla ricostruzione che ora si offrirà si potrebbe obiettare -come è stato fatto in altre circostanze- che i giudici non scrivono la storia e che i loro provvedimenti si devono occupare esclusivamente dei fatti.

Ma i fatti, in questo procedimento, sono parte -la parte più sinistra e ambigua- della storia italiana del dopoguerra. E’ perciò impossibile valutarli correttamente senza tenere conto del contesto in cui si inseriscono. Si tratta di reati politici, che hanno un senso unicamente nel contesto politico su cui hanno inciso. Si tratta di fatti della massima gravità; di azioni forti, volute per produrre il loro effetto sui massimi livelli dell’ azione politica e dell’ assetto costituzionale.

Sarebbe assurdo, pertanto, pretendere (come peraltro spesso si è fatto) che possano essere compresi mantenendo la visuale dell’indagine ad un livello basso e in un ambito limitato. C’è da dire, peraltro, che in questa istruttoria si è teso a raccogliere gli elementi utili per chiarire le responsabilità relative ai fatti in imputazione (le due stragi e gli episodi di depistaggio ad esse connessi) e che solo incidentalmente si sono colti frammenti, seppur cospicui, attinenti allo scenario in cui le stragi si collocano ed attinenti a responsabilità penali degli uomini che in questo scenario si sono mossi e che, anzi, hanno parzialmente costruito. Ciò ha comportato la costruzione di una visione d’ assieme estremamente nitida, ma che necessita -proprio per la sua origine e per il vincolo processuale cui è legata- di indagini ulteriori che portino a compimento il quadro che già si è delineato nei suoi tratti più significativi. E’ a questo scopo che parte degli atti, come si vedrà meglio in seguito, vengono trasmessi all’ A. G. di Roma perché indaghi sui fatti – reato che costituiscono la premessa e lo scenario dello stragismo in Italia.

Qui, senza fare riferimento ai singoli atti del processo, che invece verranno considerati in altra parte di questo provvedimento, si tenterà dunque una ricostruzione generale dello stragismo, che sarà utile per meglio mettere in luce le singole parti di questa esposizione, attinenti a situazioni specifiche. Come si è già evidenziato, in Italia, dal 1969 al 1980, è avvenuta una serie di attentati indiscriminati, alcuni dei quali con numerose vittime. Detti attentati possono venire considerati come espressione di un unico fenomeno, normalmente indicato come stragismo o come strategia delle stragi. E’ seguita poi, nel 1984, la strage del rapido 904 che, seppur simile, si discosta per molti aspetti dal fenomeno criminale in esame. Vi sono elementi di continuità nello stragismo, nei soggetti che l’hanno praticato, in quelli che si prefiggevano di utilizzarlo e in quelli che l’hanno coperto, così che -nonostante- le evidenti differenze fra le finalità contingenti delle diverse stragi e le differenze -altrettanto evidenti- del contesto politico su cui hanno reagito, chi scrive ritiene appropriato parlare di una strategia stragista. I momenti più significativi di tale attività terroristica sono stati le stragi di Piazza Fontana a Milano (1969), di Gioia Tauro (1970), di Peteano (1972), di Piazza della Loggia a Brescia e del Treno ITALICUS (1974) e infine la strage della stazione di Bologna del 1980. Gli anni che vanno dal 69 all’ 80, inoltre, sono stati costellati da una miriade di attentati minori, senza vittime, commessi utilizzando esplosivi, molti dei quali potenzialmente idonei a distruggere e uccidere in modo indiscriminato.

Si va da attentati a tralicci elettrici, ad attentati a ripetitori radio, a edifici pubblici, a sedi di associazioni e di partiti, a monumenti, ecc., ed ancora, a linee ferroviarie. Quelli del 1969 si sono concentrati soprattutto in Lombardia, e Lazio. Quelli che vanno dal 70 al 74 si sono verificati in varie località (Liguria, Toscana, Emilia, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Abruzzo, Calabria), mentre dal 74 in avanti si nota una significativa sequenza di attentati ferroviari sulla linea Bologna – Roma, nella parte che percorre l’area tosco emiliana .

Come si è già accennato, poi, negli anni 79-80 sono stati eseguiti attentati contro obiettivi di varia natura (il C.S.M., l’abitazione dell’ On.Tina ANSELMI, Palazzo Marino a Milano, ecc.) mentre, infine, la strage del 1984 sembra essere rimasta un fatto isolato, non accompagnato dal corteo di attentati minori che normalmente si verificavano in concomitanza con le altre stragi. Caratteristica di questo tipo di azioni terroristiche è la mancanza dì un’ univoca rivendicazione. Spesso, invece, si rilevano rivendicazioni depistanti o sotto sigle di comodo. Complessivamente le stragi dal 1969 al 1980 hanno causato la morte di 130 persone ed il ferimento di altre 490, cui si aggiungono le vittime dell’ attentato del 1984.

Questa persistente e diffusa attività terroristica è stata accompagnata da tensioni golpiste, sempre presenti in concomitanza con i maggiori episodi di strage almeno sino al 1974. Lo stragismo si intreccia a tali tensioni, in un rapporto estremamente complesso che si vedrà meglio in seguito. Anche se, come già si è visto, nella maggior parte dei casi l’accertamento giudiziale delle responsabilità delle stragi è fallito, anche se le responsabilità per alcuni fatti sono tuttora in discussione, i processi per strage, come si è detto, sono stati utili a raccogliere un complesso di materiali di straordinaria importanza storica, che consentono di ricostruire un quadro complessivo dello stragismo in Italia.

Così risulta ormai comprovato da una serie cospicua di dati che la politica delle stragi è maturata nel contesto delle tensioni golpiste che hanno percorso l’Italia sin dagli anni sessanta e nell’intreccio dei rapporti creatisi fra settori dell’establishment politico – militare, settori dell’opinione pubblica, settori del mondo industriale e, infine, gruppi eversivi di destra che sono cresciuti a lato – e in alcune fasi anche all’interno del Movimento Sociale Italiano. Tale composito blocco di forze (che per un certo periodo di tempo ha trovato nella loggia massonica P.2. un luogo di coagulo) è stato tenuto unito dalla comune preoccupazione di impedire con ogni mezzo (e perciò anche ricorrendo all’ illegalità) la crescita della sinistra ed il suo accesso al potere ed ha trovato una propria legittimazione nel perseguimento di questo obiettivo nella stessa politica internazionale dei paesi atlantici, formalizzata in appositi accordi segreti (ad es. i c. d. “patti occulti” della N.A.T.O., divenuti oggetto dell’ interesse della magistratura già negli anni 70), o in patti -altrettanto segreti- fra i Servizi di Sicurezza dei diversi stati atlantici, grazie ai quali sono state create strutture clandestine addestrate alla guerra non convenzionale quali l’italiana GLADIO.

Sentenza Italicus bis pag 33-36