Fausto Baldi – avvocato dello Stato requisitoria processo di appello – prima parte

“… ci troviamo di fronte a una sentenza di primo grado che anch’io qualifico come veramente pregevole per moltissime parti, di grandissima rilevanza, che dimostrano il travaglio del giudice di primo grado che di fronte a una congerie veramente notevole di atti, documenti e fatti, che in maniera… credo abbia pochi riscontri nella storia processuale italiana un dibattimento così lungo, (…) ha dimostrato notevole lucidità per poter metterli insieme, fino a giungere a affermazioni che credo abbiano una rilevanza di verità addirittura storica e non soltanto processuale. Più importante di tutti è quello di aver colto la realtà del fenomeno terroristico che operava in quegli anni in Toscana, importantissime ne saranno delle altre cui accennerò successivamente.

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Vi è però una discrasia incredibile fra queste enunciazioni che dimostrano come sia riuscito a penetrare a fondo in tutti gli aspetti del processo e come in realtà le conclusioni che se ne sono tratte appaiono misere rispetto a queste enunciazioni di grande rilevanza. E diciamo, per non far torto al giudice di primo grado che non merita certamente nessuna taccia di questo tipo, rispondono ad uno scrupolo di coscienza, forse eccessivo. Ma forse con maggiore aderenza alla realtà, rispondono a quello che è stato una serie di equivoci di fondo che hanno viziato la decisione finale che appariva doverosa attraverso quelle premesse che esattamente aveva enunciato. Una di queste è stata evidenziata in maniera esattissima dalla Procura generale laddove il giudice di primo grado, avendo enunciato un principio metodologico del tutto condividibile, cioè di valutare il complesso degli elementi accusatori, sì in un primo momento nella loro singola configurazione, e poi nel quadro finale è mancato questo quadro finale si sono vivisezionati con ragionamenti ipercritici e a volte purtroppo addirittura illogici, perché il ragionamento si involve su se stesso, e non si è giunti a quella conclusione che pareva doversi trarre dalle stesse sue premesse.
Il primo grande equivoco è quello io ritengo abbia fuorviato una valutazione seppur attenta nelle sue premesse di ordine generale, è quello che ha illustrato abbastanza ampiamente il collega che mi ha preceduto. Cioè in parole povere il giudice si è lasciato fuorviare dall’accavallarsi delle sigle di questa organizzazione, dalla loro composizione, dal loro modo di operare nella realtà toscana. E direi che è un errore che a me particolarmente dispiace perché viene a premiare in definitiva quella che è un’esigenza tattica, da sempre teorizzata proprio da questi gruppi eversori: l’importanza della diversificazione delle sigle, il modo da operare non è casuale, è frutto di una tattica ben individuata e teorizzata dai gruppi eversori. (…) in linea di estrema sintesi però voglio far perno su questo errore e valorizzarlo, anche perché su questo dissenso, sui motivi di impugnazione della Procura generale vi è un motivo che non mi trova d’accordo, non tanto per la sostanza quanto per il modo con cui viene prospettato, che tende a valorizzare l’errore in cui la Corte sarebbe caduta nel momento in cui non è riuscita a trarre quelle conclusioni che pure dovevano trarsi in ordine all’inserimento del Fronte Nazionale Rivoluzionario nell’ambito specifico di Ordine Nero, quasi a dire che Ordine Nero era un’articolazione maggiore di cui un gruppo era da individuarsi nel Fronte Nazionale Rivoluzionario. Io su questo non sono d’accordo, non tanto perché non possa essere questa la realtà, quanto perché è irrilevante ai fini del nostro procedimento. Non mi interessa se fosse un’organizzazione strutturata, direi che ci sono molti elementi storici che ci fanno dire che non è vero, non è vero neanche questo, facevano parte di un’area ordinovista sicurissimamente, ma avevano un connaturato, una funzione specifica che non prevedeva il collegamento operativo e organizzativo. Io direi che esemplari in questo punto sono alcuni documenti, io vi ho voluto far acquisire questi documenti perché sono di provenienza veramente clandestina, è stampa che veniva fatta all’interno del movimento terrorista neofascista diretta ai militanti di quel movimento. E questi documenti in particolare, di cui adesso faremo un breve cenno, terminano tutti con l’indicazione bruciate il documento subito dopo averlo letto, è veramente stampa clandestina. Sono indicazioni per i militanti. Una brevissima citazione, mi riferisco ai fogli d’ordine del Movimento Politico Ordine Nuovo, e qui c’è un punto importantissimo: “Il militante deve diventare centro d’iniziativa autonoma creando nuovi organismi d’azione politica, sociale eccetera. Non ha importanza l’omogeneità delle sigle, che anzi se differenziate consentono di battere meglio la repressione, bensì dall’unità che può essere assicurata soltanto dal livello di preparazione politica di ciascun militante” e così via. Questo è proprio un’esigenza tattica che hanno da sempre avvertito. Questa esigenza li ha sempre premiati fino adesso, fino ai tempi più recenti perché da ultimo si è riusciti a scoprire, a far squarcio su questa realtà abbattendo muri ad arte frapposti per non penetrare nel loro mondo. E di tutto questo non mi sembra si sia avveduto il giudice di primo grado, perché il primo errore che io trovo, dopo enunciazioni di grande rilievo, per me si individua proprio in questo.

