CORSINI. La ringraziamo per la disponibilità a questo incontro e vorrei procedere ad una serie di domande in ordine ad ambiti, fasi e vicende tra loro differenziate. La prima, per tornare al tema di Gladio, immagino che lei ormai abbia avuto modo, attraverso la stampa italiana, di apprendere alcuni o i nominativi dei cosiddetti gladiatori, che nella loro consistenza ufficiale, ammontano a seicentoventidue unità. Lei ne ha conosciuto personalmente qualcuno? Io potrei farle un elenco di alcuni nominativi per valutare se lei è in grado di fornire qualche indicazione su questi personaggi, sulla loro possibile appartenenza o una loro possibile gravitazione verso l’organizzazione Gladio. Alcuni sono nominativi molto noti, altri invece di secondaria rilevanza; per esempio Gianfranco Bertoli, Gianni Nardi, Sandro Saccucci, Vincenzo Vinciguerra, Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Massimiliano Fachini, Stefano Delle Chiale, Aldo Semerari, Paolo Signorelli, Amos Spiazzi, Ivano Boccaccio, Marco Morin, Manlio Portolan, Enzo Maria Dantini; sono personaggi che peraltro ricorrono nelle cronache e nelle vicende che attengono a progetti eversivi. Secondo lei sono in qualche misura riconducibili a Gladio, lei ha notizie circa questi personaggi? Allorchè lei occupava il suo incarico ha avuto modo di condurre indagini su di loro, di fare verifiche?
MALETTI. Sì, su una parte di questi individui che lei ha citato ho avuto modo di fare o meglio di far fare degli accertamenti; venivano in parte contattati da elementi dei centri di controspionaggio, ma queste indagini non hanno mai avuto a che fare con la loro appartenenza eventuale a Gladio. Escluderci che Spiazzi sia stato membro di Gladio perché era un ufficiale in servizio permanente e non penso fosse ammessa la partecipazione di ufficiali in servizio permanente effettivo a Gladio. Degli altri, sapendo che una buona parte dei cosiddetti gladiatori – da quanto ho letto recentemente – erano persone senza precedenti sia politici che penali di rilievo, credo che nessuno di questi che lei ha citato abbia mai appartenuto a Gladio, ma non è una certezza.
CORSINI. Mi permetto di fare altri nomi, questi senza dubbio molto noti: per esempio Marco Affatigato, Enzo Erra, Valerio Fioravanti, Mario Tuti; anche su questi le è capitato di fare degli accertamenti, di ricevere rilievi, verbali al di là del fatto che possano essere o meno riconducibili – ammesso che a lei risulti – a Gladio; ha avuto modo di fare delle ricerche su queste persone?
MALETTI. Su tre di queste persone da lei citate sì, senza dubbio sono stati fatti degli accertamenti – ripeto – dal centri di C.S.; sulla quarta persona – Enzo Erra è un giornalista mi pare – sulla quarta persona, nessun accertamento è stato fatto.
PRESIDENTE. Per un chiarimento: purtroppo non abbiamo la trascrizione, in tempo reale, delle risposte che lei ha dato alle domande precedenti. Però, se ricordo bene, lei ha ritenuto, come è vero o per lo meno come è fortemente verosimile, che una frangia dell’eversione di destra fosse in qualche modo utilizzata e contattata da reti clandestine, in funzione anticomunista. Se lei esclude che ciò avvenisse attraverso Gladio, avveniva allora attraverso altre reti o si trattava di un contatto informale che non presupponeva l’appartenenza ad una struttura comunque formalizzata?
MALETTI. Ritengo che non fosse un contatto di strutture formalizzate, ma un contatto occasionale da parte di altri organi che si potevano valere di queste frange estremiste per scopi informativi.
PRESIDENTE. E questo basterebbe a giustificare la preoccupazione che poi si è avuta, nel tenerle comunque coperte o nell’impedire che le indagini giudiziarie andassero in quelle direzioni.
MALETTI. No, non direi che lo giustifichi; comunque io non credo di aver mai ordinato, come capo del reparto D del Sid, di bloccare eventuali indagini che venivano svolte a carico di elementi come quelli citati poco fa. La protezione data a Giannettini e gli aiuti dati a Pozzan rientrano in un altro ordine di idee.
PRESIDENTE. Non mi riferivo a lei, mi riferivo a quest’altro ordine di idee che traspariva da sue risposte precedenti.
MALETTI. Questo secondo ordine di coperture, di protezioni poteva indubbiamente essere dato per altri scopi da altri organi. Poteva; qui mi sbilancio a dire che è possibile che questo altro organo fosse l’ufficio Affari Riservati.
CORSINI. Sulla base delle sue conoscenze, che siano dirette o indirette, le persone che adesso le dirò erano in possesso di notizie su Gladio, e se sì a quale livello di conoscenze e attraverso quali canali? Sto parlando di due personaggi con i quali lei ha avuto rapporti, è stato in contatto per ragioni diverse: Licio Gelli e Carmine Pecorelli. Questi due personaggi hanno mai avuto occasione di parlarle dell’argomento, magari anche in forma del tutto indiretta? E a questo proposito, sulla base delle risultanze attuali di cui disponiamo su Gladio, lei può o riesce ad interpretare possibili accenni oscuri o trasversali che, al tempo, Gelli o Pecorelli potessero averle fatto?
MALETTI. No, direi di non poter citare alcun riferimento (non credo che ciò mi sia mai stato fatto) sia pure in maniera trasversale da parte di Gelli o Pecorelli ad azioni collegate all’esistenza di Gladio o all’esistenza stessa di questa organizzazione. Però devo dire – e questa è un’ipotesi – che sia Gelli che Pecorelli potevano essere a conoscenza di cos’era Gladio e di quali erano i suoi compiti.
CORSINI. Passerei adesso invece ad un altro personaggio e ad un altro problema. Lei ha avuto alle sue dipendenze Ambrogio Viviani, ora generale in congedo. come certamente saprà, o almeno in parte, Viviani si è distinto per una serie di dichiarazioni più o meno clamorose su vicende attinenti Gelli ma anche su altri eventi significativi: dichiarazioni rese in un libro e poi un’infinità di testimonianze alle autorità giudiziarie, interviste, trasmissioni televisive e così via. Lei è in grado, ammesso che ne sia a conoscenza, di esprimere commenti e valutazioni su questo aspetto e sulla caratterizzazione, in modo particolare, del generale Viviani?
