A guardarle oggi, quelle fotografie mettono ancora angoscia e tristezza: il ragazzo è per terra, sull’asfalto di via Bellotti, con le braccia aperte, con il petto squarciato e la divisa grigia intrisa di sangue, l’ elmetto è a pochi passi. In mano stringe ancora il manganello. Intorno i volti increduli e disperati di amici e colleghi. Qualcuno depone un telo su quel corpo martoriato. Poi saranno in tanti con gli occhi lucidi per il pianto. Si chiamava Antonio Marino, quel ragazzo di ventidue anni. Uno dei tanti figli del Sud, era nato a due passi da Caserta, che aveva fatto il meccanico, che aveva cercato un lavoro e un posto nella vita e che si era arruolato in polizia. In quel maledetto giovedì 12 aprile del 1973 si era trovato nella zona di piazza Tricolore con i colleghi del reparto Celere a fronteggiare alcune centinaia di neofascisti arrivati a Milano da ogni parte d’ Italia. Nonostante il divieto della Questura avevano lanciato la loro sfida: il comizio del senatore missino Ciccio Franco, nome legato alla sanguinosa rivolta di Reggio Calabria. Ed erano pronti a tutto.
La polizia presidia la zona. Nel tardo pomeriggio cominciano le cariche, le scaramucce, il lancio di sassi da parte di dimostranti con il fazzoletto sul viso, il casco nero e tanta voglia di violenza. È una giornata ad altissima tensione per Milano. Le sirene. Il gas, l’ aria irrespirabile, la gente che fugge spaventata, l’ intolleranza e lo squadrismo organizzato. I giovani si riuniscono nel quadrilatero tra viale Piave, corso Concordia, piazza Fratelli Bandiera e piazza Risorgimento. Proseguono le scaramucce, gli assalti, gli scontri, il lancio di sassi. Verso le 18.30 in via Bellotti, strada che porta in piazza Tricolore, un gruppo di duecento neofascisti si ritrova a tu per tu con gli agenti, sono una settantina, che presidiano la zona. C’ è già un fumo denso nell’ aria. Si ode uno scoppio terribile. Devastante.
L’ agente Antonio Marino cade a terra. La bomba a mano, una Srcm, lo ha centrato in pieno, le schegge feriscono un compagno vicino. Altre due bombe vengono lanciate, ma, miracolosamente, non esplodono. I disordini proseguono sino a tarda sera. Anche un ragazzino di appena 14 anni resterà gravemente ferito da un colpo di pistola che lo raggiunge al fegato. Poi ancora feriti. Arresti. Scontri. È la stagione dell’ odio. E, forse, Antonio Marino, figlio del Sud, sognava solo di fare il meccanico.
Franco Tettamanti – Corriere della Sera – 3.10.2007
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.