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Voglio appena ricordarvi che affermazioni di grande importanza sono laddove afferma che Tuti e Franci già prima del ’74 o comunque agli inizi del ’74 facevano parte di un gruppo volto alla sovversione violenta dell’ordine democratico, che addirittura, questa è pagina 15 e seguenti della sentenza, prevedevano come obiettivo preferenziale il collocamento di ordigni esplosivi sulle ferrovie, pagina 20 e seguenti, che entrambi erano stati accumunati da una pregressa militanza in Ordine Nuovo, che addirittura l’obiettivo della strage dell’Italicus era ben compatibile con le propensioni, i mezzi, le finalità di questi imputati, alla fine non arriva a una conclusione che parrebbe logica e dice siccome non posso indagare su Ordine Nero, siccome non posso vedere se facevano parte come Fronte Nazionale di una struttura operativa di Ordine Nero, ho dei dubbi di responsabilità di gruppo e su questo punto mi fermo. Perché questa enunciazione di grandissima rilevanza si blocca sulla soglia della responsabilità del gruppo. (…) mi vorrei a quella citazione di Calore che per me è esattissima, lo dice un militante che ha agito all’interno del gruppo armato Movimento Politico Ordine Nuovo, ha fatto parte prima anche dello scioglimento del livello occulto di Ordine Nuovo, perché bisogna ricordarsi che questo movimento anche prima del ’73 agiva su due livelli, uno palese quello che era del centro Studi Ordine Nuovo, e l’altro occulto che era quello militare che si affiancava che aveva una sua struttura clandestina a quella del centro studi e operava attivamente. Calore è inserito in quella militare, quindi ha agito nell’ambito del livello occulto, ha partecipato visto gli ottimi rapporti di frequentazione politica con Paolo Signorelli, che è uno dei massimi referenti di questo mondo diciamo vagamente ordinovista, perché tutto a questo si riadduce, ed è a conoscenza perfettamente di tutti quanti sono stati la strategia politica e le azioni con la quale poi è stata posta in essere. Ecco Calore ha detto, con una citazione che mi sembra condividibile, “che tutte le trame eversive e tutti gli attentati del ’73 e ’74 sono legati tra di loro da un’unica centrale eversiva che riuscì a servirsi delle varie articolazioni dei movimenti estremisti coagulandoli in ragione del comune obiettivo: la presa del potere”. E’ una sua dichiarazione del 22 febbraio ’86 che ha confermato e in parte ha sviluppato meglio qui al dibattimento. Ma come Calore così anche Izzo, laddove come ha anche ricordato il collega, parla di una realtà comune, frutto della comune ideologia di Avanguardia Nazionale e di Ordine Nuovo al di là di quelli che erano i conflitti esclusivamente per la lotta per il primato fra Graziani e Delle Chiaie. Ne ha parlato anche Brogi, con un’esperienza se vogliamo un po’ più ridotta perché Brogi non ha avuto responsabilità di tipo politico, ma ha operato come semplice militante del movimento clandestino. Ma vi è un altro argomento che mi sembra importantissimo, avete pensato alla composizione dei membri che partecipavano a quelle famose riunioni che sono state ricordate dal collega, Montesilvano, Villa Collemandina? Chi vi partecipava? Tilgher, Massagrande, Graziani, Barbieri di Bologna, quello che fa parte di quel gruppo cui partecipa anche il Bono, e tanti altri. Cioè esponenti di Avanguardia Nazionale, Ordine Nero, Ordine Nuovo. E’ un dato casuale che tutti questi si ritrovino, avendo un bagaglio di esperienza precedente di militanza in precisi organismi nella primavera del ’74, agli inizi del ’74, in riunioni allargate a tutti? Io direi di no. Direi che ha un significato estremamente preciso. Ma questa realtà a mio avviso, oltre dalle deposizioni testimoniali è acclarata anche dai documenti che siamo riusciti ad avere, quei documenti clandestini che sono stati nel frattempo acquisiti. Uno di questi è il volantino per il Mar di Fumagalli, o meglio quello che è stato ricostruito attraverso l’uso della carta carbone, che fu acquisita quando Fumagalli era già stato arrestato. Che Fumagalli dice non l’ha battuto lui a macchina, è stato battuto con una macchina in suo uso ma dice da D’Intino – non mi interessa chi è che l’ha scritto-  in cui si dice “Milano 7 maggio 1974.