MALETTI. Non ho seguito l’attività televisiva, pubblicistica e non ho letto il libro che lei dice che Viviani ha pubblicato o scritto. Per quanto riguarda il generale Viviani io ho avuto alle dipendenze come tenente colonnello capo della sezione controspionaggio subito dopo il tenente colonnello lucci e devo dire che l’ho molto preferito al tenente colonnello Iucci come capacità, serietà e come impegno e anche come lealtà. Il tenente colonnello Viviani, (ora credo generale di brigata o di divisione nella riserva) era anche ambizioso e quindi posso riferire questa sua produzione verbale, letteraria, scritta ad un desiderio di emergere.
(Voce fuori mícrofono).
MALETTI. Sì, si tratta dello stesso Iucci che poi è diventato comandante generale dell’Arma dei carabinieri.
CORSINI. Viviani afferma, nonostante in un primo tempo avesse negato questo fatto, di aver effettivamente aderito alla loggia massonica P2, ma di averlo fatto su sollecitazione del generale Santovito per svolgervi occultamente attività informativa. Sostanzialmente sarebbe stato un infiltrato. Dice anche che in un’epoca precedente, verso il 1972, e quindi in coincidenza con il periodo della sua direzione al reparto D, aveva svolto indagini su Gelli in relazione ai suoi contatti con elementi libici o ad altri comportamenti illeciti o sospetti. Lei ci può riferire qualche notizia in proposito? E ancora: lei ha conosciuto l’ammiraglio Martini e quale genere di rapporti ha avuto con lui? Può affermare che il Martini a quell’epoca, e cioè nei momenti in cui lei dirigeva il reparto D, fosse a conoscenza di Gladio e della sua attività? Le risulta che lo stesso Martini abbia mai conosciuto, a qualsiasi titolo e per qualsiasi motivo, Licio Gelli? Ovvero sa di appartenenze massoniche in genere del Martini? E infine, è in grado di fornire ulteriori dati o informazioni che possano rivelarsi utili per definire a fini specifici alcuni aspetti dell’attività di Martini?
MALETTI. Non so se Viviani sia entrato nella loggia P2 su sollecitazione di Santovito, comunque se lo dichiara lui … Non so neppure – non credo che la cosa risponda del tutto a realtà – se Viviani abbia condotto un’indagine specifica su Gelli, in connessione con sue relazioni con il Servizio libico o con i libici in generale. So tuttavia che Viviani fu incaricato di preparare una bozza di regolamento per le truppe paracadutistiche libiche nel 1972, su richiesta del generale Miceli. Per quanto riguarda la sua attività nei confronti di Gelli, mi sembra strano perché non sarebbe spettato a lui bensì al colonnello Genovesi dei carabinieri che dirigeva la prima sezione “sicurezza interna” del reparto D. Se Viviani ha fatto questa indagine la deve aver fatta traendo informazioni dalla prima sezione di Genovesi e senza informare me del particolare filone di interesse che lo conduceva a sovrapporsi in un certo senso a Genovesi. I miei rapporti con l’ammiraglio Martini sono stati contrassegnati da alti e bassi: non abbiamo avuto reciproche simpatie spiccate. L’uomo è molto efficiente, molto capace, certamente si è interessato di Gladio, ne conosceva l’esistenza anche perché le attività di Gladio rientravano nell’ambito di competenza, se non erro, del suo reparto, cioè il reparto R.S. a meno che non si trattasse di altro ufficio. Scusi c’è dell’altro?
CORSINI. Vorrei insistere un attimo su Martini perché in occasione del suo interrogatorio a Venezia lei afferma, a proposito dell’ammiraglio Martini: “I miei rapporti con Martini sono stati sempre piuttosto freddi; l’ho conosciuto nel 1971 quando giunsi al reparto D e mi risulta che aveva un rapporto privilegiato con Vito Miceli”. Ritiene di poter aggiungere altri elementi o particolari sul conto di Martini? Per esempio le risultano suoi collegamenti con personalità politiche oppure sue appartenenze o connessioni con centri occulti di potere?
MALETTI. Non so se Martini avesse dei rapporti privilegiati con autorità politiche. Credo, tuttavia, che abbia visitato più di una volta uomini politici di spicco, non per motivi di interesse personale o politico ma, più che altro, in preparazione di queste personalità politiche (vedi il Ministro della difesa o il Ministro degli esteri) a riunioni ad alto livello Nato, in quanto Martini si interessava della cosiddetta minaccia, cioè della possibilità di attacco sovietico o del blocco orientale all’Italia. collegamenti con centri occulti? No, a parte la sua conoscenza di Gladio.
CORSINI. Martini ha ricoperto l’incarico di direttore del Sismi per un periodo molto lungo, forse il più lungo di tutta la storia dell’organismo, anche se avrebbe dovuto essere collocato in congedo da diversi anni. Può fare qualche collegamento su questo dato? E per quanto a lei è noto, si sono verificati ancora casi di così prolungato trattenimento in servizio in incarichi direttivi di così alto livello? Ritiene pertanto che in questa situazione, che ha avuto poi un ulteriore seguito con la sua nomina a consulente particolare del Presidente del Consiglio dell’epoca cioè l’onorevole Amato, esistono, come dire, elementi di anormalità: c’è una qualche anomalia in questa vicenda di un servizio così prolungato a questo livello?
MALETTI. Sì, indubbiamente questo lungo periodo nel Servizio in un incarico di vertice è anomalo. Qui formulo semplicemente un’opinione personale e cioè che è molto probabile che l’ammiraglio Martini abbia riscosso la fiducia di personalità politiche con le quali aveva un rapporto privilegiato: potrebbe darsi che fosse il Ministro della difesa o il Presidente del Consiglio dell’epoca. Martini era, per usare un termine che si adatta anche al suo tipo di forza armata, un navigatore, in poche parole conosceva quali rotte battere.
