Vincenzo Vinciguerra ha aperto uno spiraglio di verità anche sui sette attentati avvenuti nella notte tra il 21 e il 22 ottobre 1972 in danno di convogli ferroviari o della strada ferrata che tali convogli dovevano percorrere per raggiungere Reggio Calabria in occasione di una grande manifestazione sindacale che era stata indetta in tale città. Si era trattato di una campagna terroristica sofisticata e di grandi dimensioni, anche se gli attentati avevano provocato solo un numero limitato di feriti.
Quella notte stavano dirigendosi verso Reggio Calabria i treni speciali che portavano centinaia di migliaia di lavoratori alla manifestazione
sindacale indetta dalla C.G.I.L., dalla C.I.S.L. e dalla U.I.L. per la mattina del 22 ottobre. Tale manifestazione, nelle intenzioni delle forze sindacali, rappresentava la risposta democratica alle violenze che da quasi due anni sconvolgevano la città sotto la guida del Comitato d’Azione per Reggio capoluogo animato dal senatore missino Ciccio FRANCO.
Il Comitato e i gruppi di Avanguardia Nazionale, presenti in forze nella città, nei giorni precedenti avevano svolto una massiccia campagna volta a far desistere le organizzazioni sindacali dal proposito di tenere la manifestazione e, già a partire dal 15 ottobre, erano avvenuti nella città una serie di attentati in danno della sede della U.I.L., di una sede del P.C.I., di una sede del P.S.I. e di alcuni edifici pubblici (cfr. rapporto della Questura di Reggio Calabria – Ufficio Politico, 21.12.1972, vol.25, fasc.5, ff. 28 e ss.).
Nella notte tra il 21 e il 22 ottobre, una serie di ordigni esplosivi avevano colpito in rapida successione i treni speciali diretti verso la città.
Due ordigni erano esplosi, poco dopo la partenza dei convogli da Roma, sulla linea ferroviaria del basso Lazio, uno nei pressi di Latina e uno
all’altezza di Colleferro, nei pressi di Velletri. Il primo di tali attentati aveva provocato il ferimento di cinque viaggiatori che si trovavano su uno dei convogli straordinari diretti a Reggio Calabria (cfr. vol.25, fasc.1 e 2).
Altri tre attentati erano avvenuti più tardi sulle linee ferroviarie nella provincia di Reggio Calabria: uno nella zona di Palmi (ove l’ordigno era stato notato e gettato in una scarpata da agenti della Polizia), uno nei pressi di Lamezia Terme (ove l’ordigno era era esploso proprio mentre transitava uno dei treno straordinari) e uno nel tratto Eranova-Gioia Tauro (ove l’ordigno era rimasto inesploso).
Infine due ordigni erano stati collocati alla base di un palo telefonico e di un palo telegrafico situati sulla linea ferroviaria fra le stazioni
di Monasterace e di Riace, nei pressi di Reggio Calabria. Gli attentati erano stati compiuti da gruppi organizzati e in costante collegamento fra loro e che probabilmente godevano di complicità all’interno del personale dell’Amministrazione ferroviaria in quanto, dopo il primo attentato avvenuto all’altezza di Latina, il percorso dei convogli straordinari era stato cambiato, ma gli attentatori avevano comunque potuto individuare le linee su cui i convogli erano stati dirottati. La serie di attentati poteva avere (e probabilmente era destinata ad avere) conseguenze potenzialmente gravissime.
Infatti, se qualcuno degli attentati avesse provocato una o più vittime, l’arrivo di centinaia di migliaia di lavoratori a Reggio Calabria, ove
erano presenti in forze e perfettamente organizzati i gruppi di estrema destra, avrebbe creato una situazione incontrollabile e un clima da
guerra civile. Fortunatamente, in ragione del numero limitato dei feriti e del senso di responsabilità delle organizzazioni sindacali, la manifestazione si era svolta e conclusa regolarmente, anche se era stata disturbata, dalle vie laterali, da gruppi di destra che avevano anche esploso colpi d’arma da fuoco (cfr. dep. Giacomo Lauro a questo Ufficio, 8.7.1993, f.4). Le indagini svolte all’epoca non avevano consentito l’identificazione dei responsabili degli attentati di quella notte, anche se gravi sospetti e alcuni elementi indiziari si erano addensati sulla struttura di A.N. di Reggio Calabria, facente capo al marchese Felice GENOESE ZERBI (cfr. rapporto della Questura di Reggio Calabria – Ufficio Politico, cit., vol.25, fasc.5, ff.28 e ss.).
Sentenza ordinanza G.I. Salvini 1995
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