Potere Nero, Ordine Nero, SAM, Avangardia Nazionale, Ordine Nuovo hanno dichiarato guerra allo stato e al bolscevismo”. L’aggregazione delle sigle non è una citazione ipotetica del D’Intino era quello della realtà di quel momento, vi era un progetto comune che unificava tutte le possibili articolazioni dei movimenti terroristici clandestini della destra in quel periodo. E la stessa composizione del gruppo del Fumagalli? Fumagalli ha detto che gli interessava poco questo, si era trovato costretto ad avvalersi di manovalanza, e  può anche esser vero, Fumagalli ha un ruolo molto minimo in questa strategia. Però non possiamo dimenticarci che del suo gruppo faceva parte Kim Borromeo, D’Intino, Danieletti, Vivirito, Esposti. Anche tutti questi di provenienza diversa: Ordine Nero, Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale. Addirittura le armi, quell’arma trovata a Pian del Rascino a Giancarlo Esposti era una mitraglietta disegnata da Amos Spiazzi.

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Vediamo altre direzioni come si intersecano in questo particolare preciso momento storico, a dirci che vi era un movimento allertato verso un comune obiettivo in virtù di un piano unitario condiviso da tutti. Ultimo episodio, ricordatevi quello che ha detto Brogi dei componenti dell’attentato di Vaiano e di Moiano: ordinovisti, avanguardisti, ordineristi. Per Moiano c’è un’unica variante, che non è di poco conto, oltre quei componenti ci fu anche l’assenso del Gubbini di Perugia perché si agiva per Moiano in territorio perugino e quindi si chiede l’autorizzazione al Gubbini, l’ordinovista Gubbini, il quale la diede e si fece un alibi peraltro. (…) Quale sia questo unitario progetto che ha unificato tutte queste frange, tutte queste organizzazioni apparentemente diverse e separate, ma io direi ad arte diverse e separate lo evidenzia anche la stessa sentenza in molti passi che io ritengo estremamente felice. Non c’è dubbio che in quegli anni il Paese stava attraversando seri, serissimi pericoli di un colpo di Stato e a questo progetto eversivo che contribuì nel mondo del terrorismo neofascista per porre in essere le condizioni che dovevano agevolare l’intervento di altre forze per il raggiungimento dell’obiettivo comune. Che poi all’interno dei vari settori vi fossero diversi livelli di partecipazione, ma non solo per gli apporti che questo è evidente, ma anche per le finalità ripromesse, è argomento estremamente importante da visualizzare. Perché non c’è dubbio che i terroristi fascisti si dovevano limitare a porre in essere un qualcosa, che sono gli attentati, che dovevano preparare la repressione e altri che avrebbero dovuto compiere il colpo di Stato. Per gli anni ’74 Calore, Izzo, Brogi ci dicono che vi era anche un ulteriore compito in quel momento che sarebbe dovuto scattare, cioè quello dell’eliminazione fisica di alcuni avversari politici per consentire l’attuazione. (…) vedremo che ci sono dei settori completamente distanti fra di loro, che hanno interessi diversi fra di loro e quindi non sempre gli interessi collimano. E’ probabile che una volta preso il potere poi le strade si sarebbero potute diversificare. Sta di fatto che in questa fase preparatoria vi è un progetto unitario che cementa vari settori e soprattutto cementa in maniera evidentissima tutta la frangia del terrorismo neofascista. Quali sono questi altri settori che dovevano coagularsi attorno al medesimo progetto? Purtroppo sono i settori di sempre, sono quelli che abbiamo visto già e che vedremo meglio operanti anche nel ’70, perché passano appena quattro anni fra il ’70 e il ’74 ma purtroppo le condizioni sono rimaste pressoché analoghe. Sono settori che riguardano lo Stato, i Servizi segreti, frange delle Forze Armate e soprattutto nel ’74 è evidente, è massiccia la presenza ingombrante della Loggia P2. Non voglio allargare il tema di discussione perché c’entra in maniera generale rispetto al quadro dell’Italicus, rimando a questo punto a delle annotazioni veramente felici ed efficaci che contiene la sentenza di primo grado a pagina 180 e seguenti evidenzia quale fosse il grado di compromissione della Loggia P2 e per essa del suo maestro Licio Gelli in tutti questi attentati terroristici e soprattutto, nel quadro più generale che mi interessa nella strategia di quegli anni. Sempre in questa visualizzazione di quel quadro generale per quello che è il settore limitato che prendiamo in esame che è quello del terrorismo neofascista direi che è abbastanza importante cercare di delimitarne la sfera ambientale che ne era coinvolta.