PRESIDENTE. Le risultava di un rapporto privilegiato tra Martini e Cossiga?
MALETTI. Credo esistesse un rapporto privilegiato tra Martini e Cossiga che datava dal tempo in cui Martini era comandante dell’incrociatore Vittorio Veneto, se non sbaglio.
CORSINI. Per quanto a lei risulti noto nel periodo della sua permanenza in servizio, l’ammiraglio Martini si interessava alla struttura Gladio? Ha mai avuto occasione di parlargliene?
MALETTI. No, non ho mai avuto occasione di parlarne con Martini, ma so che si interessava della struttura di Gladio.
CORSINI. Cosa significa che si interessava? Faceva indagini, aveva rapporti diretti?
MALETTI. Si trattava, ritengo, di un rapporto di comando, di responsabilità nei confronti della struttura.
CORSINI. E ancora a proposito di Martini, è risultato che Licio Gelli nel corso di una sua testimonianza come parte lesa in un processo per diffamazione ha affermato di essere in rapporti, come dire, di solidarietà e di amicizia con Martini. Le risulta qualcosa in proposito?
MALETTI. No, è la prima volta che lo sento dire.
CORSINI. Passerei ora ad altri due problemi. Il primo riguardante Pecorelli, il secondo la strage di Peteano. Può riferire, anche magari entrando nel dettaglio, la storia della sua vicenda con il giornalista Pecorelli? Perché risulta che, in un certo periodo, Pecorelli le ha dimostrato una rigorosa avversione attraverso una ripetuta serie di forti attacchi a lei ed al suo operato pubblicati dall’agenzia O.P. Viceversa in un momento successivo la situazione pare mutare e tra lei e Pecorelli si instaura un rapporto, come dire, normale, all’apparenza più fluido. Sarebbe quindi utile una sua illustrazione circa tali aspetti.
MALETTI. Quando giunsi al Sid nel 1971 Pecorelli era veramente guardato come la pecora nera dal Servizio, almeno da una parte del Servizio cioè dal reparto D il cui precedente direttore Gasca Queirazza mi aveva messo in guardia contro contatti con Pecorelli. Mi aveva anche detto che Pecorelli era in stretto contatto con l’entourage Miceli ed in particolare con il tenente colonnello Cosimo Pace che era un elemento alle dirette dipendenze del generale Miceli. Pecorelli incominciò ad attaccarmi quasi immediatamente dopo la mia assunzione di tale incarico affibbiandomi vari soprannomi più o meno ironici, sgradevoli, facendomi capire tra le righe che mi minacciava, ed era quasi ricattatorio. Gli esperti di Pecorelli (perché c’era anche una categoria di esperti al Sid su questo genere di signori) mi hanno fatto capire che Pecorelli voleva essere impiegato come era già stato impiegato da qualche mio predecessore (non da quello immediatamente prima di me) e quindi avrebbe gradito anche essere pagato per le sue prestazioni. L’antipatia di Pecorelli, ritengo interessata, si prolungò fino al 1976 circa. In quell’anno, poco dopo il mio rilascio dal carcere di Catanzaro, il generale Mino, comandante generale dell’Arma dei carabinieri con il quale ero in rapporti di amicizia ed a breve distanza “geografica” (abitavamo quasi nello stesso quartiere), mi chiese se avessi per caso voluto fare la conoscenza di Pecorelli perché, a suo parere, questa specie di guerriglia che si era instaurata tra di noi era nociva. A me certamente non fruttava, così come neanche a Pecorelli. Allora io dissi incontriamolo senz’altro e ci incontrammo a casa del generale Mino. Pecorelli fu particolarmente cordiale con me e mi disse semplicemente: “guardi io non ho mai creduto alla sua colpevolezza, però le devo dire francamente che la considero un fesso”. Il che mi ha fatto molto onore perché essere considerato fesso da Pecorelli voleva dire per lo meno non essere considerato un disonesto. Pecorelli venne a trovarmi tre, quattro e anche più volte a casa, mi invitò una volta a cena a casa sua con mia moglie; fu sempre cordiale nei miei confronti senza peraltro chiedermi notizie che potessero ricondurre al Sid. I suoi incontri erano più che altro incontri di sfogo; si lamentava di terribili mal di testa, qualche volta cadeva addormentato sul sofà di casa mia, con mia sorpresa, perché si era imbottito di pillole contro l’emicrania. Quando Pecorelli venne assassinato nel 1979, io lo seppi dal capitano Labruna che mi telefonò verso le otto o le nove di sera e mi disse appunto che Pecorelli era stato trovato ucciso accanto al suo ufficio. Non ho avuto altri rapporti con Pecorelli tranne quel suo strano rapporto quasi di pentimento nei miei confronti.
CORSINI. A lei risulta che altri esponenti appartenenti al Sid fossero in contatto con Pecorelli? E le risulta in particolare se Pecorelli conoscesse Martini, Lombardo, Romagnoli?
MALETTI. Sono convinto che Pecorelli conoscesse il vertice del Sid nella persona del generale Miceli con il quale si era incontrato più volte fin da prima del mio arrivo al Sid. conosceva il colonnello Pace e certamente conosceva il colonnello o capitano di vascello, commissario di marina Castaldo e altri personaggi del gruppo di palazzo Baracchini. Non so se conoscesse Mart.ini ma sinceramente non credo lo conoscesse. Conosceva un certo numero di ufficiali dei centri di controspionaggio sia all’epoca del mio periodo di comando, sia in precedenza.
CORSINI. Lei ha avuto alle sue dipendenze il colonnello Demetrio Cogliandro. Può dirci tutto quanto ritiene utile su questo personaggio, sempre naturalmente in riferimento ai temi di cui stiamo discutendo? E lei, soprattutto, è in grado di descrivere il ruolo avuto nella vicenda Mi.Fo.Biali? E anche per quanto riguarda quest’ufficiale, è al corrente di una sua conoscenza con Gelli e di eventuali sue partecipazioni massoniche? Inoltre, cosa può dire delle eventuali relazioni esistenti con Pecorelli, con Viviani, con Lombardo, con Romagnoli?
MALETTI. Ignoro se Cogliandro avesse relazioni con Ivan Matteo Lombardo; certamente ne aveva con Pecorelli, probabilmente con Gelli.
Per quanto riguarda la figura di Cogliandro, egli è succeduto al colonnello Caciuttolo dei carabinieri, nel comando dei centri di controspionaggio di Roma nel tardo 1971. Era stato prima segretario del reparto D; è stato sostituito in questo incarico dal colonnello Viezzer. Quando Caciuttolo venne sostituito – mi correggo – non da Cogliandro ma dal colonnello Marzollo, chiesi a Cogliandro se volesse a suo tempo sostituire Marzollo che non mi andava molto bene per i suoi agganci diretti con il capo servizio. Ccogliandro accettò volentieri, credo che all’epoca comandasse il gruppo di Bolzano. Tempo dopo fui ben lieto di averlo come comandante del gruppo centri di controspionaggio di Roma. Era un ottimo ufficiale, molto capace, molto silenzioso, ottimo lavoratore, dava anche buoni consigli, era, insomma, un ufficiale dei carabinieri, a mio parere, tra i migliori che avessi conosciuto. Comandò molto bene il raggruppamento centri e io lo lasciai in quell’incarico quando a mia volta lasciai il Servizio.
CORSINI. E sulla vicenda Mi.Fo.Biali?
MALETTI. Per quanto riguarda la vicenda Mi.Fo.Biali essa richiede una spiegazione un po’ lunga; Cogliandro, attraverso quali canali adesso non ricordo precisamente, venne a conoscenza dei contatti di Foligni con altri personaggi e mi chiese se avesse potuto (se io lo volessi autorizzare) a procedere alla intercettazione di Foligni. Io dissi di sì, l’ammiraglio Casardi approvò e Cogliandro effettuò l’intercettazione di Foligni. L’intercettazione era irregolare; non intendevamo farla approvare dalla magistratura sempre per il motivo della permeabilità della magistratura e della possibilità che, soprattutto nel Palazzo di giustizia di Roma, ci potessero essere delle fuoriuscite di notizie che potessero danneggiare l’operazione. Il prodotto di tale operazione fu il fascicolo che poi venne battezzato Mi.Fo.Biali, dal quale risultarono queste varie attività di Giudice, di Foligni e di altri. Questo fascicolo venne da me portato all’ammiraglio Casardi il quale mi disse di conservarlo e di parlarne con l’onorevole Andreotti, al quale io andai a riferirne infatti quando era oramai, se non sbaglio, Ministro del bilancio nel 1975. Il ministro Andreotti disse che la cosa indubbiamente era molto delicata e di tenere in sospeso la trasmissione alla magistratura di questa documentazione. Il fatto poi non ebbe seguito perché io passai la documentazione al capitano Labruna il quale a sua volta la passò a qualcun altro, motivo per cui sono stato condannato a quattordici anni di prigione.
PRESIDENTE. Il fascicolo però si era arricchito di tutto quello che riguardava i traffici di alti ufficiali della Guardia di finanza.
MALETTI. Certo, ho citato il generale Giudice, ma ce ne erano anche altri coinvolti, Lo Prete, per esempio, e così via.
CORSINI. Lei questa mattina diceva di non aver acquisito conoscenze o fatto indagini sulla vicenda di piazza della Loggia. Ha mai conosciuto l’allora capitano ed ora generale Delfino?
MALETTI. No, direi di non aver mai conosciuto il generale Delfino.
CORSINI. Ha mai sentito dire o le risulta per conoscenza diretta che avesse rapporti con i servizi segreti italiani o con i servizi segreti statunitensi?
MALETTI. Ripeto, non avendolo conosciuto, non ho neanche notizie circa suoi rapporti con i servizi italiani o stranieri.
CORSINI. Lei si è fatto una sua idea personale delle ragioni per le quali in carcere a Novara Tuti e Concutelli uccidono Ermanno Buzzi?
MALETTI. No, la risposta è negativa.
CORSINI. Quindi non ha conoscenze o non ha seguito le vicende che riguardano la strage di piazza della Loggia o fasi successive?
MALETTI. Assolutamente no, non ho seguito quelle vicende.
CORSINI. E’ in grado di fornire qualche elemento di conoscenza circa la strage di Peteano?
MALETTI. Sulla strage di Peteano vi sono state varie relazioni da parte del centro Trieste che sono _state acquisite agli atti ed il cui contenuto completo adesso mi sfugge. Si sono fatte svariate ipotesi; si è parlato, se non mi sbaglio non vorrei fare confusione, di armi rinvenute che appartenevano a Gladio, ma, ripeto, non vorrei fare confusione circa storie e fatti che ricordo confusamente. Molto di più su Peteano non posso dire.
PRESIDENTE. Secondo Vinciguerra, cioè il reo confesso di Peteano, viene attribuito al capitano Labruna, sulla falsa presupposizione che Vinciguerra fosse legato a Massimiliano Fachini, di aver detto a Massimiliano Fachini, dopo l’episodio di Ronchi dei Legionari e dopo la strage di Peteano, testualmente: “ora basta fare fesserie”, che se fosse un fatto riscontrato sarebbe indubbiamente di notevolissima importanza perché lascerebbe presupporre che fino a quel momento le fesserie non dico che erano approvate, ma, per lo meno, non risultavano sgradite. Lei può dirci nulla circa tutto ciò?
MALETTI. Faccio riferimento alla pagina 179 della bozza di relazione. Escludo che al mio livello si conoscessero i nomi dei colpevoli. Labruna certamente non mi disse mai di aver incontrato Vinciguerra, nome allora per me relativamente meno significativo, o di aver invitato Fachini a smettere di fare fesserie. Si fece strada in me, troppo tardi, cioè dopo il dibattimento di Catanzaro, il dubbio che Labruna avesse intrattenuto suoi personali rapporti con eversori di destra a mia insaputa. Una prima dichiarazione di Ventura al processo di Catanzaro mi parve particolarmente significativa. Ventura dichiarò che per qualche tempo aveva svolto “operatività informativa” (sono le sue parole) per il Sid. Ora, a me questo non era mal risultato, ma, ripeto, tenendo presente anche certi suggerimenti datimi più tardi dal colonnello Viezzer e da Cogliandro dopo che aveva lasciato il Sid: “non si fidi, Labruna fa un brutto gioco” mi venne il dubbio che Labruna, Ventura ed altri si fossero incontrati a mia insaputa.