E’ uno dei termini, quello dell’ambiente, che qui dentro vi è stato illustrato in diverse maniere e in diversi significati a secondo del teste o dell’imputato che veniva a parlarne. Ad esempio mi ricordo in maniera particolare il primo che ne ha parlato è stato Mario Tuti che nella definizione di ambiente ha detto, all’apparenza ironizzando: “Al limite del nostro ambiente si poteva dire facesse parte anche il Movimento Sociale”. Ecco non è una affermazione detta per assurdo, verificherò meglio quello che vuol dire nel nostro ambiente può far parte il Movimento Sociale, in parte ve l’ha già anticipato il collega parlando della realtà aretina, della federazione di Arezzo. Quel che è certo è che le sezioni, le federazioni del Movimento Sociale, in quel periodo storico, vedevano coabitare a fianco di dirigenti ufficiali del partito ordinovisti, appartenenti a Ordine Nero, comunque a terroristi neofascisti che avevano la tessera del partito e agivano in stretto collegamento con i dirigenti. Se noi teniamo presente tutto questo riusciamo forse a capire meglio il significato di alcuni episodi sui quali si è occupata a fondo la sentenza di primo grado, ma che a mio avviso non è riuscita a comprendere nel significato che a loro è possibile attribuire tenendo presente questa verità. Le matrici storiche che consentono una migliore comprensione di questo fenomeno partono assai da lontano. In via di estremissima sintesi, un po’ alla Vinciguerra che fa dei flash di valutazioni politiche per quello che dice, ma non si riferisce tanto al fatto storico quanto alla valutazione politica di un avvenimento, noi possiamo affermare che nel movimento ufficiale della destra, nel movimento del partito del Movimento Sociale Italiano sono sempre coesistite almeno due anime, per linea di massima approssimazione, un’ala cosiddetta borghese, quella che all’indomani del dopoguerra fece una chiara scelta, un’opzione democratica parlamentare per quel coagulo di interessi che attorno ad essa venivano circoscriversi, è un’ala cosiddetta più dura, del manganello, questa è la denominazione comune “ala del manganello”, “ala del doppiopetto”. Questa differenziazione che ripeto è molto approssimativa ma di grande sintesi addirittura coesisteva all’interno del fascismo, vi erano due tradizioni completamente diverse e che forse solo per la caratterizzazione della figura carismatica che il duce riuscì ad avere nel ventennio poterono coesistere senza lotte aspre.

Fausto Baldi – avvocato dello Stato requisitoria Processo appello Italicus – 4 dicembre 1986

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