CORSINI. Vorrei porre un’ultima domanda. Tornando a Gladio, la sua conoscenza di tale organizzazione com’era articolata? Lei, per esempio, era a conoscenza delle attività pregresse dell’organizzazione Osoppo?
MALETTI. Ne sono venuto a conoscenza con interesse dalla lettura di questa bozza. Sapevo dell’esistenza di un’organizzazione Osoppo ma non ne conoscevo né la struttura, né i compiti per quanto potessi immaginarli.
CORSINI. Lei ricorda la vicenda del ritrovamento del deposito di Aurisina?
MALETTI. Si tratta di quel deposito che venne attribuito, se non erro, dapprima all’eversione di sinistra e poi si scoprì essere un deposito di armi di Gladio?
CORSINI. Sì.
MALETTI. Ricordo che c’è stata la scoperta di un deposito.
CORSINI. E lei ha mai avuto modo di conoscere il generale dei carabinieri Gianbattista Palumbo?
MALETTI. No, non ho mai conosciuto personalmente il generale Palumbo.
CORSINI. Se non ha conosciuto Palumbo non credo allora di poterle rivolgere altre domande che pensavo di poterle fare.
DE LUCA Athos. Buona sera. A questo punto dell’audizione farò qualche piccola premessa per vedere se l’idea che mi sono fatto, e credo che molti altri colleghi si sono fatta, sul motivo per cui siamo qui con lei oggi, può coincidere con una sua aspirazione. E’ evidente che noi non siamo qui, generale, per farle un processo, ma animati da un convincimento che, visti gli anni che sono trascorsi da quelle vicende, visto che abbiamo riscontrato nella Commissione, e quindi nel Parlamento, una volontà di far luce su quegli anni a fronte di oggettivi buchi neri in quella storia. Riteniamo che ci sono le condizioni politiche per rendere al paese un po’ giustizia di quel periodo storico. Le rivolgo una domanda che deve prendere non come una domanda polemica né impertinente, ma sincera: quando le è stato chiesto di svolgere quest’audizione con la Commissione stragi lei era libero di dire sì o no, nessuno l’avrebbe obbligata. Qual è il motivo che l’ha spinta ad accettare l’invito che le è stato fatto?
MALETTI. Il motivo è, lo posso dire, patriottico (non è più di moda questo termine) cioè di contribuire a conoscere la verità attraverso molte fumisterie che erano state fatte attorno ad alcuni episodi dei quali forse io ho più chiaramente conoscenza.
DE LUCA Athos. Sarei tentato, generale, di farle ancora qualche domanda. A questo punto, se lei è sincero quando ci dice queste cose, e non ho motivo di dubitarne, sarei tentato di lasciarle il microfono e di metterle a disposizione un po’ di tempo perché, visto che i nostri obiettivi sono comuni, ci dica lei quali sono le cose che noi dovremmo conoscere senza che noi le facciamo tutte le domandine: per aiutarci – lei dice per motivi patriottici e noi possiamo anche condividere quest’accezione – per la Repubblica italiana, per i cittadini, per le vittime delle stragi. Non sono comunque motivi personali quelli per cui siamo qui, pur tuttavia vorrei dirle che la Commissione stragi nel dibattito che ha avuto intendeva ed intende – ed ha chiesto una proroga di qualche mese – procedere alle indagini senza pregiudizi, senza appiattirsi sugli esiti delle indagini giudiziarie e senza neppure preconcetti, anche se qualche intervento dei colleghi è stato più colorito dal punto di vista di parte, però senza nemmeno acquisire dei luoghi comuni che ci sono stati in questi anni. Lei non crede che questa opportunità che viviamo assieme, lei da una parte e noi da quest’altra parte, sia un’opportunità unica nel suo genere e che quindi il prosieguo di quest’audizione può svolgersi in un clima di maggiore franchezza. Lei un momento fa ha detto: mi sto sbilanciando. Ecco mi riferivo appunto al fatto che lei si possa un po’ sbilanciare di fronte alla Commissione stragi della Repubblica italiana che è riunita per ascoltarla.
PRESIDENTE. Il collega De Luca Athos anticipa una domanda che io le avrei voluto fare alla fine. Lei ha parlato – gliene do atto – di aver accettato di fare questa audizione per un valore patriottico e noi non avevamo nessuna maniera di costringerla. Penso che la Commissione sia, nel suo insieme, animata da un valore democratico; al di là dell’uno o dell’altro lessico, penso che i due termini coincidano e che i valori siano sempre quelli. Mi riaggancio quindi a quello che diceva il collega De Luca, noi abbiamo registrato una serie di sue puntuali rettifiche a quelle parti di tutte queste vicende che la riguardavano personalmente. Abbiamo anche registrato una serie di spunti interessanti che indubbiamente abbiamo il dovere di approfondire: però ciò a cui De Luca la sollecita (ed io faccio mia la sua sollecitazione) è una sua valutazione d’insieme: che cos’è che non abbiamo capito, quali sono i difetti della nostra conoscenza, dove quest’ipotesi di relazione – che non impegna la commissione nel suo insieme ma soltanto me, al livello delle conoscenze che avevo un anno e mezzo fa – le sembra carente? In disparte le sue posizioni personali su cui già ha puntualmente replicato e impegnandoci anche su quelle ad una serie di verifiche.
MALETTI. Mi chiedete di fare una sintesi di un argomento che conosco solo settorialmente, che non ho più approfondito negli ultimi venti anni e sulle cui caratteristiche essenziali credo di aver già fornito fino ad ora, in questa lunga seduta, in sede di risposta alle domande, con le mie affermazioni e dichiarazioni, una esauriente risposta. In che cosa è mancata la proposta di relazione? Per me non è mancato assolutamente niente. Se potessi fare una osservazione – e mi permetto di farla – la proposta forse ha dato troppo peso alla pubblicistica e si è lasciata influenzare da alcuni giudizi dell’autorità giudiziaria.
(Voce fuorí mícrofono). Se fa una valutazione di questo tipo, perché non ci dice dove abbiamo sbagliato?
(Altra voce). Lasciamolo parlare, ci sta dicendo proprio questo.
MALETTI. Parlo per esempio di una accentuazione della colpevolezza di Maletti – mi dispiace di tornare su un fatto personale – e di una accettazione, invece, quasi acritica del discorso di altre persone, che hanno potuto parlare perché io non ero là per difendermi. Il mio timore è che ci sia stata una linea di mira in una certa direzione nei confronti soprattutto dei militari e molto meno nei confronti dei politici, che a mio giudizio sono i veri responsabili di questa situazione.(Voce fuori mícrofono). Non lo sapevo, mi fa piacere di aver battuto il tasto giusto.
Queste deviazioni dei Servizi – chiamiamola pure strategia della tensione – indubbiamente ci sono state, ma non ci sarebbero state in un paese politicamente sano. Il nostro paese non era politicamente sano. I Servizi venivano usati per schedare, per – diciamolo pure – ricattare; di quei circa 100.000 fascicoli, forse un po’ meno, che sono stati bruciati, molti riguardavano beghe personali, “corna” di uomini politici, di cardinali, di professionisti e così via. Ora, in un clima del genere, un Servizio che con il generale De Lorenzo si era già orientato a un impiego politico più che ad un impiego professionale, di intelligence, non ha fatto che scendere lungo una china di adesione alla domanda politica, di resa alle pretese di alcuni uomini politici. Non è per un caso, per esempio, che poco dopo l’arrivo al Servizio fui convocato dal mio caposervizio, il quale mi chiese se potevamo far pubblicare delle fotografie, nelle quali si vedeva un noto ed importante personaggio democristiano in costume da bagno sul terrazzo della sua casa (credo in un quartiere alto di Roma) accanto ad un efebo, in carne e ossa. La domanda fu questa: “possiamo far pubblicare questa fotografia?”. Risposi al generale che quella fotografia era chiaramente un collage. Sono state appiccicate insieme due fotografie: un signore che sta facendo un bagno di sole in terrazzo e un giovanotto nudo o seminudo che gli sta di fronte in piedi. Altro caso. Sempre nel 1971-1972, l’onorevole……omissis….. andò in crociera a Corfú, insieme alla consorte e ad un gruppo di deputati e senatori democristiani. Il Servizio incaricò un ufficiale, il capitano Maroni, di seguirli e possibilmente di sorprendere una delle signore che erano a bordo in atteggiamento lascivo o per lo meno compromettente.
Questo era il Servizio nel 1971, quando i due episodi si sono verificati a breve distanza di tempo l’uno dall’altro. Mi dispiace parlarne qui perché sono pettegolezzi. Ne parlo a una Commissione di signori parlamentari e ritengo che sia mio dovere dire che il Servizio non era un vero servizio informazioni all’epoca: era un servizio di pettegolezzi, purtroppo abbandonato a se stesso, senza un appoggio politico, senza un avallo politico, lasciato andare per i fatti suoi e, qualora avesse sbagliato, colpito duramente per questa sua autonomia e queste sue iniziative. Quello che è mancato nella cosiddetta strategia dell’eversione, è stata una guida politica che dicesse di fare una cosa piuttosto che un’altra, che c’era una Costituzione da rispettare e un’eversione da combattere. Tutto questo è mancato. In sostanza, il lavoro del capo del reparto D è stato per lungo tempo quello che alla scuola di guerra si chiama “lavoro di badilante”, cioè un lavoro semplicemente di firma di documenti, lettura frettolosa di informazioni, invio frettoloso di richieste, senza una direttiva e senza un vero orientamento professionale.
A proposito di questo, vorrei aggiungere ancora una osservazione, riferendomi anche all’ultima parte della vostra bozza di lavoro, che – se il senatore mi permette – approvo pienamente. Direi che tutte quelle raccomandazioni che la Commissione intende fare sono giustissime, ma ce ne manca una. A mio parere il capo del Servizio non deve essere un estraneo ai servizi di sicurezza del paese, deve avere nel suo passato un’esperienza di polizia, d’arma o di servizio informazioni. Quindi non deve essere un povero generale di brigata (dico “povero” nel senso della capacità informativa e della capacità direttiva di un servizio informativo), prelevato dal centro alti studi militari e gettato lì a fare il direttore di un servizio difficilissimo, come quello del reparto D. Il reparto RS è un altro discorso; il reparto D è un lavoro da carabinieri. Il Sismi nel suo complesso deve essere, a mio giudizio, diretto da un ufficiale dei carabinieri, che sappia cosa è l’indagine o la ricerca informativa.
PRESIDENTE. Però, generale, questa non è una Commissione sulla storia dei Servizi. Noi siamo una Commissione sulle stragi e sulla mancata individuazione dei responsabili di esse. Nella proposta di relazione, a me sembrava che noi non avessimo elementi obiettivi che ci consentissero di individuare responsabilità istituzionali nell’eziologia delle stragi, cioè che ci fossero oggi elementi che ci consentano di dire con certezza che le stragi siano state ordinate, e che invece erano evidenti le responsabilità istituzionali per il fatto che i responsabili delle stragi non erano stati individuati. Le chiedo se questo è avvenuto e, in caso affermativo, se è avvenuto per un input politico o comunque per la volontà di acquisire meriti presso il potere politico, per cui c’era un potere politico che non aveva un interesse vero affinchè si facessero giustizia e verità sulle stragi.
MALETTI. Credo che per qualche tempo, nel corso della mia direzione del reparto D, il potere politico non avesse alcun interesse a giungere a fondo nella effettuazione delle indagini. Da un certo punto in poi, ritengo dal 1974 in poi, essendo cambiate le circostanze, essendo cambiato il vento, questo orientamento è mutato. Il potere politico si è interessato molto più attivamente delle vicende del Servizio, scaricando anche su di esso delle responsabilità che non aveva, ma imponendo al Servizio quello che prima non era mai stato imposto in modo preciso e organico, cioè la collaborazione con gli organi giudiziari.
DE LUCA Athos. Generale, per un momento ho pensato che la nostra audizione voltasse pagina. Ho apprezzato anche un suo giudizio in cui lei parla delle responsabilità dei politici. In effetti, una delle domande secondo me centrali, che la Commissione si pone e che avevo anche preparato, è proprio questa: le inchieste giudiziarie non hanno mai varcato la soglia dei vertici militari; perché non sono mai emersi riferimenti a quelli politici? Lei ritiene che i politici fossero estranei alla vicenda? Nel caso di una compromissione di esponenti politici di primo piano, lei chi indicherebbe? Mi permetto di insistere, generale, sulla unicità di questa occasione che viviamo insieme, che in questo momento politico del nostro paese, per una serie di circostanze secondo me favorevoli, potrebbe essere un’occasione da non perdere, proprio perché lei si è riferito appunto al senso patriottico (altri hanno parlato della democrazia nel nostro paese). Quindi ci vuole aiutare a superare la soglia dei vertici militari? Non le chiediamo di riferirci sull’attività dei Servizi, che pure può essere utile per indicare il degrado a cui erano arrivati, dal momento che si occupavano come un paparazzo qualsiasi di andare a indagare nella vita privata, nei pettegolezzi e così via, ma di darci indicazioni sulle responsabilità politiche, anche se abbiamo una dose di deduzione. In questo senso, le ripeto letteralmente queste due righe: “nel caso di una compromissione di esponenti politici di primo piano, lei chi indicherebbe?”.
MALETTI. E io le chiedo, senatore, perché devo indicare, non sapendolo con certezza, i nomi di persone che abbiano possibilmente una compromissione politica. Di queste vicende ne sa probabilmente più lei, dopo mesi o anni di commissione, di quanto ne sappia io. Potrei indicare persone, fare nomi. Lei vuole che faccia il nome di Andreotti, di Gui o di Rumor? Non lo posso fare, anche se li cito adesso a titolo di esempio. Non posso fare questi nomi perché non ho la certezza dell’informazione. Guardi che io non sono reticente, le sto dicendo tutto quello che so. Quello che non so non glielo posso onestamente dare come mia cognizione sicura. Posso solo formulare delle ipotesi, ma le mie ipotesi hanno più o meno lo stesso valore di quelle formulate da chiunque altro, tenendo anche presente che non ho avuto contatti con personalità politiche, se non con Andreotti – in due o tre casi – e con Forlani.
PRESIDENTE. Ci ha confermato quella importante notizia del suo colloquio con Gui sulla possibile involuzione negativa delle Brigate rosse. Naturalmente questo è un fatto rilevante per la Commissione, perché rende ancora più singolare il fatto che, negli anni immediatamente successivi, sia stato smantellato sia il nucleo antiterrorismo di Santillo sia quello di Dalla Chiesa.
MALETTI. Giustissimo, avevo dimenticato Gui nell’elenco dei personaggi politici che ho conosciuto. Allora potrei anche includere il ministro dell’interno Restivo.
DE LUCA Athos. Signor generale, poco fa lei ci ha riferito di un incontro con Andreotti anche quando quest’ultimo non era più Ministro dell’interno, ma – lei riferiva – quando era Ministro del bilancio. La domanda è questa: perché lei intratteneva ancora dei rapporti con l’onorevole Andreotti, nonostante questi non fosse più a capo di quel Dicastero?
MALETTI. La decisione di mandarmi da Andreotti per riferire sull’operazione Mi.Fo.Biali fu presa dall’ammiraglio Casardi, in rispetto della precedente esperienza come Ministro della difesa dell’onorevole Andreotti e – immagino – anche per il coinvolgimento di personalità democristiane nella vicenda Mi.Fo.Biali.
DE LUCA Athos. Signor generale, da alcune inchieste giudiziarie, in particolare quella dei dottori Roberti e Dini, è emerso che lei aveva inviato presso la base di Capo Marrargiu un gruppo di persone ad addestrarsi. Di chi si trattava e perché ha fatto questa scelta?
MALETTI. Come ho detto precedentemente, mandai a Capo Marrargiu credo quattro sottufficiali dei carabinieri, tra cui il maresciallo Esposito, per addestramento alla difesa e al pronto intervento in caso di necessità, da parte dei centri di controspionaggio, di un intervento antiterroristico.
DE LUCA Athos. Cosa sa della vicenda dello scioglimento del comando designato della terza armata e della morte in rapida successione dei suoi due comandanti, generale Ciglieri e generale Rubino?
MALETTI. Lo scioglimento del comando terza armata credo che non abbia avuto alcun significato politico. Il comando, che tra l’altro era “designato” terza armata, era pleonastico. In effetti, era una sorta di supercomando, senza alcuna responsabilità di controllo operativo o addirittura addestrativo sui corpi d’armata, che avrebbero dovuto da esso dipendere in caso di guerra, quando il titolo “designato” fosse stato tolto.
Per quanto riguarda la morte in rapida successione dei due generali, uno dei quali – Ciglieri – conoscevo personalmente, credo sia noto che Ciglieri rimase ucciso in un incidente automobilistico, all’alba di un certo giorno, mentre tornava a grandissima velocità verso il suo comando. Invece non ho idea di come sia morto il generale Rubino e perché. Questa domanda mi è stata fatta anche dal dottor Casson, al quale ho dato la stessa risposta: non credo che ci sia stato un motivo politico o qualche cosa di sospetto nella morte di Ciglieri, che pare fosse semiaddormentato al volante e andò a sbattere contro un albero. Conoscevo anche il generale Rubino ma non so come sia avvenuto il suo decesso.
DE LUCA Athos. Il generale Viviani dichiara che la vicenda del comando designato della terza armata sarebbe narrata in forma di romanzo dal giornalista inglese Morris West, nel libro “La salamandra”. Se ha avuto occasione di leggerlo e sa qualcosa della vicenda, le sembra che il riferimento sia pertinente? In quel libro si parla di formazioni paramilitari nell’orbita dei comandi dell’esercito, che ricordano molto da vicino i Nuclei per la difesa dello Stato, sui quali, quando il libro venne pubblicato nel 1976, si sapeva poco o nulla. Ritiene che si tratti di una somiglianza casuale?
MALETTI. Non ho letto il volume che lei cita, quindi non posso esprimere un giudizio in merito.
DE LUCA Athos. Grazie, generale. A proposito di Gladio, è stato possibile notare che quasi tutte le persone coinvolte nella struttura, compreso uno dei suoi comandanti, pur ammettendo la propria partecipazione, non ricordavano affatto che essa si chiamasse in quel modo e parlavano semplicemente di Stay beliind. come spiega questa strana censura sul nome?
MALETTI. Senatore De Luca, io stesso sono rimasto sorpreso nel leggere sui giornali il nome di Gladio, l’ho detto anche prima. Non sapevo che questo nome fosse stato attribuito all’organizzazione speciale Stay behInd. Non mi rendo conto del motivo di questo segreto sull’organizzazione Gladio e se effettivamente sia mai stata chiamata così in maniera ufficiale.
DE LUCA Athos. Le sembra veritiera la stima di 622 gladiatori complessivi in circa 35 anni?
MALETTI. No, non mi sembra veritiera. Trovo che 622 gladiatori sono meno di un battaglione. Anche se ripartiti in nuclei operativi di 7-10 uomini per piccole azioni partigiane di disturbo, di interruzione di linee di comunicazione, sono decisamente troppo pochi per poter costituire una reale minaccia, un reale ostacolo ad una armata di forze di invasione.
DE LUCA Athos. Torno brevemente su, un punto su cui lei si è già espresso, però vorrei ricordarle una circostanza. La domanda che avevo formulato era questa: vorremmo sapere qualcosa di più sulla ormai famosa velina Serpieri, che già il 17 dicembre 1969 indicava nel responsabile dell’Aginter Press il mandante della strage e nel gruppo di Delle Chiaie gli esecutori. A suo avviso si trattò di un depistaggio? Nel caso affermativo, di che depistaggio si trattò, totale o parziale? A questo proposito, volevo ricordare anche l’incontro del maresciallo Gaetano Tanzilli, che lavorava al centro CS3 di Roma con Stefano Serpieri. Anche questa circostanza non può aiutarci a sapere qualcosa di più da lei su questa famosa velina?
MALETTI. No, purtroppo anche questa circostanza non mi chiarisce molto le idee e non aiuta la mia memoria.
DE LUCA Athos. Lei ricorda il famoso rapporto Kotakis, pubblicato dall’Observer il 7 dicembre 1969? E’ noto che tale rapporto venne ritenuto non autentico, anche se alcuni testimoni interrogati per rogatoria internazionale ne confermarono l’autenticità. Lasciando da parte la questione dell’autenticità, resterebbe comunque la probabilità che esso sia veritiero: spesso accade che documenti apocrifi contengano racconti veri. A questo proposito, lei cosa pensa? In particolare, chi pensa potesse essere il misterioso signor P2
MALETTI. Non so cosa sia questo rapporto Kotakis, o non mi ricordo. Nel 1969 non mi interessavo delle vicende del Servizio, non ho certamente letto l’Observer e non le posso dare quindi una risposta in merito.
DE LUCA Athos. Ha mai avuto elementi che collegassero la strage di Milano all’attività degli agenti dei colonnelli greci, e quali?
MALETTI. No. Ho avuto qualche dubbio sulla possibilità di addestramento di elementi eversivi italiani da parte dei colonnelli greci. Ma escluderci una partecipazione diretta del Servizio greco, o di eversori greci agli ordini di quel Servizio, alla strage di piazza Fontana.
DE LUCA Athos. Sa qualcosa sui contatti tra l’onorevole Pacciardi e il regime greco dell’epoca?
PRESIDENTE. Questa domanda potrebbe collegarsi anche a quella precedente su Matteo Lombardo.
MALETTI. Non mi risulta niente in proposito.
DE LUCA Athos. Era al corrente dei rapporti tra l’allora colonnello Adriano Maggi Braschi e i gruppi della destra eversiva? Cosa sa sulle attività del nucleo per la guerra non ortodossa del Sifar?
MALETTI. Il colonnello Maggi Braschi non l’ho mai conosciuto. Quando esisteva il nucleo per la guerra non ortodossa del Sifar, non ero membro del Servizio e ritengo che quando sono entrato nel Servizio il nucleo non esistesse più, perché non l’ho mai sentito citare in quell’epoca.
DE LUCA Athos. Generale, ho terminato le mie domande e la ringrazio delle sue risposte. Dal momento che ci sono ancora dei colleghi che devono intervenire, mi auguro che lei abbia modo, anche attraverso altri spunti che vi saranno, di fornire a questa Commissione elementi più precisi sulle responsabilità politiche di quegli anni. Lei è troppo esperto e troppo professionalmente preparato per non riuscire, anche attraverso le domande che le vengono poste, a fornire alla Commissione questi elementi. Concludo dicendo che sono persuaso effettivamente, generale, che questa occasione che la Commissione stragi le offre non debba essere sprecata, perché lei è stato al centro di queste vicende in un momento cruciale della nostra democrazia, assumendo una carica di grande responsabilità.
MALETTI. Senatore, le posso rispondere che lo sto facendo del mio meglio. Quindi mi creda, non posso dare di più. Non so dare risposta a queste domande che continuano ad essermi riproposte, se ho conosciuto Maggi Braschi, se la velina XY mi è passata davanti… può darsi, ma se vi dico che non me lo ricordo è così. Quindi non crediate che adesso manchi di parola nei confronti vostri e miei, nel senso che mi ritiro dopo aver detto che voglio collaborare. Se lei ha l’impressione che non collabori, allora è inutile sentirmi. Se invece la mia collaborazione può essere ancora valida, accettatela per quella che è, perché non nascondo niente. Non posso dire alcune cose perché punterei il dito contro persone che potrebbero anche essere innocenti.